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Autore: maggy1976    08/02/2012    15 recensioni
Permettetemi solo un consiglio. Ascoltate le due canzoni dei Marlene Kuntz che ho riportato in questo breve testo.
Ascoltatele e poi ditemi se non sono perfette per questa bellissima storia d'amore.
questa è la risposta di Oscar ad "Addio, mia unica".
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"E' certo un brivido averti qui con me
in volo libero sugli anni andati ormai
e non è facile, dovresti credermi,
sentirti qui con me perchè tu non ci sei.
Mi piacerebbe sai, sentirti piangere,
anche una lacrima, per pochi attimi"
Mi piacerebbe sai...
Marlene Kuntz – Nuotando nell’aria
 

“Questo non è il momento di piangere…”
La tua voce, Alain, giunge alle mie orecchie ma vi sbatte contro, rimbalzando.
Ti sento, odo quello che dici, ma non riesco ad afferrare pienamente il significato delle tue parole.
Il mio cervello non riesce a rielaborare i suoni che escono dalle tue labbra.
Cosa stai cercando di dirmi Alain?
Perché questo non è il momento di piangere?
Perché non dovrei piangere la mia perdita?
Perché a me deve essere negata la possibilità di accudire il mio lutto?
Cosa ne sai tu del mio dolore?
Cosa ne sai dei miei rimpianti?
Tu non sai niente di me, Alain.
Eppure sai bene cosa sia il dolore.
Non sei stato tu a vegliare il corpo di tua sorella, fino a quando l’odore della sua carne in putrefazione è diventato talmente nauseabondo da essere insopportabile?
Perché il mio dolore dovrebbe essere diverso dal tuo?
Pensi forse che l’aver visto morire tante altre persone quest’oggi, possa, debba in qualche modo consolarmi?
No Alain, questa consapevolezza non lenisce in alcun modo la mia pena.
Ho vagato tra la folla.
Ho visto.
Ho visto visi di madri straziati da un dolore furioso e privo di lacrime.
Ho visto bambini vagare orfani tra la folla impietosa.
Ho visto volti di uomini e donne gridare un grido muta di disperazione per la morte dei propri cari.
Ho visto, Alain.
Ma credi davvero che l’essere spettatrice partecipe di un dolore universale rimpicciolisca il mio vuoto?
Guardami, Alain.
Me ne sto qui, sui gradini di un chiesa qualsiasi, in una Parigi assediata, sporca, insanguinata, crudele.
In quella Chiesa riposano le spoglie di tutto ciò che amavo.
In quella Chiesa è sepolto il mio futuro.
Futuro.
Cosa significa questa parola adesso?
Cosa significano Speranza, Lealtà, Onore, Coraggio?
Credi davvero, Alain, che questi vocaboli rappresentino ancora qualcosa per me?
Le parole hanno senso, esistono, solo se attribuiamo loro un significato, altrimenti sono gusci vuoti, coacervi di lettere affastellate e prive di contenuto.
Ed è così che mi sento: un guscio vuoto, un contenitore privato di ogni sostanza, di ogni forma.
Lasciami fare Alain, lasciami godere del mio dolore.
In fondo è tutto ciò che mi rimane.
Se tentassi di cancellarlo, di soffocarlo.
Se cercassi di riempire quel vuoto, cosa mi rimarrebbe?
Finché sentirò male, finché l’assenza di Lui sarà così talmente dolorosa da impedirmi di respirare, fino a quel momento sarò viva.
Quando il mio lutto si sarà consumato, quando il ricordo di ciò che è stato e di ciò che poteva essere sarà sbiadito, allora anche io cesserò di esistere.
Vorrei gridare, Alain. Vorrei sfogare contro di te la mia rabbia.
Ma so che non servirebbe.
Ti allontani e mi dici di essere pronta per l’indomani, perché io sono il vostro Comandante.
“Un bravo comandante non si lascia mai trasportare dalle emozioni…sì è vero…ma io sono solo un essere umano…soltanto un essere umano…”.
Le Sue parole riecheggiano nelle mie orecchie, rimbombando.
Ma io non sono mai stata un bravo comandante, Alain.
Sono solo una donna.
Lui lo ha sempre saputo, per questo mi è sempre rimasto accanto.
Non sarei arrivata da nessuna parte se Lui non fosse stato accanto a me.
Cosa farò adesso che se n’è andato?
Cosa ne sarà di me?
Per chi o per cosa varrà ancora la pena di combattere, vivere, morire?
Mi ritrovo qui, sulle scale di questa Chiesa, a pormi domande a cui nessuno saprà mai dare una risposta.
Sembro una mendicante. Sono una mendicante.
Che sta mendicando un altro istante.
Che sta mendicando un’altra possibilità.
Che sta mendicando un’altra vita.
La mia mente vacilla.
Non riesco a fermare i pensieri che turbinosamente cozzano impazziti l’uno contro l’altro.
I ricordi di un passato lontano si intrecciano con ricordi di un futuro che non avrò mai la possibilità di vivere.
Ripenso a come eravamo.
Penso a come non saremo mai.
Avrei voluto diventare sua moglie, Alain, prima di essere la sua vedova.
“Certo che lo diventerai Oscar…è la cosa che più desidero al mondo…”.
Anche nel suo momento più estremo, ha trovato parole di conforto e speranza. Per me.
Per sé non ne ha avute. Non ne ha cercate.
Se solo avessi capito prima, Alain, cosa celava il mio cuore.
Se solo avessi insistito di più per trattenerlo a casa.
Ho provato a suggerirglielo.
Lui ha rifiutato. A me è bastato.
In realtà volevo che venisse con me.
Perché ho sempre avuto paura a muovermi, senza averlo al mio fianco.
La mia viltà è la causa della sua morte.
La sua morte è la mia condanna.
La mia condanna è essere ancora viva.
Mi alzo.
Poi improvviso eppure conosciuto, si spande per il mio petto un bruciore che toglie il respiro.
Tossisco. E ancora. E ancora. E ancora.
E sputo sangue.
E nel farlo gioisco, perché realizzo con un senso di folle euforia che in fondo non mi rimane molto da vivere.
Continuo il mio girovagare senza meta per le vie di questa Parigi afosa e arrabbiata.
Dei soldati tentano di sbarrarmi la strada.
Combatto, ma non è con la spada che li vinco.
Sono i miei occhi disperati che li inducono a lasciarmi andare.
Poi in un vicolo un nuovo attacco di tosse e finalmente la mia malattia, madre pietosa dei miei tormenti, mi fa perdere i sensi.
Riparo gli occhi. Sono ancora nel vicolo.
Dopo aver perso i sensi credo di essermi addormentata, perché adesso è giorno e c’è un gran vociare, fuori da questo carrugio, nella strada principale.
Per un attimo mi sento bene. Per un attimo non ho memoria.
Per un attimo ho l’impressione di scorgerti, amore mio.
Vedo che ti avvicini a me. Mi chiedi dove sono finita, mi dici di sbrigarmi, che tutti stanno correndo alla Bastiglia, che oggi si fa la Storia.
Il mio cuore perde un battito quando realizzo che è la tua voce, Alain.
E allora ricordo.
E nuovamente l’abisso mi chiama a sé.
Ti guardo Alain e priva di ogni pudore, priva di ogni ritegno, ti chiedo se posso piangere ancora un attimo.
Aggrappata alla tua giubba, soffoco il mio dolore, mentre le tue braccia pietose circondano le mie spalle, sorreggendomi.
Poteva essere amore, Alain.
Lo sapevo.
Solo che l’ho riconosciuto troppo tardi.
Amore.
Questo fiore maledetto che mi ha inebriato come un maleficio per poi lasciarmi sola.
E Lui se n’è andato, Alain, portandosi via la metà del mio cuore.
Ma non è più il momento di piangere.
Con un gesto rabbioso asciugo le lacrime.
Sotto le mura della Bastiglia, si giocano le sorti di questa Rivoluzione.
Dobbiamo andare.
I cannoni della Bastiglia  sono puntati su Parigi e sulla sua gente.
E quella gente ribolle di rabbia e fame e disperazione.
Anche i rivoltosi hanno cannoni, ma non li sanno usare.
Andiamo, Alain, andiamo a dar loro una mano.
Puntate…Fuoco.
Una volta, due, tre.
Puntate. Fuoco.
Le mura della prigione cominciano a sgretolarsi sotto il nostro attacco incalzante.
Un attimo di silenzio. Una colomba vaga per il cielo.
Improvvisamente una grandinata di proiettili.
Vengo colpita.
Corri verso di me, Alain.
Mi soccorri. Mi porti lontano.
“Mettimi giù, Alain, ti prego sono tanto stanca…”ti chiedo, mentre un rivolo di sangue esce dalle mie labbra, insieme alle parole.
Mi adagi piano su un pagliericcio improvvisato.
“I cannoni Alain…perché non sento più il rombo dei cannoni? Continuate…continuate a sparare…ormai manca poco”.
Mi guardi un’ultima volta. I tuoi occhi sono velati di lacrime.
Annuisci e corri via.
E’ il nostro ultimo addio, amico mio.
Rosalie adesso è vicino a me.
Piange.
“Non piangere, Rosalie. Non ho paura. Non mi sono mai sentita così serena…”
Non cerco di consolarla.
Non sto mentendo.
E’ così.
Sono serena.
Finalmente sarò libera.
Libera da questo corpo. Libera di venire da te, Andrè.
Ti vorrei qua…
E finalmente ti vedo.
Ti avvicini a me e mi tendi le braccia.
E di nuovo il tuo amore mi sorregge. Mi guida.
Come da sempre.
Le nostre anime finalmente si ricongiungono.
Si toccano, si fondono e infine si dissolvono.
Solo io e te…
E’ così che deve avvenire.
E’ così che deve essere.
Non più nobile e plebeo.
Non più servo e padrona.
Non più uomo e donna.
Non più luce ed ombra.
Solo io e te…
 
  
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