***ATTENZIONE***
Si avvisano le Genziane più suscettibili di saltare i primi paragraf i e cominciare da "Pensavo"... lol
*guarda amorevolmente Genzo e gli ricorda quanto bene gli vuole
ma... si sa... son ragaaaazzi, ci vuol pazienza :P*
“Toh!”
esclamò Sorimachi, smanettando con quella sua inutile agenda
elettronica. “Domani è il compleanno di
Wakabayashi”.
“E allora?” chiese Kojiro con un’alzata
di spalle. “Cos’è? La Giornata
Internazionale della Boria?”
“O il giorno in cui toglie il cappello e lo lava?”
incalzò Ken, ridacchiando.
“Anzi no, la Giornata Mondiale delle Teste di
Cazzo...”
“O San Genzo Goal Keeper protettore dei tiri da fuori
area?”
“La Festa dell’Inviolabilità?”
“Il self-confidence day?”
Kazuki roteò gli occhi e incrociò le braccia,
guardando con sufficienza i due compagni sghignazzare e sciorinare
battute più o meno divertenti sull’SGGK. Alla fine
si reggevano la pancia ridendo sguaiati.
“Posso?” chiese infine il numero nove del Toho.
“Mandargli un bigliettino di auguri?”
ghignò Ken. “Sì, però, prima
di imbustarlo, dammelo che dentro ci voglio-”
“Pensavo...”
lo sovrastò con la voce Kazuki, preferendo non sapere quale
fluido corporeo del karate keeper sarebbe potuto volare in Germania
insieme agli auguri. “… visto che Yasu
è la sua sorella gemella, probabilmente
è anche il suo compleanno e credevo vi
potesse interessare!” urlò, stremato.
Kojiro smise di ridere all’istante scoccando al compagno uno
sguardo torvo. Ken lo guardò con occhi spalancati e il volto
pallido. Tendeva a resettare il pensiero che Genzo e quella che era
diventata la sua migliore amica fossero fratelli gemelli.
“Dobbiamo farle un regalo” balbettò il
portiere sconvolto.
Kazuki batté ironicamente le mani un paio di volte.
Finalmente ci erano arrivati. “Il problema è: cosa
si regala a una miliardaria?”
“Non solo... come facciamo?” Si intromise, pratico,
Kojiro. “Oggi è tardi per uscire dal campus e
domani fra lezioni e allenamenti non abbiamo tempo”.
“Magari possiamo ordinarle qualcosa per telefono...”
“Sì, una pizza... ma sei scemo,
Sorimachi?” lo rimbrottò il capitano,
allungandogli uno scappellotto.
“Ma sentiteli! E pensare che se non era per me manco ci
arrivavate! E comunque, credo basterebbe che uno di voi si mettesse un
bel fiocco di tulle in testa e...”
Hyuga gli scoccò un altro sguardo assassino chiedendogli
cosa andasse blaterando, mentre il colore tornava con un certo impeto
alle guance di Ken.
La tensione fu rotta dal rumore della porta che si apriva,
azzittendoli. Tuttavia, non era l’oggetto delle loro
discussioni, bensì Sawada.
“Ciao a tutti” salutò, solare come
sempre, il piccolo centrocampista.
“Dove sei stato, Takeshi?” chiese Ken,
desideroso di cambiare argomento.
“A comprare un regalino per Ya-chan” disse pacato,
con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
“Che cosa?” ringhiarono all’unisono gli
altri tre. “Tu lo sapevi?”
“Certo è scritto qui...” disse,
sventolando un foglio, che gli altri riconobbero all’istante
come quello consegnato loro mesi prima, il primo giorno del ritiro
della Nazionale, con tutti i dati di ogni giocatore.
D’istinto ognuno si domandò dove fosse
mai finita la propria copia e le ipotesi andarono
dall’aeroplanino, alle palline di carta e saliva con cui
bersagliare Ishizaki, da fungere da involto per chewing gum
da buttare a chissà cosa.
“E tu lo hai tenuto?” domandò Kazuki,
storcendo la bocca e osservando il foglietto perfettamente piegato .
“Certo” annuì deciso Sawada.
“Così posso fare a tutti gli auguri per il
compleanno...”
Gli altri lo guardarono inorriditi.
“Persino a Ya-chan perché è nata lo
stesso giorno di Genzo”. Rise, deliziato dalla straordinaria
coincidenza, dall’imprevedibilità del destino o
chissà cos’altro.
“E cosa le hai comprato?” chiese Ken, ostentando
un’aria vaga.
“Una fascia per i capelli. Dice sempre che le danno fastidio
quando corre, ma che ancora sono troppo corti per legarli. È
blu e grigia come la divisa del Toho!” concluse entusiasta.
Gli altri lo guardarono con malcelata ammirazione.
“Ora lo vado a nascondere perché fra poco Ya-chan
torna da lezione”.
L’espressione dei compagni da ammirata si fece sorpresa e poi
allibita quando, giusto due minuti dopo, Yasu rientrò
salutando col solito “Salve a tutti!”.
****
Yasu si sedette sul divano in attesa della canonica chiamata di Genzo.
Anche se quello era ancora un giorno speciale, la routine rimaneva la
stessa: i ragazzi andavano a letto e le lasciavano la privacy per
parlare col fratello, che di solito chiamava, per via del fuso orario,
attorno alla mezzanotte.
La ragazza aveva un sorriso beato stampato in faccia. I ragazzi
potevano dire quello che volevano: era stato uno dei compleanni
più belli della sua vita.
Eppure la giornata era cominciata male, malissimo... si era svegliata
piangendo, pervasa da un senso di solitudine così totale,
che solo chi non nasce da solo può capire. Era il primo
compleanno che lei e Genzo trascorrevano separati e le sembrava
così strano, brutto, ingiusto. Poi aveva recuperato la calma
e la razionalità, affrontando quella giornata come tutte le
altre. Certo, aveva sperato che qualcuno le facesse gli
auguri… ma vabbè...
Terminate le lezioni, era andata a vedere l’allenamento e
dopo era stata trattenuta per motivi futili un po’ da tutti i
compagni di squadra, per concludere col mister che l’aveva
fatta restare quasi un’ora nel suo ufficio a discutere di
cose che avevano già deciso tempo prima. L’inutile
riunione si era conclusa con uno strano risolino e un augurio di buon
compleanno da parte dell’allenatore.
Era tornata verso l’alloggio imprecando: era tardi ed era il
suo turno di fare le pulizie.
Ma quando era entrata in casa, l’aveva trovata pulitissima,
dal soggiorno alla cucina, persino la sua stanza era riordinata e
splendente.
Guardando meglio, aveva visto che sulla tavola troneggiavano un dolce e
un mazzo di fiori, evidentemente molto, come dire, artigianali, ma che
le erano sembrati meravigliosi. E dulcis in fundo,
quando si era avvicinata, da dietro il muretto che separava
l’angolo cottura, erano spuntati i suoi coinquilini gridando
“Buon compleanno!”
Dopo si erano profusi in mille scuse per non averle fatto il regalo, se
non quella fascia per capelli che, ci tennero a specificare, era da
parte di tutti. Ma lei aveva risposto, ed era sincera, che nessun dono
poteva valere quanto un turno di pulizie e una cenetta speciale come
quella che era seguita.
E, soprattutto, le avevano regalato il sorriso che adesso le piegava le
labbra e che quella stessa mattina le sembrava lontano anni luce...
I pensieri di Yasu furono interrotti dal telefono.
Ken sentì squillare il telefono, solo una volta: Yasu stava
vicino all’apparecchio e rispondeva subito, per non
disturbarli troppo. Controllò l’orologio: di
solito la conversazione col fratello durava una decina di minuti,
doveva calcolare bene i tempi per intercettarla.
Passati i canonici dieci minuti, Ken afferrò
l’involto che aveva tirato fuori dal borsone, aprì
piano la porta della propria stanza e si avviò lungo il
corridoio. Sentì la voce sommessa di Yasu e
ridacchiò: le poche volte che l’aveva sentita
parlare al telefono col fratello, aveva constatato che la conversazione
consisteva soprattutto in un monologo di Yasu cui Genzo rispondeva,
probabilmente, solo a monosillabi*.
E anche ora era così: le stava raccontando della
festicciola, anche se una versione un po’ modificata, visto
che l’SGGK non era al corrente del fatto che la sorella
convivesse con dei maschi. “Glielo dico
quest’estate” prometteva sempre.
Rimase per qualche istante nel corridoio, poi la sentì dire
quel buffo saluto in tedesco che suonava tipo
“ciuss” e seppe che era il momento di andare in
scena.
Yasu riabbassò la cornetta con quel misto di nostalgia e
allegria che le dava sempre parlare con suo fratello. Menomale che le
vacanze di Natale erano vicine e presto lo avrebbe riabbracciato! Era
sovrappensiero e l’ombra che si trovò davanti la
fece sussultare.
“Ken” sospirò poi, mettendosi una mano
sul petto. “Mi hai fatto paura.”
Ridacchiò.
“Paura? Nientemeno...” sorrise a sua volta il
portiere. “Non pensavo di essere tanto brutto...”
“Che scemo, sai che non è quello il...
problema” rispose un po’ imbarazzata.
“E’ che ti credevo a letto. Come mai ancora in
piedi?”
Il portiere consultò l’orologio e
bofonchiò qualcosa circa l’essere ancora in tempo,
poi attaccò, incerto: “Ecco... Neanche questo
è un vero regalo però...” le porse
l’involto. “Mi piacerebbe che li avessi
tu...”
“I tuoi guanti portafortuna!?!” esclamò
lei riconoscendoli, non appena li intravide.
Ken aggrottò le sopracciglia e le labbra si arricciarono
dandogli un’espressione contrariata. “Veramente...
tu mi avevi detto che non era vero.”
Yasu rise fra sé, ricordando l’episodio: era stato
durante una partita fuori casa, lui era andato nel panico totale
perché diceva che se non aveva in borsa quei guanti non
poteva giocare, che erano stati i suoi primi guanti eccetera eccetera.
Dopo aver rivoltato le borse di tutti, appurato che non
c’erano, Yasu si era giocata l’unica carta
disponibile e gli aveva fatto un discorso serio e circostanziato sul
fatto che la scaramanzia era una cavolata, che i portafortuna non
esistevano e che tutto quello che facciamo è il risultato
dei nostri sforzi e delle nostre capacità. Ken
l’aveva guardata per tutto il tempo con quei suoi profondi
occhi neri, le sopracciglia aggrottate e la bocca imbronciata, proprio
come in quel momento. Poi aveva visto la fronte distendersi e lo
sguardo farsi determinato. “E’ vero” le
aveva detto, prendendola per le spalle e trapassandola con una delle
sue occhiate taglienti. “Grazie”.
Yasu sorrise ripensando alla fiducia che aveva riposto in lei.
Abbassò il capo e confessò: “Sai,
lì per lì te l’ho detto solo
perché li avevi persi e non volevi giocare senza averli con
te...” rise dandogli un buffetto sul braccio.
“Allora - ” balbettò preoccupato.
“Ma credo che sia la verità,” lo
interruppe, poggiandogli le mani sul petto e guardandolo dritto negli
occhi. “In quella partita giocasti benissimo, no?”
Ken rilassò le spalle, sorrise e annuì.
“Ma anche se sono convinta che la loro presenza nel borsone
non influisca sulle tue prestazioni,” proseguì
lei, allontanandosi di qualche passo, “resta il fatto che a
questi guanti ci tieni, sono un ricordo... non posso
accettare...”.
“Ma va’, non mi entrano più da anni. E
poi, a scanso di equivoci, puoi sempre portarli tu alle
partite.” E così dicendo glieli mise fra le mani.
“Grazie” mormorò lei, tirandoli con
attenzione fuori dal sacchetto e guardandoli.
“Provali” la incoraggiò.
Li fece scivolare lungo le mani con sorprendente facilità,
li allacciò e vide che le calzavano benissimo.
“Grazie” ripeté ancora.
“Sono sempre in discrete condizioni, si meritano di fare
qualche altra parata...” sorrise, prendendole le mani per
stringerli meglio attorno ai polsi.
“Allora forse non sono la persona più adatta...
però, se vuoi, durante le partite li indosserò:
sono così comodi...” esclamò allegra,
sventolandogli le mani davanti. “Se vuoi che vengano usati
dovresti darli al tuo secondo, il portiere della squadra delle
medie...”
“Ecco!” fece Ken, battendosi il palmo sulla fronte,
come se si fosse scordato qualcosa, ma il lampo che gli
passò negli occhi suggeriva che era tutta scena.
“La prossima settimana facciamo una partita di allenamento
contro la squadra delle medie, ma il loro portiere non
c’è... ora, io giocherò nella loro
porta per avere contro Hyuga e gli altri, ma ci vuole qualcuno fra i
pali della nostra porta... Non è che ti
andrebbe...”
“Io?!?” balbettò incredula, puntandosi
un dito al petto.
Ken annuì, contento.
Yasu lo fissò per qualche istante, poi gridò
“Sììììì!!!”
e gli saltò al collo, stringendolo forte.
Era felice, felice per quella giornata, felice per i guanti, felice
perché avrebbe giocato insieme ai suoi amici, felice
perché aveva i suoi amici, felice perché aveva
Ken e lo stava abbracciando, felice perché lui ricambiava,
timidamente, l’abbraccio.
Difficile dire quale fosse il regalo più bello.
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Note:
* Un credito doveroso: questo, lo ammetto, l'ho ripreso da Jeans di WYHY (che consiglio vivissimamente). E' un dettaglio che ho adorato, spero non me ne voglia per averglielo "rubato".
Una dedica speciale a sissi, che aveva bisogno di sorridere un po'.
Un grazie alla mia beta rediviva rel, che mi era mancata assai!!!
bacini sparsi a tutti