Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |       
Autore: readingsmydrug    10/02/2012    7 recensioni
La storia parla di una ragazza, Ronnie, che si trasferisce dal padre a Londra in Inghilterra a causa della morte della madre. Appena arrivata viene alla conoscenza di un fratello maggiore di cui non sospettava minimamente. E grazie all'aiuto del suo golden retriever: Marley farà una conoscenza che le cambierà la vita per sempre.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Finalmente scesi da quel fottuto aereo. Non ne potevo più. Nemmeno volevo andarci a Londra io. Sarei rimasta benissimo in Italia. Con l'inglese me la cavavo e anche abbastanza bene, ma essere costretta a parlarlo ogni giorno è davvero stressante. Solo pensarci mi venne il mal di stomaco. Per fortuna arrivai durante le vacanze di Natale, così la mattina dopo non sarei dovuta andare subito a scuola.

Mi fermai davanti al nastro trasportatore aspettando il mio bagaglio.. Eccolo lì. Lo afferrai e mi incamminai verso la strada. Nemmeno mi era venuto a prendere mio "padre". Perchè tra virgolette? Perchè non se lo merita quel nome. Fuggì quando avevo appena tre anni e non si fece più vivo. Non ho mai potuto conoscerlo bene.. Ma il fatto che aveva lasciato me e la mamma sole e se ne era andato me lo faceva odiare già.

Chiamai un taxi e senza scervellarmi per creare una frase di senso compiuto mi limitai a pronunciare il nome della via.
Autista: Come mai vai in una via così lussuosa?


Distolsi lo sguardo dal finestrino e pensai a quello che aveva chiesto l'autista.. Poi risposi..
Io: Che intende con lussuosa?
Autista: Beh.. E' piena di ville..

Io: Ah.. Io.. Non sono di qui, vengo dall'Italia..
Autista: Sicura di avermi dato l'indirizzo giusto?
Io: Si. C'è scritto qui.. 
Mio padre mi aveva mandato un e-mail con scritto via e tutto e io furbamente me lo ero stampato. Ricontrollai la scritta e il numero civico.. Nessun errore. Lo avevo detto giusto. Ma volli ripeterlo di nuovo per esserne sicura. Lessi il biglietto.
Autista: Okay.. La tua casa è questa qui davanti.
Io: Herm.. Grazie..
Pagai l'autista che sgommo' subito via. Rimasi ferma a fissare il cancello nero lucido che mi si parava davanti. Ero a bocca aperta.
Dietro le sbarre riuscii a vedere un giardino con l'erba verde acceso e tagliata perfettamente uguale. Tutto intorno delle siepi rettangolari cirocondavano la casa. 
Suonai al citofono, ma non rispose nessuno, suonai ancora e riuscii a scorgere la porta della casa che si apriva.
Ne uscì un uomo che aveva una quarantina d'anni: mio padre. 
Mi corse incontro urlando il mio nome e sorridendo.
Aprì il cancello e mi abbracciò. Rimasi immobile. Non mi mossi di mezzo millimetro.
Papà: Ben venuta Ronnie! 
Lo esclamò con un sorriso a 102 denti e poi cercò di togliermi la valigia di mano. Strinsi di più il pugno che la reggeva e finalmente mi decisi a parlare..
Io: La so portare benissimo da sola.
Papà: Un po' scontrosi?
Non risposi e mi incamminai verso quella che sarebbe stata la mia nuova casa. Lui mi raggiunse di corsa e mi aprì la porta.
Papà: Prego, entra. Ti mostro camera tua.
La casa era lussuosissima, una villetta in piena regola a due piani. Voltai lo sguardo a sinistra e notai un muro alto più o meno un metro che divideva l'entrata dal salotto. I mobili erano tutti laccati di nero, il divano e la poltrona erano in pelle color panna con quelche cuscino peloso nero e leopardato sempre con tonalità di nero e bianco. I muri erano bianchissimi e c'era qualche pianta si un verde acceso e brillante. Mi girai verso destra e notai una porta. Appoggiai la valigia al pavimento.
Papà: Te la porto in camera tua.. Di sopra..
Non lo calcolai minimamente a aprii la porta sulla quale mi era caduto l'occhio mentre sentivo i suoi passi salire le scale. 
Entrai in cucina. I mobili erano per lo più marrone scurissimo, quasi nero, con qualche tonalità di giallo, arancione e bianco panna.
Entrai in salotto e passai una mano sul divano in pelle, era completamente ghiacciato, notai un televisora piatto esattamente davanti ad esso e di lato alla TV una stufa nera che si erano dimenticati di alimentare con la legna posta lì vicino: era spenta.
Detro al divano c'era un'entrata ad arco senza porta, ci entrai e trovai un piccolo studio con lo spazio appena per una scrivania, una sedia e una cassettiera, la scrivania era piena di folgi e scartoffie varie, accanto c'era un computer a schermo piatto, mouse e tastiera erano sepolti chissà dove tra tutto quel disordine. Sotto la scrivania un cestino dell'immondizia straripava di cartacce appallottolate.

Decisi di salire al secondo piano e vidi mio padre uscire dalla stanza più infondo al corridoio verso destra.
Papà: Questa è la tua stanza. La porta che c'è davanti è di.. Quando hai finito di sistemarti vieni in salotto d'accordo?
Mi avvicinai alla porta di camera mia e la aprii.
Papà: Senti, so che ce l'hai con me, ma portesti darmi almeno una possibilità di stare con mia figlia no?
Io: Una possibilità ce l'hai avuta. E sei fuggito come un coniglio dopo soli tre anni..
Papà: Me ne pento ogni giorno di più..
Non volevo mettermi a discutere con lui. Entrai in camera e chiusi la porta.
Okay. Era stupenda. Le pareti erano bianche e sarebbero rimaste tali. Chiamatemi pazza, ma io non ho idoli, si alcuni cantanti li ascolto, ma non tanto da tappezzare la stanza della loro faccia.
Aprii l'armadio e iniziai a sistemare i giubbotti sulle stampelle, poi iniziai a riporre jeans e felpe nella mensola un un po' più in alto e in quella ancora più in alto sciarpe, guanti e cappellini di lana. 
Magliette e biancheria li sistemai negli ultimi due cassetti del mobile che stava accanto al mio letto. 
Poi misi la foto di me e mia madre sedute sulle scale del nostro portico mentre ci abbracciamo prima che si ammalasse di cancro.. Mi scese una lacrima e poggiai la cornice sul petto, la strinsi forte..
Io: Mi manchi mamma..
La misi delicatamente sul comodino accanto ad una lampadina.
Notai una porta bianca accanto all'armadio, andai ad aprirla, avevo anche un bagno privato.. Meglio. Così non lo avrei dovuto dividere con mio padre.
La parete che dava sul lato destro del letto aveva un enorme porta-finestra. La aprii e mi resi conto che aveva cominciato a nevicare, guardai la casa difronte a me.. Chissà a chi apparteneva..
Rabbrividii per il freddo e richiusi la porta finestra tirando le tende. Mi sedetti sul letto guardandomi intorno.. Si sentiva ancora l'odore della vernice ai muri.. Dovevano aver appena ridipinto la stanza..
Mio padre mi aveva chiesto di scendere in salotto quando avevo finito di sistemare tutto.. E effettivamente io AVEVO finito. Ma non avevo voglia di parlare con lui.. D'altro canto sembrava una cosa importante.. Decisi di andare da lui.

Scesi lentamente le scale e lo vidi mentre riaccendeva la stufa infilandoci un po' di legna, si sedette sul divano e voltò lo sguardo, dopo avermi notato mi sorrise. Andai a sedermi accanto a lui.. In silenzio..
Papà: Devo spiegarti un po' di cose.. Per favore ascoltami bene.
Lo guardai negli occhi e annuii per farlo continuare a parlare.
Papà: Non ho lasciato te e tua madre per paura, io ho una malattia grave e molto rara, me ne sono andato per non crearvi problemi..
Io: Come avresti potuto cerarci problemi?
Papà: Tua madre avrebbe avuto più lavoro da fare e in più le medicine che devo prendere costano molto. Ho fatto quello che ho fatto per amore. Non per paura.. 
Parlava come se la mamma fosse ancora qui.. Mi luccicarono gli occhi pensando a lei..
Papà: Io e la mamma ne abbiamo parlato per molto tempo.. Anche prima che tu nascessi.. Lei non voleva che io me ne andassi, ma io ho insistito per il suo bene. Abbiamo chiesto il divorzio e lei ha tenuto te, io Louis..
Io: Louis?
Papà: Tuo fratello maggiore..
Io. Come?
Papà: Louis, lui ha 20 anni. Nel divorzio si è trasferito con me a Londra e vive nella stanza difronte alla tua..
Io: STAI MENTENDO!
Papà: No.. Lui..
Io: VOGLIO TORNARE A CASA!
Mi infilai le scarpe e mi arrotolai la sciarpa al collo, misi il giubotto e aprii la porta.
Papà: Aspetta Ronnie! Dove vai?
Io: A fare un giro..
Chiusi la porta e iniziai a camminare per il giardino innevato fino ad arrivare al cancello.. Stava ancora nevicando, estrassi il cappello di lana che avevo in tasca ancora dal viaggio in aereo e me lo misi in tetsa, aprii il grosso cancello e lo richiusi dietro di me facendolo cigolare.
Continuai a camminare, verso dove non so.. Non mi importava.
Guardavo i miei piadi pressare la neve a terra e poi staccarsi dal suolo lasciando l'impronta nella neva fresca.
BUM. 
Andai a sbattere contro qualcuno che andava molto di fretta. Caddi all'indietro e appoggiai un gomito all'idietro per non sbattere la testa.
Io: EHI! STAI ATTENDO A DOVE VAI!
Alzai lo sguardo di poco e mi trovai sotto il naso una mano coperta da un guanto nero.
?: Ti sei fatta male?





Ecco.. Questo era il primo capitolo.. Spero vi sia piaciuto :) Se ricevo qualche recensione faccio il secondo ;) 
The Storm_




  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: readingsmydrug