Disclaimer: Non detengo nessun diritto sulla serie di Harry
Potter ed i suoi personaggi. Questa storia non è a scopo di lucro ma scritta
solo per divertimento personale.
Durante la lettura della storia consiglio di ascoltare "Someone Like You" by Adele.
Sometimes it
lasts in love, but sometimes it hurts instead
Il locale è piuttosto morto quella sera,
persino per essere mercoledì, e Charlie, finita la sua ultima ode a Luis
Armstrong, si stava sistemando per andare a casa da sua moglie – Katy, mi pare
si chiami.
Il mio tavolino incassato nell’angolo
più ombroso del jazz-club è davvero un ottimo punto per imparare molte cose
sugli altri senza che loro se ne accorgano.
Al banco Mick sta impunemente flirtando
con un biondo dal lato B veramente niente male che con tutta probabilità
diventerà un altro fidanzato-delle-due-settimane, per poi essere archiviato
come tutti i suoi predecessori; il poveretto è l’ultimo di una lunga serie che
si è lasciato incastrare dagli occhioni da cerbiatto del barista, ma almeno ci
avrebbe guadagnato quindici giorni di fantastico sesso.
Come faccio a saperlo io? Perché gli
occhioni da cerbiatto avevano conquistato anche me, ma sono stato abbastanza
furbo nel far finire la cosa la mattina seguente e probabilmente è stato proprio
quello a far si che Mick ed io diventassimo ottimi amici.
In quel momento Bea mi passa davanti
infilandosi il cappotto, il biglietto del 34 stretto tra i denti, bofonchiando
saluti frettolosi per non perdere il mezzo pubblico.
Pochi attimi dopo Ally esce dal retro
del bar finendo di allacciarsi il grembiulino nero da cameriera per cominciare
il suo turno.
- Ciao bel tenebroso, ti porto il
solito? –
Dal palco la voce scura e sensuale di
una cantante di colore che non ho mai visto inizia a scaldare l’atmosfera mentre
le sue dita scivolano sui tasti del pianoforte.
- Si tesoro, grazie. E senti…chi è la
ragazza? –
- Si chiama Tara, da oggi prende lei il
turno delle undici –
- E Lisa? –
- Non lo sai? Si è sposata, va a vivere
ad Atlanta –
Ally se ne va con un sorriso e la mia
ordinazione, lasciandomi in attento studio della pianista. Tara, dunque. Di
certo ha fascino: i capelli scuri acconciati in un caschetto un po’retrò, le
unghie laccate di rosso come il suo vestito anni ’20, le labbra piene scurite
dal rossetto, e la voce non la manca.
Con la fine della prima canzone arriva
anche il mio Jameson, ma nella mano di una persona a cui pensavo di aver detto
addio anni fa.
- Ciao Harry –
- Draco?! Che ci fai qui? –
- Mi hanno detto che ti avrei
sicuramente trovato in questo locale –
- Hai capito cosa intendo –
- Posso sedermi? –
Il primo istinto è quello di rispondere
“no” e ricacciarlo fuori dalla mia vita, ma il mio lato curioso – maledizione a
lui – ha la meglio.
- Fai come vuoi –
Si sistema sulla sedia speculare alla
mia, dopo aver drappeggiato il cappotto pesante sullo schienale, e prende tra
le mani di quello che sono sicuro essere gin.
Io bevo un sorso del mio whiskey.
- Non pensavo ti fossi trasferito in
America –
- Avevo voglia di cambiare aria. Londra
mi stava diventando troppo stretta –
- Per quello che è successo tra noi? –
Passo un dito sul bordo del bicchiere.
- Tra le altre cose –
- Capisco –
Devo prendere un respiro profondo per
riuscire a portare avanti quella conversazione.
- Che cosa vuoi, Draco? –
Lui si morde un labbro, come ha sempre
fatto, e butta giù metà del bicchiere; la classe rimandata ad una prossima
volta.
- Volevo vederti –
- Bene, mi sembra tu l’abbia fatto –
- E dirti che cinque anni fa ho fatto lo
sbaglio più grande della mia vita –
Il mio pugno si stringe intorno al
vetro, i tendini del polso tremano.
- Quando mi hai detto di uscire dalla
tua vita non sembrava la pensassi così! –
- Ti giuro che-
- E come sta tua moglie Sophia? –
Devo aver toccato un tasto
particolarmente dolente, perché gli occhi di Draco si abbassano e le spalle si
irrigidiscono.
- Lei è… morta. Di parto. Un anno fa –
- Mi dispiace molto. Non se lo meritava
–
Il silenzio tra di noi si dilata, teso e
tagliente, e per un terribile attimo ho voglia di allungare una mano per
stringere le sue.
- E così… hai un figlio –
- Si. Si chiama Lucien Harry Malfoy, ha
compiuto un anno cinque giorni fa –
-…Harry?-
-Volevo averti con me. In qualche modo –
- … -
- … -
- Che cosa ti aspetti che faccia, Draco?
–
Fu Draco a prendermi le mani, a portarle
alle labbra per baciarne le nocche ed il dorso prima di poggiarle nuovamente
sul tavolo, ma senza mai lasciarle.
- Vorrei che tornassi in Inghilterra per
conoscere Lucien, che riuscissi a perdonarmi, e vorrei… che ci lasciassi
entrare entrambi nella tua vita –
Ritiro di scatto le mani dalla sua presa
blanda. Non riesco a credere che sia egoista fino a questo punto e nemmeno se
ne accorga.
- Ma ti rendi conto di quello che mi stai
chiedendo?! –
- Harry ti prego io… -
- Non te ne rendi nemmeno conto, vero? –
- Cosa? –
Mi passo una mano tra i capelli, diviso
tra lo scoppiare a ridere istericamente ed il mettermi a piangere dalla
frustrazione.
- Non ho intenzione di rinunciare a
tutto quello che ho costruito qui. Mi ci sono voluti anni, Draco. Anni. Non manderò tutto al diavolo per
il capriccio di un momento! –
- Non è un-
- Si, lo è –
C’è disperazione nei suoi occhi, rabbia frustrata
e forse è anche nei miei.
- Avevamo qualcosa di bellissimo, Draco.
Ti amavo come non avevo mai fatto in tutta la mia vita, ma tu mi hai gettato
via non appena sono diventato un intralcio scomodo al crearti un vita, e qui
cito le tue stesse parole, normale.
Adesso accettane le conseguenze –
Draco non mi guarda neppure.
- Quindi finisce così, Harry? –
- Si… Si, penso che finisca così –
Draco si alza con calma rigida, si
abbottona il cappotto e finisce il drink
in un sorso appoggiandolo con un colpo secco sul tavolo.
Se ne va concedendosi un ultimo sguardo verso
di me.
Sul palco Tara inizia a mormorare note
dolorose.
- Non hai mai imparato a lottare, Draco. Mai –
The
End