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Autore: Adoxia    09/02/2012    3 recensioni
 Blush. Rossore.
 Per ogni lettera della parola 'Blush', si ha una one-shot riguardante una coppia iniziante proprio con quella lettera.
In ogni coppia uno dei due innamorati si dichiarerà attraverso una lettera, data senza mezzi termini o attraverso trucchetti...particolari.

'Cosa avrei concluso, raccontandoti tutti questi aneddoti qui ad Hogwarts? Niente,ho solo enfatizzato il mio concetto de ‘tutto fumo e niente arrosto’.
Ma forse, qualcosa di piccolo e di minuto, il quale mi manca più di ogni altra cosa al mondo, spero possa nascere grazie a questa pergamena ingiallita: il tuo splendido sorriso, che non vedo da troppo tempo, ormai.
 
Con amore paradossale,
Blaise Zabini.'
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dolores Umbridge, Lily Evans, Lucius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Blaise/Pansy, Lucius Malfoy/Lily Evans
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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-Beautiful girl, don't you throw your love around.

La neve fioccava leggiadra fuori dalla finestra dell’aula di Trasfigurazione, poggiandosi sugli alti pini che s’ergevano maestosi lungo tutto il viottolo verso la Guferia. Sul davanzale s’erano accumulati tanti piccoli mucchietti di ghiaccio e neve misti assieme, e parevano proprio non volersi sciogliere per tutta la durata del dì. Pansy Parkinson osservava mogia il tetro dipinto oltre la gelida lastra di vetro che la separava dal mondo esterno, non che le mancasse così tanto. Sbuffò, quasi impercettibilmente, abbandonandosi ai suoi pensieri anziché ai forbiti discorsi della professoressa McGranitt.

E d’un tratto, come se fosse stata condotta da un istinto naturale, iniziò a scribacchiare distrattamente sulla pergamena consumata che aveva davanti a sé, esprimendo tutto il suo stato d’animo in un unico, intricato disegno astratto: linee curve che s’intrecciavano in una morsa infernale, quasi parevano impossibili da districare. E come aveva iniziato a disegnare, così riprese a guardare oltre la finestra, volgendo lo sguardo verso la Foresta Proibita ed ancora più lontano, verso il Lago Nero.

Quell’anno scolastico aveva aperto i battenti in maniera nettamente diversa rispetto ai precedenti cinque anni; quasi non riconosceva più i suoi coetanei della subdola casa di Serpeverde, intenti nei loro affari o troppo dediti allo sport che più li contraddistingueva: il Quidditch. Non era mai stata mossa da una vera e propria simpatia spontanea nei confronti delle sue compagne di Dormitorio, Millicent e Daphne: infatti, trascorrevano la maggior parte del loro tempo a chiacchierare e a scambiarsi pettegolezzi talmente scrupolosi da far indispettire anche un membro della loro stessa casa. Spesso Pansy si domandava se fosse stata smistata nella casa giusta: carattere indisponente, cattiveria sottile, una buona dose di pettegolezzi a portata di conversazione, sorprendenti abilità magiche pronte a rovinare anche la più intensa delle storie amorose.

Sì, Pansy Parkinson aveva quella caratteristica empatia che la contraddistingueva in tutta Hogwarts, dal primo sino al quinto anno. E non essere smistata nella casa di Serpeverde sarebbe stato un errore madornale, a suo parere, ma in quel freddo Giovedì di inizio Gennaio, la giovane studentessa dai capelli scuri rimuginava sui suoi errori e sui suoi misfatti. Su tutto ciò che aveva ricevuto, quasi divinamente, l’appoggio dei suoi coetanei, ma soprattutto su tutto ciò che i suoi coetanei le recriminavano, come se volessero enfatizzare la loro tipologica incoerenza.

Così iniziò a fissare il suo compagno di banco Vincent Tiger, che con un’aria intontita ed imbambolata fissava le sottile labbra della professoressa McGranitt, intenti ad articolare uno monologo alquanto noioso sui rischi della Trasfigurazione in oggetti inanimati. Come con le sue compagne di Dormitorio, non aveva mai instaurato un reciproco rapporto di fiducia con lui; eppure se lo ritrovava al suo fianco per un suo litigio con Goyle, la sera precedente. “Cose da ragazzi” era la spiegazione alla domanda di Pansy sul perché Tiger avesse improvvisamente deciso di sedersi accanto a lei, ripudiando la compagnia del suo migliore amico. E senza alcuna protesta, la ragazza aveva accettato, pur di non restar sola l’ennesima lezione scolastica. Anche Draco era cambiato, ultimamente: dall’inizio dell’anno, era taciturno,ombroso,fuggiasco,scontroso e facilmente irritabile. Forse troppo. Più volte la ragazza aveva provato a chiedergli qual’era il motivo del suo comportamento instabile, ma la risposta era semplicemente rappresentata da un dito medio alzato, dal primo “Buongiorno!” all’ultima “Buonanotte!”. E ciò irritava Pansy più di ogni altra cosa esistente ad Hogwarts: erano cambiati tutti, dalla prima all’ultima persona nella quale aveva riposto la sua fiducia.

E per accrescere maggiormente la sua confusione psicologica, anche l’ultima persona in cui sperava ancora una coerenza comportamentale negli anni precedente, dava l’impressione di una metamorfosi irriverente: Blaise Zabini. Troppe occhiate sognanti, troppi silenzi imbarazzati, eppure così tanti insulti, così tanti soprusi, così tanti cambi d’umore improvvisi. Aveva sentito parlare di una certa ‘adolescenza’ che portava con sé tante novità nel pensiero e nei cuori dei ragazzi, ma non pensava di esser circondata da persone affette da questa grave forma di lunaticità cronica. Anche quella mattina bigia, Blaise Zabini si stava comportando in modo innaturale: lanciava occhiate clandestine verso la studentessa di Serpeverde dal viso carlino, poi scribacchiava qualcosa su di un foglietto. Tornava ad osservare scrupolosamente, e poi ancora a scrivere. Così per tutta la lezione.

E ciò non fece altro che peggiorare lo stato introspettivo di Pansy, che non appena la professoressa dichiarò conclusa la lezione quotidiana, fece il più in fretta possibile per fiondarsi verso la porta ed uscire da quell’aula infernale. Ignorò le risatine pettegole delle sue compagne di Dormitorio, che la squadrarono dalla testa ai piedi per farla sentire più a disagio di quanto già non lo fosse. Cinse con presa sicura ed incredibilmente forte i suoi libri al petto, tentando di scorgere con occhiate furtive la figura di Zabini che si allontanava dal banco per uscire dalla classe.

Eppure, non lo vide, nonostante i suoi sforzi immani nel farsi spazio fra la folla studentesca. Probabilmente era già uscito, o forse era ancora all’interno, in maniera tale da non farsi vedere gli occhi della coetanea. La folla s’accalcava ancora di più, e Pansy riusciva a stento a respirare: l’oppressione, fisica e psicologica, che provava in quel momento, era indescrivibile. Aveva necessariamente bisogno di qualcuno che le desse una mano ad uscire di lì, in qualsiasi modo, ovunque egli fosse. Quando uno spintone dalla forza disumana le diede abbastanza carica da capitombolare per terra al corridoio, fra i passi frenetici degli studenti e il vociare estremamente fastidioso, assieme a tutti i suoi libri sparsi sul pavimento.

Stava per alzarsi per dirne quattro al maleducato e sfrontato essere che l’aveva fatta trovare in quella situazione imbarazzante, quando gli si parò davanti la figura imponente di Blaise Zabini, che la guardava con aria divertita e al contempo disgustata, quando le disse «Dovresti far più attenzione, la prossima volta, Carlino» e le porse la mano, invitandola a rialzarsi, con fare di galanteria beffarda. Pansy lo guardò con ribrezzo: avrebbe voluto umiliarlo dalla prima sino all’ultima parola, ma in quel momento la sua capacità di formulare frasi di senso compiuto era svanita inspiegabilmente. Tutto ciò che riuscì a fare fu lanciargli uno sguardo disorientato e misteriosamente offeso, pieno di rancore. Con malo modo allontanò la mano scura poco distante dal suo viso, raccogliendo tutti i suoi libri e foglietti sparsi sul pavimento.

Si rialzò fisicamente, eppure farlo mentalmente fu impossibile: aprì bocca, tentando di dire una qualsiasi offesa abbastanza ragguardevole, eppure tutto ciò che fuoriuscì fu un balbettio incomprensibile, tale da far spuntare un ghigno distruttivamente singolare sul volto di Blaise. Il ragazzo si allontanò ridacchiando con Draco dell’accaduto, continuando a lanciare occhiate alla studentessa anche mentre si allontanava gongolando, lasciandola con una moltitudine di foglietti che a stento tratteneva fra le dita affusolate. Sì, cambiarono tante cose ad Hogwarts, quel maledetto sesto anno.

***


Quella sera, la cena in Sala Grande si svolse in maniera molto più che frettolosa, per Pansy: non toccò assolutamente niente di tutto quel ben di Dio che si stagliava sull’enorme tavolo di Serpeverde, fino a quando non arrivarono i dolci, allora sì che prese una fetta di Cheesecake alla zucca e cioccolato, mandandola giù con quattro grossi bocconi. Marcus Flitt la osservava ridacchiando di gusto, mentre ingurgitava quella delizia in poco più di venti secondi. Ma l’aria funesta che aleggiava su di Pansy fece svanire il sorrisetto divertito di Marcus, che sbuffò infastidito, tornando al suo calice quasi vuoto di Succo di Zucca. Non appena ebbe finito l’ultimo boccone di cheesecake, la ragazza si alzò frettolosamente dal tavolo e si avviò verso il Dormitorio, noncurante dei richiami poco apprezzanti dei membri della sua stessa Casa.

Giunse al dipinto guardiano della Sala Comune, nei Sotterranei, pronunciò sottovoce la parola d’ordine e sgusciò nel piacevole tepore della stanza, riscaldata fievolmente dal caminetto di marmo ornato con teschi e statuette. Le lampade emanavano una luce fioca e verdastra, che a stento illuminava la stanza stessa, completamente vuota. Subito balenò nella mente della studentessa l’idea di sedersi sui comodi sofà in pelle nera come l’inchiostro. Ma scosse immediatamente la testa, e si diresse verso il Dormitorio femminile: tutto ciò che desiderava, in quel momento, era lo stendersi sul letto e rimuginare sugli avvenimenti del giorno, dagli spontanei ‘vaffanculo’ di Draco ai cambiamenti improvvisi ed inspiegabili di Zabini.

Non appena entrò nel dormitorio, si accorse di essere completamente sola: tutti erano a cena, nella Sala Grande, e lo sarebbero stati ancora per un bel po’ di tempo, forse abbastanza per ripetere la lezione di Astronomia in tutta tranquillità. Con questa precisa intenzione, Pansy si avvicinò al comodino accanto al suo letto, prendendo fra le mani i suoi libri e tutti gli appunti e post-it che quella mattina non aveva fatto in tempo a mettere al proprio posto, ognuno nel libro corrispondente, dopo la colossale caduta appena fuori l’aula di Trasfigurazione. Ne approfittò per riordinarli, aprendoli uno ad uno, leggendone il contenuto e posizionarli fra le pagine nuove e perfettamente curate dei suoi libri. Cura delle Creature Magiche, Pozioni, Trasfigurazione, Aritmanzia e…

E quello cos’era?

Una pergamena un po’ rovinata piegata in quattro, incredibilmente resistente a tutti gli strazi che ebbe sopportato, a giudicare dagli strappi sui bordi e dagli angoli spiegazzati, leggermente ruvida. Profumava di abeti freschi misto a spezie orientali, come il coriandolo. La aprì con leggera esitazione, curiosa di scoprire cosa ci faceva un oggetto sconosciuto a lei proprio fra i suoi libri. Le dita separarono freneticamente i lembi accoppiati, fatti combaciare alla perfezione, scartandoli in fretta e furia come se fossero regali di Natale. Eccola, aperta del tutto. Ma prima di leggerne il contenuto, si guardò attorno: il dormitorio era vuoto, così come la Sala Comune. Niente rumori misteriosi, né mormorii appena percettibili, né spifferi di vento impetuoso. Pareva quasi che non s’udisse il continuo boato delle acque del Lago Nero, soffiare e soffiare ancora, specie nell’impassibile silenzio notturno.

Finalmente l’aprì.

E il suo cuore saltò un battito, quando riconobbe la calligrafia di Blaise Zabini.


Se iniziassi questa lettera con “Cara Pansy”, non mi riconosceresti, ed oltretutto apparirei come banale ed artefatto.

Ci conosciamo da cinque anni. Cinque, lunghi anni.

E ne abbiamo passate tante assieme, dalla tarantola nel letto di Goyle al nostro primo ‘Incarceramus’ nella Sala Comune. Ti ricordi, vero? Draco ci guardò con un’aria a metà fra l’ammirazione e l’invidia, lamentandosi delle nostre ‘manie di protagonismo’ con quello sfigato di Theodore Nott. E tu mi guardavi con aria soddisfatta e con quel ghigno fiero impresso sul volto da carlino, mentre reggevi con sicurezza la tua bacchetta di betulla fra le dita affusolate e pallide.

Era il quarto anno, appena prima del Ballo del Ceppo di Natale; lo confesso, avevo intenzione di invitarti. Te ne stavi seduta in Sala Comune a chiacchierare enfaticamente con Daphne, e non ebbi mai l’occasione di chiedertelo in privato, manco ci concedessero un attimo d’intimità. Un giorno, lo ricordo ancora come se fosse stato ieri, eri nel Cortile di Pietra, da sola, seduta su di una panchina, fra vento e foglie secche che svolazzavano copiosamente, con un pesante libro di Pozioni fra le mani.

L’avrei fatto, ne ero certo. Te l’avrei chiesto tutto d’un fiato, come fanno quelli di Tassorosso ai Corvonero: per evitare l’imbarazzo, parlano il più in fretta possibile, tentando di celare il rossore sulle loro gote. Così avevo intenzione di fare. Non fraintendermi,ora,però: tutti avevano già un accompagnatore, ed io ero rimasto abbandonato alla mia ultima possibilità: tu, la mia ruota di scorta, il mio giocattolo preferito.

Avanzavo con passo veloce, fra il gelo pungente di inizio Dicembre, verso di te; c’ero quasi, mancavano pochi metri, forse quattro o cinque.
Il cuore mi batteva all’impazzata dall’ansia.
Tre metri. Accennai una leggera corsa.
Due. Mancava poco, ero sul punto di pronunciare quelle sei imperscrutabili parole d’invito.

U…No. “- Parkinson. Che sorpresa…inaspettata.-“ una voce familiare, dal tono caldo ed ambrato, che non si abbinava alla perfezione allo sguardo gelido ed impenetrabile del mio amico, riecheggia da quell’istante nella mia mente, ancora oggi. Draco Malfoy mi precedette di secondi.

Nemmeno, frazioni di secondi. E quando voltai le spalle per andarmene, con la rassegnazione della mia assenza al Ballo che tanto avevo atteso di trascorrere con te, lasciai che il fato decidesse al posto mio. In un attimo tu accettasti l’invito, ed io, che tanto c’avevo creduto e che tanto c’avevo sperato, per quella dannatissima sera dove tutti se la spassavano in Sala Grande, mi limitai a fissare il soffitto del Dormitorio Maschile di Serpeverde.

Tutto a causa tua.

E non ti biasimo se adesso mi starai definendo con tutti i termini spregevoli che ti vengono in mente, dato il mio comportamento incoerente, innanzitutto con me stesso, ma anche con te. Lo riconosco: la lunaticità mi appartiene più di ogni altra cosa al mondo, oltre l’arroganza, s’intende.

‘Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato.’

E non mi aspetto che tutto ciò sia ricambiato, Carli…No,no. Pansy.
In questo momento ti sto osservando mentre guardi fuori alla finestra, nell’aula di Trasfigurazione. Hai un’aria pensierosa, non capisco cosa ti frulli in mente. E adesso…Adesso ti sei accorta che ti sto guardando. E, come l’idiota che hai sempre conosciuto e reputato tale, sto scrivendo questa lettera.

Beh, spero che tu abbia il piacere di leggerla almeno quanto io ho amato scrivertela.

Cosa avrei concluso, raccontandoti tutti questi aneddoti qui ad Hogwarts? Niente,ho solo enfatizzato il mio concetto de ‘tutto fumo e niente arrosto’.

Ma forse, qualcosa di piccolo e di minuto, il quale mi manca più di ogni altra cosa al mondo, spero possa nascere grazie a questa pergamena ingiallita: il tuo splendido sorriso, che non vedo da troppo tempo, ormai.
Con amore paradossale,

Blaise Zabini.



Pansy si lasciò cadere sul letto, poggiandosi una mano sul cuore che pareva esplodere pur di uscirle dal petto.
Dallo sgomento, la lettera le era caduta dalle mani fragili e tremanti, posandosi leggera come una piuma sotto il letto a baldacchino nero e verde. Si stese, ansimante, con la testa affollata di mille e più pensieri, dal motivo per il quale Blaise le aveva scritto quella lettera, a quel monotono atteggiamento lunatico, presente in ogni sua parola.
Ecco il motivo per cui, quella mattina, il ragazzo di colore la fece capitombolare goffamente fuori dall’aula: era solo una scusa poco fine per consegnarle una lettera.
‘Contraddittorio’, lo definì Pansy, facendo schioccare le nocche, in segno di evidente nervosismo. Avrebbe voluto far tanto, dopo aver letto il contenuto di quella pergamena. Chiedere spiegazioni, in primo luogo, al mittente.
Un brivido le percosse la schiena, al sol pensiero di dover discutere con il suo ‘migliore amico’ del perché quella lettera fosse indirizzata proprio a lei, fra le tante sgualdrine sguaiate di Hogwarts. Sospirò, indecisa sul da farsi, mettendosi a sedere e tentando di ragionare razionalmente.
E d’un tratto, un cigolio sinistro riecheggiò in tutto la stanza; Pansy sobbalzò, e volse il capo verso l’uscio in legno d’acero: quando vide un volto familiare far capolino dall’esterno della stanza, e mormorare insicuro «Pansy…? Posso entrare?».
La voce di Daphne Greengrass colmò il dormitorio di un calore maggiore di quanto fosse quello emanato dalla stufa posta centralmente nella stanza.
E in un attimo la mente di Pansy sfiorò i ricordi degli anni precedenti, quando la sua amica non adottava ancora quegli atteggiamenti snob nei suoi confronti. Per accogliere la sua amica a sedersi con lei sul letto, Pansy le fece un cenno con la mano; l’altra ricambiò con uno sguardo d’intesa, richiudendo la porta dietro di lei.
«Come mai tutta questa fretta di correre nel Dormitorio, dopo cena? Non hai mangiato niente…» azzardò Daphne, mordicchiando un labbro nervosamente, mentre giocherellava con il lembo della coperta che aveva fra le dita, a capo chino.
«Beh, non è stata una delle mie giornate migliori, e tutto ciò che desidererei adesso è andarmene da questo posto per…» Un’ improvvisa risatina compiaciuta spuntò dalla bocca di Daphne, che cercava con evidenza di celarla dietro un velo di apprensione fra amiche. Pansy interruppe il suo discorso, osservando l’amica ridere, ora, di gusto, mentre una fitta allucinante le torceva lo stomaco: cos’era, un altro trucchetto da quattro soldi per farla sentire ancor di più una schifezza?
Stava per chiedere spiegazioni, quando la voce di Daphne mutò.

Da ambrata e pacata, a gelida e da brividi per l’emozionante tono semigrave.

«Non credevo fossi così ingenua da cascarci…Carlino».

E a Pansy le si fermò il cuore quando la ragazza che aveva ritenuto Daphne Greengrass, altri non era che il mittente della lettera, il quale aveva ripreso le sue sembianze dopo aver bevuto una Pozione Polisucco molto potente, a giudicare dal fatto che gl’avesse modificato anche la voce.

«..Tu…Tu!..Come…Come!?» esclamò Pansy, sobbalzando quando vide Blaise davanti a lei, nel dormitorio femminile, in un luogo dove proprio lui non avrebbe dovuto esserci.

Zabini ridacchiò divertito, tralasciando galanterie e scuse da porgere, poi rispose con menefreghismo «Il deposito di pozioni di Piton può rivelarsi molto utile, a volte, sai?» e con aria di sfida, fissò la ragazza negli intensi occhi verdi, che a stento si reggevano aperti per la stanchezza.

Pansy distolse lo sguardo, tornando a fissare il pavimento, forse per l’ennesima volta, e lo fece soprattutto per evitare lo sguardo inquisitorio di Blaise. Sentiva la rabbia montarle dentro, come un uragano distruttivo, come un’eruzione esplosiva, come un maremoto implacabile. Strinse i pugni il più forte possibile, quasi come se questo fosse il suo unico metodo di sfogo.

E intanto un bruciore iniziò a pizzicarle gli occhi, richiamando quelle lacrime inopportune che non avrebbero fatto altro che accrescere l’orgoglio e la soddisfazione di Blaise. Ma c’erano troppe domande lasciate in sospeso, e la giovane studentessa di Serpeverde doveva trovare risposta almeno ad una sola di quelle.

Così, tutto d’un tratto, senza pensarci né dedicarci più di un secondo, disse sottovoce «…Perché l’hai fatto?».

E come per magia, Zabini smise di ridere.

La scrutò in ogni suo minimo dettaglio, cercando una qualsiasi scusa pur di tirarsi fuori da quella situazione imbarazzante. Eppure, non gli venne in mente niente di abbastanza credibile. E l’ultima cosa che gli rimaneva…era la verità.

«Sono in dovere di dirtelo, Carlino» disse quasi a malincuore il ragazzo, sedendosi sul letto affianco a quello di Pansy, incrociando le braccia in segno di umore vulnerabile.
La ragazza lo fissò indiscreta, inarcando un sopracciglio in attesa di spiegazioni. «Tutto ciò che sta accadendo è farina del mio sacco: la lettera, lo spintone, la mia presenza qui. Ma dietro ad ogni cosa, c’è qualcun altro che muove le pedine al posto nostro. » la voce si fece più cupa man mano che le parole trascorrevano come fiumi impetuosi.
«..E cosa vorresti dire con tutto ciò?» esclamò Pansy, rossa di rabbia sulle gote, color che spiccava particolarmente sulla sua pelle olivastra.
«Dico solo» iniziò Zabini «Che tutto ciò che ho scritto in quella lettera, è motivato. Non da me, però. C’è qualcun altro in questa faccenda, qualcuno che mi ha…convinto, a far tutto questo, ecco.»

E Pansy esplose come una bottiglia di gassosa agitata per troppo tempo, ed inevitabilmente il ragazzo di fronte a lei non ebbe scampo da quel monologo sprezzante. «…Sei troppo codardo per fare un discorso come si deve, senza mezzi termini e senza tutta quest’aura di misteriosità? Dimmi le cose come cazzo stanno, o ti sbatto fuori da qui con calci,pugni,e bacchetta!»

Blaise notò quel rossore divamparle sul volto olivastro, e ciò che in primo luogo fece spontaneamente fu una risatina mozzata.
Si ricompose, compiaciuto del fatto che il Carlino di fronte a lui si stava scaldando più del dovuto, e ciò non poteva che essere un punto a suo favore.


«E’ stata una scommessa, mia povera illusa. Fra me e quel bel sorrisino ammaliante di Malfoy. Non è stato magnifico? Ogni cosa è andata come dovuto» e detto ciò, il ragazzo di colore si avvicinò vertiginosamente verso Pansy, la quale, istintivamente, si scansò indignata.

E quel rossore pareva enfatizzare l’uragano che le scuoteva tutto, dentro, quando lei si alzò ed aprì bocca per protestare, ma come quella maledettissima mattina, riuscì solo ad avvertire un leggero spiffero di aria fresca che le accarezzava la bocca.

«…Io…Io…FUORI! VATTENE…VATTENE VIA!» riuscì solo a gridare, esasperata e con le lacrime agli occhi…e al cuore. Tutto ciò che aveva immaginato, come se le persone fossero cambiate in meglio, anziché in peggio, si sgretolò in pochi attimi. Aveva perso il lume della ragione, ormai le gote le pizzicavano fastidiosamente, ed erano rosse come il fuoco dalla rabbia. L’uragano spazzò via tutto. La ragione fu perduta per sempre.

«Ti preferisco con le guance arrossite. Sei molto più carina.» mormorò invece Blaise, del tutto tranquillo e prevenuto sulla situazione presentatasi quella sera.
Voltò le spalle per andarsene.

No, non poteva lasciarlo andare così.
Non dopo…Non dopo quella pergamena ingiallita; Non potevano essere solo fandonie, solo bugie inventate di sana pianta per vincere una stupida scommessa.

E l’uragano investì anche Blaise.

«FUORI DAL MIO DORMITORIO E DALLA MIA VITA, STRONZO!» esclamò furibonda.
L’ultima risatina, poi la porta si richiuse con un tonfo pronunciato.

Pansy si lasciò crollare come un muro per terra, fra singhiozzi mozzati e lacrime che scorrevano infinitamente. Nessuno, era lì con lei. Solo…Solo Pansy, Pansy e quella stupida lettera ancora sotto il letto.

Gattonando a mo’ di felino, Pansy raggiunse la pergamena ingiallita, prese la sua bacchetta, ed esclamò «…Tu non distruggerai mai più la vita a nessuno.»
Sospirò, avvertendo ancora i segni di assestamento del respiro regolare, dopo quei singhiozzi così marcati. «…Incendio.»

La pergamena, assieme ai suoi sentimenti, si ridusse ad un innocente mucchietto di cenere.

***
 

Blaise Zabini richiuse la porta del dormitorio femminile di Serpeverde con un tonfo pronunciato.
Dopo, il silenzio.
Il continuo boato delle acque del Lago Nero.
E…puzza di bruciato.
Sogghignò, soddisfatto, comprendendo l’azione appena compiuta dalla ragazza.
Eppure, sapeva che c’era ancora qualcosa che avvertiva come un peso sul cuore, come se tante altre azioni non lo fossero.

In cuor suo, sapeva che in quella lettera c’era qualcosa di vero: una frase, un espressione, una citazione.
Qualcosa che proveniva dai suoi sentimenti, e non da una fottuta scommessa.

…Ma non lo ammise mai. Né a Draco, né a Pansy, né a se stesso.





*** Spazio autrice***
Non uccidetemi! L'idea è originale, del comporre una one shot per ogni lettera della parola "blush", che appunto caratterizzerà tutta la fanf, ma non sono una cima nel trasmettere emozione ai lettori, perciò, perdonatemi! ^__^
Vorrei ringraziare in maniera speciale ScreamingHeart, che a scuola mi porge sempre la stessa, fatidica domanda...
"Se ti do un foglio, scrivi la fanfiction?"
E io non posso che acconsentire! Quindi, se questa fanfiction è stata pubblicata qui, è anche (e soprattutto!) merito suo ^^
E sì, ho inserito una citazione di Catullo, nella lettera di Zabini (mi sembrava perfetta! *--*). Una recensione è sempre gradita, mi farebbe tanto piacere conoscere i vostri pareri su questo piccolo, a finale inaspettato, capitolo!
Ricordo che per ogni recensione ricevuta, rispondo in questo spazio al capitolo successivo a quello recensito, giusto per tenere un po' d'ordine in questa mente tanto incasinata! xD
Al prossimo capitolo...
"L"! 


 

Vostra Phob

  
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