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Autore: madeitpossible    08/02/2012    8 recensioni
Dal Capitolo 1: “ Cos’hai? Successo qualcosa?” Le chiese lei, con una punta di curiosità e anche di preoccupazione.
“ No, è che mi sento che oggi andrà male qualcosa!”
Distolse lo sguardo e lo alzò su quello della detective.
“ Hai intenzione di fare qualcosa? Hai qualche programma per oggi?”
“Esattamente niente!”
“ Beh dai, allora ti stai preoccupando per niente.”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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dfghjklò

È un giorno qualunque nella splendida città di New York. Fa freddo, è novembre, ma le temperature si sono abbassate tutto d’un tratto verso l’inizio del mese.

Oggi è il 22 novembre e nulla sembra diverso dal giorno prima: taxi fermi in ogni dove, passanti che con le cuffie dell’Ipod si perdono e si estraniano dalla realtà, persone che per tenersi in forma corrono nell’immenso Central Park, gente immersa totalmente nel proprio lavoro che sorseggia distrattamente un caffè, alunni che con passo annoiato si dirigono verso il posto che li terrà impegnati per almeno sei ore,  scrittori che non stanno facendo il loro mestiere, ma che sono al fianco della loro musa. Posso usare anche il singolare, non credete? Quanti scrittori di bestseller che seguono da ormai quattro anni una detective della quale sono follemente innamorati, pensate possano esistere? Ho un potere: leggere nella mente. No, non è vero, ma a questa domanda so a cosa avete risposto, o a chi avete pensato: Solo uno e il suo nome è Rick Castle. Ci ho beccato?

Castle come sempre, era al fianco della sua musa. Non aveva ricevuto una chiamata di un omicidio, ma oramai lei era diventata ossigeno per lui, non riusciva a stare senza di lei, senza vederla almeno un tot di ore in una giornata. Ci aveva provato a stare a casa quando lei non lo cercava, ma le giornate non passavano, erano troppo lunghe e non sapeva mai cosa fare. Cosi, anche quel giorno era andato al distretto, soltanto per vederla compilare delle scartoffie, per vedere la sua adorabilissima faccina che si corrugava quando vi era qualcosa che non andava.

Ormai lei non domandava neanche più il motivo per cui si trovasse li, se non ci fosse alcun caso da risolvere. Alla fine anche Kate Beckett aveva voglia di vederlo, di bere il caffè che lui le portava quotidianamente, di guardarlo sottecchi quando giocava tutto concentrato con il nuovo giochino che aveva scaricato sul telefono, di sentirsi osservata e desiderata.

Come ogni giorno, Castle era seduto sulla sua poltroncina, di fianco alla scrivania della detective, ma non stava giocando. Aveva le mani incrociate e appoggiate sulla scrivania, e il mento appoggiato sulle nocche delle mani. Non guardava la detective, ma il suo sguardo guardava il vuoto. Beckett se ne accorse.

“ Oggi non giochi, scrittore?”

“ No” Rispose lui secco, senza guardarla in viso.

“ Cos’hai? Successo qualcosa?” Le chiese lei, con una punta di curiosità e anche di preoccupazione.

“ No, è che mi sento che oggi andrà male qualcosa!”

Distolse lo sguardo e lo alzò su quello della detective.

“ Hai intenzione di fare qualcosa? Hai qualche programma per oggi?”

“Esattamente niente!”

“ Beh dai, allora ti stai preoccupando per niente.”

“ Speriamo.”

 

Dopo cinque minuti da questa conversazione, in un’altra parte di New York, c’era una ragazza alta, 18 anni, capelli rossi e lunghi, che con le cuffiette alle orecchie e la sua fidata bicicletta, si dirigeva a scuola. Ultimo anno. Poi avrebbe raggiunto il suo fidanzato all’università. Alla fine, suo padre le aveva negato di saltare un anno scolastico, sebbene i voti glielo permettessero di fare. Aveva provato a convincerlo in tutti i modi, si era fatta persino scrivere dalla preside una lettera nella quale scriveva che avrebbe benissimo potuto saltare l’anno e andare direttamente all’università. Ma niente. Suo padre era cocciuto peggio di un bambino di nove anni. Aveva paura di perderla. Glielo aveva detto più volte. Con il suo fidanzato, tutto sommato andava bene, sapeva che poteva fidarsi di lui e la cosa era reciproca. Non si vedevano spesso, ma quei giorni che lui passava con lei, erano speciali e indimenticabili. Ogni giorno che passava era un giorno in meno che la separava da lui.

Con questi pensieri Alexis si stava dirigendo a scuola, allegra, mentre ascoltava “Mine” di Taylor Swift. La loro canzone.

Era contenta di andare a scuola, era la più brava della classe e ci andava volentieri. In passato aveva litigato con delle sue amiche per i più superflui motivi. Alla fine si era risolto tutto.

Alexis non aveva paura di dire le cose in faccia alle persone, non riusciva a tenersi dentro tutto, anche se ci provava. All’inizio teneva dentro quello che pensava, ma poi quando succedeva qualcosa che le dava piuttosto fastidio, scoppiava, esplodeva. E non poteva farci niente. Soltanto le sue vere amiche ormai la sopportavano quando si comportava cosi. In un certo senso era un bene, perché quando parlava, tirava fuori tutti i piccoli problemi che vi erano e che nessuno avrebbe mai evidenziato, se lei non lo avesse fatto; poi però ovviamente c’erano delle persone che si schieravano dalla sua parte, o che almeno cercavano di capire le sue ragioni e con le quali poi, chiariva, ma vi erano anche quelli più cocciuti e testardi che non le davano ragione e con la quale poi litigava, anche pesantemente.

Ma in quel periodo, era spensierata, non aveva niente da dire, andava tutto alla grande. Ashley sarebbe venuto per le vacanze di Natale, che si avvicinava sempre di più. A scuola i suoi voti erano migliorati, suo papà e sua nonna stavano bene. Tutto era perfetto.

Sorrise, sorrise per la milionesima volta quel giorno, quando la canzone finì.

Ne partì un’altra, della quale non si ricordava il nome.

 

Nel frattempo, mentre Castle stava per tirare fuori il cellulare per iniziare a giocare, e Alexis stava canticchiando quella canzone, tra una pedalata e l’altra, Peter stava guidando la sua automobile, in stato d’ebbrezza.

Peter White, un giovane di venticinque anni, che era appena stato lasciato dalla propria ragazza, per la quale aveva dato corpo e anima. Non aveva più amici, perché il loro era un amore esclusivo. Solo loro due. Peter e Jane. Jane e Peter.

Jane aveva litigato con tutti quelli che prima credeva suoi amici, che non approvavano la loro relazione. Aveva lasciato famiglia e amici, per stare con lui.

Erano la tipica coppia che si vedono nei film: lui povero, lei ricca, lei che molla tutto per stare con lui. Solo che nei film alla fine lei si riappacifica con la famiglia che accettano malgrado questa relazione per amore della figlia, e  tutti vivono felici e contenti.

Ma questa non era una favola, non era un film. Jane se ne era andata perché lui l’aveva tradita. Peter sapeva che non sarebbe tornata in dietro e che quello era stato l’errore più grande di tutta la sua vita.

La notte non riusciva a prendere sonno, cosi prese qualche spicciolo che aveva nel cassetto dentro l’armadio e uscì. Andò nel primo pub che trovò aperto alle due di notte. Si ubriacò, ma neanche tutto l’alcool che aveva in corpo riuscì a fargli rimarginare le ferite che si erano aperte da quando lei era partita. Continuò a bere, a mandare giù i liquori più scadenti che quel piccolo pub aveva, perché non poteva permettersi di bere qualcosa di caro.

Alle cinque e mezzo crollò sul bancone del pub, era rimasto solo lui e il gestore, anch’esso ubriaco. Peter gli aveva raccontato la sua vicenda amorosa, e di come era finita. Il gestore, James, lo aveva ascoltato e aveva cercato di dargli dei consigli, ma gli disse anche che era un povero vecchio, grasso, che non faceva una scopata degna di essere chiamata tale, da molti anni, nessuno lo voleva e da quando la sua Mary se ne era andata, era morta, lui non aveva cercato più nessuno. E nessuno andava da lui.

Cosi, tra un bicchiere offerto da Jack, che anche lui si era fatto trascinare in quel vortice che avevano chiamato, ironizzando, depressione d’amore, e un altro, Peter si era addormentato.

Alle sette di mattino Jack svegliò sgarbatamente Peter. Questo che non aveva ancora smaltito la sbornia, fece per pagare, ma l’amico di sventure gli disse che per questa volta offriva lui, tutto. Lo ringraziò e uscì da quel pub.

Doveva guidare per tornare a casa, e sperò e pregò che la polizia urbana avesse dell’altro da fare che fermare un pover’uomo per dei controlli.

Andò tutto bene finché non si ritrovò bloccato in mezzo al traffico della grande mela. Gente che andava a lavorare, mamme che portavano i propri figli a scuola, e lui, Peter che non vedeva l’ora di tornare a casa per farsi una doccia fredda e una dormita. Si stava innervosendo: Perché non si muovono!?

Guardò a destra, avanti e indietro. Era in mezzo a un milione di macchine. La macchina che aveva davanti e di cui egli guardava soltanto il retro sembrava dirgli: io sono più avanti di te, arriverò prima.

A quel punto si accorse che alla sua sinistra vi era la pista ciclabile, un luccichio nei suoi occhi si accese. Mise in moto la macchina, che precedentemente aveva spento e con un manovra che soltanto un ubriaco può fare, si infilò dentro la pista che era anche piuttosto vuota. Buttò giù qualche paletto perché non capiva più niente e la macchina sbandava da destra a sinistra, sentiva dei clacson lontani, probabilmente erano le persone che lo vedevano fare quella mossa. Egli associò il rumore del clacson ad un applauso, questo gli dava la forza di andare avanti.

Aveva incontrato qualche bicicletta, ma era riuscito a schivarle, forse perché lo avevano sentito arrivare e si erano fermate, spaventate. Stava aumentando la sua velocità, quando s’accorse di una bicicletta che stava in mezzo alla strada. Stava facendo gli slalom tra le righe discontinue che separavano la corsia di andata e quella di ritorno. Suonò più volte il clacson per far si che questa si potesse spostare, ma sembrava non sentire.

Peter non riuscì a schiacciare il pedale del freno abbastanza in tempo per non travolgere la bicicletta.

 

 

Commento: Ma buona sera! Questa FF l’ho iniziata ad aprile, credo dell’anno scorso, quindi come noterete ci sono delle cose che durante la 4 stagione si sono modificate, come Alexis ed Ashely. Vi voglio ricordare che io vi voglio taaaaaanto bene, si Rab e Lu mi riferisco soprattutto a voi. La Stefy chissà se tirerà fuori qualche arma, questa volta.. Un grazie a Bea, a Mari e a Mini, che mi hanno consigliato, aiutato e letto, non uccidendomi. Ci vediamo con il prossimo aggiornamento. Bacioni, Madeitpossible.

 

 

  
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