Bulma osservò Yamcha, senza accennare alcuna risposta. La domanda appena rivoltale, riecheggiava nella sua mente, come un'assordante melodia; un'assordante e molesta melodia, che non riusciva a cacciare dalla sua testa, e che ben presto la fece sentire male. La ragazza avvertì un'insolita nausea invaderle il corpo; un calore che si espanse dalla testa ai piedi, e che la fece tremare. Portò le mani alle ginocchia, forse convinta che quel gesto avrebbe placato il suo senso di malessere, che non pareva scomparire. Il cuore cominciò a batterle forte nella parte sinistra del petto; riusciva a percepirne ogni singolo battito: e questo aggravò ulteriormente le sue condizioni. Un forte mal di testa la costrinse a cadere sulle ginocchia; portò le mani alla testa e massaggiò delicatamente le tempie.
Che mi succede?
Pensò, colta da un atroce panico.
-Bulma!-
Gridò Yamcha, non appena la vide cadere.
-Va tutto bene?-
Domandò.
-Se ho esagerato, ti chiedo scusa. È colpa mia; non avrei dovuto fare troppa pressione.-
Bulma non rispose; non perché non volesse farlo, ma perché non vi riusciva. Le dolci parole di Yamcha rimbombavano nella sua mente, e, pur sforzandosi, non riusciva a percepirne il senso. Ciò, che il ragazzo aveva detto, era troppo per lo stato in cui lei si trovava. Ogni singolo suono accresceva il fastidio a cui era sottoposto il suo stomaco, ed anche un leggero movimento pareva che avrebbe fatto eruttare quel vulcano, da un momento all'altro.
-Su, alzati...-
Le disse Yamcha, cercando di sollevarla leggermente.
Ma lei non voleva; voleva stare lì dov'era, a contatto con il pavimento fresco.
-Yamcha...-
Sussurrò dolcemente.
-Yamcha, va' via, per favore...-
-Che cosa?-
Domandò il ragazzo, quasi la sua fosse un'esclamazione.
-Sei impazzita! Hai bisogno di aiuto, non posso lasciarti qui da sola! Su, coraggio, alzati. Ti porto in camera tua.-
-No!-
Gridò Bulma, con quanto più fiato ebbe in gola.
-No...-
Sibilò, poi.
-I-Io... ho bisogno di stare da sola... È stata una giornata pesante... Sono solo stanca...-
Riuscì a dire, a stento. Poi, avvertì che le sue energie stavano pian piano diminuendo, e riuscì a poggiare la schiena alla parete, anch'essa fresca, riuscendone a trarre giovamento. Sospirò; e guardò Yamcha che, nel frattempo, la osservava preoccupato, pronto a sorreggere il suo esile corpo, qualore fosse crollato da un momento all'altro.
-Stai sudando.-
Le disse.
-Hai bisogno di sdraiarti; così facendo, le tue energie diminuiranno; sverrai.-
Sebbene stesse male, Bulma riuscì comunque a lanciargli un'occhiataccia, quasi volesse fargli capire che ciò che diceva, e del quale sembrava estremamente convinto, non sarebbe accaduto, perché lei era una ragazza forte; e questo lo sapeva.
-Molto bene.-
Sbottò Yamcha.
-In tal caso, mi vedo costretto ad avvertire il Dr. Brief e sua moglie.-
-No!-
Gridò, ancora una volta, Bulma.
-Loro... Loro non devono saperlo. Riguarda me; me soltanto. I-Io voglio alzarmi... Yamcha, aiutami.-
Il ragazzo le afferrò prontamente le braccia, e molto cautamente l'aiutò a distendere le gambe; poi, la prese in braccio e s'avviò verso la sua camera da letto.
-Yamcha...-
Sussurrò Bulma, mentre teneva il viso sul possente torace del ragazzo.
-Non portarmi in camera, per favore. Io... Io voglio che mi conduci in camera di Vegeta.-
Yamcha sgranò gli occhi e scosse il capo, non accennando a cambiare direzione.
-Mi hai sentito?-
Domandò lei, assumendo un tono di voce deciso.
-Portami in camera di Vegeta! Subito!-
Il ragazzo si fermò, fece un profondo respiro, e riprese a camminare. Giunto davanti alla porta, l'aprì, ed adagiò delicatamente la ragazza su di una sedia accanto al letto.
-Va bene, così?-
Le domandò.
Bulma annuì.
-Con questo, suppongo che la risposta alla mia precedente domanda sia un no, giusto?-
Gli occhi azzurri della ragazza ciondolarono, riuscendo a trasmettere tutto il suo dispiacere per quanto Yamcha avesse appena detto, e per quanto lei avesse intenzione di dirgli.
-Mi dispiace, Yamcha...-
Riuscì a sussurrare, poco prima che il ragazzo s'allontanò dalla stanza.
Lei rimase lì, sopra quella scomoda sedia, ad osservare la porta chiudersi alle spalle di quello che era stato il suo ragazzo; il ragazzo che aveva amato, e per il quale ora non riusciva a sentire più che una semplice, forte, amicizia. Aveva sempre pensato che Yamcha fosse un bel ragazzo; aveva sempre pensato ad un loro futuro insieme; l'aveva visto come il padre dei suoi figli, e si era divertita nell'immaginare come si sarebbe comportato in una tale situazione; se sarebbe divenuto un po' più maturo di quel che era.
Fino a poche settimane prima, le cose andavano bene tra loro; il loro rapporto procedeva nel migliore dei modi; poi, qualcosa era cambiato; era come se, improvvisamente, i tasselli del puzzle non avessero più combaciato tra di loro, ed avessero rovinato, distrutto, quel bellissimo quadro che insieme, dopo anni, avevano creato. Cosa l'aveva distrutto? O meglio, chi?
Bulma volse lo sguardo al letto che ospitava il rude Sayan, e sospirò. Lo vide dormire beatamente, e quel suo viso così sereno riuscì a trasmetterle un po' della sua serenità; serenità che la portò ad adagiare, dolcemente, il capo sopra la scrivania, e a chiudere gli occhi, nella speranza che, almeno questo, riuscisse a cacciare via i suoi malevoli pensieri... e, con essi, il suo preoccupante malessere fisico.