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Autore: Scarlett Sakura    08/02/2012    1 recensioni
Non tutti possono aspirare ad entrare nel Circo della Notte. C'è chi è costretto a restare fuori, al freddo, solo per godere della sua ombra...
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il regalo di una notte

 

 

 

Faceva freddo quella notte.

La nebbia era onnipresente e l’inverno si espanse per la città con tutto il suo soffice manto bianco. Il gelo era impietoso, ma il cielo un po’ meno.

Le nuvole grigie si erano miracolosamente diradate, lasciando il posto alla magnifica e candida luna. Essa illuminava gran parte del quartiere povero di Londra, permettendo ai suoi occupanti di poter godere di un minimo di protezione da parte del soffitto stellato.

Infatti, gli occupati di tale zona, erano in fermento.

Il Circo della Notte era in città ed aveva piantato tende e radici proprio vicino alla periferia. Questo li riempiva di gioia perché, pur non potendo permettersi di comprare un biglietto, potevano trascorrere tutta la notte ad ammirare il tendone bianco e nero, le sfavillanti luci dell’insegna ed a consumarsi l’olfatto col dolce profumo del caramello.

Proprio accanto all’inferriata del cancello, un gruppo di bambini si era raccolto per poter godere di quel piccolo miracolo. Per loro, costretti a una vita incerta e di stenti, la venuta del circo era come l’arrivo di Babbo Natale. Per questo lo aspettavano con ansia tutto l’anno. Non importava se quella notte faceva un gran freddo, non importava che i loro abiti consumati fossero troppo leggeri per poter attirare un po’ di calore. No, il pensiero di quel’enorme regalo notturno li ripagava di tutto.

Perché potevano staccarsi dalla realtà e sentirsi dei veri bambini, anche solo per una notte.

Un bambino più coraggioso degli altri, allungò un braccio per poter toccare almeno il cancello. O addirittura il tendone stesso. Stava quasi per sfiorare il freddo metallo, quando una voce femminile lo chiamò:

<< Fermati, James. Non puoi, è pericoloso. >> La bambina si avvicinò all’amico preoccupata. I suoi capelli neri, lunghi e poco curati incorniciavano un viso sottile -forse denutrito- su cui spiccavano un paio di occhi castano chiaro. Il vestitino verde bottiglie e il logoro cappotto nero a stento la coprivano.

<< Voglio solo vederlo da vicino. Fin dove posso arrivare. >> Il bambino puntò i suoi occhi azzurri alla fonte della sua curiosità. Una lieve folata di vento accarezzò i suoi capelli biondo scuro e il viso dai tratti fin troppo maturi per una creatura della sua età. I pantaloni marroni, così come la sua giacca, erano stranamente puliti, anche se consunti.

<< Sì, ma… >> La piccola si fermò quando vide un puntino bianco atterrare sul suo naso. << Sta nevicando. >> Disse con profonda tristezza. La neve, per loro, non era sinonimo di gioia, ma di dolore. Perché sarebbero stati costretti a rientrare per non morire congelati sotto il suo abbraccio.

<< Proprio adesso! >> Alzò il viso e scrutò il cielo con rabbia, per avergli tolto anche quella piccola felicità. Tuttavia, almeno per quella notte, non era intenzionato a retrocedere. << Marianne, torna a casa. >>

<< E tu che fai? >> Lo guardò apprensiva, ben conoscendo la sua indole.

<< Io resto qui. >> Annunciò infatti.

<< Ma morirai! Non riuscirai mai a resistere al freddo per tutta la notte. >>

<< Lo so. >> Abbassò gli occhi, già tremava al pensiero del gelo invernale. Però… non voleva rinunciare. Aveva aspettato tanto per vedere il Circo della Notte, anche solo il suo strano tendone. Rialzò lo sguardo più determinato che mai. << Io non vado a casa. >> E per porre fine a qualunque protesta, si sedette ai piedi dell’albero più vicino. Abbracciò le gambe con le braccia e in volto gli si dipinse un’espressione ostinata, quasi a voler combattere la neve stessa.

<< James… >> Marianne fu seriamente tentata di fare retromarcia e ritornare al nido della sua casetta, anche se era senza camino. Non si sarebbe riscaldata più di così, ma almeno sarebbe stata al coperto.

Guardò il bambino, poi il Circo ed infine decise. Si accomodò al suo fianco sorridendogli serena.

<< Così ci riscaldiamo a vicenda. >> Gli si fece ancora più vicina in modo che potessero fungere l’un l’altra da coperta.

Rimasero lì per un certo tempo, forse un’ora o meno. Non persero il sorriso, nemmeno quando la neve superò l’ostacolo dei rami e iniziò a coprire le loro fragili spalle. Si tennero per mano e allontanarono il resto.

Purtroppo il freddo non si può ignorare per sempre, ed i bambini iniziarono a sentirsi stanchi e intorpiditi. Le palpebre cercavano di sopraffare gli occhi cadendo pesantemente su di essi. I piccoli scossero spesso la testa per cerca di restare svegli, ma l’impresa risultava ostica per due creature deboli come loro.

Marianne non ce la faceva più ed a un certo punto chiuse gli occhi per abbandonarsi al sonno o forse alla morte. Il capo si abbassò lievemente, come ormai arresosi all’inverno.

D’un tratto James la chiamò a gran voce.

<< Marianne, guarda! Abbiamo compagnia. >> Sussultò sentendo il suo nome e, sfregandosi un occhio, guardò davanti a loro notando solo in quel momento la nuova arrivata.

Dapprima vide solo gli stivali allacciati, poi una massa di capelli scuri, ed infine un volto impassibile con due paia di occhi del medesimo colore.

<< Chi sei? >> Le chiese.

<< Fai parte del Circo? >> Fu il turno del bambino di porre la domanda. Avendola vista oltre il cancello, aveva pensato che facesse parte della compagnia di circensi. Questo lo entusiasmava, perché non aveva mai incontrato uno di loro da vicino. Neanche da lontano, se è per quello.

Lei scosse piano la testa.

<< Oh, peccato. >> Ci rimase visibilmente male, ma decise di lasciar perdere. Non era il caso di essere sgarbato con lei. << Io sono James e lei è Marianne. Come ti chiami? >>

La nuova arrivata non rispose neanche questa volta.

Il bambino iniziò a domandarsi se stesse facendo l’antipatica o cosa. Magari li stava solo snobbando.

Fu la sua amica a venirgli in aiuto. << Forse è muta. >>

<< Oh. >> Come avesse appena scoperto una cosa ovvia, la guardò sinceramente dispiaciuto. << Scusa, non avevo capito. >> Per tutta risposta, l’altra alzò le spalle.

<< Ti vada stare qui con noi? >> Ripeté lo stesso gesto di prima e, senza più indugiare, si accomodò per terra.

<< E’ da tanto che sei qui? Al Circo intendo. >> James voleva sinceramente fare amicizia con lei e fece di tutto per metterla a suo agio.

Lei mosse il capo in segno di diniego.

<< Deve essere divertente stare lì. >> Sospirò Marianne con aria sognante. << Ci sono un sacco di cose divertenti e tanti buoni dolci. >>

<< Per non parlare dei giochi e del calore che c’è. >> Concluse lui con aria mesta.

La sconosciuta guardò le mani intrecciate, la neve suo vestiti logori e i loro sorrisi, comunque contenti. Alzò gli occhi al cielo come se stesse osservando le stelle e d’un tratto accade qualcosa d’incredibile.

<< Cosa…? >> James si ritrovò coperto da qualcosa di pesante e la vista appannata da tale cosa indefinita. Quando riuscì a rimettere fuori la testa, scoprì essere una bella coperta di lana. << E questa? >> Ma non era ancora finita.

<< Che bello! Hai visto? >> Marianne osservava affascinata davanti a sé. I suoi occhi erano rapiti da un dolce calore, una piccola ma forte fonte di luce. Un fuoco scoppiettava misteriosamente davanti a loro. Erano increduli e felici per un tale miracolo o per così tanta fortuna.

Il più bel regalo che avevano mai ricevuto nella loro giovane vita era un’arancia a Natale. Il calore di un camino e un tessuto spesso e profumato erano sempre stati irraggiungibili per loro. Almeno fino a quella sera.

<< Sei stata tu, vero? >> il piccolo la guardò con gli occhi che scintillavano di pura gioia e gratitudine. << Sei una maga? >>

Lei scosse la testa. Rimase a fissare i due bambini senza battere ciglio, ma le sue sopraciglia sembravano leggermente rilassate. Come se fosse contenta di ciò che aveva regalato loro per una notte. D’improvviso sentì il bisogno di avvicinarsi a loro. Di comunicare.

Alzò la sua piccola mano, come a voler oltrepassare il cancello, ma una voce ben nota la chiamò:

<< Celia, torna dentro. Ti stanno cercando. >> era il direttore. Non poteva ignorarlo, lo sapeva. Come se nulla fosse accaduto, abbassò il braccio e, dopo un’ultima occhiata ai due bambini, si girò per tornare dentro la tenda.

<< Celia! >> la chiamò James con il suo nome. Lei si fermò, ma non si voltò indietro. << Grazie. >>

<< Sì, grazie. >> gli fece eco Marianne.

Come sempre non disse una parola, alzò semplicemente le spalle e sparì oltre la tenda bicolore.

 

   
 
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