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Autore: Diomache    17/09/2006    7 recensioni
Lo odio.
Lo odio quando mi crede piccola, ingenua, dolce ed indifesa, un animale di pezza appena fatto dalla nonna. Quando mi crede una crocerossina e non pensa che anch’io sia capace di amare sinceramente.
Lo odio quando mi considera un puzzle, un enigma, una ragazza danneggiata.
E lo amo.
Con la stessa intensità.

Un’altra House/Cameron... mi raccomando recensite!!! Diomache.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti,
Innanzitutto vorrei ringraziarvi per le vostre stupende recensioni, non potete immaginare quanto mi abbiano fatto piacere!!!!!!!!
Allora, ringrazio:sakura_kinomoto, Rue Meridian, FraFra, Jaly Chan, Gr4zI4_90, nathaniel, piccy6,lilli, Christine Black, sam carter__, Artemisia e hikary.
GRAZIE A TUTTI!!!
Poi volevo dirvi che per motivi logistici non saranno più due capitoli perché mi è venuta più lunga di come avevo sospettato…..
Mi sono impegnata moltissimo per questo chap, cercando anche di migliorarmi un po' nello stile, spero che possa piacervi.. voi, mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate!!!!!!
Un bacio a tutti i fan di House e a tutte le cottoncandy!!!!!
Bax!
Diomache

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CAMERON'S EYES

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Capitolo II: Non riesco ad odiarti

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Resto ferma, stupita, per qualche istante, fissandolo con uno sguardo che giudicherà sicuramente da ebete. -…scusa.- dico alzando le spalle, con un sorriso impacciato.

House rotea gli occhi poi si piega per raccogliere il suo bastone. Prende anche le mie cartelline, quindi me le porge, con uno sguardo un po' distratto. Faccio per riprendermele ma lui le ritira un secondo prima ed inizia ad osservarle, incuriosito.

-non ci posso credere.- esclama leggendo il nome del paziente impresso sul contenitore plasticato. Mi lancia uno sguardo divertito, quindi si tuffa di nuovo sulla cartellina, aprendola ed iniziando ad esaminarne il contenuto. - questa Cindy è una persecuzione!-

Incrocio le braccia con una vivida espressione di disappunto espressa nel viso.

Dannazione a lui e alla sua curiosità.

-secondo te l'ha capito che sta per morire?- chiede lui, sarcastico, leggendo i dati di Cindy, la ragazza a cui appena pochi giorni fa avevamo diagnosticato un tumore terminale ai polmoni.

Io non rispondo, mi limito ad osservarlo con uno sguardo duro e cinico.

Cindy. La giovane che House aveva snobbato perché decisamente più intrigato dal caso di quell'assassino che, una volta messo in piedi da noi, era andato a morire sulla sedia elettrica. Lei, così socievole eppure terribilmente sola, così piena vita e condannata a morire in pochi mesi.

-è una mia paziente.- dico quindi, con un tono un po' duro che vela un chiarissimo 'fatti gli affari tuoi'.

House alza i suoi occhi divertiti dalla cartellina e li concentra su di me. Aggrotta la fronte, intrigato.

-già. E immagino che sia venuta qui per farti un salutino, giusto?- mi chiede, sarcastico.

-giusto.- ribadisco io, ironica e seccata insieme.

-d'altra parte, di qualsiasi cosa si tratti il tuo segreto professionale ti impedirebbe di rivelarmela, vero?-

Stringo un po' gli occhi mentre cerco di penetrare quella mente terribilmente subdola e contorta, per capire, o almeno, cercare vagamente di capire dove diavolo voglia andare a parare, lui e la sua ironia.

House mi porge la cartellina di Cindy e le altre, quindi mi sorride, come se mi avesse letto nel pensiero. A volte, comunque, credo che possa farlo davvero.

-ma se proprio vogliamo fare i fiscali, io non avrei nemmeno dovuto leggerla questa, ti pare?- continua con il suo tono così maledettamente casuale, distratto, superficiale.

Ah, ora ho capito dove vuole andare a parare.

Con un gesto brusco mi riprendo le cartelline che fino a prima erano rimaste a mezz'aria e sospiro, piena di rassegnazione ma anche di un po' d'amarezza.

-quindi , dato che il segreto professionale si è andato a far benedire.. mi spieghi cosa diavolo vuole ancora da noi, questa Cindy?-

-mi dispiace deludere la tua curiosità infantile.- rispondo, un po' acida.- ma si tratta solo di un'analisi.-

Greg fa una smorfia di disappunto.

-che ti aspettavi?.-

-pensavo che avessi trovato un'altra delle tue scappatoie per escludere il cancro dalla diagnosi di Cindy.- fa una pausa.- e non fare quella faccia, guarda che ne sei capace!-

-si, come una bambina che spera sempre!- rispondo a tono, citando la definizione che mi aveva affibbiato appena qualche giorno fa.

House mi guarda con una leggera espressione di ammirazione e stupore. Forse non credeva che io avessi ricordato le sue parole. Forse pensa che quello che dice mi passi attraverso come le chiacchiere di corridoio delle infermiere, pensa che mi entri da un orecchio e mi esca dall'altro?

Beh, si sbaglia.

Io ricordo tutto.

Avanza leggermene con il suo bastone arrivando nei pressi della lavagnetta dove ci sono ancora impresse le ipotesi che avevamo fatto riguardo al caso di Sebastian.

-esattamente.- dice quindi, tanto per non tradire la sua fama di bastardo.

Cala uno strano silenzio, un silenzio anche un po' imbarazzante. L'ufficio è quasi completamente al buio e lo sarebbe se non fosse leggermente illuminato dalla luce dell'ufficio adiacente, quello personale di House. Greg mi da ancora le spalle, è voltato verso la finestra e tiene il suo sguardo fisso nel panorama sempre più autunnale. È proprio lui ad interrompere quest'atmosfera quasi irreale.

-come mai non sei ancora andata a casa? Sono quasi le otto e mezzo.-

-potrei chiedertelo anch'io.-

-si ma l'ho fatto prima io!- dice con lo stesso tono vittorioso ed irritato di sempre.

Sospiro, rassegnata. So benissimo dove ci poterà tutta questa discussione. Finirà con l'ennesima analisi psicologica e con l'ennesimo, disastroso e patetico quadro clinico.

Fantastico.

-allora? Ti ha mangiato la lingua il gatto o sei ancora scioccata per la partenza del dott. Sebastian?- si ferma un istante e si gira verso di me.- non devi vergognarti, ho pianto anch'io.-

-ah.- inizio, sbigottita.- perché ce l'hai tanto con lui, me lo spieghi?-

-come siete noiosi tutti quanti, ci deve essere per forza un motivo se qualcuno ti sta sulle palle??-

Alzo le spalle, rassegnata.- di solito le persone normali ce l'hanno ma suppongo che per te si debba fare un discorso a parte.-

-tu mi sopravvaluti sempre.-

Adesso mi è praticamente di fronte, ci troviamo entrambi vicini al tavolo intorno al quale stiamo seduti tutti i giorni per lavorare. Eppure adesso fa un effetto strano ritrovarci qui, in ufficio, in un orario che non è quello di lavoro, soli, io e lui.

-e comunque non hai ancora risposto alla mia domanda.- incalza, fissandomi con i suoi potenti occhi azzurri. -facciamo un gioco: io rispondo a te, se tu rispondi a me. Su, avanti!-

Mi passo una mano sulla fronte e finalmente mi decido a soddisfare la sua insopportabile curiosità.

-Foreman mi ha chiesto di sostituirlo nel suo turno di notte. Aveva un problema.-

Lui non dice nulla, si limita a fissarmi con uno dei suoi sguardi da psicanalista, uno sguardo nello stile " wow, questa non me l'aspettavo!" Uno degli sguardi che odio.

E amo.

-ma non hai fatto il turno di notte anche ieri e lunedì?- mi chiede, sempre più intrigato.

Alzo le spalle. - anche domenica.-

House annuisce come se avesse capito tutto.

No, mi dispiace, Greg, tu di me non hai proprio capito nulla.

-ti stai allenando per essere eletta'miss masochista del Princeton'?-

Rimango in silenzio, sotto i suoi occhi irrisori.

-o è un altro dei tuoi patetici gesti d'altruismo?-

Incrocio le braccia, per nulla divertita da tutta questa situazione.

-non era questo il gioco.- evado, brillantemente.- adesso sei tu che devi rispondere a me.-

Greg sorride, divertito, distoglie per un attimo lo sguardo.

Questa volta sono io ad insistere. -come mai sei ancora qui? Avresti potuto essere a casa da mezz'ora, secondo l'orario dei turni- vorrei aggiungere che lui di solito va a casa una mezz'ora abbondante prima della conclusione del turno. Quindi la faccenda si fa ancora più strana.

Questa volta è lui a sentirsi analizzato, suppongo. E deve essere così perché, dopo nemmeno un istante, dice: - e se non rispondessi?-

-ti becchi la penitenza.- ribatto con naturalezza, come se stessimo davvero giocando.

E forse è vero.

Ma lo stiamo facendo con i nostri sentimenti e questo non porterà a niente di buono.

House appoggia tutto il suo peso sul bastone e mi guarda, storcendo leggermente la testa di lato.

-diciamo che non mi andava di andare a casa e mi sono trattenuto un po'. È bello stare in ospedale quando non c'è niente da fare.- è palesemente sarcastico.- ti va bene come risposta?-

Alzo le spalle. È una bugia. Ma è meglio di niente.

Ora viene il peggio, adesso toccherà a me rispondere. E non so se riuscirò a mentire bene come fa lui. Sotto i suoi occhi penetranti io mi sento completamente indifesa, come un libro aperto.

-tocca a te adesso.-

Sospiro ora. -voglio tenermi occupata.-

-bene.- annuisce. - se lavorare ti entusiasma tanto, domani ti farai le mie due ore di ambulatorio…-

Sento la rabbia che mi assale improvvisamente, sto per urlargli addosso che non lo farò nemmeno sotto tortura ma non me ne da modo.

-ehi.- dice prima che io parli.- sto scherzando.-

Mi sembra di prendere ossigeno dopo un lungo periodo di apnea.

Un tuono irrompe improvvisamente, facendomi sobbalzare come una ragazzina. A questo punto mi sarei potuta aspettare una sua sghignazzata. Invece niente. Strano.

I suoi occhi sembrano più tranquilli, più profondi adesso.

Se possibile, mi sembra ancora più affascinante del solito, lui, e il suo sguardo penetrante.

Siamo diversi. Così diversi che poi alla fine ci scopriamo essere terribilmente uguali, uniti entrambi dalla nostra solitudine. Entrambi con il nostro dolore, entrambi con la nostra voglia d'amare.

I miei occhi si abbassano un istante, poi si rialzano verso di lui.

Perché non possiamo stare insieme, House?

Vorrei gridartelo, adesso, qui, in questo ufficio quasi completamente buio, illuminato solamente da una piccola luce e da quella saettante dei fulmini. Adesso che sei qui, davanti a me, mi piacerebbe chiederti il perché di tutte queste domande e non credere che accetterei da te una risposta evasiva o semplicemente un 'sono curioso'. Non è possibile, non puoi essere solamente curioso. Ci deve essere dell'altro.

Mi hai chiesto perché non sono uscita con Sebastian.

Non puoi averlo fatto solo per curiosità.

E io non sono uscita con lui solo perché non c'era futuro.

-non è solo per quello…- le parole mi scivolano via dalla bocca, come se non le controllassi.

House aggrotta la fronte, incuriosito. -ehm, credo di essermi perso.-

-sto parlando di Sebastian.- continuo.- io…-

-vuoi andare in Africa, con lui.-

Serro gli occhi, sentendo la rabbia e la rassegnazione che mi assalgono.

Di fuori ha cominciato a piovere a dirotto e il rumore incessante e continuo della pioggia occupa un po' il silenzio che si è formato tra di noi. Io appoggio le cartelline al tavolo, lo scavalco e mi dirigo vicino all'ultima finestra che è rimasta aperta, con l'intenzione di chiuderla prima che tutta quell'acqua allaghi l'ambiente.

Ma non lo faccio, le sue parole mi bloccano prima.

-quello cosa?- la sua voce è profonda, seria, concentrata. Sono di spalle eppure mi sento lo stesso i suoi occhi puntati addosso. Deglutisco , immobile.

-non è solo per quello che non sono uscita con lui.- dico quindi, lasciando che il vento freddo mi accarezzi il viso e i capelli stretti in una treccia. Sento House sospirare e avvicinarsi lentamente.

-ah ma lo so.- dice, sicuro di se. -per te ha perso punti non appena lo abbiamo dichiarato fuori pericolo. Ormai ho imparato a conoscerti. Sei complicata ma una volta capito il meccanismo..-

Questa volta mi ha ferita. Parecchio. Mi volto verso di lui, indignata, arrabbiata come forse non lo sono mai stata. Questa volta hai esagerato.

- bene!- sto urlando ma non me ne importa affatto.- hai risolto il tuo enigma finalmente. Una serie di sintomi e poi la diagnosi, come un caso clinico!-

Continua a guardarmi con il sguardo sarcastico e superiore, come si guarda un bambino di otto anni che ha un'indigestione perché ha mangiato troppa cioccolata. Il suo sguardo altero e distaccato che mi ferisce sempre.. Lo contemplo un istante e mi rendo conto che ho tanta voglia di piangere. Le mie guance sono sicuramente già arrossate ma non è il caso di piagnucolare, ora, qui, davanti a lui.

-tu non hai capito niente di me, niente!!- urlo di nuovo e scommetto che, se l'ospedale non fosse quasi desertico, questa stanza si sarebbe già riempita d'infermiere curiose. - io.. non sono ancora guarita, va bene?!-

Lui mi guarda, un po' sorpreso.

Io abbasso lo sguardo e il tono di voce.- non riesco ad odiarti.-

Ora anche House abbassa lo sguardo, silenziosamente.

Mi passo una mano sulla fronte, sospirando leggermente. Ma perché cavolo mi sono lasciata andare così?? Mi sono umiliata per l'ennesima volta. E per l'ennesima volta solamente per lui. Lui, che mi ferisce, ancora, con il suo perenne ed inquisitorio silenzio. Dovevo tacere, me l'ero ripromessa migliaia di volte.

Nego leggermente con il capo e cerco di riparare questa situazione. Prima che io possa dire qualcos'altro, un altro tuono rimbomba per tutta la stanza.

-io…- balbetto, con voce rotta.- scusami.. dimenticatelo..-

Mi muovo per superarlo e andarmene, ma, incredibilmente, Greg mi trattiene prendendomi per un braccio.

Mi volta verso di lui.

I nostri occhi si incontrano e un istante prima che io possa dire, fare o anche pensare qualcosa, lui si avvicina al mio viso e unisce le sue labbra con le mie.

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Continua...

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Diomache.
  
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