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Autore: Ami For a Dream    09/02/2012    4 recensioni
Ogni volta che mi riprometto di troncare la nostra storia ormai alla deriva, succede qualcosa che mi ferma, come quando inizia a piangere facendo svanire tutte le mie convinzioni.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vi ho lasciate con il capitolo del matrimonio, tutto amore e felicità (o quasi).
Adesso riprendiamo con tutto il contrario, scusatemi davvero, vi ho fatte avvicinare a Moe, imparando a “ volerle bene “…. Ma penso che in fondo in fondo, anche voi sapevate che saremmo giunti qui.

Buona lettura.

Colonna sonora: FallingYiruma http://www.youtube.com/watch?v=px9sM0C-hhQ&feature=related

 

Second Life

Capitolo XII -  Falling

 

Aoi

Morire non sarebbe poi così male.

In tutta la mia esistenza non ho mai evoluto un concetto simile, io Yuu Shiroyama, che pensa di voler morire, assurdo.

Sono stato fin dallinfanzia, un ragazzino vivace, pieno di vita e allegro; quindi tutto ciò che era triste, lo lasciavo fuori dalla mia vita, credo di essere stato fortunato fino ad ora. Perché è di questo che si è trattato in realtà, al contrario, pensavo che fosse il mio modo di propormi nella vita che faceva in modo di non farmi soffrire; sciocco ecco cosa ero.

Lunica cosa che mi permetteva di sentirmi felice, era solo la mancanza di una sofferenza vera e propria.

Alzo lo sguardo dallalbum di fotografie, raccoglie le migliaia di foto scattate durante il matrimonio e la luna di miele; che bei giorni sono stati quelli, visitare lEuropa è stata unesperienza fantastica.

Tutti i volti presenti in questi scatti sono sorridenti, raggianti e spensierati, compreso il mio e quello di mia moglie.

Vorrei tanto tornare a quei giorni.

Vorrei veramente tanto, poter scrivere daccapo la trama della sua vita.

Vorrei combattere il destino che c’è avverso e uscirne vincitore.

E mi sento impotente, perché non posso esaudire nemmeno uno di questi desideri; ho sempre combattuto per ciò che volevo, raggiungere uno scopo non è sempre facile, ma impegnandosi ci si riesce se davvero si vuole.

Davvero? Ora non lo credo più.

Io ora vorrei con tutte le mie forze poterla salvare, strapparla dalla morte che ha allungato le dita scarnificate sulla sua flebile anima. Sarei disposto a donare la mia vita per lei, non avrei nessun rimpianto, o ripensamento.

Invece sono qui seduto su questa poltrona, il mio giaciglio da due settimane ormai, senza poter far nientaltro che attendere.

Aspettare che Moe si lasci andare, smettendo di combattere e allentare la sua ferrea presa sulla vita.

Dovrei sperare che muoia presto se davvero la amo, sta soffrendo moltissimo senza che ci sia uno spiraglio di luce per lei. Tutto inutile quindi, sarebbe meglio per lei che se ne andasse in un luogo migliore; un mondo di cui io non farò parte, ma dove lei sarà finalmente libera dalla sofferenza.

Invece sono qui, sperando e pregando con tutte le mie forze che apra gli occhi, mi sorrida e mi dica che mi ama; egoistico da parte mia, ne sono consapevole.

La sua figura inerme, stesa nel letto della clinica dove è stata ricoverata, è immobile, solo un leggero movimento allaltezza del petto, respira e solo questo, mi fa capire che è viva. 

Chiudo lalbum di fotografie e lo ripongo sopra il mobile al mio fianco, con la stessa mano gli carezzo il braccio scoperto, quello, dove sono infilati gli aghi delle flebo che la mantengono in forze.

Povera amore mio, anima mia, lei così piena di vita, ridotta a non potersi nemmeno alzare per andare in bagno.

Osservo la sacca, dove sono raccolte le sue urine, tutto questo non è giusto.

« Yuu amore guarda! » la voce melodiosa ed entusiasta di lei, gli fa battere il cuore.

Con il naso allinsù osserva la maestosa Torre Eiffel, è come quella a Tokyo ma Parigi la rende diversa, forse più romantica.

Lui sorride, entusiasta come lei di essere lì in viaggio di nozze, sono tanti i posti da visitare, ma hanno tutto il tempo per farlo con calma. Niente corse, niente viaggi stressanti, dove non si vede lora di tornarsene a casa per riposare.

Si avvicina di più a lei, ma solo dopo avergli scattato almeno tre foto, quel sorriso da bambina la rende ancora più bella.

« ti piace amore? » anche se, per lui è la prima volta come per lei,  non riesce a non guardare la sua amata, lei è mille volte più bella da osservare.

« è splendida, è proprio come quella da noi! » risponde entusiasta lei.

« sì, la nostra è leggermente più alta ma non si nota. Vuoi vedere realmente cosa la rende diversa da quella di Tokyo? » chiede lui, senza smettere di sorridere.

Da quando si sono sposati, sembra che non riesca a fare altro, le sue labbra sono perennemente piegate allinsù.

« si » gli occhi di lei, dopo un tempo che a lui sembrava uneternità, tornano nei suoi.

Il contatto lo fa sentire bene, completo e in pace con il mondo.

« andiamo allora » dice afferrandola per mano e incamminandosi verso lentrata dellascensore.

Potrebbero salire anche a piedi, ma le scale sono davvero tante e lui non vuole farla stancare più del dovuto.

Dopo aver pagato ciò che devono salgono su quellascensore che lascia la veduta di tutta la città, man mano che salgono, le persone e le macchine divengono sempre più piccole.

Il sole brilla alto nel cielo, laria è calda e molto diversa da quella che sono abituati ad avere nella loro terra.

Arrivati in cima, soffia una leggera brezza, ma la vista è mozzafiato, tutta la città si spande ai loro piedi, come ad attenderli.

I loro occhi corrono da una parte allaltra della veduta, i vari monumenti, le strade, le case e persino le auto sembrano meravigliose da là sopra.

« visto amore? » come al solito, lui non riesce a non guardarla più di qualche minuto.

Subito i suoi occhi tornano a osservare lespressione disegnata sul volto della moglie, è così bella da guardare che non farebbe altro per il resto dei suoi giorni.

« Yuu è bellissimo, grazie » sussurra lei baciandogli le labbra.

« non dire sciocchezze, perché mi ringrazi? » sorride lui carezzandogli la schiena.

« perché senza di te, non avrei mai visitato la Francia e tutti questi posti, mi sarei persa tantissime cose, compreso lamore » quelle parole sussurrate gli fanno dimenticare dove si trovavano, mentre la guida, che non smette di spiegare le varie cose che i turisti devono sapere, diviene un ricordo lontano; solo loro due così vicini al cielo da poterlo toccare.

« mi chiedo come fai a lasciarmi senza parole » sorride lui, tenendola stretta a se.

Le labbra di lei si stendono in un nuovo sorriso « perché sei sciocco »

« o sei tu, che sei davvero troppo importante per me e te ne esci con queste cose che mi rendono felice come non mai » soggiunge lui.

« probabilmente anche quello » scoppia a ridere lei, trascinando con sé anche suo marito.

Non era raro, che entrambi si soffermassero a guardare quelle fedi infilate ai loro anulari, erano come se volessero avere la certezza che no, non era un sogno, il matrimonio.

È tutto così bello ed emozionante, lamore che li coinvolge così potente, che nessuno dei due vuole pensare alla malattia che si nasconde dentro di lei.

Quel sole, quei profumi, il venticello fresco, la lingua francese, tutto fa in modo di allontanare sempre di più quella brutta malattia dalle loro vite.

« ti amo » sussurra lui, quasi a non volersi far sentire da nessuno, quelle parole sono solo per la sua donna.

« ti amo anchio amore mio, adesso e per sempre » risponde lei, alzandosi sulle punte dei piedi e baciando le labbra di lui.

 

« Yuu » una mano si poggia sulla mia spalla, richiamando la mia attenzione.

Apro lentamente gli occhi, la luce che prima entrava fioca dalla finestra, ora è notevolmente più forte; credo di essermi addormentato e di aver sognato il viaggio di nozze, almeno una piccola parte di quello che è stato.

Vedo il volto stanco di mia suocera, anche lei come me sta facendo le ore piccole, anche stando in casa, nessuno di noi riesce a riposare come si deve. Nessuno ne parla ed io ho vietato anche ai miei amici di accennarvi, ma tutti stiamo aspettando quel momento.

Moe è dimagrita tantissimo e dalle analisi e le ultime TAC, i dottori non hanno avuto nessuna buona notizia, il tumore è esploso e non c’è più nulla da fare se non la terapia del dolore.

« buongiorno, che ora è?  » sbiascico, cercando di vedere l’orario sull’orologio da polso.

« le otto e trenta Yuu, è presto ancora » sussurra lei, per non disturbare il sonno di mia moglie.

Ma tanto è tutto inutile, potrei tenere un concerto con i miei compagni dentro questa stanza, senza riuscire a svegliarla.

Le ore che passa sveglia sono poche, il dolore è talmente forte che la morfina non le basta più, quindi i dottori sono passati a una cura molto più forte. Non ho voglia di pensare a ciò che le danno per alleviare ciò che la fa soffrire, quel fottuto bastardo che la sta divorando dall’interno.

Soffermo i miei occhi sulla sua figura, ancora immobile nella stessa posizione di prima, di ieri e così via. Le medicine l’hanno gonfiata, del suo aspetto solare e vivace, non c’è quasi più traccia, la malattia me la sta portando via pian piano sotto gli occhi, ancor prima di toglierle la vita.

« perché non vai a fare colazione, resto io con lei » mi dice sempre lei.

Anche se sono sempre restio ad allontanarmi, perché potrei perdermi l’occasione dei suoi occhi che si aprono per un breve lasso di tempo, so anche che lei ha bisogno di un po’ di tempo da passare sola con la figlia. Io lo capisco e lo rispetto, per questo quando arriva la lascio sola con lei, anche se poi mi siedo fuori nella sala di attesa senza andarmene veramente.

Annuisco alzandomi dalla mia postazione di fianco a Moe, infilo il cappotto ed esco dalla stanza senza proferire parola, ormai tutti si sono abituati al mio mutismo.

Non che lo faccio perché sono arrabbiato con loro, o perché non abbia voglia di scambiare qualche parola. È l’ansia che me lo impedisce, perché ogni qualvolta apro bocca per parlare, si può udire tutta l’ansia che provo, è difficile da spiegare e complicato da capire per chi non ci è passato.

Non sono io che cammino, non sono io che mangio o bevo, non sono io quello che parla o si lava, si veste o si addormenta, è il mio fantasma, colui che ha preso le redini e conduce il gioco.

Io sono sempre da qualche altra parte, al matrimonio, al viaggio di nozze, al primo giorno che l’ho incontrata, alla prima volta che abbiamo suonato il pianoforte insieme o, a quel meraviglioso giorno sulla panchina, quando lei ha deciso di aprirsi a me.

Percorro tutto il corridoio della clinica, una boccata d’aria mi farà bene, in quest’ultimo periodo sento molto la mancanza della nicotina e sto facendo una fatica immensa a resistere. Però non posso cedere, l’ho promesso e una promessa, va mantenuta.

Apro l’anta della porta d’ingresso dello stabile, il sole è basso ma ha tutta l’aria di voler salire alto nel cielo e regalarci una bella giornata, inforco gli occhiali da sole che avevo nella tasca del cappotto e mi dirigo al giardino posto qui di fronte.

Alcuni pazienti sono qui fuori con i parenti, non tutti stanno così male da non poter uscire. Con un cenno della mano saluto un ragazzo di trent’anni, anche lui è malato ma forse guarirà, sono felice per lui.

Mi siedo a una delle panchine libere alzando la testa verso il cielo, solo una soffice nuvola bianca solca tutto quell’immenso azzurro.

Ora riusciva a capire, perché tutti dicessero che Roma era una delle città più belle al mondo.

Anche vedendo i video in televisione, cosa che era successa milioni di volte, non aveva mai compreso la motivazione.

Era qualcosa d’indescrivibile, i monumenti antichi ti riportavano al passato, vederli così maestosi al sole splendente era qualcosa di davvero emozionante.

E poi, c’era la gente, forte come se ne andavano in giro facendo casino, vederli tutti allegri e pronti a fare baldoria, contagiavano tutti nella loro allegria.

Si avvicinarono di più a quello che si chiamava “ Colosseo “, nella guida che aveva portato con sé, diceva che quello, al tempo del Sacro Romano Impero, lo usavano per le lotte tra Gladiatori e non solo! Anche i leoni avevano la loro parte!

Immaginare quei tempi lontani e camminarci sopra con i propri piedi erano bellissimo, un’emozione forte.

Alzò il naso all’insù per vedere meglio la struttura, era immenso, grandioso come quel popolo antico, dovevano essere fieri dei loro antenati che erano riusciti a conquistare tutte quelle terre.

« amore guarda! » uno strattone da parte di Moe lo face quasi cadere a terra, quelle grosse pietre che sostituivano l'asfalto, non erano proprio quello che si poteva chiamare una superficie stabile.

Guardò verso la direzione che indicava sua moglie, poco distante da loro un uomo vestito come un Romano antico si faceva scattare delle foto dai turisti.

Era buffo ma divertente!

« vuoi andare anche tu? » gli chiese ridendo.

« si amore ti prego, facciamo anche noi le foto! » Moe saltellava sul posto come una bambina.

« va bene, andiamo » disse con entusiasmo, cominciando ad avviarsi verso quell’uomo.

La mano di sua moglie non lasciava la sua, questo perché il giorno prima per poco non si era persa, di fronte alla fontana di Trevi.

Avevano anche espresso un desiderio gettando una monetina nell’acqua, rigorosamente con le spalle verso di essa.

Si avvicinarono a quell’uomo sorridente che subito li notò, con un Inglese stentato, sia da una parte sia dall’altra, riuscirono a comunicare e finalmente a scattare delle foto divertentissime.

Prima il Gladiatore aveva preso in braccio Moe, dicendo anche che era leggera come una piuma, poi Moe, aveva afferrato la sua spada e l’aveva brandita con la bocca aperta come se urlasse. Il ragazzo stette a tutti i loro scherzi ridendo, si vedeva che era abituato a cose simili.

Una volta finito di fare le foto si allontanarono augurandogli una buona giornata, cosa che fu ricambiata anche da lui nei loro confronti.

Sospiro ricordando i giorni passati insieme in Italia, è stato bello visitare quella città, come tutte le altre, ma quella ci è rimasta nel cuore.

Avevo detto a Moe di volerci tornare un giorno, come uno stupido non avevo fatto i conti con la realtà che ci attendeva; ma ora so che era solo un modo per esorcizzare la paura.

A volte la paura è talmente forte e potente che riesce a paralizzarmi, come adesso per esempio, me ne starei per sempre qui ad attendere, cosa poi non lo so. Forse solo che qualcuno mi venga a prendere, mi porti via con sé dondolandomi tra le proprie braccia e mi dica che è stato solo un brutto sogno.

Un po’ come faceva mia madre quando ero piccolo, quando mi svegliavo nel cuore della notte sudato e urlante, piangendo perché sotto il mio letto c’era un brutto mostro che voleva portarmi via. Lei arrivava puntualmente con un sorriso sulle labbra, nonostante l’ora tarda e il brusco risveglio, tutto avrebbe fatto purché il suo piccolo ometto stesse bene.

Invece ora non può far nulla, proprio come me deve assistere alla tragedia in atto, so che sta soffrendo, sia per Moe sia per me. Mi rendo conto di essere dimagrito almeno cinque chili, di essere pallido ed esausto, di non parlare quasi mai se non per le cose essenziali, ma davvero non riesco a fare di meglio.

Il cellulare che ho nella tasca dei jeans vibra avvertendomi di una chiamata, non ho la suoneria da tanto tempo ormai, questo per non disturbare all’interno della clinica. Lo afferro e sul display ci leggo scritto il nome di Akira, subito premo il tasto verde per accettare la chiamata.

« moshi moshi »

« ciao Yuu, come va? » la voce tranquilla del mio amico, quieta un po' la mia anima.

« bene, tu? » ormai tutti sanno cosa vuol dire il mio ‘ bene ‘: nessuna novità in vista.

« abbastanza bene, che dici possiamo venire da voi? » mi chiede, nonostante vengano quasi tutti i giorni.

« certo, magari oggi Moe riuscirà anche a svegliarsi e a riconoscervi » mi urto da solo nel sentire questo tono di voce che uso, vorrei modificarlo e tenerlo meno angosciato.

« perfetto, allora ci vediamo tra un po’, il tempo di prepararci » risponde, senza accennare a nulla che riguarda la mia frase appena pronunciata.

L’altra settimana c’erano tutti, la mia famiglia e quella di Moe, i ragazzi e anche Peter, quando Moe si è svegliata e li ha osservati uno a uno non li ha riconosciuti, si è voltata verso di me e mi ha chiesto chi fossero.

Ho sentito in quel momento il mio cuore spezzarsi in mille pezzi, la mia anima morire sotto il tocco delle sue parole, ho pregato fino allo stremo che non succedesse con me, con tutti, ma non con me; non potrei sopportare che non si ricordasse chi io sia.

Non so, dove ho trovato la forza di sorriderle, di carezzargli la fronte e spiegargli chi loro fossero, a ogni persona la sua espressione mutava, aggrottando le sopracciglia cercando di ricordare; questo è solo uno degli effetti collaterali della cura anti-dolore.

« Yuu, ci sei? » la voce di Akira mi riscuote.

« sì, scusa.. non ti sentivo più, ci deve essere un’interferenza » mento, lui lo sa e come al solito, lascia correre.

« mannaggia a questi apparecchi » scherza, cercando di sentire la mia risata.

Sorrido artificialmente soffiando nella cornetta, spero di accontentarlo almeno un po’.

« già, sono il male del mondo » continuo.

« sì, ci vediamo dopo allora »

« ok, vi aspetto a dopo »

Aggancio la chiamata e ripongo il telefono sulle mie gambe, lo osservo mentre la luce del display diviene sempre più fioca fino a spengersi del tutto. Dopodiché, schiaccio uno dei tasti per farlo illuminare di nuovo, l’immagine che ho usato per lo sfondo mi piace tanto. Siamo io e Moe che ci baciamo, la foto è tutta storta perché l’ha scattata lei allungando un po’ il braccio, ridevamo come scemi nell’albergo a Parigi, sono momenti che non dimenticherò mai.

« amore sta fermo » lei ride come una matta, accompagnata dalla risata del suo uomo.

« ma come faccio se mi fai ridere? » chiede lui senza riuscire a riprendersi.

« ma se io non ho fatto nulla! » sostiene giustamente lei.

« ma hai scattato la foto malissimo prima » continua a ridere lui tenendosi la pancia.

« questo perché fai lo scemo e non stai fermo un secondo » mette su un finto broncio lei, sapendo che in questo modo riuscirà ad averla vinta.

È così facile per lei ottenere ciò che vuole dal marito, che se avesse voluto si sarebbe fatta comprare anche il mondo intero; ma lei non ha bisogno di tutto quello, ha solo l’estrema necessità di averlo al suo fianco.

« e va bene amore, dai proviamo di nuovo » si riprende un poco lui.

Entrambi si sistemano meglio a sedere sulle candide coperte del letto, avvicinando i loro volti si mettono in posa di fronte al telefonino, poi un click e la foto è fatta.

Lei gira il cellulare in modo che possano osservare il display e la foto appena scattata, questa volta è venuta bene e anche se storta, li ritrae perfettamente uniti in un bacio.

« visto, che quando fai il bravo bambino, le cose riescono bene? » dice sorridente lei.

« è vero mamma » scherza di nuovo lui, incapace di restare serio.

Decido di riporre il cellulare in tasca, tutti questi ricordi mi fanno male e anche se, non smetteranno di tormentarmi l’anima, ciò che sono in grado di fare lo faccio.

Più volte ho pensato di lasciare l’album delle foto a casa, però questo non posso farlo, perché anche a Moe piace vederle e ricordare quei momenti.

Mi alzo dalla panchina, incapace di rimanervi oltre e torno sui miei passi, mi avvio verso la stanza della mia amata e la raggiungo a breve; busso alla porta prima di entrare.

La quiete che aleggia in questi luoghi e sovrannaturale, nemmeno in un monastero o un tempio ci sarebbe tanta pace; tutti i pazienti presenti tra queste mura hanno bisogno di riposare, c’è un rispetto senza pari qui dentro.

Tutto questo ti fa dimenticare di come sia in realtà la vita fuori, vivere qui, è come vivere in un altro pianeta, ci si abitua a quest’andamento che difficilmente, si concepisce il ritorno alla vita normale.

Entrando nella stanza, i miei occhi per prima cosa, come sempre d’altronde, si posano su mia moglie che dorme ancora, poi sul letto che occupo io la notte e in fine sulla figura di mia suocera, che occupa la poltrona vicino al letto.

Non dico nulla e nemmeno lei accenna a parlare, mi avvicino al letto e afferro una delle sedie portandola con me, per poi sedermi sopra di essa.

Solo i macchinari attaccati a Moe continuano il loro chiacchiericcio, ignari del bisogno di silenzio che abbiamo, odio queste macchine e il rumore che fanno, odio questo posto, questa stanza, perché saranno le ultime cose che mia moglie vedrà.

Avevo provato a portarla a casa ma Moe si è rifiutata, mi sono infuriato come una bestia fuori controllo, mi sembravo un licantropo con gli occhi iniettati di sangue in cerca di una preda da sbranare.

Ovviamente non ho riversato tutta quella rabbia su Moe, impossibile per me concepire una cosa simile; purtroppo per lui, è stato Akira a subirmi per tutto il tempo.

Se n’è stato in silenzio ad ascoltare le mie grida infuriate, perché era una cocciuta, perché voleva salvarmi dalla visione di lei che moriva nel nostro letto, perché io, nemmeno in quel caso, ero riuscito a impormi.

Quindi la lasciavo morire, in un posto a noi estraneo. 

Porto una mano al volto strofinandolo, è un tormento senza sosta, un continuo grattare dall’interno del mio cranio, non credo che l’inferno sia peggiore di questo.

Un leggero bussare ci fa voltare verso la porta, quando essa si apre i miei quattro amici, con Peter e Nobu fanno il loro ingresso.

Ci salutano piano, anche loro, beffati dal sonno di Moe.

Vorrei gridare che non si sveglierà, nemmeno se cominciassero a gridare, quindi tanto vale parlare normalmente; ma questa è solo la mia rabbia che me lo fa pensare, quindi taccio.

Non permetterò a quella stronza bastarda di prevalere su di me, facendomi compiere atti che non ho la minima intenzione di fare.

Sorrido in loro direzione alzandomi dalla sedia e avvicinandomi, uno a uno mi salutano stringendomi, mi piace il contatto, mi piace la sensazione che ne ricavo.

« hai dormito di nuovo sulla poltrona? » la domanda arriva dalle labbra di Takanori.

Mi volto verso il letto riservato a me e lo trovo intatto, dovrei imparare a disfarlo, anche se non lo uso.

Annuisco, tanto sarebbe inutile mentire.

« però ho dormito lo stesso » aggiungo, cercando di discolparmi.

Si preoccupano per me, è normale.

Questo me lo ripeto sempre, non devo mai scordarlo.

Lui mi dona una carezza sorridendo, niente ramanzina per fortuna.

« hai dolore alla schiena? » mi chiede sempre con tono dolce.

Vorrei rispondergli che sì, mi fa male la schiena, così come la testa, il cuore e ogni fibra del mio corpo.

« un pochino, ma non tantissimo » rispondo invece.

« vuoi un analgesico? Ne ho uno nella borsa » mi avverte lui premuroso.

« no, grazie Taka, ma se peggiora, te lo chiedo ok? »

« va bene » si arrende infine.

In tutto questo, Akira e Kouyou sono andati vicino a Moe per salutarla, così come Peter e Manabu; Yutaka invece è vicino a me e non si scansa, la mia roccia di sostegno.

Grazie amico, di tutto, anche del tuo silenzio.

« ciao » appena, la flebile voce di Moe si alza nell’aria, mi porto al suo fianco.

Finalmente si è svegliata, finalmente posso udire la sua voce e godere, della vista dei suoi meravigliosi occhi; che nonostante tutto, non hanno perso quella luce che li contraddistingue da tutto il resto del mondo.

– Moe

 

Non appena apro gli occhi, trovo le figure dei miei amici, mio fratello e mia madre intorno a me.

Sorrido vedendoli tutti, mi fa piacere quando mi vengono a trovare, è bello averli tutti qui e poterci parlare.

« ciao » saluto tutti, anche se la voce esce flebile dalle mie labbra.

Subito Yuu fa la sua comparsa e mi afferra la mano, mai una volta, da quando sono stata ricoverata qui, mi sono svegliata senza che lui fosse presente.

« amore » mi sussurra baciandomi la mano.

« amore mio » sorrido ancora.

Sono stanca di tutto, anche tenere le palpebre alzate richiede uno sforzo incredibile, so che non durerò a lungo perché non ce la faccio più.

Guardo tutti i volti dei miei amici e cari, mi mancheranno ma saperli uniti e vicini, mi fa sentire meglio; forse posso andarmene in pace.

« vi voglio bene, a tutti tranne uno »

Vedere le loro facce in questo momento mi fa ridere, ma uno spasmo di dolore blocca ogni tentativo di farlo.

« piano amore » mi avverte Yuu.

Mi volto proprio verso di lui, alzando una mano vado a toccare le sue morbide labbra.

« perché a te ti amo amore mio, quindi non posso dire che ti voglio bene » sussurro.

Le sue labbra si piegano in un sorriso e la stanza, viene inondata da fievoli risate, niente a che vedere con quelle risa vere di qualche tempo fa, ma credo che vista la situazione debba accontentarmi.

« mi avete regalato tanto, ognuno di voi mi ha reso felice, grazie »

Sui loro volti leggo la sofferenza, vedo le lacrime lottare per uscire ma sono forti e nessuno lo farà, tranne la mia povera mamma che viene stretta nell’abbraccio del mio fratellino.

Yuu si siede al mio fianco poggiando la schiena alla spalliera, passa un braccio intorno a me facendolo divenire il mio cuscino.

« anche noi ti vogliamo bene, ci hai donato tanto amore e non ti sei mai tirata indietro » è Peter che parla, ma è solo il portavoce del pensiero di tutti i presenti.

Yuu mi dona un bacio sulla testa « ti amo amore mio »

Sento le forze venire meno, in fin dei conti ho lottato talmente tanto, che ora sono esausta.

« posso vedere le foto? » chiedo.

Subito Takanori mi passa il pesante album e lo poggia proprio sulle mie gambe, Yuu con la mano libera sfoglia le pagine, dove sono raffigurati i nostri momenti più belli.

Ricordo le risa, le voci, la spensieratezza e l’allegria che hanno contraddistinto quei momenti andati; sono felice di tutte le mie scelte, ognuna di esse mi ha reso completa.

Sorrido guardando tutte quelle foto e ascoltando la voce soave di mio marito, che racconta gli aneddoti dietro quegli scatti.

Porto una mano ad accarezzare la sua, è calda e confortevole.

« ti amo » sussurro prima di chiudere gli occhi, sopraffatta dalla stanchezza.

Aoi

« ti amo » sento sussurrare da Moe.

Poi la macchina che monitorizza il suo cuore, emette un suono fisso, un lunghissimo ‘bip ‘ che non muterà mai più.

Chiudo gli occhi non potendo ancora ammettere la cruda realtà, Moe ci ha lasciati, ora ha intrapreso quella via che a noi è proibita, dove io non potrò seguirla.

Delle lacrime silenziose scendono sul mio volto, è tutto finito come volevamo che finisse, con lei serena e felice. 

La stringo a me, non voglio lasciarla andare ancora, le bacio la fronte e la testa dondolandola avanti e indietro; sarò forte per te amore mio, lo giuro, te l’ho promesso quando eri in vita e lo faccio di nuovo, ora che ci hai lasciati.

Apro gli occhi e vedo tutti i presenti in lacrime, Nobu abbracciato alla madre piange la sua disperazione, così come tutti gli altri.

La porta si apre rivelandoci la presenza di due infermieri che conosciamo bene, restano in silenzio e in disparte, nessuno muoverà un solo dito per riportarla in vita.

Passano secondi, minuti, li sento passare sulla mia pelle bruciando come lava, che ne sarà di me?

Una mano si posa sulla mia spalla, Akira è venuto a reclamare la mia attenzione.

« devi lasciarla Yuu.. » i suoi occhi sono rossi, ma comunque decisi.

Scuoto la testa, non possono separarmi da lei.

« lo so che è difficile.. ma devi lasciarla andare » sussurra piano.

Lo guardo negli occhi, le lacrime che ho versato sono talmente poche, che si sono asciugate sul mio volto.

Guardo di nuovo Moe prima di muovermi, lasciarla adagiata sul letto e coprirla bene fino al collo; le lascio un bacio sulla fronte prima che, con un po’ di forza, Akira mi trascini indietro.

Ora tocca a loro salutarla ed io, mi devo fare da parte.

« ridatemela… » imploro qualcuno che non c’è, un presunto Dio che dovrebbe fare il miracolo di restituirmi mia moglie.

Le forti braccia di Akira si chiudono intorno a me ed io, posso lasciarmi andare a quello che sarà il pianto più disperato e lungo che farò in vita mia. 

 

 

 

 

Note: Non ho molto da dire, no al contrario, le cose sono tante ma non so come esprimerle. Mi dispiace tanto per Moe e per Yuu, erano così belli insieme che si meritavano un’altra fine; ma la storia è così…

C’è tanto di mio nei pensieri di Aoi, ho provato tutte quelle emozioni che prova lui, anche se in un contesto leggermente diverso; è difficile metterle per iscritto e non so se arrivino a chi legge, spero vivamente di sì.

L’unica cosa bella è che sono stati felici insieme, è stato bello scrivere i ricordi di Yuu, perché danno un senso di pace, perché la loro vita insieme è stata breve ma intensa e piana di amore.

Manca un ultimo capitolo all’appello, in verità potevo anche finirla qui la storia, ma non so se ricordate il fatto che proprio l’ultimo capitolo, l’ho scritto prima di tutti questi.

 

Quindi per l’ultima volta, vi dico, ci vediamo al prossimo capitolo ^_^
Ja ne! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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