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Autore: evenstar    17/09/2006    17 recensioni
Se credete che il vostro lunedì sarà nero pensate che c'è gente che sta peggio di voi... Ninfadora ne è un esempio.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Tonks'
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Questa mi è venuta un pò lunga ma spero che gradirete lo stesso.

Grazie a tutti voi che commentate le disavventure della povera Ninfadora.

Evanstar.

 

L’uomo di casa

 

 

Ninfadora Tonks era depressa.

Quello che le dava fastidio di questo suo stato d'animo in quel particolare momento era che non aveva nessun motivo per essere depressa, non questa volta almeno.

Dopo mesi, se non quasi anni, di tentativi per conquistare un certo lupacchiotto dei suoi sogni era infatti finalmente riuscita ad ottenere da lui un agognato bacio (di quelli veri con tanto di lingua, non un platonico bacio tra amici, ben inteso) ma, a quanto sembrava, tutto questo non le bastava per scacciare la sua depressione galoppante che continuava ad assillarla in una morsa costante.

O forse, questa volta, il motivo di tale sconveniente e piuttosto seccante disposizione mentale era proprio dovuto al fatto che, per la prima vota in un tempo quasi storico, non avrebbe dovuto passare tutto il suo tempo libero e in parte anche quello non libero a pensare a come conquistare l’inconquistabile e irreprensibile Remus J. Lupin. Perché, seppur è vero che una rondine non fa primavera e che piove sempre sul bagnato, la giovane e rampante Tonks era assolutamente e indiscutibilmente certa che quell'unico bacio (con la lingua) avrebbe cambiato il loro platonico rapporto in qualcosa di molto più bollente e su questo fatto, seppur abbastanza umido, non avrebbe piovuto affatto.

In realtà, se la giovane Ninfadora avesse ben considerato la sua situazione si sarebbe resa conto che, anche avendo ottenuto un bacio dal tenebroso mago dei suoi sogni, ben altri sarebbero stati i problemi da affrontare da quel momento in poi. Infatti, dopo aver passato qualche minuto (45 per la precisione) seduta sul divano di pelle bianca a fissare la finestra del salotto, Tonks riuscì a trovare moltissimi altri motivi, molto meno futili del primo, per cui essere depressa in quella radiosa mattina.

Il primo e più importante dei quali era che quella sera aveva un appuntamento, vero anche quello come il bacio, con lui e, oltre ad avere ancora parecchi dubbi sull'abbigliamento adatto per una tale ricercata occasione, aveva anche non la paura ma la quasi totale certezza che avrebbe combinato di sicuro qualcosa di estremamente imbarazzante e anche, conoscendosi, potenzialmente pericoloso durante l'incontro.

Il secondo motivo le balenò nella mente qualche attimo dopo quando si rese conto che, sebbene avesse ormai assodato che il suo lupacchiotto non fosse innamorato di una certa vamp francese di sua conoscenza, le mancava ancora di scoprire cosa e soprattutto con chi si vedesse nella sue misteriose uscite notturne. Questo pensiero, al momento del famoso bacio accantonato dal suo neurone in un angolo buio e tenebroso della sua complessa mente, la fece cadere in un baratro di depressione raramente provato in precedenza e le fece prendere la decisione di chiedere spiegazioni a Remus, quanto prima possibile, sulle sue suddette misteriose uscite notturne.

Ninfadora fu strappata dai suoi cupi pensieri dalla comparsa improvvisa nel camino di fiamme verdine seguite, a breve distanza di tempo ma anche di spazio, dalla testa di Kingsley Shacklebolt.

- Kingsley, Che cosa ci fai qui? - sbottò assai poco amichevolmente la giovane strega, notevolmente contrariata dall'intrusione inattesa in casa sua. (... E se si fosse trovata in dolce compagnia? Che mezzi rozzi per comunicare, senza neanche un minimo di preavviso).

- Buon giorno, Tonks. Volevo solo ricordarti che tra meno di 10 minuti abbiamo la riunione del lunedì con il capo. Te lo ricordi vero? - Chiese Kingsley, fissando con un sorriso sornione la giovane che schizzava in piedi, naturalmente rovesciando il tavolino davanti al camino e spandendo le riviste su esso posate per tutto il tappeto. Che razza di domande: certo che non se lo ricordava e lui lo sapeva bene; non poteva decidere di ricordarglielo 10 minuti prima? No, sempre all'ultimo, tale e quale a quella smorfiosetta francese.

- Certo che me lo ricordavo, - mentì spudoratamente Tonks. - Dammi il tempo di prendere la giacca e arrivo in ufficio.

Come tutti voi sapete normalmente vestirsi al mattino non è un'operazione particolarmente complessa e può richiedere da qualche minuto, per le persone che amano dormire, fino ad una mezz'ora, per coloro che vogliono sacrificare qualche attimo di sonno per la propria bellezza. Per quella categoria di persone classificate come "disordinati" dalle persone di tipo 1 e 2 invece la cosa può rivelarsi decisamente difficoltosa. Ninfadora ne era ben consapevole; si fece coraggio e, incamminandosi con passo deciso verso la sua camera da letto, iniziò la complessa opera di prepararsi per andare al lavoro.

La doccia fu relativamente semplice e indolore se si escludono la decina di cadute dei vari botticini di  bagnoschiuma e shampoo che precipitarono talvolta sulle dita delle estremità inferiori della giovane, facendole notevolmente male, talvolta sul pianale della doccia, facendo altrettanto male allo smalto bianco candido. A parte questi piccoli e insignificanti incidenti in pochi minuti la doccia fu fatta e Tonks poté avvolgersi nel suo accappatoio, rigorosamente rosa acceso, e trascinarsi gocciolante fino alla sua stanza da letto per iniziare ad asciugarsi. Dovete sapere a questo proposito che se un Babbano non può far altro per asciugarsi che scorticarsi la pelle con degli asciugamani che sembrano carta-vetro, un mago ha due metodi a sua disposizione: uno è quello tradizionale noto anche ai Babbani con il suddetto asciugamano, l'altro invece è una prerogativa della popolazione magica e consiste nel puntarsi addosso la bacchetta e dirigersi contro un getto di aria tiepida, o calda, a seconda delle preferenze personali. Normalmente Ninfadora Tonks non avrebbe mai scomodato la magia per una cosa così banale come asciugarsi dopo una doccia ma quella mattina, pensando giustamente di essere scandalosamente in ritardo persino per i suoi canoni, decise di cercare di sveltire le cose usandola.

Si mise quindi all'affannosa ricerca della sua bacchetta magica: guardò sul comodino, sul letto, sotto il letto e sulla cassettiera prima di rendersi conto che non era nella stanza. Andò, sempre sgocciolando acqua per terra, nel salotto: cercò sul tavolino e sul tavolo, ma niente; si diresse con panico crescente in cucina, pensando che tanto la bacchetta andava comunque trovata prima di recarsi al lavoro non esisteva che un Auror si recasse in ufficio senza per cui tanto valeva continuare a cercarla adesso, sebbene fosse ormai asciutta. Anche nella cucina però non c'era traccia di quel maledettissimo pezzo di legno: Ninfadora guardò sul tavolo, sopra il frigo, dentro il frigo ma niente da fare.

Sentì la sua depressione raggiungere un nuovo record, aggiungendosi al panico che le stava lentamente montando dentro per il ritardo ormai quasi assurdo e, all'improvviso, senza saperne il motivo si ritrovò a pensare a Remus: se ci fosse stato lui la bacchetta sarebbe sicuramente saltata fuori in un lampo lampante.

In un ultimo barlume di indipendenza e amor proprio Tonks decise che non si sarebbe fatta battere così da un misero, per quanto utile, bastoncino di legno; si diresse con passo deciso verso il salotto: lo sguardo le cadde sul divano e vedendolo le venne un'improvvisa illuminazione. Quella mattina, quando si era seduta sul divano, aveva la bacchetta nella tasca dei pantaloni per cui poteva esserle facilmente scivolata fuori ed essere finita tra i cuscini. Cominciò quindi a smontare il divano: trovò il mazzo di chiavi di casa, quello che aveva Remmy ( il Peluche non quello vero) come portachiavi; lo appoggiò sul tavolo e si rimise alla ricerca della bacchetta sotto lo sguardo attento del lupacchiotto che la fissava con uno sguardo educatamente perplesso sconvolgentemente simile a quello di Remus, quello vero. Trovò anche un sacchetto di patatine vuoto, due galeoni, un paio di forbici e una maglietta ormai ridotta a una palla stropicciata, ma della bacchetta magica neanche l'ombra. Sconsolata si fece cadere sui cuscini, costringendosi a pensare: se non era sul divano ma quella mattina era nella tasca l'unica possibilità era… che fosse ancora nella tasca! Si alzò per controllare i pantaloni del pigiama e in essi trovò finalmente l'agognata bacchetta magica.

Nel frattempo era ovviamente già asciutta e quasi bisognosa di un'altra doccia ma decise di lasciare stare e cominciare a vestirsi.

Normalmente la giovane Ninfadora usava abiti Babbani solo se doveva andare a lavorare in mezzo a loro se, come quel giorno, aveva deciso di Smaterializzarsi direttamente in ufficio indossava una veste da strega. In quella radiosa mattina aveva deciso di mettere quella viola scuro abbinandola a dei capelli rosso acceso. Neanche a farlo apposta la veste viola scuro che, fino alla sera prima Ninfadora era sicura fosse rimasta tranquilla e stirata nel suo armadio, era scomparsa. La giovane Auror cercò di non farsi prendere dal panico e, respirando profondamente, iniziò l'affannosa ricerca della veste prescelta. Guardò nel bagno, nel salotto, di nuovo nel frigo, non si sa mai, per poi tornare mogia mogia nella sua camera e trovare la veste che faceva bella mostra di sé ordinatamente stesa sul letto, pronta per essere indossata.

Dopo aver mormorato qualche maledizione, che fece spruzzare scintille dorate dalla sua ritrovata bacchetta, Ninfadora si tolse l'accappatoio e indossò la sua veste preferita poi, mettendosi davanti allo specchio, si concentrò sul colore dei capelli. Peccato che tutte le volte che cercava di ottenere un bel rosso fuoco le riuscisse solo un rosa altrettanto acceso dovuto al suo, seppur forse ancora del tutto inconsapevole ma non per questo meno presente, terrore per l'appuntamento che l'aspettava da lì a dieci ore. Alla fine decise di rinunciare, restassero del colore che volevano e, ovviamente, proprio in quel momento ottenne un bel rosso fuoco.

A mezz'ora dalla chiamata di Kingsley, quindi esattamente con venti minuti di ritardo, si Smaterializzò per ricomparire nell'ingresso del Ministero della Magia. Tonks si scapicollò correndo verso l'ascensore le cui porte si stavano chiudendo proprio in quell'istante, facendo in scivolata gli ultimi metri e finendo tra le braccia di un anziano impiegato che la fissò con sguardo truce, grugnendo al buongiorno che la giovane gli aveva  mormorato rialzandosi. Scese al suo piano comparendo davanti al capo e ai colleghi già riuniti con gli occhi bassi, pronta a sorbirsi un richiamo.

- Ma guardate chi ci onora, alla fine, della sua presenza. Tonks! - le disse infatti Bowen, con un sorriso maligno sulle labbra mentre la giovane si univa ai colleghi intorno al tavolo.

- Scusi il ritardo, capo, sono stata trattenuta, - mormorò lei, cercando mentalmente una scusa plausibile per il ritardo.

- Da cosa, mi piacerebbe saperlo.

Tonks fece per aprire le labbra sperando che le uscisse una scusa brillante ma il capo alzò una mano e fece un gesto per zittirla. - Lascia stare per favore, lasciamo perdere e andiamo avanti con la riunione.

 

Il resto della giornata scorse relativamente tranquillo: la giovane non ebbe incarichi esterni e passò la giornata a riordinare le scartoffie che le si stavano pericolosamente accumulando sulla scrivania.

Alle cinque esatte si alzò dalla sua sedia con irruenza facendola finire per terra con un rumore assordante che le fece guadagnare occhiate maligne dai colleghi. Non ci fece caso, ormai abituata, sollevò la sedia da terra e fece per afferrare la sua borsa quando l'ombra dei Bowen incombette su di lei.

- Dove pensi di andare, Tonks?

- A casa, signore? - rispose  sfoderando un sorrisone e guardandolo con uno sguardo da cucciolo abbandonato e infreddolito che sperava lo intenerisse.

- L'idea di restare per recuperare il ritardo di questa mattina non ti sfiora neanche,vero?

Tonks iniziò a scuotere la testa vigorosamente orripilata da una tale idea poi si rese conto che quella non era decisamente la mossa migliore da fare davanti a lui per cui abbassò gli occhi con fare colpevole. Non vide l'accenno di sorriso del burbero direttore che, d'altra parte, riprese in fretta il suo glaciale contegno.

- Come mai questa fretta?

- Ho un appuntamento questa sera, - biascicò lei pianissimo.

- Cosa? - richiese lui che non aveva capito niente dato che la giovane aveva parlato troppo piano anche per l'udito fine di un Auror come lui.

- Ho un appuntamento, - disse lei, questa volta scadendo bene le sillabe in modo tale che la buona metà dei suoi colleghi la sentisse.

- Oh, beh allora auguri...

- Grazie, signore, - rispose, visibilmente stupita dagli auguri.

- Non per te, per lui, non so se sa quello che rischia.

- Ah.

- Sparisci, prima che cambi idea e ti tenga qui.

- Sì, signore, - rispose la giovane correndo verso gli ascensori e travolgendo le carte sulla scrivania di Jones. - Morgana, scusami tanto, Jones, - biascicò fermandosi per raccoglierle.

- Non ti preoccupare, faccio io, vai o farai tardi, - le ripose lui, poi abbassò la voce in modo che gli altri non sentissero. - E salutami Remus.

Tonks non si chiese come mai tutti sapessero del suo appuntamento ma al solo nome del suo lupacchiotto i capelli virarono dal faticosamente conquistato rosso a un rosa brillante.

- Certo,- rispose balbettando, si ritirò in piedi e schizzò fuori dalla stanza diretta verso il pianterreno e poi verso il suo appartamento.

 

Le successive due ore furono per la giovane e promettente Auror tra le più angoscianti della sua breve vita. Non era di sicuro il suo primo appuntamento, come quello che aveva ricevuto ieri non era stato il suo primo bacio, ma entrambi erano stati unici. Aveva rinunciato a scegliere un colore per i capelli: qualunque cosa tentasse appena rivedeva nella mente l'immagine di Remus i capelli tendevano a virare sempre sul rosa, figurarsi cosa sarebbe successo quando alla fine lo avesse visto. La scelta degli abiti fu decisamente la cosa più angosciante: primo quesito era scegliere tra abiti da strega e abiti Babbani. Non aveva la minima idea di cosa volesse fare il tenebroso lupacchiotto e quindi non aveva idea di cosa mettersi; dieci minuti dopo Tonks era seduta sul divano a fissare il cielo plumbeo, cercando di prendere la decisione, quando vide un gufo planare e appoggiarsi sul davanzale picchiettando la finestra per farsi aprire.

Si riscosse dalla apatia nella quale era caduta e a quella vista fu sopraffatta da un moto di puro terrore seguito subito dopo da una profonda angoscia e infine da una cocente depressione: quella era di sicuro  la lettera con cui Remus le diceva che ci aveva ripensato, che ieri, quando le aveva chiesto di uscire, in realtà non era lui ma Charlie Wealsey che le aveva fatto uno scherzo, oppure che era stato drogato con qualche stana pozione e che adesso che si era ripreso si scusava ma di uscire con lei proprio non ci pensava. Pensò di lasciare fuori l'uccello del malaugurio ma questo continuava imperterrito a battere sul vetro così, alla fine, si decise ad alzarsi e a trascinarsi fino alla finestra aprendola per lasciare entrare il pennuto che era bagnato fradicio, segno che da qualche parte tra casa sua e casa Lupin stava decisamente diluviando. Il gufo entrò nella stanza protestando a gran voce per essere stato lasciato fuori tutto quel tempo e manifestando il suo disappunto sia sgocciolando ovunque, sia dando una sonora beccata alla mano della giovane quando questa cercò di prendere la lettera.

Alla fine, non senza molti eroici sforzi, riuscì nella sua opera di cercare di recuperare la lettera dalla zampa dell’iroso animale ma, quando vide che effettivamente era una lettera di Remus, si bloccò con la busta in mano e lo sguardo perso nel vuoto. La coraggiosa Auror si fece infine forza e srotolò la pergamena fissando la scrittura ordinata del mago: naturalmente non era una confessione di misfatti precedenti ma un semplice biglietto con cui Remus le ricordava gentilmente che avevano un appuntamento, che sarebbe passato da lì a 20 minuti, ossia alle 8 in punto come previsto, e che l'avrebbe portata nel suo appartamento per una cena ed eventualmente una successiva passeggiata se il tempo avesse retto a sufficienza per poter passeggiare senza correre il rischio di annegare. Si scusava inoltre, per ovvi motivi, di non poterle offrire una cenetta sotto la luce della luna piena ma prometteva che, tempo permettendo, sarebbero usciti dopo cena per fare un passeggiata al chiaro di… un quarto di luna.

Ninfadora, dopo aver pensato a quanto fosse dolce e premuroso il suo lupacchiotto che le mandava addirittura un gufo per spiegarle cosa avrebbero fatto e ricordarle l'appuntamento, decise alla fine di indossare abiti Babbani, in vista di un'uscita post cena. Si infilò quindi nell'armadio cercando qualcosa che potesse andare bene; ovviamente, avendo deciso per abiti Babbani, si era non poco complicata la vita: una veste da mago, per quanto con forme e colori diversi, rimaneva una veste ma con gli abiti Babbani era tutta un’altra cosa. Avrebbe dovuto scegliere tra un vestito casual e uno elegante, tra la gonna e i pantaloni, tra mettersi una maglia o fare finta che fuori non infuriasse una bufera e non mettersela. Prese una bracciata di vestiti e li mise sul letto fissandoli poi con sguardo assente per quasi un quarto d'ora; fu riscossa dal suono del campanello di casa che trillò nel silenzio. Ninfadora fu presa dal panico, guardò l'orologio sul comodino che indicava le 8 in punto e si diresse con fare indifferente alla porta aprendola e sfoderando un sorrisone.

- Ninfadora, stai bene? - fu la prima cosa che le chiese Remus vedendola sorridente alla porta, cosa che non era mai capitata da quando aveva iniziato a frequentare casa sua con una certa assiduità.

- Certo che sto bene, Remus. Sono solo... Come dire, un po’, ma solo un pochino, in ritardo, - biascicò lei mentre fissava il maglione verde scuro con le maniche rimboccate di Remus e il suo sguardo indugiava sempre più in basso fino ad arrivare ai suoi pantaloni neri ormai scoloriti. Possibile che fosse dannatamente sexy anche in comunissimi vestiti Babbani?

- Oh, non fa nulla, ti aspetto qui mentre finisci.

Ma quanto era tenero il suo Remus!

- Faccio in un attimo, - trillò andando con passo sicuro verso la sua camera. Appena dentro chiuse la porta e vi si appoggiò contro, reprimendo un gemito; ancora non aveva idea di cosa mettersi ma vedere lui in qualche modo l'aveva aiutata: decisamente per il casual con il maglione.

Perfetto, ormai era quasi fatta.

- Tonks, stai bene? – chiese Remus dopo dieci minuti, fissando tranquillamente la porta della stanza, ancora sprangata con lei dentro.

- Certo, - ancora un attimo e arrivo, - biascicò lei, finendo di infilarsi la maglia di cotone bianca e buttandosi sul letto per abbottonarsi i pantaloni lilla leggermente stretti in vita. Ci riuscì e notò che non le stringevano neanche tanto a patto che non respirasse per le prossime tre ore.

Infine uscì dalla stanza, vide Remus aprire la bocca per dire qualcosa poi richiuderla e riaprirla di nuovo. - Sei... Sei... Insomma... Sei molto bella così, - le disse evidentemente e irrimediabilmente imbarazzato, forse per la prima volta da quando la conosceva, diventando di un colore molto simile alla chioma della famiglia Weasley.

Tonks sorrise soddisfatta dell'effetto ottenuto e si mosse ancheggiando, con andatura che sperava fosse seducente, diretta alla porta. - Bene, andiamo? -chiese con nonchalance, peccato che l’effetto fu rovinato dal fatto che travolse il portaombrelli dell'ingresso provocando la rovinosa caduta dello stesso che andò a sua volta a sbattere contro una pianta, coinvolgendola nel capitombolo. Ma lei riuscì stranamente a rimanere in piedi, sebbene fosse diventata paonazza; Remus non si scompose: tirò fuori la bacchetta e riparò il disastro con una notevole impassibilità poi si voltò verso di lei e le disse, senza un accenno di ironia, di questo Tonks fu sicura. - Adesso sì che ti riconosco, Ninfadora.

Lei perse il suo poco self control, faticosamente gestito fino a quel momento, e gli sbottò in faccia, sibilando come un serpente. - Non mi chiamare Ninfadora.

Remus sorrise e, dopo che lei fu uscita dell'appartamento senza ulteriori danni, si chiuse la porta alle spalle con l’intenzione di Smaterializzasi direttamente nel suo appartamento. Ninfadora non era mai stata nella nuova casa di Lupin da quando questi se n'era andato da Grimmaul Place. Il condominio Babbano in cui abitava adesso era chiaramente popolare: l'intonaco era scrostato in diversi punti, le stradine laterali sui bordi erano buie e sporche e vi provenivano strani rumori. A Tonks si strinse il cuore a pensare che il suo cucciolo potesse vivere in quelle condizioni, Remus la vide fissare il condominio e sorrise; le prese la mano scatenando il primo, previsto, arcobaleno di colori nei suoi capelli e le disse. - Non ti fare spaventare dall'esterno, dentro è decisamente meglio, fidati.

Tonks arrossì e tentò di porre rimedio alla brutta figura. - No, non stavo pensando che fosse brutta, - mormorò dubbiosa mentre Lupin la fissava perplesso.  – Sì, cioè è brutta come casa... da fuori, cioè... Non volevo dire che...  sì insomma... - ovviamente la giovane non riuscì nel suo intento e, saggiamente, dopo qualche altro borbottio decise di chiudere la bocca prima di peggiorare la già orrenda situazione. Fu poi notevolmente, incredibilmente e irrimediabilmente sconvolta quando lui aprì la porta e si scostò per farla entrare nel suo regno: un regno fatto di mobili bianchi senza un filo di polvere, tavole con candidi centrini ricamati, piante rigogliose e un simpatico acquario con allegri pesciolini rossi che vi nuotavano dentro, felici e beati nel torpore della loro acqua tropicale. Nonostante fosse un appartamento piccolo nulla era in giro: non un maglione sul divano, non un pettine sul tavolo, in cucina ribolliva tranquilla una grossa pentola con del sugo ma non c'era altro segno che qualcuno vi avesse cucinato una cena, le stoviglie erano perfettamente pulite e in ordine nella credenza, la tavola era apparecchiata per due.

A quella vista Ninfadora crollò nello sconforto più nero che peggiorò notevolmente mano a mano che la serata proseguiva e lei si rendeva conto di come Remus fosse un perfetto uomo di casa e, invece che essere contenta del fatto che almeno uno dei due nella coppia fosse in grado di gestirsi in un appartamento, le vennero delle crisi di inferiorità prendendo, una volta in più, coscienza della perfezione dell’uomo di cui sei era innamorata.

Si aggirò, con il cuore che le batteva forsennatamente nel petto, per la casa non toccando cibo per paura che le cadesse sul tappeto consunto ma ancora senza una macchia; le venne un mezzo infarto tutte le volte che dovette prendere in mano un bicchiere, arrivando a bere solamente quando non ne poteva più dalla sete per il terrore di rovesciarlo sul divano, e rimase stranamente in silenzio per gran parte della serata.

Quando si misero a mangiare la giovane si ritrovò a fissare il piatto che aveva davanti: nessuna portata era carbonizzata e neanche lievemente bruciacchiata; buttò un occhio nella cucina e anche lì era tutto decisamente tranquillo: non si vedeva fumo, non c'erano strani rumori, nella pasta c'era il sale e non lo zucchero, l'arrosto era arrostito e non carbonizzato, insomma era tutto stramaledettamente perfetto.

Remus con l'acume che lo caratterizzava si rese conto che c'era qualcosa che turbava la sua ospite e quindi le chiese.- Ninfadora, sei sicura che vada tutto bene? Mi sembri strana.

- Certo che va bene... – rispose, mentre lui la fissava con i suoi occhioni ambrati, scrutandola. - No, - ammise infine. - Non va bene, - disse persa dalla sconfortante coscienza che tra di loro non avrebbe mai potuto funzionare, era troppo diversi in tutto.

- Oh, è per la cena? Se non ti piace possiamo andare fuori a prendere qualcosa, o è per la casa... - chiese Lupin dispiaciuto, dandosi un'occhiata in giro cercando qualcosa che fosse fuori posto. - Non è granché, me ne rendo conto ma...

- No, -  disse lei precipitosamente. - Non è quello, per niente, anzi è tutto l'opposto. Insomma guardati intorno e pensa a casa mia.

Remus la fissò senza capire cosa intendesse dire e rimase quindi in attesa che gli spiegasse quello che la turbava.

- Ho paura di muovermi e distruggerti qualcosa, - ammise infine abbassando lo sguardo.

- Tutto qui?

- Eh, ti pare poco?

- Te l'ho già detto ieri, sono bravo negli incantesimi di riparo e smacchiatura, - rise lui, decisamente sollevato che fosse solo quello che preoccupava la giovane, che poi era anche la cosa che adorava in lei: non il fatto che distruggesse metà delle cose che toccava ma la spontaneità e la semplicità di ogni suo gesto, di ogni suo commento. - Fai come se fossi a casa tua; davvero, Tonks, rilassati.

Ninfadora prese il bicchiere in mano fissandolo incerta e poi guardò il mago che ricambiò lo sguardo con un sorriso che le fece capire come non stava scherzando: davvero non gli importava che qualcosa si sporcasse o si rompesse, sembrava che fosse solo desideroso di stare con lei e ne accettasse le conseguenze. E come sempre l’effetto del mago sulla giovane fu migliore di quello della più potente pozione rilassante, Tonks sentì che la tensione si allentava e che piano piano tornava ad essere se stessa; infatti, pochi istanti dopo, quando si decise a posare il bicchiere che ancora teneva in mano, questo andò a rovesciarsi macchiando la candida tovaglia.

- No! – biascicò, aveva comunque sperato che non succedesse subito.

- Gratta e netta, - disse Remus e in due secondi il tavolo fu come prima. - Visto, tutto bene, piccola, stai tranquilla, non… - iniziò a dire, ma poi si interruppe e cambiò idea. - Tonks tu mi piaci così come sei: il pacchetto completo, non devi tentare di essere diversa! – le disse guardandola seriamente.

Tonks rimase senza parole, il suo lupacchiotto! Era ancora più dolce di quello che si era sempre sognata: gli piaceva così com’era! Era una cosa quasi incredibile.

Dopo quella confessione la ragazza si mise tranquilla e riprese ad essere se stessa e non il manico di scopa che aveva cercato di imitare fino a quel momento per evitare di fare figuracce con il mago; aveva sognato un incontro di sesso sfrenato con il suo lupacchiotto non appena lui si fosse reso conto di non poter sopravvivere senza di lei ma, doveva ammettere con se stessa, anche questa cena si stava rivelando molto carina, sciolto l'iniziale ghiaccio che l'aveva trattenuta.

Dopo l'incidente con l'acqua ci fu anche quello con i succo di zucca, con la cioccolata della torta e infine con il sugo avanzato dalla pasta che crollò a terra spandendosi sul pavimento della cucina quando lei tentò di dare una mano a Remus che stava riordinando prima di uscire. Naturalmente con un Evanesco ben assestato anche quel danno venne in breve riparato e i due furono pronti per fare una passeggiata serale, dato che la pioggia aveva infine perso la sua personale sfida con il vento che aveva portato lontano le minacciose nuvole nere del pomeriggio.

- Sei sicura di voler uscire?

- Sì, facciamo un giro così digeriamo... Cioè, non è che fosse pesante la cena sia chiaro... - in realtà Tonks aveva paura di quello che sarebbe successo se non fossero usciti: magari Remus avrebbe ritenuto chiusa la serata e le avrebbe fatto capire che poteva anche tornarsene a casa e lei non voleva. D’altra parte anche se non l’avesse cacciata di casa per lei sarebbe stato difficile non saltargli addosso e forse, alla prima uscita ufficiale, sarebbe stato un po’ impulsivo da parte sua.

- Va bene, come vuoi, - le disse Remus, prendendo la giacca e aprendole la porta.

Uscirono dal condominio dirigendosi al parco vicino per fare due passi nel verde. Passeggiarono vicini, tanto che le loro braccia ogni tanto si sfioravano scatenando nella giovane delle vampate di calore che le facevano perdere la concentrazione e inciampare con una frequenza notevolmente maggiore del normale. In queste occasioni Remus l'afferrava al volo, prima che il suo naso avesse un incontro ravvicinato con l'asfalto della strada.

- Grazie, - mormorò all'ennesima volta che questo succedeva.

- Non c'e problema ma forse...- Remus arrossì visibilmente e all'improvviso le prese la mano stringendola nella sua. Tonks avverti il calore del contatto e a sua volta divenne rossa come un pomodoro maturo.

- Ecco, meglio prevenire, ti pare?  - le disse avviandosi mano nella mano con lei come una coppia di innamorati al primo appuntamento. - Sarà meglio che cominciamo a tornare, ho un impegno più tardi, - aggiunse poi, interrompendo il suo idillio.

Fu come un fulmine a ciel sereno, come un macigno che le cadde direttamente in testa; Tonks staccò la mano dalla sua guardando Remus come se fosse un Avvicino, per di più brutto.

- Che cosa c'è? – chiese Remus che non si era aspettato quella reazione così immediata.

- Che cosa c'è? – ripetè Tonks come se le avesse chiesto cosa fosse il Quidditch.

- Sì.

- C'è che non puoi dirmi al nostro primo appuntamento che non possiamo stare fuori perché tu hai altro da fare! – sbottò la giovane, sconvolta.

- Beh, scusa ma... Insomma non pensavo che volessi fare... Insomma credevo che fosse solo per una cena, organizzata così all’improvviso… insomma aveva già quell’impegno ma volevo stare qualche ora solo con te, dopo ieri e l'impegno… non posso mancare, – balbettò Remus.

- Appunto. Come puoi farmi questo dopo ieri? Pensavo di piacerti.

-  Ma che cosa dici? Certo che mi piaci, - sbottò e questa volta fu il suo turno di sconvolgersi.

- E allora perché mi fai questo? - chiese lei, sentendosi molto come la tormentata protagonista dei romanzi rosa Babbani che leggeva sua nonna.

- Non capisco come il mio impegno c'entri con noi due... Ci sono delle donne ma... Insomma non...

- Delle donne? - sbottò lei.- Ma che fai? Un'orgia? - chiese decisamente sconvolta Tonks, vedendo crollare con una sola frase tutte le sue convinzioni sul suo perfetto lupacchiotto.

Remus si illuminò di comprensione e sorrise, scatenando ancora di più la furia di Tonks.

- Come fai a riderci anche su?

- Più che orgia io lo definirei un casino... – disse.

- Remus! - urlò tirandogli una sberla che lui prontamente intercettò bloccandole la mano a mezz'aria e trattenendola poi tra le sue.

- Ninfadora, vado ad una riunione di condominio...

- Cosa?

- Una riunione...

- ...di condominio? Una alla settimana? - gli chiuse sgranando gli occhioni lucidi dalle lacrime in un moto di tenue speranza. Era così maledettamente innamorata di lui che era anche disposta anche a  credere a una scusa così scema.

- Beh hai visto come è ridotto, dobbiamo metterci d'accordo su un sacco di cose: riparazioni, dare il bianco... Perché? Non mi dire che pensavi che fossero uscite galanti le mie?

- Oh beh, insomma io, ecco...

Ninfadora non riuscì più a dire niente di sensato rimase lì, di fronte a Remus, decisamente combattuta tra il credere che Remus Lupin non avrebbe mai detto una balla simile e la sua, decisamente femminile e ben poco razionale, gelosia.

- Forse è meglio che vada adesso, - disse infine tenendo lo sguardo sul cemento, come se fosse la cosa più interessante del mondo. 

- Ti accompagno a casa a piedi.

- Posso Smaterializzarmi direttamente lì se hai altro da fare, - disse pensando che, dopo quella scenata, il minimo era offrigli la possibilità di concludere lì la serata.

- Non ho da fare, - rispose lui sorridendo al sospirone di sollievo della giovane. - Mi fa piacere. Voglio stare ancora qualche minuto con te, Tonks, - disse avviandosi continuando a tenerla per mano, le sue dita intrecciate a quelle della ragazza.

- Bene, eccoci arrivati... - disse a malincuore Ninfadora quando furono in vista del suo appartamento.

- Già, direi di sì.

- Vuoi entrare? - chiese senza pensare a quello che stava facendo: primo perché casa sua era un vero campo di battaglia dopo che ci si era preparata per l'appuntamento, secondo perché avevano appena finito di litigare per la riunione di quella sera di Remus. Quando si accorse della gaffe i capelli, per l'emozione, le fecero un giro tra i colori più sgargianti.

- Non posso, - le rispose Lupin che sembrava notevolmente dispiaciuto della cosa.

- D'accordo, - mormorò la ragazza mentre i capelli si fissavano su un blu notte decisamente tragico, molto poco comune in lei. Remus rimase a fissarla per qualche attimo mentre lei abbassava lo sguardo e infine parve decidersi: le prese il mento e glielo fece alzare lentamente finché gli occhi non incontrarono quelli di lui.

- Grazie, - le disse a bassa voce.

- Per cosa? Per tutti i disastri che ti ho combinato in casa? Per averti accusato di partecipare a un'orgia, o per...

- Per tutto questo, - rise lui, bloccando il suo elenco. - E della tua compagnia. Sono stato bene.

E questo per lei sarebbe stato già più che sufficiente ma quando stava per rispondere vide Remus avvicinarlesi: le appoggiò e labbra sulle sue in modo che non potesse dire nulla e le diede un bacio. Tonks sentì l'accenno di barba di Remus che le faceva il solletico sul volto mentre lui, lentamente ma inesorabilmente, si spostava andando a baciarle il collo strappandole dei mormorii di piacere e scatenandole una vera rivoluzione nella chioma. Qualche attimo dopo Lupin provò ad allontanarsi ma Ninfadora lo trattenne vicino a sé ancora per un po’, infine dovette cedere al fatto che o gli lanciava uno Stupeficium o lo lasciava andare, così lui si staccò. - Ci vediamo domani, - disse scomparendo poi in un schiocco e lasciandola lì, seduta sui gradini dell'ingresso di casa sua, a fissare con sguardo vuoto e un sorriso ebete sul volto la strada davanti a sè.

  
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