Crossover
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Autore: Registe    10/02/2012    3 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 11 - Kaspar nel Paese dei Balocchi


Kunzite

Kaspar




Coruscant al tramonto aveva un certo fascino, non c’era che dire: appena entrati in quella strana stanza erano stati investiti dai raggi dorati che rimbalzavano tra i mille grattacieli e le astronavi che scivolavano diversi metri più sotto. Certo, c’erano gli insulti dei guidatori e l’aria era satura di decine dei gas più inquinanti, ma quella era la capitale dell’Impero Galattico. Erano su un balcone tra i più elevati, da cui potevano controllare quasi tutta la città tentacolare che si dipanava per il pianeta.
Boba ebbe la sensazione che la loro guida ne fosse impressionata e si lasciò sfuggire un sorriso: per quanto in quel Castello ci fosse magia a palate, ciò che faceva davvero spalancare la bocca erano le meraviglie della tecnologia di Coruscant e del trionfo degli esseri umani.
“Sua eccellenza, il mondo si bea del ricevere il Suo sguardo”
Alle loro spalle, silenziosi, erano comparsi degli uomini avvolti in delle tuniche scarlatte di una moda che Boba non aveva mai visto a Coruscant. Sembravano degli stregoni ed erano decisamente fuori posto nel pianeta della scienza.
Mi hanno detto che in queste stanze potremmo incontrare dei ricordi …… ma come è possibile che …?
Quando si inchinarono, la decorazione sui loro mantelli scintillò alla luce del faro di uno speeder. Un’enorme K d’oro.
“Nostro signore, ci ha fatti convocare?”
I loro sguardi erano rivolti a Kaspar. E questo, secondo il terzo teorema di Tarkin, era sintomo di un grosso, enorme guaio in arrivo verso di loro. Ovviamente quell’Auron non era in gradi di rendersi conto che qualcosa non andasse, e chiedere aiuto ad Ash sarebbe stato quasi peggio che mandare a quel paese l’Imperatore di persona.
“Ovviamente, miei fedeli servitori!”
Stavolta Kaspar aveva un sorriso enorme stampato sulla faccia. Qualunque cosa stesse succedendo, in qualsiasi stranezza fossero piombati, sembrava a suo agio. Se stava fingendo aveva colpito nel segno, perché gli uomini si prostrarono davanti a lui fino a pulire il pavimento “Ora ditemi, miei uomini, sono io il vostro signore?”
“Eccellente Imperatore, lei ha ragione di testare la nostra fedeltà perché siam pur sempre fallaci esseri umani. Ma per certo sappiamo che lei domina questo mondo, lei è l’unico Imperatore, il sommo stregone e maestro dell’ordine degli Stregoni Incappucciati!”
Eh?
Boba scandagliò in un attimo le loro espressioni: ci doveva essere un errore, senza dubbio! Kaspar non era mai stato Imperatore della Galassia e mai lo sarebbe stato, almeno finché l’Imperatore Palpatine ed i suoi Signori Oscuri sarebbero rimasti in vita per impedirglielo. E Kaspar lo sapeva benissimo …… ma cosa gli salta nella testa?
“Ordunque fatemi strada, e fatevi interrogare! Voglio vedere la luce della verità nei vostri occhi!” fece il mago, con una solennità che raramente il cacciatore di taglie gli aveva mai visto.
“Kaspar, aspetta, ma cosa……?”
“Lasciami fare, Zachar. Ho la situazione in pugno!”
Si voltò e, scortato da quei maghi, entrò nel grattacielo senza voltarsi un attimo verso i suoi compagni di viaggio. Tra i quattro passarono degli attimi di puro silenzio.
La loro guida si sporse, quasi a cercare con gli occhi la base del grattacielo. Non la trovò (in pochi erano riusciti a toccare il terreno di Coruscant attraversando i suoi bassifondi, e persino i cacciatori di taglie esperti come lui tentennavano), ma in compenso indicò qualcosa sulla sommità del palazzo vicino “State davvero messi così male nel vostro mondo?”. Boba guardò, e le gallette che aveva usato per colazione gli ritornarono di prepotenza in gola. Non solo su quel palazzo, ma su ciascuno di quelli che i suoi occhi potevano scorgere c’erano enormi, terribili, disgustose statue di Kaspar in ogni posa, da quella benedicente ad una in cui sembrava fare una piroetta sul cornicione di un edificio. E non solo statue.
Gli occhi di ghiaccio che ammiccavano loro da un cartellone pubblicitario li conosceva benissimo.
E anche lo speeder che passò pigramente accanto a loro aveva una specie di polena a forma di Kaspar che spalancava il mantello per spiccare un salto nell’Infinito.
Meno male che Tarkin non è qui!
Doveva avvisare la guida, perché il campanello d’allarme che aveva nella testa era diventato più assordante di mille clavicembali rhodiani “Senti, Auron, qua mi sa che c’è un errore. Questa stanza non può appartenere ai ricordi di Kaspar” quella era l’unica certezza, grazie al cielo “Perché Kaspar non è mai stato Imperatore. Non ci sono maghi a Coruscant. E di certo non ci sono quelle immondizie sugli edifici e nelle pubblicità!”
Il guerriero sembrò tirare un sospiro di sollievo “Allora sono contento per voi.” Guardò con crescente disgusto le decorazioni di quel luogo, e sembrò soppesare quel qualche secondo le parole da scegliere: “Nella maggior parte dei casi è come avete già visto. Si rivedono momenti del passato molto intensi o particolari. Però la mente del soggetto può generare eccezioni”
“Kaspar dunque è così speciale da far deviare le Stanze della Memoria?”
Boba guardò l’ameba con un certo stupore: era la prima volta che la sentiva rivolgersi al suo padrone con un tono così …… di disprezzo ……? Stentava a riconoscerla. Doveva ammettere che nel suo sguardo c’era qualcosa di molto più indipendente e pericoloso, ed una certa fierezza che credeva di poter intravedere soltanto negli occhi di Zam.
Si rese conto che la cambiatrice di forma gli mancava.
“No” la loro guida continuava a fissare la ragazza “Evidentemente per lui il passato ha valore quasi nullo. I suoi sogni, i suoi desideri, tutta la sua mente è puramente proiettata in avanti. Se nel suo passato non c’è nulla di vitale, la Stanza della Memoria cerca nei suoi sogni”
Boba deglutì, ed anche Ash sembrò rendersi conto di quello che succedeva.
“Quindi … mi stai dicendo che questo è il futuro?”.
“Nessun futuro è definito! Men che mai uno di questo genere!” Auron era molto contrariato. Addirittura infastidito “Ricordatevi, è solo una proiezione. Adesso andiamo a riprenderlo o non usciremo mai da qui”

Nel camminare per i corridoi Boba riconobbe il palazzo in cui si trovavano: era la dimora dell’Imperatore Palpatine su Coruscant, un luogo che ormai il sovrano della Galassia aveva abbandonato da anni a causa del suo trasferimento sulla Morte Nera. Il cacciatore di taglie vi era entrato con i suoi amici in svariate occasioni, e lo avevano sempre trovato ordinato e protetto, ma anche tetro e freddo. Coruscant era il cuore pulsante dell’Impero, e non soltanto per il denaro che veniva versato in continuazione nelle sue banche; era il centro della burocrazia e del potere, il luogo dove le poche persone che davvero contavano nella Galassia potevano incontrarsi e decidere in pochi attimi le sorti di centinaia di miliardi di comuni abitanti. L’efficienza era sempre stata il primo comandamento, e nel palazzo dell’Imperatore era stata il criterio di scelta di qualsiasi cosa, dalle colonne alla scelta dei marmi per il pavimento. Boba lo aveva sempre considerato troppo grigio, troppo simile ad un qualsiasi palazzo per impiegati.
Quello in cui camminavano era invece un palazzo illuminato a giorno, circondato di statue di Kaspar in Gloria o Benedicente. Dove dovevano trovarsi delle semplici sfere da illuminazione artificiale, vi erano invece strani globi fluttuanti che avvolgevano ciascuna statua in un caleidoscopio di luci colorate. L’Ego di quel mago da strapazzo non aveva limiti come, purtroppo, anche il suo potenziale magico.
Non fu difficile ritrovarlo: dalle sale agli ascensori, dai corridoi ed i balconi, fiumi di gente si stava riversando verso quella che era stata la stanza in cui l’Imperatore Palpatine riceveva i suoi ammiragli ed i numerosi governatori dei vari sistemi, l’area più ampia dell’edificio; un’intera parete era stata sostituita da una vetrata in grado di dare al sovrano una completa visuale di Coruscant ad ogni momento del giorno. Ma dove prima vi era un sedile alto e nero, adesso si stagliava un trono di proporzioni stratosferiche, pacchianissimo, tempestato di oro e di ogni sorta di gemma preziosa, sollevato su almeno dieci gradini in marmo di Kessel. Kaspar era lì, con un sorriso estatico sulla faccia mentre due fanciulle, vestite in modo succinto, lo sventolavano.
Auron aveva un’espressione sempre più disgustata e, nonostante fossero riusciti a sgomitare tra i mille cortigiani ed essere giunti ai piedi del trono, Kaspar non li degnava di uno sguardo; Boba optò per la via diretta.
“Kaspar, adesso smettila di fare il coglione! Alza le chiappe e usciamo da qui!”
Gli stregoni nella sala puntarono i bastoni contro di loro ed Auron impugnò la spada.
“Possiamo atomizzarli, o Sommo?”
Senza fretta, Kaspar assunse una posa da imperatore romano spaparanzato sul triclinio e si fece calare in bocca un grappolo d’uva. “Smettila di giocare e usciamo di qui, idiota!” sibilò il cacciatore di taglie.
E non gli aveva ancora sparato soltanto perché quegli stregoni erano illusioni, ma potevano uccidere e lui non aveva ancora intenzione di morire lì dentro, per di più per mano di burattini di Kaspar!
Dai lati adesso sbucavano anche dei droidi con i blaster pronti a far fuoco, e il cacciatore di taglie capì che non era nella migliore delle posizioni; la spada della loro guida non sarebbe mai bastata contro quelle guardie e non poteva sperare in alcun aiuto da parte di Ash, che in tutto quel trambusto stava fissando con aria avida la ciotola di frutta accanto al trono del loro nemico.
“Riportiamo quest’essere nel manicomio, padrone?”
Manicomio?
“No, no, quanto zelo…… ormai che sono qui, vorrei fare un giretto con loro!”
“Signore, è sicuro che……?”
“Come possono questi semplici mortali farmi anche solo un graffio? Rilasciateli e fatemi preparare il mio speeder. Se quello che mi avete raccontato è vero, voglio fare un giro a vedere i miei trofei!”
Con riluttanza, i maghi ed i droidi abbassarono il fuoco, ed Auron rilassò il braccio.
Molti dei cortigiani si ritirarono, e Kaspar fece una piroetta estatica, facendo volteggiare il mantello e risplendere grazie alla luce che proveniva dalle vetrate: “Non vi rendete conto della meraviglia? So che non è un mio ricordo, ma qui tutti mi considerano l’Imperatore! Questo è il regno dei sogni!”
O il Paese dei Balocchi…

“TARKIN! TARKIN! Come fai a non riconoscermi? Sono io!”
Boba scosse l’amico, seduto su un lettino con una coperta a fiori pallidi. Kaspar stava lì e si godeva la scena, ma era l’ultimo pensiero del cacciatore di taglie. “TARKIN, NON SEI IL TIPO DA RESTARE IN UNA CASA DI RIPOSO……!”
“…… non c’è più niente da fare……”
“TU IN UNA CASA DI RIPOSO CHIAMATA VILLA ARZILLA? TI TERMINERESTI DA SOLO A SENTIRE UNA COSA SIMILE!”
A Boba non arrivarono né i grugniti della loro guida né la risate sguaiate di Kaspar.
Era sul punto di scoppiare.
Un’ora prima Kaspar li aveva fatti trascinare in un centro di cura per tossicodipendenti verso i livelli più bassi del pianeta; Boba era stato immobilizzato da almeno sette guardie, tentato come era di rompere il naso al nuovo Imperatore quando aveva trovato il suo amico Maul. Lo stregone lo aveva fatto rinchiudere lì dentro, come se il suo amico avesse mai usato anche solo un grammo di quelle sostanze che detestava e che falsavano i risultati sportivi. Il Sith aveva ancora del fuoco nei suoi occhi arancione, e gli aveva chiesto una Playstation, fosse stata anche la Playstation 3.
Boba aveva sorriso quando Maul aveva scagliato contro Kaspar degli elefantini di legno che le infermiere lo costringevano a intagliare.
Ma la cosa aveva soltanto scavato un vuoto profondo nel suo petto; questo è ciò che Kaspar sogna di farci. Io in manicomio, Maul rinchiuso qui dentro e ……
Non pensava quanto crudele sarebbe stata la conclusione della frase.
Una volta trascinato a forza via di lì, Kaspar lo aveva condotto in quella piccola casa di riposo, cadente e con le pareti ricche di muffa e crepe. Il cuore gli batteva all’impazzata, e la cosa più odiosa era che gli avevano sottratto persino le sue armi, dai blaster ai coltelli nelle maniche alle granate celate nei risvolti dell’armatura.
Non avrebbe permesso allo stregone di giocare così con la loro amicizia.
Ma se in Maul aveva trovato ancora una certa voglia di resistere, Tarkin sembrava soltanto uno straccio; il suo amico guardò Kaspar, ma l’espressione nei suoi occhi era più vuota delle casse reali di Minas Tirith.
Tutta colpa di questo stupido mocho vileda e dei membri dell’Organizzazione……
“Perché il mio amico è in questo stato? Cosa gli hai fatto, pezzo di merda?”
“Da come mi hanno detto ho semplicemente smosso tutte le sue certezze. Una volta che io sono diventato imperatore, deve aver avuto un qualche tracollo…… poi magari io ho premuto l’acceleratore, non lo nego…… l’idea di terminargli avanti la moglie e quelle mocciosette delle sue figlie deve avere per forza influ……”
“IO TI TERMINO QUI E ORA!”
Boba lasciò Tarkin e si avvicinò a Kaspar, per essere poi respinto da un muro invisibile.
“SEI SOLO UN VISCIDO VERME, LEVA LA TUA MAGIA E FAMMI ROMPERE IL TUO NASO!”
“…… non c’è più nulla da fare……”
Boba non sapeva dove guardare, se tranquillizzare il suo amico o ritentare un assalto a Kaspar. Gli stregoni ed i droidi c’erano ancora, ma Kaspar voleva dare loro una lezione da solo.
Forse quella realtà non sarebbe mai avvenuta, ma sapeva che in quello stregone figlio di un bozzolo c’erano già delle idee così nefaste. Forse tutti i suoi compagni di viaggio non si rendevano conto di quanto fossero allucinanti i pensieri di Kaspar.
Proiezioni delle Stanze o no, l’uomo demente davanti ai suoi occhi e quello che scolpiva gli elefantini di legno erano i suoi amici, in qualsiasi dimensione si trovassero; e non aveva dubbi che anche la propria proiezione fosse prigioniera da qualche parte, quasi certamente un manicomio.
Purtroppo le sorprese non erano finite. “Adesso c’è la ciliegina sulla torta!” fece Kaspar, ancora più giocoso mentre i soldati li trascinavano via.
“Trattieniti, o peggiorerai la nostra situazione!” brontolò Auron. Il soldato vestito di rosso aveva osservato la scena senza rivolgergli la parola, ma Boba avrebbe preferito da lui un aiuto più concreto. “Parli bene, tu. Quelli non sono amici tuoi, guida!”
Scorse il suo sguardo accigliato “Il nostro obiettivo è uscire da qui. Tutti e cinque”
L’astronave scese per diversi metri, raggiungendo quelle zone di Coruscant dove non arrivava né la luce del cielo né quelle dei locali e dei palazzi. Ash si strinse a Pikachu e chiese ad alta voce quando potessero andare via, mentre la guida si era rinchiusa nel suo silenzio. L’ameba invece continuava a stare accanto a Kaspar che, al contrario, non la degnava di uno sguardo.
Era stato in quell’area diverse volte, sempre per ingaggi e mai per divertimento personale, perché chiunque potesse trovare qualcosa di piacevole in quelle zone buie era anche gente ben poco raccomandabile, persone che invariabilmente finivano sulla lista nera di qualche potente. Decine di lunghi balconi sfuggivano al di sotto dell’astronave, privi di qualsiasi protezione ed illuminati da fatiscenti fari elettrici verdi e rossi; facevano bella mostra centinaia di donne, alcune quasi certamente bambine.
Ogni centimetro che la nave discendeva aumentava l’espressione di disgusto di Auron, che fissava le umane e le Twi’lek seminude storcendo il naso e lanciando sguardi omicidi verso Kaspar; il quale, con somma preoccupazione di Boba, aveva sfoggiato uno dei suoi peggiori ghigni. Il cuore prese a battergli all’impazzata e sentì un sudore gelido corrergli lungo la schiena e le tempie, perché nella sua testa si stava affacciando un’ipotesi orribile ……
Ad un cenno di Kaspar una piccola passerella si stacco dalla nave e si poggiò sul balcone “Scendi e guarda con i tuoi occhi. È il mio regalo personale!”
Boba saltò giù col cuore in gola. Perché già prima che Kaspar aprisse la sua dannata bocca aveva intravisto, tra le Twilek dai costumi sgargianti, l’unica persona che non avrebbe mai condannato a quel posto.
Zam, la sua proiezione o qualsiasi altra cosa fosse stava un po’ appartata dalle altre, camminando lentamente e lanciando sguardi sulla strada. Gli dava la schiena, nuda, incurante dell’astronave appena fermatasi che aveva attirato l’attenzione di molte altre ragazze.
“Zam!”
Si voltò, e Boba scoprì di non riconoscerla: così truccata, era indubbiamente più bella. Il vestito che aveva addosso era osceno, ma raramente aveva potuto osservare dal vero la sua perfezione. Eppure gli occhi erano nuovi, più spenti, come se la vita le fosse stata risucchiata di colpo. “Boba……”
Corse verso di lui, lo abbracciò e lo baciò senza alcun preavviso.
Appunto.
Non è vera. Non può esserlo.
Ormai lei mi odia. Da quando abbiamo litigato non mi ha mai toccato in questo modo. Ma anche se è solo un’illusione io …

“L’imperatore Kaspar ha permesso di vederci? Allora sei ancora vivo?”
Non aveva mai visto disperazione nei suoi occhi, eppure adesso c’era una paura che lei stessa non tentava di nascondere “Lui ha vinto, è stato più potente di voi e di me… e ho dovuto giurare di fare questo…”
Per la cambiatrice di forma la parola data era tutto. Boba lo sapeva fin troppo bene. Era entrata all’Impero, tanti anni prima, per obbedire ad un giuramento, non certo perché condividesse anche solo uno degli ideali dell’Imperatore Palpatine. Ed aveva giurato di amarlo.
Zam si sarebbe cavata gli occhi piuttosto che piangere, specie davanti a lui. Eppure la donna che stringeva tra le braccia singhiozzava, sperduta. Come osava Kaspar fare una cosa del genere? Persino quello che aveva fatto a Maul e Tarkin al confronto sarebbe sembrato passabile……Lei si sarebbe vergognata a farsi accarezzare come lui stava facendo adesso, nel modo più protettivo che conoscesse; voleva dirle di scappare, di lanciarsi da quella terrazza e volare via, ma se non lo aveva fatto era perché lo aveva giurato. Il sogno di Kaspar è quello di costringerla a giurargli fedeltà … per poi ridurla così …
Stupida, cocciuta, spaventosa, ma non voleva discutere con lei di questo. Il rombo di uno speeder truccato ed il suono di un clacson la fecero scattare come una molla, mentre un uomo enorme, dal volto pieno di cicatrici e con ancora il casco in testa scese e puntò il dito verso di lei.
Boba lo trapassò con lo sguardo, e con dolore sentì la ragazza staccarsi da lui.
“Devo andare. Un cliente” si asciugò le lacrime. “È stato bellissimo vederti. Davvero. Allora Kaspar è stato davvero magnanimo……”
Il cacciatore di taglie non fece nulla per fermare l’uomo che la prese con forza per il polso, spingendola sullo speeder, perché nella sua testa ormai non c’era altro che una furia cieca. Corse verso l’astronave di Kaspar più veloce che poté, spintonando tutte le altre donne, con l’unico pensiero di uccidere quello stregone maledetto e fargliela pagare per tutto, per gli elefantini di legno di Maul, per il dolore di Tarkin e per l’umiliazione di Zam. A qualsiasi costo, anche di farsi sparare. L’Organizzazione avrebbe dovuto trovarsi un altro Intercessore.
Con l’immagine di Zam che piangeva saltò nel portello, e l’attimo dopo si trovò bloccato da una decina di droidi e con delle manette ai polsi. “Cacciatore di taglie, feccia della galassia! Prevedibile come tuo solito!”

Per fortuna l’Intercessore si era addormentato prima che fosse costretto ad inserire la decima pallina nei suoi giochetti d’intrattenimento; aveva provato qualsiasi tecnica per distrarsi, non ultima quella di qualche esercizio da saltimbanco. Quell’Intercessore aveva spergiurato di fare a pezzi lui ed i suoi padroni, ma per fortuna non aveva le forze fisiche per farlo; poi l’Invocatrice era intervenuta, e dopo qualche ora il sonno aveva sconfitto tutti loro.
Mu non aveva orologi da polso o meridiane, ma sapeva che Auron ci stava mettendo troppo.
L’Invocatrice e l’Intercessore prima o poi avrebbero mangiato la foglia, si sarebbero resi conto che non erano gli unici a tentare la scalata alle Stanze della Memoria.
Certo, i membri dell’Organizzazione gli avevano garantito che tutto sarebbe andato bene, però…… però Auron ci stava mettendo più del solito. Troppo.
E più stringeva il suo rosario, più ripeteva le preghiere che lui e Shaka, il suo confratello più caro, avevano scritto in gioventù, più sentiva crescere l’inquietudine.
Padron Vexen aveva detto chiaramente che le Stanze della Memoria potevano riservare brutte sorprese.
Tre volte aveva sgranato le perle sacre, chiedendo consiglio agli dèi, e per tre volte aveva guardato verso la porta che era rimasta sprangata.
Chiedere non sarebbe costato nulla.
Non avendo voglia di avere un incontro ravvicinato del terzo tipo con padron Marluxia ( e se la scommessa continua così mi ci troverò davvero, glip! ), si teletrasportò direttamente nella stanza di padron Axel. Era un’emergenza, ne era sempre più sicuro.
“Padrone, mi scus……”
“MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO, FOTTUTO PRETE!” Mu si lanciò in mille scuse, perché se c’era un momento in cui padron Axel diventata intrattabile era quando mangiava. Raccolse in fretta il piatto di patatine fritte tra le mille imprecazioni del padrone. Ma, prima regola davanti a padron Axel e padron Vexen, non segnarsi. “Cosa vuoi? Che è successo?”
“Padron Axel, Auron ci sta mettendo troppo……”
“Già, al tuo posto pure io avrei paura. So della tua scommessa……”
Il sacerdote divenne porpora “No… non sia mai per quello… ma Auron tarda e lei sa che……”
Axel si rimise a mangiare, sporcando con le sue salse tutto il pavimento “Auron è in una situazione un po’ complicata, Mu. Non stiamo facendo nessuna modifica in quella stanza, ma Bocciolo di Rosa mi ha detto che non riguarda i ricordi, ma un futuro possibile. E sembra che l’Intercessore non abbia alcuna intenzione di uscire”. Lo disse naturalmente, poi terminò con un sonoro rutto.
“Ma padrone, allora che si fa?”
“Tu non farai nulla. La situazione è abbastanza delicata, e non escludo che qualcuno potrebbe anche rimetterci le penne. Ma in fondo possiamo correre qualche rischio, abbiamo il tuo Intercessore e la tua Invocatrice di scorta, anche più bonazza di quella lì”
Schioccò le dita ed il camino della stanza si accese. Ci si inginocchiò accanto e lasciò che le sue dita giocassero con la fiamma. Non aveva nulla da temere dal suo elemento. Solo piacere estatico, che appariva dal suo sorrisetto compiaciuto.
“Ora puoi andare. Dai una palpata all’Invocatrice Daala da parte mia! Ti daresti una svegliata!”
Mu nemmeno si segnò, nemmeno pensò al peccato della cosa. Uscì dalla stanza con il solo pensiero che Auron era in serio pericolo di vita. Certo, il piano sarebbe riuscito, l’Organizzazione avrebbe ottenuto l’Invocazione Suprema lo stesso, ma Auron? Con quale cuore sarebbe tornato da Mistobaan e gli altri, magari per aspettare ancora interi giorni prima che le porte della stanza si spalancassero perché i precedenti occupanti erano morti?
Strinse i grani del rosario fino a star male.
Poi un portale d’oscurità si aprì alle sue spalle “Io forse posso aiutarti, Mu. Mi servirebbe proprio una carta matta per…… movimentare un po’ questa partita così noiosa”.


Le elettromanette gli impedivano di compiere qualsiasi movimento; ad ogni tentativo di contorcere le braccia decine di scariche elettriche attraversavano i suoi muscoli, riducendolo alla totale impotenza. Ci erano voluti oltre dieci droidi per fermarlo, perché se avesse potuto avrebbe ucciso quel bastardo di Kaspar su due piedi. Lo fissò con odio, osservando il maledetto che si era adagiato su un triclinio nella sua lussuosa astronave e che lanciava sorrisi compiaciuti nella sua direzione.
“Piaciuto lo spettacolo? Ora sì che quella mutaforma è adorabile ……”

Narratore: adesso dovrebbe seguire una risata degno di un vero cattivo dei film di serie Z, ma ve la risparmieremo perché non siamo in un film di serie Z.
Registe: ci mancherebbe solo quello ……


“Ehi, Auron, io non ci sto capendo niente, però mi sa che è ora di pranzo. Quando usciamo da qui?”
Ash stava guardando Kaspar con una certa invidia, perché quello si stava facendo servire dei pasticcini.
“Sì, non hai torto. Beh, Intercessore, se ti sei divertito a sufficienza ora dobbiamo muoverci! Dobbiamo superare la Prova, qualsiasi essa sia” fece la loro guida, sistemandosi la spada sulle spalle ed alzandosi.
“Temo di non averne molta voglia!”
Il silenzio che ne seguì fu impressionante.
“Sto tanto bene qui. Sono imperatore, non ho nemici, niente preoccupazioni. L’Organizzazione venga a prendermi qui, se ne ha il coraggio”
“Spiacente, ma non possiamo restare qui a cincischiare”
“Perfetto, la cosa non mi preoccupa. Guardie, immobilizzateli tutti!”
Boba venne calpestato dai droidi da battaglia, che disarmarono il guerriero previo incantesimo di paralisi dei maghi, ed un droide distruttore fece a sottilette la sua spina dorsale rotolandogli sopra e puntando i blaster ai prigionieri. Le macchine ammanettarono tutti, compresa l’ameba di Kaspar che aveva un’espressione meravigliata ed afflitta, accatastando le loro armi nell’angolo più lontano dell’abitacolo.
Kaspar espose il sorriso sadicus che aveva imparato a copiare dall’Imperatore Palpatine: “Sarà bene che quel clone malfunzionante sia riportato nel manicomio dove stava; la sua mente non è stabile” disse, puntando il dito proprio verso di lui.
“Per me è la TUA di mente che non è stabile, Intercessore!”
“…… per quanto riguarda il mercenario ed il moccioso potete benissimo lanciarli fuori da questa astronave immediatamente!”
“EH?? EHI, KASPAR, NOI SIAMO TUOI AMICI!” Ash si dimenò come un’anguilla, guardando il mago con un’espressione di pura sorpresa. Soltanto un’idiota come lui avrebbe potuto anche solo concepire l’idea di poter avere una convivenza civile con Kaspar.
“Un Imperatore non ha bisogno di amici, ragazzino. Gli basta solo il POTERE!”
Mentre Kaspar sghignazzava, Ash si mise a piagnucolare.
“Kaspar, aspetta un attimo. Perché non ci rifletti un po’ sopra?” anche se legata, Zachar si era alzata in piedi. Il suo tono era più deciso di quanto Boba lo avesse mai sentito, ma riusciva a percepire delle tenere note di supplica “Ash e Auron sono miei amici e sono anche brave persone. Ti prego, risparmiali”.
Lo stregone la fissò come se la vedesse per la prima volta “Guardie, la ragazza invece potete portarla nel mio harem. Sarò anche sposato con la principessa di Hapes, ma questo non vuol dire che l’Imperatore non abbia diritto ad un po’ di …. divertissement personale, giusto?”
“COSA VUOI FARLE, BASTARDO?”
Il tono era quello di una persona che aveva perso la ragione, e Boba non si sarebbe mai messo davanti ad una massa di cento chili di muscoli come quella del mercenario se non fosse stato saldamente legato. Cosa che, al momento, era sfortunatamente vera. La loro guida provò a rialzarsi, trascinando con sé il droide distruttore che lo teneva incollato al pavimento dell’astronave. Anche così il suo tentativo di ribellione fu vano perché venne soppresso dagli incantesimi di due stregoni personali a guardia del nuovo Imperatore. L’unico occhio funzionante di Auron era rosso per la furia, e se avesse avuto ancora la sua spada a portata di mano Boba non avrebbe scommesso un centesimo bucato sull’incolumità della testa di Kaspar.
Nemmeno l’ameba sembrava felice di quella situazione. Strano, lei farebbe qualsiasi cosa Kaspar le dica ……
E appariva stupita della reazione eccessiva della loro guida.
Ma finché Kaspar si divertiva a passare i suoi occhi da Auron a Zachar, il cacciatore di taglie poggiò le ginocchia contro il proprio petto, cercando con tutte le forze di raggiungere uno dei coltelli o dei miniblaster che nascondeva sempre negli stivali. Si contorse, grato ad Auron di star distraendo così tanto l’attenzione di ogni guardia in quell’astronave.
I droidi avevano puntato le armi contro la loro guida, pronti a sparare. “Non ti intromettere nelle mie faccende, stupido mercenario. Zachar appartiene a me”.
Se provassi a dire una cosa del genere su Zam mi ritroverei gli arti in quattro sistemi solari diversi …… quell’ameba si merita un trattamento del genere!
Le sue dita scivolarono contro lo stivale, e si trattenne dall’imprecare. I droidi erano stati davvero efficienti, perché gli avevano sottratto anche la più piccola delle sue vibrolame.
“Come ti permetti di fare una cosa del genere alla TUA ragazza?”
La loro guida era assolutamente fuori controllo. Chissà perché se la prendeva così tanto per quell’ameba …?
Divertissement, eh?…… Vediamo come trovi divertissement un mio cazzotto sulla mandibola, Intercessore di merda uscito da un bozzolo ancora più di merda!” Più Auron cercava di dimenarsi e più tutti i droidi ed i maghi gli erano addosso. Boba rimase immobile quando qualcosa iniziò ad armeggiare intorno ai suoi polsi.
“Ottimo lavoro, Pikachu!”.
Ash, al suo fianco, aveva i polsi già liberi e con quelli cercava di slegarsi, non visto, le caviglie. Appena il Pokémon finì il suo lavoro Boba rotolò davanti al ragazzo, dandogli tutto il tempo per guadagnare movimento. Ormai Kaspar aveva gli occhi puntati solo su quella pazza guida e su Zachar, che era esplosa in lacrime.
“Cosa credi di essere, schifoso soldato, per dire all’Imperatore come trattare le sue cose”
“Beh, certo, l’Imperatore dei cretini……”
“Sono libero, Boba”
“Bella cosa, ma io sono disarmato”
“Io no. Io uso un po’ di tattica ribelle, tu prendi un’arma”
“Tu armato? Ash, resta al tuo posto e non metterti tra i piedi!”
“No, pure io voglio salvare Zachar, è mia amica!”
“Stai fermo e…”

“ALL’ATTACCO!”
Nel circolo di droidi in mezzo a cui c’era Auron delle Sfere Poké furono lanciate a velocità iperfotonica, ed una colpì Kaspar esattamente sul naso “Charmender, Squirtle, Bulbasaur, Pidgeotto! Forza, ragazzi, diamo a Kaspar una bella lezione!” La stupidità permise ad Ash di prendere a calci un mago e di correre a liberare Zachar, mentre il Pistolacqua di Squirtle dava a Kaspar una sonora lavata di capo “Fermateli, miei ……!” fu l’unica frase che riuscì a pronunciare prima che le liane di Bulbasaur gli si stringessero intorno al collo.
Boba aveva approfittato della distrazione per sottrarre un blaster ad un droide e colpirne altri, mentre Auron si era lanciato di peso su Zachar per metterla al riparo dalla confusione.
“Charmender, liberali!” Ash fece lo sgambetto ad uno stregone e portò ad Auron, ormai con i polsi slegati, la sua spada.
Kaspar fece saettare dalle dita dei fulmini, che vennero intercettati da Pikachu e furono riversati sul quadro comandi. Boba aprì il portello “Buttiamo fuori i droidi!”
Stiamo per essere salvati …… da Ash? Se lo raccontassi a Maul e Tarkin non mi crederebbero mai!
Pidgeotto non se lo fece ripetere e con un attacco Raffica tutte le macchine sull’astronave mandarono dei sinistri clangori man mano che cadevano giù per il grattacielo “E adesso via questi buffoni in tunica!”.
Erano ad un metro da un tetto ed il cacciatore di taglie spinse un paio di stregoni con tutta la forza che aveva in corpo, per poi spezzare i loro bastoni e buttarli verso il fondo; la piccola astronave sobbalzava e faticò a mantenere l’equilibrio mentre disarmava l’ennesimo mago. Un colpo di blaster dopo l’altro e mise fuori gioco un paio di droidi distruttori che stavano per ridurre il piccolo allenatore di Pokémon ad un simpatico mucchietto di cenere, e si scansò appena in tempo per permettere al Pistolacqua di Squirtle di spegnere l’incendio che si era appiccato troppo vicino al quadro comandi. Poi avvertì un enorme dolore al polso destro e perse la presa sul blaster, ed un’altra fitta partì da un ginocchio che non resse il suo peso e cadde.
Poco lontano da lui Kaspar si era rialzato, e dalle sue dita partivano diversi raggi che stavano convergendo proprio verso di lui; uno lo colpì al petto ed uno alla gamba, ed il potere dell’incantesimo lo sospinse all’indietro, proprio verso il portellone ancora aperto.
Il mago era furibondo, e con una sfera infuocata carbonizzò le liane che il Bulbasaur di Ash stava mandando in suo soccorso. “Salutami il terreno di Coruscant, governatore Fett!”.
Il terzo colpo fu più potente, e Boba si trovò con entrambe le gambe nel vuoto e la mano destra quasi inservibile per il dolore.
Le dita di Boba iniziarono a perdere la presa.
Poi lo sguardo furioso di Kaspar si spense di colpo: alle sue spalle Zachar aveva preso un blaster e l’aveva colpito in testa con un calcio. “Trovati un altro divertissement”.

“Tutto bene, Zachar?”
Boba tirò un respiro di sollievo quando Ash lo aiutò a rientrare sull’astronave. Senza preoccuparsi delle sue ferite il cacciatore di taglie si avvicinò a Kaspar, ancora svenuto, e gli mise le stesse elettromanette con cui era stato immobilizzato fino a poco tempo prima. I droidi presenti sul velivolo erano ridotti a cumuli di rottami e tutti gli stregoni presenti avevano fatto un lungo volo senza ritorno alla ricerca del leggendario terreno di Coruscant.
Quell’Auron serrava con una mano la sua lama, e con l’altra stava sorreggendo Zachar. Sul viso di lei c’era un’espressione di puro panico, anche se continuava a tranquillizzare la guida dicendo di stare benissimo.
Zachar che si ribella a Kaspar e Ash che ci salva?
Il prossimo passo è di sicuro Saruman che improvvisa una lap dance ……

La ragazza dovette fare appello a tutte le sue forze per non tremare. Continuò a non degnarlo nemmeno del suo saluto, ma si avvicinò ad Ash e gli regalò un sorriso: “Grazie, sei stato molto coraggioso”.
Il ragazzino sorrise, con il naso incollato al finestrino; Boba approfittò del momento di calma per occupare il posto del pilota, cercando di far decollare l’astronave ed allontanarsi dalla regione dei bassifondi. Con tutto il trambusto che avevano combinato erano scesi di una ventina di piani ed il sole era quasi del tutto scomparso da sopra le loro teste. Si erano avvicinati troppo alle fondamenta di Coruscant, e con un’astronave così ricca e decorata sarebbero stati delle prede attendibili per tutti gli abitanti dei bassifondi.
“Non c’è di che Zachar” fece Ash, con gli occhi puntati verso il grattacielo più vicino “Però mi sa che abbiamo un problemino…”
Scintillanti nelle ultime luci del tramonto, fecero la loro comparsa circa venti astronavi più piccole e aerodinamiche della loro; avevano le fusoliere argentate, e tutte portavano l’emblema di una grande K d’oro dipinto su entrambe le fiancate. Una di esse, probabilmente quella deputata al comando, aveva persino una statuetta dorata di Kaspar sul tetto che riusciva ad irradiare una luce ancora più fastidiosa di quelle che già sfolgoravano nel loro campo visivo. Le astronavi si affiancarono, scivolando leggere attorno alla loro imbarcazione, forzandoli lentamente a risalire ma privandoli di qualsiasi spazio per compiere manovre.
Il comlink interno vibrò e Boba si sintonizzò sulla frequenza “Polizia di Coruscant, ridateci l’Imperatore o facciamo fuoco. Ripetiamo, ridateci l’Imperatore o faremo fuoco
I quattro, Pokémon compresi, si guardarono con puro dubbio.
“Non sarebbe meglio se……”
“No”. Boba premette un paio di pulsanti e portò un microfono alla bocca “Se non vi allontanate dal cazzo l’unico modo in cui riavrete il vostro fottuto Imperatore è in pezzetti più piccoli delle monetine da un centesimo!”

Rimasero in quella situazione di stallo per oltre tre ore.
Di sicuro quei soldati erano illusioni create dall’Ego stratosferico di Kaspar, perciò avevano come unica e massima priorità la difesa del loro signore; allo stesso tempo erano tenaci, leali fino alla morte ed inflessibili, e questo terribile binomio teneva in stallo la situazione. E, come notò il cacciatore di taglie, le energie della loro astronave non erano infinite.
Lo stregone era ancora immobile, mentre Zachar intesseva intorno alla sua testa un incantesimo di Sonno; l’espressione della ragazza era più che mai indecifrabile, ma di certo Boba non aveva alcun interesse nelle tragedie di cuore dell’ameba di Kaspar.
In quel mondo non poteva contare su nessuno: quell’Auron era una persona abbastanza affidabile, ma non aveva idea di come pilotare una nave e non riusciva nemmeno a concepire l’idea di un mondo ricoperto unicamente da palazzi. Ash non era cerebralmente in grado di elaborare un piano di senso compiuto e la maga non gli avrebbe mai rivolto la parola.
Perciò si limitò a studiare le mappe olografiche nel database della loro nave.
Cercò di ricordare quali fossero i percorsi più agibili della regione che stavano sorvolando; vi era stato più volte, ed aveva usato i nascondigli di quei luoghi infimi per tendere più di un agguato a qualche altro cacciatore di taglie rivale. Non poteva conoscere a memoria tutti i vicoli, ma consultando la mappa olografica riuscì a progettare una via di fuga.
Per seminare quelle guardie avrebbero dovuto andare a piedi.
Lì avrebbero potuto persino giocare d’astuzia.
Auron approvò il suo piano, ed il governatore Fett fece scendere con deliberata lentezza la navetta, lasciando che i caccia intorno ronzassero come tante mosche, indecisi sulla formazione di volo più appropriata. Si lanciò per primo ed atterrò su dei sacchi dell’immondizia, in tempo per ricevere un Kaspar svenuto ed abbandonarlo con i suoi simili ( i sacchi dell’immondizia ).
Gli altri scesero rapidamente, ed Auron non seppe trattenere una smorfia “Questo posto è …… disgustoso ……”
“Benvenuto nei bassifondi di Coruscant, Auron!”.
Poteva capire come si sentisse quell’uomo, che da quanto aveva compreso veniva un mondo assolutamente primitivo. Lì sotto l’unica luce accettabile era quella delle insegne di qualche locale dalle attività oscene ed il fioco bagliore delle luci degli appartamenti centinaia di metri più in alto. Ovunque potesse girare lo sguardo c’erano solo tonnellate di rifiuti, speeder truccati ed animali sicuramente frutto di qualche mutazione genetica.
Boba attese che Ash avesse raccolto accanto a lui tutti i suoi Pokémon, poi lanciò una granata recuperata da uno dei droidi di servizio e lasciò che l’astronave andasse in mille pezzi proprio sotto lo sguardo delle navette di sentinella che non li avevano mai abbandonati.
“Questo li manderà abbastanza in crisi!”.
Spinse Kaspar sulle spalle della loro guida ed iniziò a correre, cercando di ricordare i percorsi che aveva elaborato diversi anni prima, nella vera Coruscant e non in quella dannatissima proiezione; non poteva sapere quanto il Castello dell’Oblio potesse essere fedele alla realtà e non aveva intenzione di scoprirlo in quel frangente. Non ascoltò Auron, che bofonchiava sull’importanza di trovare la Prova, ma continuò a scrutare tra le ombre per ricercare le strade che desiderava; riconobbe alcune sezioni, e trascinò il gruppo attraverso alcuni camminamenti interni ai palazzi che nessuna guardia imperiale avrebbe potuto conoscere.
Guardò gli altri: “State alla larga dalla gente di qui. Saranno anche illusioni, ma non voglio correre rischi”.
Boba non aveva mai celato il disgusto per la gente che viveva nei bassifondi: esseri di varie razze senza altro scopo che rubare, drogarsi o ubriacarsi, che avrebbero venduto le loro madri per due bottiglie di birra dei nani. Quel Castello doveva essere davvero formidabile, perché persino la puzza di quella zona malfamata era presente, impregnando anche i loro abiti.
Per farsi coraggio cercò di pensare a Zam, quella vera: la donna furiosa che gli aveva fatto girare la testa e che lui aveva umiliato a causa della sua gelosia. La visione di diverse ore prima lo aveva turbato.
Anche se per pochi secondi, era riuscito ad ottenere un suo bacio.
Si era dimenticato di quanto fosse diverso da quello di ogni altra donna.
“MANI IN ALTO!”.
Il governatore Fett maledì la propria distrazione. Estrasse il blaster dalla fondina e corse verso il pilastro più vicino, mentre Auron gettò con foga Kaspar per terra ed estrasse la spada in posizione di guardia. “State lontani e nessuno si farà troppo male!”
La poca luce non era di grande aiuto, ma non impedì loro di capire che erano circondati. Potevano sentire decine di persone attorno a loro, osservarli persino dai piani più alti; brusii e risate ovunque, e gente che si muoveva con una discreta agilità tra i rifiuti e le rovine degli edifici.
Se altro, non erano imperiali “Consegnateci l’Imperatore e faremo finta di non avervi visto!”
Chiunque fossero, Boba glielo avrebbe ridato volentieri e con un fiocco intorno al collo ma, se voleva riportare le chiappe a casa, il mago gli serviva tutto intero. Delle sfere infuocate comparvero e oscillarono sulle loro teste: dalle ombre uscì una figura assai familiare, un Ribelle, che però Boba non…
“Nevius!”
L’ameba si era svegliata dal suo torpore ed aveva acceso una Palla di Fuoco. Ma l’esperienza aveva insegnato a Boba che era raro trovare i Ribelli in gruppi inferiori alla decina, ed infatti dagli angoli, dal tombino, da delle lenzuola calate iniziarono ad uscire vari Ribelli infervorati. Fasulli, senza alcun dubbio, a giudicare dalle facce truci di gente come Aragorn o Gandalf; ma pur sempre Ribelli, e quindi mai da sottovalutare quando ci si trovava, come loro, in palese svantaggio numerico “Li conoscete?” fu l’unico commento della guida.
“Sì, e se non mi sbaglio ci troveremo nei guai fino al collo”
“Se si avvicinano all’Invocatrice…”
“Si avvicineranno, mi dispiace. È la loro forza del numero”.
Ma perché questa massa di muscoli si preoccupa solo di Zachar? Mi sembra l’unica in grado di cavarsela da sola qui dentro!
Il Ribelle che era emerso dal gruppo indossava la stessa divisa viola di Zachar e Kaspar, e Boba ricordò che, dei Quattro Malvagi del Regno delle Tenebre, uno era passato all’Alleanza abbandonando i suoi compagni: doveva essere proprio quel Nevius che avevano davanti agli occhi, con una folta cascata di capelli castani ed un’espressione spavalda dipinta sul viso. I suoi occhi erano fissi sullo stregone addormentato; protetto dalla forza del numero dei suoi compagni fece svariati passi nella sua direzione, ma Zachar gli si parò davanti, con le mani piene del potere azzurro dei suoi incantesimi.
Quello si arrestò davanti a lei, piantandole gli occhi addosso come se si fosse accorto della sua presenza solo in quell’attimo: “Zachar, dove c’è Kaspar ci sei anche tu al guinzaglio, vero?”
Auron gli si mise davanti come una quercia e puntandogli la spada “Per quanto muoia dalla voglia di lasciarvi Kaspar, adesso serve a noi. Vivo. Quindi smammate”.
Il sesto senso di Boba gli diceva che non se ne sarebbero andati così facilmente; erano in almeno un centinaio contro loro quattro, Ash compreso.
L’unica risposta di quel Nevius fu una risata ed un “Levati, soldatino!”.
Le dita del mago saettarono, colmando lo spazio intorno a loro di energia verde che il governatore Fett percepì risuonare nella testa come mille campane attivate nella sua scatola cranica; il flusso si accumulò nella mano del mago dell’Alleanza e si diresse contro Auron e la sua spada, circondandosi di strie biancastre e di strali nere, e sentì Ash stringersi ai suoi abiti mentre il colpo partiva.
“La mia spada è stata incantata dai saggi e potenti Membri dell’Organizzazione. Resiste alle magie reali, figuriamoci a quelle di un pupazzo come te!”.
Boba, rassicurato, sollevò lo sguardo e in un attimo accadde tutto. La lama di Auron ancora intrisa di colore verde, lo scatto, il fendente ed il secondo successivo la testa di Nevius rotolò per terra.
Boba scrutò la reazione dei Ribelli. Qualche anno fa, durante uno dei loro soliti commandi alla Morte Nera, un piccolo pilota dell’Alleanza era rimasto ferito alla gamba da dei Droidi Distruttori, ed in quel momento i Ribelli avevano sciamato con ancora più forza, atomizzando il droide con la forza del numero e stringendosi come chiocce intorno al soldatino. Non aveva idea di come potessero reagire quei Ribelli, ma come minimo li avrebbero calpestati nella fuga.
Fu quindi colpito nel vedere che i nemici erano immobili e silenziosi, con gli occhi puntati solo sul cadavere di Nevius.
Il perché lo capì con amarezza: il cadavere del mago sembrò ribollire, diventò incandescente e dopo una manciata di secondi ritornò intero come prima, vivo e vegeto “Dopo questa interruzione non ho voglia di lasciarvi vivi. Tanto prenderemmo Kaspar comunque!”. Già, le illusioni delle Stanze non possono morire. Noi invece sì, eccome!
“SCORDATEVELO!”.
Zachar sembrava aver ritrovato tutta la sua vitalità: le guance avevano ripreso colore, e gli occhi verdi brillavano come poche volte in vita sua; si lanciò contro la confusa accozzaglia di illusioni e rivolse contro di loro una gigantesca Catena di Fulmini, sfruttando i residui metallici nel terreno e lasciando carbonizzati sei dei loro avversari. Ma, come Nevius, i soldati si rialzarono dopo pochi secondi.
“La folle mente di Kaspar ha inventato queste schifezze?”
“No, cacciatore di taglie”, e l’espressione della guida non gli piacque per niente “Ho il vago sospetto che siano legati alla Prova. Ma non chiedermi in che modo”
Per Boba la Prova aveva perso qualsiasi interesse. Prese Kaspar sulle spalle, valido anche come scudo umano nella fuga, e spinse tutti loro in una strada, colpendo un paio di Ribelli con il blaster per spianare il passaggio; mentre la loro guida metteva l’ameba al riparo lui osservò impotente i due soldati nemici appena abbattuti che si tiravano su, come se fossero stati colpiti al massimo da un cazzotto. Come tipico dei Ribelli, i loro nemici sciamarono: da ogni piccola porta laterale sbucavano membri dell’Alleanza, per un attimo vide anche il Maestro Windu salutarlo da una finestra ormai in frantumi.
Pur conoscendo quel settore, non ricordava nemmeno la metà delle strade che stavano attraversando, con il cuore in gola e con Kaspar a mo’ di sacco di cemento. Ogni volta che i Ribelli si avvicinavano troppo, Zachar li scacciava o li abbatteva con la sua magia, salvo poi rivederli mettersi in piedi e continuare ad inseguirli.
Ash era in testa, e nel darsela a gambe inciampò. Non sarebbe stato grave se non avesse coinvolto a catena anche gli altri tre, infatti Boba ebbe un incontro ravvicinato con il suolo di Coruscant; quando convinse la guida a levare il suo stivaletto dal naso, alzò lo sguardo e capì il perché del silenzio inquietante che si era formato.
“Vorrà dire che prenderemo l’Imperatore e voi. Oppure prenderemo l’Imperatore e vi lasceremo qui, incollati al pavimento”.
Quel Nevius stava torreggiando sopra di loro, e tutto intorno a lui l’aria congelò.
Ash stava per protestare quando il mago, con un gesto, avvolse il loro gruppo da brina e fiocchi di ghiaccio, che salivano verso l’alto sino a creare diversi blocchi appuntiti di ghiaccio. Proprio come quello che avevano sopra la testa…
Prima che Auron si gettasse sull’Invocatrice per proteggerla, i cristalli di ghiaccio diretti verso di loro si infransero contro una parete sottile, fatta di acqua e gelo allo stesso tempo.
“CRYSTALL WALL!”.


Il governatore Fett non aveva ben chiaro cosa fosse successo: l’attimo prima erano inciampati, e stavano contemplando un’enorme stalattite di ghiaccio puntata proprio contro le loro teste. L’attimo successivo era comparso davanti a loro l’anello mancante tra l’uomo e la lattina, un ragazzo da capelli viola che aveva sollevato le braccia e mandato i frammenti di ghiaccio di Nevius a dissolversi contro la sua barriera incantata.
“MU? COSA DIAMINE CI FAI QUI?”.
Auron lo conosce. Ma dalla sua faccia credo ci sia qualcosa che non vada ……
Il nuovo arrivato non gli rispose: un braccio rimase teso in direzione di Nevius, mantenendo salda la barriera che li proteggeva. L’altro si mosse, circondandosi di energia; diverse spirali di luce si formarono intorno alle sue dita: poi il palmo si aprì e ne scaturì una cascata di stelle, una raffica di proiettili splendenti che abbatté più di venti Ribelli “STARDUST …… REVOLUTION!”.
Non aveva mai visto un incantesimo simile: era come osservare da vicino una piccola galassia, un globo di luce circondato da oscurità che liberava tutto il suo potere in un colpo solo, ed ebbe l’accortezza di coprirsi gli occhi per non rimanere accecato. L’attacco dell’uomo-lattina aveva creato un varco tra le fila dei loro nemici a destra, ed Ash si lanciò in quel buco superando tutto e tutti, Pikachu alle calcagna; gli altri gli furono dietro in un baleno, con il loro soccorritore ed Auron che chiudevano la fila.
“Mu, non dovresti stare qui! Hai la tua missione!”
“Ma Auron… come potevo lasciarti in pericolo?”
“E come sapevi che ero in pericolo, se sono indiscreto?”
“Non uscivi più e…”
“Ah, ti sei cagato sotto all’idea di perdere la scommessa, eh?”
“Auron, sei crudele, io…”
“Spiacente di interrompervi” Boba si mise in mezzo “Ma adesso avremmo tutti un altro problemino… quelli lì non si mettono di certo a fare salotto!”.
In effetti tutti i Ribelli caduti erano di nuovo vivi senza nemmeno un graffio, e tutti quelli che sapevano usare la magia avevano gli incantesimi pronti per essere lanciati. “Voi iniziate a correre, io e Mu vi copriamo”.
Pur di levarsi da quella pessima situazione Boba accettò di caricarsi di nuovo Kaspar sulle spalle, prendere per mano la sua ameba e correre con Ash verso destinazione ignota, persino nel bagno dei membri dell’Organizzazione ma non tra le grinfie dell’Alleanza. Quando si voltò vide che lo spadone di Auron respingeva senza sosta vari incantesimi, aiutato dal muro magico del nuovo venuto che, grazie al cielo, era dalla loro parte.

Per fortuna i maghi Ribelli non erano così eccezionali. L’Ego di Kaspar li aveva elaborati abbastanza stupidi e prevedibili, e per una volta Auron apprezzò lo stregone. Il suo spadone, incantato da padron Vexen in persona, poteva tenere testa agli incantesimi di medio e talvolta alto calibro. “Mu, hai idea di come si infurieranno i membri dell’Organizzazione?”
Il suo compagno allontanò diversi nemici con il Crystal Wall “Auron, sai che io non disobbedirei mai ad un membro dell’Organizzazione!”
Eppure il dannato problema permaneva: potevano anche abbatterli e ferirli, ma tutti quelli che andavano giù poi si ritiravano su. E non avevano tempo per impedire il processo, perché nel frattempo i Ribelli superstiti li assediavano da tutte le parti; la soluzione migliore sarebbe stata farli fuori tutti in un colpo solo, cosa praticamente impossibile… “E comunque, caro il mio mercenario ritardatario, ho un regolare permesso!”
“Ah, sì? E quale?”
“Beh…” si capiva chiaramente quando Mu stava per dire qualche cattiveria, perché diventava più rosso dei capelli di padron Axel “… quello che conta meno degli altri…”
“Padrona Larxen ti ha permesso di venire qui?”.
Come diceva padron Vexen, che era il più saggio ed il più potente dei membri dell’Organizzazione, se padrona Larxen decideva di fare qualcosa, era certamente qualcosa di sbagliato (nel migliore dei casi) o estremamente pericoloso (nella norma).
“Ma hai avvisato comunque padron Vexen?”
“No, Auron…… io volevo aiutarti e……”
“Beh, allora dovrò aiutarti anch’io!”. In quel momento l’Invocatrice e l’Intercessore di Mu erano chissà dove, magari stavano gironzolando nel Castello mettendo il naso dove non dovevano e la colpa sarebbe stata del suo amico “Mi hai aiutato fin troppo, Mu. Ora devi pensare all’Invocazione Suprema!”
“Sei nei guai, amico. Fatti almeno accompagnare all’uscita!”
Auron avrebbe voluto mandare a quel paese quel sacerdote testardo. Ma Mu aveva ragione, erano davvero nei guai, e per quanto la sua lama potesse deflettere i loro incantesimi e il Crystal Wall potesse dissolverli, non avevano molte possibilità contro un tale numero. Ad un tratto i Ribelli si riunirono: abbandonando qualsiasi tipo di incantesimo, corsero come un solo uomo contro di loro, attraversando le loro difese. Il mercenario si ritrovò scaraventato a mezz’aria, e di traverso vide il suo amico calpestato come uno zerbino dalla folla; provò a mettersi in piedi per raggiungere di nuovo l’Invocatrice, ma si era nemmeno rialzato sulle ginocchia che una seconda ondata di avversari si abbatté su di lui.

A dispetto di quello che aveva pensato, l’ameba impuntò i piedi “Lasciami, abbiamo abbandonato Auron indietro!”
“In caso non te ne sia accorta, oca, il tuo caro Auron ci sta parando il culo!”
Boba aveva ben motivo di preoccuparsi: non ci voleva l’orecchio allenato di un cacciatore di taglie per riconoscere il rumore di decine di Ribelli in carica selvaggia. Ash stava raccogliendo in fretta e furia le sue Pokéball che nella corsa erano rotolate in un tombino.
Come al solito, dopo il rumore di stivali sull’asfalto vennero le urla, e dopo le urla il polverone che mozzava il fiato ai nemici; la guida ed il suo nuovo amico non avevano fatto molta strada, ed erano due paia di braccia in meno sottratte alla loro difesa.
Zachar creò uno scudo contro gli incantesimi, ma persino Boba si accorse che non era molto più di un sottile strato di acqua colorata “Gli incantesimi di difesa non sono il mio forte… “ ammise la ragazza.
Certo, dall’allieva del mocho non si potrei aspettarmi molto. Ma, detesto ammetterlo, l’unica che può difenderci qui dentro è lei!
“Attacca con tutto quello che hai!”
Ai loro lati uscirono Bulbasaur e Charmender: il primo avvolse Nevius con delle liane, mentre il secondo gli diede fuoco; chi l’avrebbe mai detto che Ash si sarebbe rivelato più utile di Kaspar durante un combattimento?
“Squirtle, adesso bagnali tutti!”
La piccola tartaruga sparò un getto d’acqua da far invidia a Saruman. Boba, che aveva già individuato la combo in atto, costrinse Zachar a buttarsi a terra “Pikachu, Elettroshock!”
L’intera prima linea degli aggressori venne eliminata come con un esercito di birilli, poi Boba prese un paio di detonatori termici che aveva recuperato sull’astronave e li lanciò nel mucchio.
Ci furono due violente esplosioni che coinvolsero anche un edificio: ma persino i brandelli insanguinati dei loro nemici si riformavano in fretta, dando costantemente vita a nuove illusioni.
L’ameba stava combattendo, e non poco. Più ne abbattevano e meglio era…
“Ash!” fece lei “Puoi prestarmi Pidgeotto? Forse ho un’idea!”
Tra le dita apparvero numerose sfere di fuoco. Invece di ingrandirsi lei le lasciava fluttuare in aria, e continuava a produrne altre. Sembrava potesse incendiare l’aria intera. Poi diede vita a piccoli globi elettrici e di ghiaccio, accumulandoli sopra e davanti a lei, incurante dell’assalto dei Ribelli.
Boba non sapeva cosa stesse facendo, ma doveva per forza proteggerla; purtroppo i detonatori termici erano esauriti, e le munizioni del blaster erano quasi agli sgoccioli. E l’arma bianca contro una mandria dei Ribelli era del tutto inutile.
Lei alzò il braccio e tutte le sfere create vi si radunarono intorno, seguendo una spirale ben precisa che terminava nel suo palmo. “Vai, Pidgeotto, scelgo te! Fai il più grande attacco Raffica che puoi!”
Il Pokémon si alzò in volo dietro di lei e sbatté le ali, portando le sfere verso i nemici.
Ma Zachar non aveva finito l’incantesimo: serrò le dita e le sfere si ingrandirono, prendendo velocità nel processo e diventando quasi come la coda di una cometa che si scagliava sui loro nemici. Sui Ribelli si abbatté una pioggia incessante di meteore, cristalli di ghiaccio e sfere di fulmini, adesso abbastanza grandi da essere mortali. Sotto il vento creato da Pidgeotto, l’enorme incantesimo scaraventò lontano tanti di loro, a qualcuno dando fuoco e a qualcun altro lasciandolo privo di sensi. “Bene!” fece Boba. Altri tre o quattro di questi incantesimi e avrebbero potuto anche vincere. Corse verso uno dei cadaveri nemici e provò a colpirli ripetutamente col coltello, ma niente da fare: restavano qualche minuto a terra ma poi si riformavano, sia privi di testa sia ridotti a cenere o brandelli.
I pochi Ribelli superstiti da quel massiccio attacco si avventarono contro di loro: incuranti dei morti, delle ferite o della fatica continuavano ad avanzare.
Boba imprecò qualcosa tra i denti.
Poi qualcosa spense le pochi luci che ancora si intravedevano dal basso; il cielo sembrò spegnersi del tutto, ed il cacciatore di taglie sentì il gelo calargli nelle ossa, la terribile sensazione di qualcosa di oscuro e fuori dalla sua comprensione stesse per arrivare. L’enorme ombra calò su di loro, assorbendo la luce delle insegne e dei tabelloni pubblicitari; la cosa più simile ad un buco nero.
Il suo sesto senso di cacciatore di taglie lo salvò da morte certa, perché quando sentì il grido “ULTIMA!” alle sue spalle si buttò per terra. Evitò in un soffio una grande sfera che brillava di una luce nera, come se potesse assorbire la vita stessa; era enorme e prorompente, sentì l’energia crepitare sopra di lui quando essa si mosse verso i Ribelli. Impattò su di loro come un fiume in piena, riempiendo di Nulla quelle strade, come se un buco nero si fosse aperto davanti ai suoi occhi. Al suo confronto, anche l’attacco di Zachar sembrava insignificante. Boba si girò, aspettandosi qualche altro aiutante dell’Organizzazione pronto a dargli una mano, ma l’unico che trovò fu Kaspar.
Il mago aveva ancora le braccia distese in avanti quando cadde per la stanchezza, consumato dal potere dell’incantesimo, con ancora gli ultimi sprazzi di magia crepitanti tra le dita.
“KASPAR!” urlò la ragazza, per un attimo dimentica di tutto quello che quel bastardo le aveva fatto; corse verso di lui, cercando di richiamare con le sue mani qualsiasi incantesimo di guarigione riuscisse a ricordare. Il mocho doveva aver usato una magia terribile, perché Boba continuava a sentir l’aria crepitare tutt’intorno a lui, satura del potere distruttivo appena lanciato.
“Zachar! Guarda lì!”
Ad un cenno di Ash tutti si voltarono verso i Ribelli. Erano distesi a terra come decine di birilli, non ne restava in piedi nemmeno uno, nemmeno stregoni come Nevius e Lavok o giganti come Teal’C.
“Stanno brillando!”
Tutti quei corpi stavano dissolvendosi, emanando una luce quasi rosa. La luce attraversava tutta la strada, dava un’altra prospettiva dei bassifondi. Le scintille, il turbine di magia, la prorompente energia della Prova che avevano imparato a conoscere era di nuovo in azione. Arrivò tra le mani di Zachar, ancora in ginocchio accanto al suo uomo, e l’attimo dopo erano fuori da quella Stanza.

Non riuscì a definire quanto tempo fosse passato da quell’ultima esplosione di luce bianca. Si rimise in piedi con un certo sforzo, osservando il freddo e monocromo pavimento del Castello dell’Oblio ondeggiare sotto i suoi stivali in una stanza identica a quella dove l’aveva portato quello strano ragazzo con il ciuffo argentato poco tempo prima. Il ragazzino era il più vispo di tutti, lì dentro, mentre Auron stava ridestando l’ameba dal sonno; l’unica nota positiva era che quel maledetto mocho era ancora privo di sensi.
Il loro salvatore in scatola era sparito.
“Stavolta ce la siamo vista davvero brutta. Chi l’avrebbe mai detto che per superare la prova avremmo dovuto abbattere contemporaneamente tutti quei falsi Ribelli?” fece, stiracchiandosi “Ho temuto per un attimo che saremmo rimasti a vita in quella stanza”.
“I membri dell’Organizzazione sono saggi e potenti. Ci avrebbero liberato comunque!” la guida si avvicinò a Zachar e la aiutò a rialzarsi. Anche se traballante, la ragazza si sforzò a camminare da sola “Kaspar ci ha…”
“CI HA MESSI IN UN MARE DI MERDA” rispose Boba, vedendo trascorrere davanti ai suoi occhi le immagini delle persone a lui care ridotte in uno stato disumano dentro quella Stanza folle. Gli occhi di Zachar vagavano dai suoi compagni di viaggio al suo Kaspar. “Ci ha salvati……”
“Continui a stare appiccicata a quel mocho? Dopo quello che ti ha detto?”
“Io…”
Doveva avere colto nel segno.
Boba sollevò Kaspar per il bavero e nessuno riuscì ( o ebbe voglia ) di fermare il suo pugno: “QUESTO E’ PER ZAM! QUESTO E’ PER TARKIN, E QUESTO E’ PER MAUL”.
Lo stregone era ancora svenuto, e a ogni colpo la sua testa rimbalzava all’indietro; Auron teneva Zachar per il braccio.
“Secondo me non gliene hai dati abbastanza…” di sangue dal naso già iniziava ad uscirne. “D’accordo, a me fa solo che piacere…… QUESTO E’ PER ME! QUESTO PER LA TUA RAGAZZA! QUESTO PER ASH! E PURE UNO DA PARTE DELLA GUIDA!”
“Ma Kaspar non…” sussurrò Zachar senza successo.
“E mi sembra che non ne ha avuti abbastanza, ancora non gli ho spaccato tutto lo zigomo!” sentì tutta la rabbia accumulata non solo nel corso di quell’avventura, ma anche di tutte le volte in cui lui ed i suoi amici avevano dovuto difendersi a caro prezzo dagli intrighi di quel mago. “QUESTO E’ PER PIKACHU!” Ash era tutto contento “QUESTO PER SQUIRTLE! QUESTO PER CHARMENDER! QUESTO PER BULBASAUR! E L’ULTIMO E’ DA PARTE DI PIDGEOTTO! Manca qualcuno?”
“Forse il mio amico Mu, ma lui non…”
“Non fa niente!” l’ultimo cazzotto glielo diede nello stomaco, poi lo abbandonò per terra. “A proposito, dov’è l’uomo-lattina?”.

Auron non aveva bisogno di trattenere Zachar, adesso. Non era corsa da Kaspar, stava solo piangendo debolmente; dopo quello che le aveva fatto, quello stregone se l’era proprio cercata. Una ragazza così buona e gentile e lui l’aveva trattata nel peggiore dei modi.
Non aveva sentito, in quella Stanza, né il gelo di padron Vexen né la sensazione che altri membri dell’Organizzazione stessero modificando gli avvenimenti: tutto era avvenuto a causa del parto della fredda e calcolatrice mente di Kaspar, e l’intera vicenda non aveva necessitato di alcun intervento da parte dei suoi signori.
L’unica malvagità, in quei momenti, era originata dal cuore dell’Intercessore. La frattura tra i due era inevitabile.
Ancora una stanza e l’Invocazione Suprema sarebbe stata completata.
I membri dell’Organizzazione avrebbero trionfato.
Non c’era nulla che desiderasse più che completare quella missione “Mu è tornato indietro. Ha ancora qualche lavoretto da sbrigare”.
  
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