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Autore: Beads and Flowers    10/02/2012    0 recensioni
'Juliette Gater, di anni ventinove, tre mesi e dodici giorni, con i capelli color topo e gli occhi verdi come le foglie marce degli spinaci, coperti da un paio di occhiali rossi, stava portando dal veterinario un piccione trovato sul marciapiede, con una gabbietta per gatti sottratta senza tanti complimenti al negozio di animali più vicino. E la domanda era sempre una. Perché?'
Non perdetevi questa storia, se siete amanti dei piccioni o volete far pace con questi strani animali. Non perdetela se siete amanti del grigio, se amate l' uncinetto e le cartoline, se volete svegliarvi per fissare per qualche secondo le pareti della vostra stanza, nel disperato tentativo di convincervi a comprare i croissant alla crema di una vecchia boulangerie ancora inesplorata.
O, semplicemente, se volete svegliarvi per lamentarvi di quel buio fastidioso che circondava le vostre palpebre mentre dormivate, non perdetevi 'Pigeon'.
Genere: Comico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5- Clunk
 

 

  Juliette Gater aprì lentamente il portone del suo palazzo, entrando in silenzio e conducendo con sé il vuoto trasportino di plastica blu. Richiuse la porta alle sue spalle e prese a salire le alte rampe di scale, misurando i passi con cui avanzava ed ascoltando il loro profondo rumore di tempo.  La gabbietta ormai vuota ondeggiava avanti ed indietro, a ritmo dei suoi passi, colpendola lievemente in un modo alquanto fastidioso ed irritabile.
 Giunse al secondo piano e prese ad incamminarsi lungo il corridoio, per arrivare alla seconda rampa di scale. La giovane donna si fermò di fronte ad una porta del secondo piano. Ad essa era attaccato un piccolo fiocchetto multicolore, tessuto ad uncinetto. Juliette poggiò per terra il trasportino e bussò alla porta con dei colpi leggeri e molto lenti. Sembrava battesse il tempo su di un tamburo durante la marcia di un funerale.
 Ritrasse la mano, in attesa.
 Si udirono dei passi. La Vecchia Signora Christine Loisir si stava avvicinando alla porta, Juliette riusciva a distinguere l’ accogliente rumore delle sue pantofole sul pavimento di pietra e cemento. Con un cigolio, la porta dell’ appartamento di aprì leggermente, e Juliette poté vedere il volto rugoso della vecchina che la fissava incuriosita, gli occhi che le brillavano di una luce antica e sepolta nella profondità dei suoi anni numerosi.
 “P- Posso entrare, Signora Loisir? La disturbo?”
 “…”
 Aveva un bellissimo sorriso, la Vecchia Signora Christine Loisir.
 
 La casa della sua vicina appariva a Juliette come una specie di agenzia turistica specializzata per i fotografi. Le pareti, in origine bianche, erano completamente tappezzate e rivestite di migliaia di cartoline, di tutte le forme ed i colori.
 La Vecchia Signora Christine Loisir l’ aveva invitata a bere un the nel suo salotto. L’ anziana signora aveva teso a Juliette un album fotografico dalla copertina di pelle. Ma al suo interno non vi erano delle antiche fotografie d’ epoca o delle semplici foto più moderne. Invece, anche l’ album era pieno di cartoline provenienti da ogni angolo del mondo.
 Juliette Gater ne sollevò una tra le dita, curiosa.
 Due bambine giocavano su di una spiaggia, paletta e secchiello in mano. Indossavano identici costumini bianchi e neri. Davano le spalle alla macchina fotografica. I lunghi capelli castani di una contrastavano quelli corti e rossi dell’ altra.
 Un’ altra cartolina. Un vulcano, altissimo, sperduto in una qualche isola esotica ed affascinante a causa della sua natura incontaminata. L’ istante della foto. La morte del ricordo. Un’ altra cartolina.
 “Ma sono bellissime... Sono tutte delle vostre amiche, Signora Loisir?”
 La donna annuì, sorridendo come una bambina orgogliosa della sua pagella perfetta. Spingeva con lo sguardo Juliette ad avanzare attraverso l’ album, l' incitava ad osservare il mondo attraverso gli occhi freddi d’ illusione della macchina fotografica. Era un poco inquietante, ma quelle cartoline trasmettevano ad entrambe un senso di sicurezza che spesso le persone non riuscivano a donare. Donavano allo spirito un senso d’ immortalità, di eterna giovinezza.
 Juliette continuò a sfogliare pigramente l’ album, pensando e riflettendo a lungo su quella giornata. Come poteva definirla? Strana? Assurda? Triste?
 Forse ‘interessante’ era la parola giusta. Ma non poteva esserne sicura. Nessuno lo era.
 “Signora Loisir…” disse ad un certo punto Juliette “Signora Loisir, posso farvi una domanda?”
 La vecchina, ancora leggermente rapita dalle foto, annuì con lentezza, rivolgendole a malapena lo sguardo.
 “Ecco, Signora Loisir… Immaginate questa scena: state dormendo, ed uno strano rumore vi sveglia alle cinque del mattino. Proviene dalla finestra. Vi recate alla finestra in questione. L’ aprite e guardate in basso Non riuscite a distinguere cosa c’ è sul marciapiede… ah, già, sulla finestra c’ era del sangue. Allora voi scendete sul marciapiede, per capire cosa diavolo ci sia su quel marciapiede. E, una volta giunta di fronte alla causa della vostra sveglia improvvisa, vi rendete conto che si tratta di un semplice piccione che era andato a sbattere sul vetro azzurro della vostra finestra. Eppure, stranamente, questo piccione è ancora vivo. Allora, voi, Signora Loisir, che cosa fate?”
 “…”
 La vicina la stava guardando come se la giovane donna avesse affermato di aver visto delle mucche ballerine nel bagno del suo dentista. Uno sguardo particolarmente carico d’ inquietudine verso la persona di Juliette Gater. La vecchina scosse debolmente la testa, incapace di rispondere neanche il suo abituale linguaggio dei segni.
 “Facciamo così, Signora Loisir. Vi darò delle opzioni. Ripeto: cosa fareste se vi ritrovaste di fronte al piccione in questione?”
 
 Già, cosa avrebbe fatto la Vecchia Signora Christine Loisir? Avrebbe:
   A: Lasciato perdere il piccione.
   B: Ucciso il piccione, ponendo così fine alle sue sofferenze.
   C:  Portato il piccione dal veterinario.
 Che cosa avrebbe fatto?
 
 Mi pare logico! Dal canto mio, lo avrei lasciato semplicemente perdere!
 Juliette annuì, lentamente e con la massima serietà, all’ affermazione che la sua vicina le aveva espresso tramite il linguaggio dei segni. Appoggiò la sua tazza di the sul tavolino, accanto all’ ormai dimenticato album di cartoline da ogni angolo del mondo. La ragazza si portò le mani sulle ginocchia, fissando il vuoto con un’ espressione assorta e molto triste.
 Ad un certo punto, scoppiò a piangere.
 In silenzio, senza alcun singhiozzo o lamento. Juliette Gater piangeva con la massima semplicità, lacrime trasparenti che le sgorgavano dagli occhi verdi. Oppressa dal fato, dalla vita, da quella mattina anomala, da quel turbine di bianco e nero che le ruotava attorno, confondendola con la loro spiccata somiglianza. Voleva il grigio. Aveva bisogno del grigio, di quella sicura e concreta sensazione che il colore le donava.

 “Questo pomeriggio stavo tornando dal veterinario, camminando sotto la pioggia dopo aver seppellito il piccione che ho trovato stamattina sul marciapiede.” spiegò, invece, con la massima calma, ignorando le lacrime che continuavano a scenderle lungo le gote “Ad un certo punto, mi è assalito un dubbio: e se fossi io l’ insensibile pazza? L’ insensibile pazza che ha condannato quel piccione a soffrire ulteriormente? Che ha demolito il muro che vi è tra uomini ed animali, tra normalità ed anomalia? Che ha alterato quel delicato equilibrio che univa il nero ed il bianco in un’ unica cosa? E se fosse in realtà il grigio, il colore degli insicuri, non il bianco ed il nero? E se fossi io il grigiore di questa città… di questo mondo?”
 La ragazza si asciugò con una manica le lacrime, che ora avevano tinto il suo viso magro di un rossore vagamente ripugnante alla vista. Rivolse il suo sguardo alla vicina, soffocandola di silenziose domande.
 La Vecchia Signora Christine Loisir scosse nuovamente il capo, questa volta con una rassegnazione carica d’ incomprensione nei confronti delle parole di Juliette. La fissava. La fissava come se fosse sinceramente preoccupata per lei, ma non capisse chi fosse la stessa Juliette Gater che era andata a prendere un the da lei, la Juliette Gater che incontrava sempre all’ entrata del palazzo, la Juliette Gater la cui espressione pensosa era sempre stata fonte di ispirazione per i quadri della vecchina. Eppure, la Vecchia Signora Christine Loisir continuava a non capire cosa fosse accaduto a quella ragazza, e se dovesse temere o meno quel suo sguardo perso e le sue parole confuse.
 La giovane donna sorrise, sconfitta ulteriormente dalla verità. Si alzò dal divano, dirigendosi in silenzio verso la porta dell’ appartamento. La aprì. Prima di uscire dalla casa, si rivolse verso la sua vicina, la quale era rimasta perfettamente immobile, seduta sulla sua morbida poltroncina di pelle.
 “La ringrazio per la sua cortesia, Signora Loisir. Ora devo proprio lasciarvi. Sono stanca.”
 La sua piccola storia si era conclusa.
 Uscì dall'appartamento.

Clunk.
  
 

Angolo dell’ Autrice.
 
OK… questa è forse la storia più strana che io abbia mai scritto. Forse è per questo che l’ ho pubblicata nelle Nonsense. Che dire?

  1. Un grazie speciale a ‘Master of Rubbish’ ed a ‘SheWantsACake’, per aver commentato e messo questa storia tra i preferiti. Mi hanno fatto molto piacere! : )
  2. Non so cosa succederà a Juliette Gater dopo aver oltrepassato quella porta. Potrebbe diventare una pazza isterica per il resto della sua vita, potrebbe suicidarsi, andarsene semplicemente a letto e dimenticarsi di tutta questa storia il giorno seguente. Non. Lo. So.
  3. Alcuni di voi mi hanno chiesto nei messaggi chi fosse il mio personaggio preferito. Dire Juliette Gater è errato. Solo perché è colei che più mi corrisponde, non vuol dire che sia  la mia preferita. Devo dirlo, il personaggio preferito è stato il medico. Sadico, freddo, assorto talmente tanto nel suo muro di scienza e regole da non rendersi conto che nella vita vi è di più. Lo odierei nella vita reale, ma descriverlo è stato bellissimo.
  4. I capitoli portano il nome di suoni onomatopeici che si possono spesso trovare nei fumetti. Troviamo: tonf,anf,frush,crash e clunk, rumori utilizzati per descrivere rispettivamente un tonfo causato da un caduta (usato nel primo capitolo per esprimere la caduta del piccione), l’ affanno (di Juliette Gater nel portare il piccione dal veterinario), il fruscio (rappresenta il pensiero di Juliette Gater nei confronti del medico e del piccione), la frantumazione (del cuore di Juliette quando si rende conto che il piccione è morto), il chiudersi veloce di una porta (quella della Vecchia Signora Christine Loisir, ma anche di questa storia).

Così tante note, e così poco tempo! Forse è meglio non scrivere ogni cosa. Chi avesse dei dubbi, mi mandi pure un messaggio o commenti la storia.
E, per finire, non mi resta che ringraziarvi tutti per aver letto la mia storia ed augurarvi un buon San Valentino!
 Beads (and Flowers).
 

   
 
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