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Autore: Pentesilea_    10/02/2012    10 recensioni
Da una costola della fanfiction "Obviously", nasce questa one-shot in quattro parti che racconta l'amore febbrile di Amihan e Desmond quando ancora non sapevano che avrebbero messo al mondo una creaturina perfetta che tuttavia già allora aveva un nome: Blaine.
Dedicato con sincero affetto e gratitudine a tutte le persone che seguono con attenzione e attaccamento insperati la mia prima storia: AMOVI selvaggiamente. ♥ P.
N.B. Ovviamente la one-shot contiene spoiler della storia principale.
*** Estratto dal testo: ***
«Narito ang maaari mong gawin kung ano ang nais mo», "qui puoi fare ciò che vuoi": questo le ricordava sempre suo padre, e la piccola Amihan crebbe con questa salda certezza.
«Namhaid ceird mura gcleachtar», "La pratica rende perfetti": questo gli ripeteva continuamente suo padre, ed "essere perfetto" era lo scopo e la condanna del piccolo Desmond.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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How do you say

Da: me
A: Chiunque stesse leggendo
Prima di lasciarvi all'ultima parte di questa storia, mi preme prendermi un po' di spazio per dire Grazie.
Grazie  infinite  a tutte le meravigliose  persone che mi hanno regalato una recensione che sapete non è mai solo "un commento" per chi non ha grande considerazione di sé, perciò mi permetto di abbracciarvi forte forte: sakuraelisa, lithi, natalie91, AlbaSilente91, hipster, aleka_80, rocketforPigfarts_, LaTuM, LexiPopUp, LazyLuchi, meggap, aspasia776, valigleek, AKindOfMagic, ND_Warblers518, Agni, Alice_In_Warblerland, hipster, GinnyIris93, e in privato, come piace a loro,  saechan, Ransie86, MissBethCriss, TheVampiresAssistant, chiccahp. ♥♥♥
Grazie a chi ha seguito, ricordato e preferito questa storia, regalandomi un'inattesa conferma della vostra stima che spero di meritare sempre e del vostro affetto che è totalmente ricambiato ç__ç ♥
Grazie a chi si è soffermato anche solo a leggere la storia di Amihan e Desmond, benché non esistano se non nella mia testa e, posso dirlo con infinita e commossa gratitudine, nel cuore di chi ha imparato ad amare Obviously: siete tanti, più di quanti questa piccolissima cosa si aspettasse, e sono senza parole. T___T
Grazie a chi ha sopportato i miei pietosi ritardi, per i quali mi scuso anche pubblicamente benché non sia stata una mia scelta. E a tal proposito ringrazio tutti, in particolare Alba ♥, per avermi tenuto la mano con discrezione e affetto vero.
Questa storia serviva per sdebitarmi e invece mi ha dato nuovi e più forti motivi per credere che sarò in debito con voi sempre,
Paola.



Siamo all'epilogo di questa one-shot sui generis e posso dire che mi mancherà da morire senza sembrare la patetica che sono? Ormai l'ho fatto.
Rimando, come al solito,  all'Introduzione alla Prima parte per la dedica e le indicazioni varie, ma stavolta ho delle raccomandazioni speciali. Oltre alla solita insulina, vi raccomando i fazzoletti e vi prego: non odiatemi, per favore. T___T

Abbiamo lasciato Desmond e Amihan che si regalano a vicenda la loro prima volta: era piuttosto chiaro ad entrambi che questo avrebbe cambiato per sempre la loro vita.
Ora li attende una cena ad un tavolo di un certo ristorante italiano destinato ad essere la cornice per i primi appuntamenti degli Anderson di più generazioni *fischietta facendo goffamente la vaga* e poi: la tenerezza dell'amore, l'impetuosità della passione, l'amarezza dei dubbi, la solida fermezza dell'amicizia, la crudeltà della disperazione, l'inaspettata realizzazione dei propri sogni, la dolcezza di un sorriso perfetto.
Mi rifugio nelle note finali  a cui non posso rinunciare, non stavolta (devo fare ammenda ç__ç ). Portate pazienza -.-'' 

N.B. Ricordo che, come sempre, per leggere le traduzioni delle frasi è sufficiente posizionare il mouse sugli asterischi *, e così per visualizzare i contenuti delle note.

Buona lettura!


*** How do you say...? ***

- Parte IV -

Lima, Lima, Ohio, domenica 8 luglio 1990

Il silenzio della stanza era scalfito solo dai loro respiri irregolari mentre cercavano di riprendere fiato e sui loro corpi si stemperava l’intensità del piacere inatteso, insperato e travolgente che li aveva colti legandoli inconsapevolmente ad una schiavitù di reciproco desiderio che li avrebbe accompagnati per sempre, a dispetto di tutto.

Amy si strinse forte a quel ragazzo a cui aveva affidato se stessa come neppure credeva di poter fare e la consapevolezza di appartenergli la scosse in profondità: lei, l’uragano libero del nord est, era stata sua e temeva, o meglio sperava, che lo sarebbe stata in modo irreversibile per il resto dei suoi giorni perché nel momento in cui Desmond scivolò fuori da lei si accorse che s’era portato via la sua stessa essenza e non si sarebbe mai più sentita completa se non fondendosi a lui.

La forza di questa certezza la costrinse a stringerlo più forte e rigò il suo volto senza che potesse opporsi o negarsi quella tenera debolezza.
«Mi avevi promesso che non avresti più pianto per me» mormorò Desmond assediato dalla fragilità inaspettata della ragazza che l’aveva costretto a rivedere tutte le priorità della sua vita
«Scusami - sussurrò pianissimo Amy - è che sono felice» ammise sorridendogli del tutto disarmata.
Desmond sorrise a sua volta e le asciugò le lacrime con il tocco delle sue labbra, quindi le scostò i capelli rivelando la bellezza del suo corpo a cui temeva, o meglio sapeva, non si sarebbe mai abituato.
«Sei così bella - le soffiò incantato - non mi stancherei mai di guardarti, né di toccarti» aggiunse facendo ribollire entrambi
«Narito ang maaari mong gawin kung ano ang nais mo, questo è ciò che mio padre mi ripete da quando son nata, più o meno significa “qui puoi fare tutto ciò che desideri”» gli rivelò Amihan, quindi prese la mano del ragazzo e se la portò sul petto e proseguì «Anche tu qui puoi fare ciò che desideri, Desmond» lo rassicurò in quello che sentiva essere più che un invito mentre le risaliva in gola facendola tremare.

Il ragazzo la guardò intensamente e si avvicinò alle sue labbra mentre rifletteva con un certo divertito orgoglio «Sai invece qual è il motto di mio padre? Namhaid ceird mura gcleachtar, che tradotto suona come “La pratica rende perfetti”»
«A me pare un ottimo consiglio anche questo» rise maliziosamente la ragazza sfiorandogli le labbra con le dita
«Prometto di impegnarmi assiduamente» le sospirò Desmond prima di dare un seguito alle sue parole disegnando dapprima con delicatezza il profilo delle sue curve e poi toglierle il fiato con l’impeto della sua bocca.

Si baciarono a lungo mentre le dita di entrambi si muovevano febbrili sulla pelle imperlata dal fuoco che li avvolgeva «Vuoi che disdica la cena?» le ansimò Desmond sulle labbra
«No» biascicò tremante la ragazza e d’improvviso uno squarcio di lucidità le ricordò il resto del mondo fuori da quel letto «Oddio, Kevin!» sbottò portandosi una mano alla bocca
«Come?» domandò il ragazzo infastidito da quell’ostacolo tra le loro labbra
«Mi son dimenticata di lui! Avrebbe dovuto darmi una mano a prepararmi per la cena - si rammaricò - Come mai non è venuto? O forse non ho sentito...» paventò imbarazzata immaginando l’amico raggiungerla in camera e allontanarsi dissuaso da chissà quali rumori.
«Magari non voleva disturbare - osservò Desmond - l’ho incontrato prima in cucina, mi ha dato il vassoio e mi ha detto di augurarti Buon appetito»
«Oh beh allora...» rise Amy con tono malizioso
«Pensi che alludesse...?» si chiese il ragazzo leggermente imbarazzato
«Kevin allude sempre - gli chiarì - ma sarà felice comunque» osservò con un sorrisetto
«Di cosa?»
«Di noi - mormorò la ragazza annaspando nel peso di quel “noi” - è un tuo fan, e quella scatolina è un suo regalo» aggiunse riferendosi alla confezione di condom appena scartata «Era un suggerimento sul mio eventuale regalo di laurea per te» rivelò poi arrossendo appena
«Beh, direi che è il migliore regalo di laurea che potessi sperare» sussurrò Desmond avvicinandola a sé e rabbrividendo nel sentirla tremare al suo tocco.
«Non so, magari non era granché - minimizzò Amy che dubitava di essere stata particolarmente incisiva vista l’inesperienza e l’inevitabile goffaggine - però ti offro un’opzione rinnovabile per tutto il tempo che vuoi» propose poi ammiccante
«È stato tutto perfetto, almeno per me - le svelò il ragazzo che nutriva gli stessi dubbi in merito alla sua performance - Accetto però l’opzione, anche se potrebbe essere per un tempo più lungo di quanto tu sia disposta a concedermi» la avvisò con un sorriso trepido mentre le sfiorava il viso con le labbra.

Amy distolse lo sguardo e sorrise appena: era a disagio a parlare di un loro futuro insieme perché sapeva cosa implicasse per lui ed era certa che per quanto l’avesse rassicurata in merito, Desmond non avrebbe mai rinunciato a desiderare di essere marito e padre, mentre lei dubitava di potersi riconoscere nelle vesti di moglie e soprattutto di madre.

«Credo di dover andare» si rammaricò il ragazzo dopo essersi staccato a fatica dalle sue labbra
«Dove vai?» mormorò infastidita la ragazza
«Nella mia camera ...» rispose Desmond
«È questa camera tua - gli fece notare Amy - e credo che tu non debba più andare da nessuna parte» gli chiarì pianissimo stringendolo a sé
«Vuoi che mi trasferisca di nuovo qui?» domandò per essere certo di non aver frainteso e la risposta di Amy fu inequivocabilmente «Sì» glielo sospirò sulle labbra dopo averlo baciato con dolcezza e non fu affatto semplice per il ragazzo lasciarla sola perché si preparasse con calma per la cena, tuttavia era necessario perciò si aggrappò al suo innato senso del dovere e si alzò dal letto per rivestirsi mentre Amy fissava con lieve imbarazzo il letto che portava i segni della sua prima volta.
Intuendo le sue preoccupazioni Desmond si avvicinò a lei e le sfiorò devotamente la fronte con le labbra «Penso io a rimettere a posto» le sussurrò premuroso
«No, lo farò io - replicò la ragazza che si chiedeva come fosse possibile che lui riuscisse sempre a prevenire i suoi disagi e a porvi rimedio in un modo così discreto - tu dimmi solo dove posso trovare ciò che mi serve» gli chiese sorridendogli e il ragazzo le indicò il cassetto della biancheria, poi si alzò e raccolse dal pavimento la maglia bianca che aveva portato fortuna ad entrambi quel pomeriggio «Questa la tengo io» la informò mentre la indossava
«È il mio pigiama» gli ricordò la ragazza
«Non ti servirà» le promise languido mentre si chinava su di lei per salutarla un’ultima volta, o meglio penultima, o meglio ancora la prima di tante altre.

«A dopo» le mormorò sulla porta quando finalmente si decise ad uscire
«Des - lo fermò Amy - è stato tutto perfetto anche per me» gli specificò nel caso avesse dubbi in proposito.

Si sorrisero, poi il ragazzo uscì e Amy fissò a lungo la porta per realizzare ciò che era accaduto e convincersi che fosse reale, poi balzò fuori dal letto e saltellò cinguettante fino al bagno senza che riuscisse a contenersi neppure dando fondo al suo considerevole pozzo di cinismo: si limitò a ridere di sé sentendosi incredibilmente stupida e magnificamente felice.


«Bella maglietta!» commentò qualcuno alle spalle di Desmond mentre risaliva le scale dopo aver riposto il vassoio in cucina: si voltò e Kevin era lì con un sorrisetto allusivo che lo guardava con palpabile compiacimento
«Amy, credo ti stia aspettando in camera mia... cioè sua» biascicò imbarazzato
«Direi vostra - suggerì sempre più divertito il giovane ospite - Credo che potrà aspettare altri cinque minuti, ho bisogno di dirti qualcosa» aggiunse serio.
«Dimmi» acconsentì Desmond e i due ragazzi si accomodarono nella sala attigua all’atrio.

«Io non amo i giri di parole perciò vado dritto al punto: si tratta di Amy - iniziò Kevin - Credo di conoscerla meglio di chiunque altro, e non è la persona che lei vuole che gli altri vedano, o almeno non è solo quella: è si forte, determinata e libera come nessun altro, ma è soprattutto fragile, in un modo che non è facile da accettare per chi la ama. Lo sa anche lei ed è per questo che non si è mai concessa il privilegio di mettere se stessa in mano a qualcun altro, finché non ha incontrato te».

La voce di Kevin tradiva l’apprensione per colei che considerava più che una sorella, ma anche la autentica felicità perché sperava, o meglio sapeva, che ora la sua piccola stella bianca non avrebbe avuto più bisogno di lui: aveva trovato qualcuno a cui affidarla e cercando di non lasciar trapelare nulla dell’infinita malinconia di chi sa di doversi congedare da chi ama ma è ferocemente troppo presto per farlo, schiuse le labbra e con il fiato che poteva permettersi lo pregò senza alcuna riserva «Prenditi cura di lei, Desmond, hai tra le mani una creatura delicata e preziosa, se però non hai intenzione di farlo, lasciala andare subito, forse ora potrebbe anche sopportarlo».

Quella preghiera raggiunse Desmond in profondità, esattamente come lo sguardo triste del ragazzo davanti a lui che forse non era un grande attore come avrebbe sperato «Se lei me lo permettesse, io ho intenzione di prendermi cura di lei per il resto della mia vita - gli promise senza l’ombra di alcun dubbio sul suo volto - e poi ci sarai tu a vegliare su di lei e controllare che io non venga meno a questa promessa» lo rassicurò smorzando il tono e sorridendogli.
Kevin lo guardò e quel velo di tristezza si inspessì, tentò inutilmente di cacciarlo via rispondendo al suo sorriso ma sentiva di non essere credibile per cui non rispose e si defilò «Vado da lei. Buona cena e buona serata» gli augurò, poi poco prima di sparire sulle scale, si voltò e lo ringraziò.

Il giovane padrone di casa lo guardò allontanarsi mentre prometteva a se stesso di ottemperare a quello che non era solo un proposito, o una promessa, ma ormai un’esigenza.
E così fu, Desmond si sarebbe preso cura di Amy in un modo che non può essere detto a parole, per lei avrebbe rinunciato anche a se stesso e alla vita che aveva sognato: essere per lei un marito e un amante, e per qualcun altro un padre.



***** ***** *****

Lima, Ohio, Ristorante Venezia, sala Verona, 8 luglio 1990

«Non credo di essere adatta per posti come questo» sospirò senza fiato Amy entrando nella esclusiva sala Verona del ristorante italiano più elegante che avesse mai visto.
«Credo tu sia adatta a qualunque posto» le sussurrò sulla nuca Desmond alle sue spalle, quindi seguirono il maitre e raggiunsero il loro tavolo appartato, accanto ad un’ampia finestra: tutto era bianchissimo, compreso il mazzolino di margherite che decorava il tutto in modo perfetto.

Amy sorrise, convinta che non avrebbe mai potuto rassegnarsi a quel genere di attenzioni e speranzosa di non doversi mai mettere il problema per il resto della sua vita: per quanto fosse contro ogni sua convinzione, lo desiderava al suo fianco per sempre, come quelle eroine svenevoli che aveva interpretato a scuola e che trovava piuttosto ridicole.
Mentre iniziava a mangiare si riscosse tentando di scacciare quei pensieri, illudendosi che guardarlo fosse la soluzione più efficace per farlo e ovviamente sbagliando: lo sguardo e il sorriso di Desmond le tolsero l’appetito e tentando una fuga da se stessa gli chiese debolmente «Perché sorridi?»
«Stavo pensando alla prima volta che ti ho visto mangiare» rispose con franchezza il ragazzo
«I frutti tondi a Capodanno - ricordò la giovane - ti sarò sembrata una pazza!» aggiunse con una risatina
«No, mi sei sembrata la cosa più bella che avessi mai visto - la lusingò Desmond incespicando sulle parole - poi ti sei messa in bocca l’uva e non ho capito più niente» confessò con un sorriso malizioso consapevole che l’appetito fosse appena andato a farsi benedire anche per lui.
«Nessuno mi aveva mai guardata così - ammise Amy - è stata la prima volta che ho provato imbarazzo nella mia vita» si lasciò sfuggire
«L’avevo sperato» sospirò il ragazzo deliziato
«Evidentemente è destino che tu debba essere la mia prima volta in tutto» osservò il piccolo uragano abbassando lo sguardo
«Vorrei tanto essere anche l’unico» commentò pianissimo Desmond quasi colpevole nel manifestarle quel velato senso di possesso che poteva offenderla, eppure Amy si lasciò scorrere dentro le sue parole e fu costretta a sollevare lo sguardo per essere certa che lui le leggesse negli occhi l’intensità con cui lo corrispondeva nel medesimo desiderio «Lo vorrei anch’io» sussurrò arrossendo

«Allora sposami!»

Fu un attimo, l’impeto del momento, la follia di un sogno reso suono che si propagò nella stanza senza rimedio.
Desmond serrò gli occhi e si maledisse all’istante: l’aveva detto sul serio, era stato capace di rovinare in una frazione di secondo quello che fino a quel momento era stato senz’altro il giorno più bello della sua vita. Sapeva benissimo come la pensasse Amy al riguardo e si sentì sprofondare nel senso di colpa senza avere il coraggio di riaprire gli occhi per poi trovarsi di fronte lo sguardo accusatore o indifferente di lei, o peggio deluso.
Rassegnato e avvilito dalla sua immane stupidità, già presagiva nell’ordine la reazione della ragazza: avrebbe assunto un’aria incredula seguita dall’inevitabile distacco, oppure, cosa perfino peggiore, avrebbe fatto finta di non aver sentito per evitare di dover ribadire ancora una volta la sua opinione in merito.
Ne era certo e attese di conoscere il suo destino per attimi che gli parvero un’eternità, poi Amihan gli sussurrò con dolcezza «Credevo di averlo fatto qualche ora fa, in fondo ero vestita di bianco e tu indossavi un abito da cerimonia tradizionale».

Desmond la fissò totalmente spiazzato: possibile che non fosse indietreggiata di fronte alla sua proposta? Ancora non sapeva che la prevedibilità non apparteneva all
indole di Amy.
Il ragazzo deglutì a fatica, poi realizzò che forse quella fosse l’occasione per chiarire una volta per tutte che la sua proposta, per quanto impulsiva, non era che la sua volontà senza il filtro della ragione: il giovane l’avrebbe sposata, forse non subito, ma di certo un giorno voleva credere di potersi consacrare a lei in una cerimonia che però, secondo Amy, non era altro che una inutile pantomima ipocrita.
Raccolse dunque tutto il coraggio di cui disponeva e decise di osare e di farlo guardandola negli occhi: sollevò quindi il mento di Amy fino ad incrociare i suoi occhi e fece la puntata più importante della sua vita sulla roulette del destino.

«Non pensare di cavartela così - iniziò inseguendo parole sfuggenti e respiri fievoli - magari non adesso ma prima o poi io vorrei sposarti, intendo così come deve essere fatto: con dei testimoni che stiano lì attenti a sentirmi giurare di amarti per sempre, un altare da cui osservarti avanzare col fiato mozzato, un Dio che benedica la mia promessa e…»
Amy non lo fece finire anticipandolo «E un bel po’ di foto posate ridicole da mostrare agli ospiti nella nostra casa tutta bianca?» concluse ridendo di gusto
«Si, voglio anche le foto!» confermò serio Desmond.

Amihan smise di ridere, lo fissò seria e si lasciò sfuggire un tenue «Okay» poi riprese a mangiare.

Desmond si irrigidì di colpo perdendo totalmente il senso dell’orientamento e un senso di profondo, dolcissimo sconcerto lo colpì all’altezza dello stomaco. «Okay c-cosa?» farfugliò con tono impercettibile per sincerarsi di aver capito bene.
Amihan riposò la forchetta sul piatto, sollevò lo sguardo e vedendo l’espressione attonita del ragazzo non fu capace di trattenere un sorriso intenerito nel chiarire «Okay per le foto ridicole» ma il suo sguardo tradiva un’emozione inattesa e sfavillava di una luce nuova che Desmond era certo di non aver mai visto «E okay per i testimoni, l’altare, la promessa e tutto il resto» mormorò con tale timido imbarazzo che il cuore del ragazzo smise di battere
«Mi stai dicendo "Sì"?» balbettò meravigliosamente smarrito
Amy si guardò dentro e tutto le sembrò chiaro: quel «Sì» le risalì dal ventre invadendo i suoi occhi con un brivido intenso e un tremolio nella voce che fece saltare il cuore in gola a Desmond che allargò la bocca nel sorriso più bello che la ragazza gli vide dipingersi in volto, e dire che ne aveva visti di bellissimi, ma in questo c’era davvero l’ombra di un’inattesa felicità che la toccò nel profondo.

«Vuoi dire che accetterai un giorno di essere mia, tutta mia e solo mia per sempre?» chiese mandando all’aria l’etichetta e volando pazzo di gioia in ginocchio ai suoi piedi
«Beh se la metti così, sì» mormorò la ragazza avvicinandosi al suo viso «Ma non illuderti: non cambierà niente - specificò in un soffio - tua lo sono sempre stata» e Desmond non attese neppure di riprendere fiato prima di impossessarsi delle sue labbra.

Mescolarono i loro respiri a lungo in quello che fu il loro primo bacio da fidanzati, diverso da tutti gli altri: un bacio intriso di promesse, di speranze, di paure e di verità finalmente svelate.


Quando tornarono a casa quella notte trovarono un biglietto sulla porta: “Ho costretto tutti a venire a Columbus a vedere Patrick Swayze “Ghost” torneremo molto tardi . Buonanotte! ;-) Kev”

«Credo di amare questo ragazzo» commentò entusiasta Desmond
«Ecco, lo sapevo! Altro che amore eterno ed esclusivo! - sbottò fintamente seccata Amy incrociando le braccia al petto - Avrei dovuto capire che la tua non era una proposta seria, mia madre me lo ripete sempre: una proposta senza anello non è altro che parole al vento!»
«Ho improvvisato - si giustificò il ragazzo - però aspetta, ce l’ho l’anello!» si illuminò cercando qualcosa dentro le tasche
«Scusa ma vai in giro con un anello di fidanzamento in tasca?» domandò basitissima e leggermente spaventata la ragazza
«No!» rise il ragazzo vedendola sbiancare mentre controllava l’orologio da tasca «Non l’ho messo - constatò deluso - ma vieni come me!» le ingiunse prendendola dolcemente per mano e trascinandola con sé attraverso le scale e il corridoio fino in camera sua.
Una volta dentro la stanza, la fece sedere sul letto e cercò qualcosa in un piccolo scrigno di legno bordato d’argento da cui estrasse una scatolina rivestita di velluto rosso.
Si avvicinò quindi alla ragazza che lo guardava stupita e si inginocchiò ai suoi piedi: Amy non l’avrebbe mai ammesso ma quello fu uno dei momenti della sua vita che avrebbe voluto rivivere per un numero imprecisato di volte, certa che non avrebbe potuto sentirsi più emozionata, indifesa e ebbra di gioia come nell’istante in cui Desmond aprì la scatolina e le ribadì «Vuoi essere mia, Amihan?».
Trovare il fiato per rispondergli non fu semplice ma lo desiderava con ogni fibra di sé, perciò socchiuse le labbra e lasciò che le parole trovassero la strada «Con tutto il mio cuore, Desmond» sospirò e gli occhi di Desmond tradirono il trasporto con cui stampò a fuoco vivo quelle parole in ogni angolo di sé.

«È l’anello di fidanzamento di mia madre» balbettò mentre estraeva un insolito cerchietto d’argento dalla custodia
«Des, non posso accettarlo» si ritrasse Amy che temeva di violare il ricordo di sua madre e impossessarsi di qualcosa che non le spettava
Desmond la guardò con tenerezza «Hai appena accettato di diventare mia moglie, a chi altro dovrei darlo?» ribadì con ovvietà, quindi le prese la mano e la baciò, poi le mostrò l’anello che aveva un significato più profondo di quanto Amy potesse immaginare «È un claddagh ring - le spiegò - l’anello di fidanzamento irlandese: il cuore qui al centro simboleggia l’amore, le due mani che lo sostengono l’amicizia e la corona sopra è il simbolo della lealtà e fedeltà».

La ragazza lo ascoltò con attenzione e alla fine osservò senza fiato «Forse voi irlandesi non sapete dire “Si” e “No”, ma sapete cos’è l’amore»
«Forse gli altri - replicò Desmond - ma io non lo sapevo prima di incontrarti» le sussurrò mentre infilava l’anello al suo dito.

Amy lo lasciò fare, poi allungò la mano sul suo viso e non le importava che lui la sentisse tremare, o la vedesse piangere, l’unica cosa che le premeva era che capisse con certezza quanto lo amasse. Eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva a dire nulla, o più probabilmente non era più tempo di parlare e quando Desmond la baciò lo capì anche lei.

Quella notte fecero l’amore, più volte, con trasporto e tenerezza, affamati e trepidi, e così le notti successive.

Quando Amy fu costretta a tornare a NYC per le prove della stagione teatrale a Central Park, Desmond volò via con lei per poi trasferirsi definitivamente nel suo appartamento a settembre quando iniziò a frequentare i corsi del Master in Economia e Finanza.

Faticavano a stare lontani l’uno dall’altra il giorno, e sarebbe stato impossibile sopportarlo la notte, quando tutto si spegneva nella loro stanza tutta bianca e il silenzio avvolgeva i sospiri caldi di Desmond infranti sulla pelle assetata di Amy svelando suoni di lei destinati a restare sconosciuti a chiunque altro, per sempre.



***** ***** ***** ***** *****

New York, Greenwich Village, lunedì 29 ottobre 1990

Desmond arrivò a casa il prima possibile per essere certo di poter fare il suo in bocca al lupo ad Amihan che nel pomeriggio avrebbe dovuto sostenere il secondo provino per un’importante produzione di Broadway: era la prima vera grande occasione dopo la fine della scuola e la ragazza vi aveva riposto con contagioso entusiasmo tutte le speranze di vedere concretizzarsi i suoi sogni, lahat ng kanyang pangarap *.

Quando il ragazzo entrò nell’appartamento fu raggiunto dalla voce di Amy che provava il suo brano supportata da un pazientissimo Kevin.
«You are sunlight and I moon / Joined here / Bright'ning the sky / With the flame / Of love» intonò sicura Amy accompagnandosi al suo piano «Tomorrow will be the full moon, I can bring friends to bless our room with paper unicorns and perfume, If you want me to»
«Unicorns? Sure» 1  rispose Desmond sulla porta
«Oh, non ti aspettavo!» si sorprese Amy correndogli incontro e saltandogli al collo per sbaciucchiarlo sotto lo sguardo rassegnato di Kevin che ormai aveva dovuto abdicare dalla carica di re del fluff, o quantomeno concedere alla sua amica di spartire il trono con lui.
«Non potevo farti andare al provino senza il mio In bocca al lupo speciale» le spiegò ammiccante Desmond stringendola a sé con propositi tutt’altro che casti
«Pensavo l’avessi fatto stamattina, e più volte» sottolineò compiaciuta Amy guardandolo con un misto di malizia e imbarazzo che faceva perdere completamente la testa al suo fidanzato.

«Ok, io credo di essere di troppo - proruppe Kevin abbandonando la stanza - oltre che invisibile» aggiunse alzando gli occhi al cielo
«Alla fine hai scelto Miss Saigon?» constatò Desmond che realmente non s’era accorto dell’uomo invisibile che abbandonava mestamente il campo
«Si, mi ha sempre portato fortuna - osservò Amy anche lei colpita dalla stessa romantica disattenzione all’amico - e poi mi tengo il pezzo forte per l’ultimo provino»
«Vuoi provare ancora?» propose il ragazzo sedando a fatica i suoi bollori
«Un’ultima volta» rispose Amy mentre inaspettatamente si svestiva
«Che fai?» chiese speranzoso, nuovamente investito dal fuoco del desiderio
«Indosso l’abito di scena» ribatté la ragazza mentre indossava una maglia scura di Desmond guardandolo divertita dagli effetti immediati e piuttosto evidenti del suo fascino sul corpo del ragazzo.

«You are sunlight and I moon / joined by the gods of fortune...» iniziò a cantare Amy avvicinandosi al ragazzo e cingendolo tra le sue braccia: ma fu l’unico verso che riuscì a intonare prima che Desmond iniziasse il suo rito propiziatorio sfilandole via la maglia di dosso e sostituendo ad essa le proprie dita e la bocca che in breve raggiunse ogni angolo della sua pelle.


«Dovrebbero brevettarti come rito scaramantico!» commentò affannata Amihan tra le braccia del suo amante, ancora scossa dalla frenesia del piacere
«Sono un tuo brevetto esclusivo e non cedibile» replicò il ragazzo con il fiato corto, ma non aggiunse altro inseguendo i suoi pensieri che divennero palesi nell’ombra di preoccupazione che gli si dipinse sul volto
«Che c’è?» gli chiese Amy
«Niente» tentò di rassicurarla Desmond
«Sei preoccupato?» suppose a ragione la ragazza
«Un po’» ammise il giovane
«Non devi...» tentò di rispondere la giovane subito interrotta «Lo so, li conquisterai tutti» considerò con un sorriso il fidanzato
Ma Amy aveva intuito esattamente la natura dei suoi pensieri perciò sfiorò con affettuosità l’anello che abbracciava il suo dito e gli assicurò «No, intendevo che non devi preoccuparti perché questo non cambierà niente tra noi» e il sorriso di Desmond si fece più convinto.

«Ora devo prepararmi» sussurrò sfiorandogli le labbra
«Vuoi che ti accompagni?» si propose il ragazzo
«No, non potrei concentrarmi su altro se ci sei tu - confessò sapendo quanto l’altro adorasse sentirglielo dire - però puoi aspettarmi qui» gli suggerì sfiorando il materasso
«A letto?» tentò di interpretare il giovane
«Si - confermò languida Amy - se il provino va bene, festeggiamo, se invece va male, mi dovrai consolare» spiegò tentando di essere la spavalda che era sempre stata, ma con lui non riusciva mai ad esserlo senza velarsi di un certo tenero imbarazzo
«Perciò a me andrà bene comunque» prese atto soddisfatto Desmond
«Beh, forse non ti è chiara la differenza tra consolare e... festeggiare» gli sussurrò all’orecchio scatenando le più sfrenate fantasie del ragazzo che non si sentì, alla luce di questo incentivo, di lasciarla andare prima di un ulteriore “In bocca al lupo” speciale dei suoi, a cui Amy non volle, o meglio non seppe sottrarsi.


Quando finalmente la ragazza lasciò l’appartamento per recarsi al provino era chiaramente in ritardo ma era certa che sarebbe andato tutto bene o che comunque la sua serata sarebbe finita bene. Pensare che un provino finito male potesse non essere sinonimo di struggimento e profonda delusione, era assolutamente inusuale per Amy che non si soffermò a riflettere sulla portata di quella sensazione che segnava definitivamente un sovvertimento delle sue priorità con il quale presto avrebbe dovuto scontrarsi.


Desmond lasciò il letto sistemandolo appena perché fosse pronto alle loro prossime prodezze e dopo essersi rivestito raggiunse Kevin che guardava assente una rivista «Che ne dici se ordino cinese per cena?» gli propose pimpante
«Non credo di esserci» lo informò Kevin
«Perché?» si stupì sinceramente deluso
«Perché vorrei risparmiarmi sottofondi poco edificanti per tutta la notte - commentò il ragazzo sollevando un sopracciglio con biasimo - siete fastidiosi, sai?»
«Scusami non credevo che...» balbettò Desmond
«Beh o tu sei molto bravo o lei è particolarmente sensibile e francamente vorrei che questo dubbio restasse tale - rincarò Kevin divertito dall’imbarazzo crescente sul viso del coinquilino - perciò credo che andrò a dormire da John»
«Mi dispiace - si mortificò l’altro prendendo posto sul divano accanto a lui - non pensavo fossimo così fastidiosi» aggiunse paonazzo
«Non lo siete affatto - si intenerì Kevin - la mia è solo invidia» sospirò sommessamente.

«Perché mai dovresti invidiarci? Tu hai John e siete una coppia perfetta» replicò stupito Desmond
«No - sussurrò con un sorriso sarcastico interrompendolo - noi non lo saremo mai per gran parte delle persone e non fa alcuna differenza quanto ci amiamo» rivelò rendendo evidente un peso che lo opprimeva e che Desmond non aveva mai visto né ipotizzato.
«Ma che ti importa di quello che pensano gli altri?» domandò infatti
«Questo è quello che ci raccontiamo per sentirci più forti, ma è una grandissima cazzata!».

Lasciò andare le sue parole con tutta la frustrazione che in genere non poteva permettersi di esternare, eppure quel pomeriggio con a fianco un ragazzo che aveva imparato ad apprezzare, Kevin diede voce alla parte di sé che più detestava, ma che era dannatamente viva in lui e scalpitava, ferendolo «Forse sarebbe vero se fossimo eremiti - riprese tenendosi le mani in una morsa tesa - ma purtroppo viviamo in un mondo pieno di “altri” che ti giudicano e ti condannano nel breve spazio di un minimo gesto di tenerezza verso la persona che ami. Ti dirò una cosa che non sentirai mai da una persona come me fiera di ciò che è e che vive apertamente la sua sessualità: ci sono giorni che ti sembra di essere dentro un incubo da cui speri di svegliarti e scoprirti “normale”, anche solo per scoprire cosa significa» il dolore con il quale pronunciò quelle parole iniziava a diventare palpabile anche per Desmond che lo guardava profondamente colpito.

«Non fraintendermi io sono davvero fiero di ciò che sono e di vivere di conseguenza - specificò Kevin sentendo la partecipazione del ragazzo cadergli dentro come un balsamo ristoratore e dandogli il coraggio di essere spietatamente trasparente e liberarsi, finalmente - ma non è facile e io mi son scelto un ambiente privilegiato in cui vivere, dove essere gay è quasi una regola anziché l’eccezione, ma il mondo non è Broadway. A volte alla PFLAG vedi arrivare ragazzini con i volti tumefatti, genitori spaventati e tu devi dir loro che andrà tutto bene, che non sono soli, che è necessario essere coraggiosi, perché hanno bisogno di una speranza, ma cazzo non andrà sempre tutto bene e non a tutti: devi essere molto forte e non tutti lo sono ... nemmeno io» aggiunse in un sospiro sconfitto che prese il posto della rabbia con cui aveva descritto un quadro che sarebbe stato un giorno tristemente noto anche a Desmond: quelle parole si fissarono infatti nella sua memoria per poi esplodere nella sua testa tanti anni dopo quando capì che qualcuno che amava più di se stesso avrebbe dovuto combattere la stessa battaglia.

«Mi dispiace» mormorò odiandosi per non riuscire a trovare qualcosa di meno scontato, ma rifuggendo d’altra parte da ogni infarcitura retorica che trovava quanto di più svilente da riversare su un amico, quale Kevin era ormai diventato per lui
«Scusami, in questo periodo non riesco a scrollarmi di dosso questa sensazione di stanchezza e disillusione» si giustificò il giovane artista.
Desmond posò la sua mano sulla spalla del ragazzo e tentò di rassicurarlo come meglio poté «Sono sicuro che i tempi cambieranno» gli sussurrò e voleva crederci.

Kevin lo guardò e tentò malamente di sorridergli «Dovranno farlo in fretta, o cambieranno senza di me» mormorò pianissimo e davanti allo sguardo perplesso e spaventato dell’altro, abbassò ogni difesa dando suono al suo inferno «Sono sieropositivo, Desmond».

Il ragazzo restò poi in apnea attendendosi la reazione che aveva visto ripetersi ogni volta che l’aveva detto a qualcuno, tranne Amy: Desmond avrebbe staccato la mano dalla sua spalla, si sarebbe scostato appena un po’ ma sarebbe stato come fuggire lontanissimo inorridito, e tuttavia non gliene avrebbe fatto una colpa.
La mano di Desmond invece scivolò via dalla sua spalla seguendo il profilo del suo braccio fino a raggiungere la sua mano e stringerla forte, come forse non aveva mai fatto e in quel momento Kevin fu certo di avere davvero trovato un amico.
«Avrei voluto dirtelo prima - balbettò frastornato ma pervaso da una strana sensazione di calore e dolcezza che gli arrivava dritta al cuore tramite lo sguardo limpido di Desmond - ma Amy si è convinta che se non lo sa nessuno la cosa è meno reale, però credo che tu avessi diritto si saperlo». Quindi stretto alla sua mano salda gli raccontò di quanto fosse stato irragionevole e stupido a pensare che a lui non potesse succedere e fu più chiaro perché fosse così impegnato nelle campagne di informazione e supporto onde evitare ad altri ragazzi quell’incubo con cui, appena adolescente, si trovò a convivere.

Kevin riusciva a stento a trattenere le lacrime, ma quando giunse al suo più grande rammarico andò inevitabilmente in pezzi «Insomma, alla fine toccherà proprio a me spezzarle il cuore per primo» arrancò tra i singhiozzi e Desmond lo strinse forte tra le sue braccia, nessuno avrebbe potuto capire meglio di lui quel tormento per la ragazza che entrambi amavano sconsideratamente.


Quella sera il ragazzo pianse a lungo stretto tra le braccia di Desmond, le stesse che l’avrebbero sostenuto qualche anno dopo, quando una leucoencefalopatia multifocale progressiva2 lo strappò via dal cuore di chi lo amava: stretto in quell’abbraccio forte, sotto lo sguardo amorevole di Amy sdraiata accanto a loro mentre cercava di non venir meno alla promessa che non avrebbe mai pianto per lui, Kevin sorrise un’ultima volta, poi si addormentò sereno, come un bambino circondato dall’affetto muto e solido della sua famiglia.



***** ***** ***** ***** *****

New York, Chelsea, Blarney Stone, mercoledì 7 novembre 1990

Concluse le lezioni, Desmond e Sean decisero di fare un salto al loro pub preferito e rilassarsi davanti ad un Irish coffee.
«Credo che se sopravvivrò al trasloco e alla gravidanza di Katherine potrò dirmi invincibile!» commentò esasperato Sean
«Quando pensi di trasferirti?» chiese l’amico
«Ai primi di dicembre - rispose l’altro - Faremo il nostro primo Natale nella nuova casa» aggiunse con un sorrisetto entusiasta che tradiva sentimenti ben meno insofferenti di quando volesse lasciare intendere.

«Sei sicuro che sia una buona idea invitarci tutti per il compleanno di Katherine? Magari è stressante per lei nelle sue condizioni» si preoccupò Desmond
«Ma scherzi? Kathy ci tiene tanto!» lo rassicuro il futuro papà.

Desmond tuttavia non voleva che la donna si stancasse con tutta la combriccola intorno a cui badare, per cui con Amy avevano deciso di prenotare in un alberghetto suggestivo nelle vicinanze raccontandosi che fosse per altruismo quando in realtà sapevano entrambi che pernottando dai Doyle avrebbero diviso la camera con altri e si conoscevano ormai abbastanza bene per sapere che non potevano rinunciare alla loro intimità e a tutto ciò che essa comportava.

Sean intuì dallo sguardo imbarazzato dell’amico le loro reali premure e si limitò a sorridergli maliziosamente, poi ribadì quando la sua adorata mogliettina fosse smaniosa di avere intorno tutti gli amici di sempre «Ora che l’arrivo di Neal è più vicino s’è messa in testa che deve approfittare di ogni occasione per “vivere la sua vita”, poi dice sarà “mamma per sempre” e niente sarà più come prima» spiegò citandola.
«Credo di capire cosa intenda» si lasciò sfuggire con il solito velo di trepida malinconia Desmond
«Beh credimi non lo sai: già il matrimonio ti cambia la vita - ribatté deciso Sean - un figlio non oso neppure immaginare»
«Io mi farei cambiare la vita così anche domani se potessi» sospirò il ragazzo fissando il suo Irish coffee prima di bere un altro sorso dal retrogusto amaro
«Accadrà Desmond, prima che tu creda - lo rincuorò l’amico che non riusciva realmente a credere che i suoi più cari amici fossero così ciechi riguardo a questo punto - non credo di aver mai visto due persone nate per amarsi come voi due» osservò posando delicatamente la mano sulla sua spalla
«Ma forse questo non basta» considerò il ragazzo
«Ti prego! Ancora con questa storia di te che ostacoli i suoi sogni e altre fesserie? Ma la vuoi finire? - proruppe Sean - Come pensi di poterla ostacolare? Avanti, dimmelo! Tante artiste sono sposate e hanno matrimoni solidi, inoltre lei ha accettato si sposarti perciò credo dovresti darle un po’ più di credito!»
«Si, ma l’ha fatto solo per me - sottolineò Desmond - non lo desidera quanto me e ora c’è la reale possibilità che lei possa esaudire i suoi desideri e io ho intenzione di fare tutto ciò che posso per far sì che accada, anche se questo dovesse significare rinunciare ai miei sogni» rivelò con sicurezza e rassegnazione
«E ti stupisci se lei farebbe qualsiasi cosa per te? - puntualizzò con tenerezza l’amico - Sei un idiota comunque, sappilo, adorabile, innamorato pazzo, ma idiota: se fossi in te non sarei così sicuro che i suoi desideri più importanti non portino il tuo nome» gli palesò senza troppi giri di parole.

Desmond avrebbe desiderato crederlo possibile con tutto se stesso, ma non poteva permettersi una delusione che non avrebbe sopportato e lo rese chiaro anche a Sean «Non lo saprò mai perché non la metterò mai di fronte ad una scelta: le starò vicino in qualunque modo lei voglia».
«Va bene - chiosò il ragazzo - Io però intanto inizio a prepararmi il discorso»
«Quale discorso?»
«Quello per il matrimonio del mio migliore amico - rispose con sicurezza per nulla scalfito dalle elucubrazioni dell’altro - e conoscendo il soggetto in questione sarà a Capodanno» aggiunse con un sorrisetto: una previsione fin troppo facile per chi conosceva a fondo la vena romantica dell’amico che non avrebbe resistito a sposare la donna della sua vita nel giorno dell’anniversario del primo momento in cui il suo sguardo si posò su di lei.

Desmond gli sorrise e un giorno avrebbero riso insieme della sua prevedibilità durante un discorso perfetto che terminò con un brindisi, lo stesso che il giovane Doyle propose in quell’istante «Ai tuoi desideri, Desmond»
«E a quelli di Amy» aggiunse il ragazzo
«Che ho idea si realizzeranno contemporaneamente» concluse Sean mentre faceva trillare il suo bicchiere su quello del suo più caro amico.



***** ***** ***** ***** *****

New Jersey, giovedì 13 Dicembre 1990

Amy e Kevin erano partiti da un’ora per raggiungere New York dove la ragazza avrebbe sostenuto l’audizione decisiva strappando dalle mani del destino il suo sogno: essere protagonista di un musical a Broadway.
Desmond stava aiutando Katherine con la preparazione degli ultimi dettagli per la festa di compleanno della sera successiva «Bene, ora abbiamo finito con i tortini, perciò posso iniziare a preparare il pranzo per gli ospiti» cinguettò festosa la donna.
«No Kathy, ora tu ti riposi e se mi permetti il pranzo lo preparo io» la ammonì premuroso l’amico e prima che la padrona di casa potesse obiettare, aggiunse «No, niente proteste, quanti siamo?»
«Noi tre, Finn, Leah e Liam, Franny, Kelly, Kathleen, il fratello di Sean e sua moglie, le mie amiche Sam, Hannah, Dot... siamo quattordici, gli altri arriveranno domani. - spiegò Katherine - Comunque non preoccuparti, Sean arriverà a momenti con le mie amiche e penserà a tutto lui» gli assicurò sorridente
«No, lasciami fare, così mi distraggo» ribatté sospirando il ragazzo e la futura mamma intuì fosse preoccupato per la sua Amy e lo rassicurò «Non devi essere in ansia per lei, andrà tutto benissimo: sarebbero dei folli a non prenderla» ma forse il problema era proprio quello per Desmond.

«Cosa canta?» chiese la donna mentre iniziava a trafficare con pentole e padellini ignorando le raccomandazioni del ragazzo
«“On My own” da Les Miserables» rispose l’amico
«Li stenderà tutti - ribadì sempre più convinta Kathy, quindi lo guardò con affetto e aggiunse con un sorrisetto - un po’ come ha fatto con te, Des: non ti avevo mai visto così felice».
Il ragazzo arrossì lievemente e abbassò il capo in segno di ammissione «Mi prometti che aspetterete che io sia rientrata nella mia taglia quarantadue prima di sposarvi? - chiese preoccupata la giovane - Vorrei sfoggiare qualcosa di meglio di un poncho!» siglò ridendo di sé e delle sue forme arrotondate dalla gravidanza
«Credo che avrai tutto il tempo di rimetterti in linea» mormorò dubbioso Desmond che al momento vedeva il matrimonio come una fugace chimera
«Ho idea di no - ribatté con sicurezza Katherine - e non credo di sbagliarmi» bisbigliò strizzandogli l’occhio e già fantasticando sui dettagli di quello che ai suoi occhi aveva tutte le premesse per essere un matrimonio perfetto.


Gli ospiti arrivarono prima di pranzo e la confusione che ne seguì era esattamente ciò che serviva al giovane Anderson per non torturarsi con i pensieri contrastanti e con il senso di colpa incombente.
Dopo pranzo Kathleen si avvicinò a Desmond che fissava l’orologio in preda all’ansia: Amy gli aveva promesso che l’avrebbe chiamato intorno alle diciotto in albergo, solo perché il rating delle loro telefonate ormai era fuori controllo e non volevano scandalizzare nessuno dei loro amici con i picchi di melassa o più interessanti e audaci pratiche, perciò avevano accantonato l’idea che lo chiamasse dai Doyle.

La ragazza di avvicinò timidamente incapace di nascondere la sua agitazione nei confronti di colui che sarebbe rimasto per sempre il suo più grande sogno infranto
«Come mai tutto solo?» domandò con speranza
«Ciao» disse Desmond dimenticando di averla già salutata ore prima, ma l’interesse all’ambiente circostante scemava man mano che le lancette di quel dannato orologio a pendolo si avvicinavano al momento in cui avrebbe salutato tutti per volare in qualche modo da lei.
«Amihan? Non c’è?» riprese la ragazza prodigandosi per ottenere la sua attenzione
«È rientrata a New York per un provino, tornerà qui domani mattina» rispose il ragazzo con evidente frustrazione e Kathleen patì quell’amarezza nel profondo: il suo Des aveva scelto un’altra donna a cui dedicarsi e sembrava davvero non esserci più alcuna speranza per lei che avrebbe dovuto editare tutta la sua visione del futuro cancellando la presenza di colui che aveva ispirato tutti i suoi progetti e desideri.

La ragazza sospirò, quindi si produsse nei soliti convenevoli su come stesse la ragazza e come procedesse la loro vita e benché il ragazzo l’avesse rassicurata lambendola con la caustica forza del loro amore, c’era un’ombra di preoccupazione nel suo sguardo che Kathleen riconobbe e vi si aggrappò con tutta se stessa: forse non era tutto perduto, forse c’era una falla in quel sentimento che l’aveva ferita, forse avrebbe dovuto approfittarne o se lo sarebbe rinfacciato per il resto dei suoi giorni.

Respirò dunque a fondo e iniziò a lamentarsi della disposizione dei posti letto sperando forse in un invito a spostarsi in camera sua, ma il ragazzo le spiegò di aver scelto un’altra sistemazione e senza che potesse ragionare sulle conseguenze, Kat si ritrovò a chiedergli di accompagnarla all’albergo perché anche lei aveva bisogno di un posto tranquillo e Desmond acconsentì.

Kathleen raccattò i suoi bagagli e lo seguì, ma il ragazzo era stranamente assente e quando raggiunsero il locale la salutò di fretta perché conoscendo Amy sapeva che non avrebbe resistito e avrebbe anticipato la telefonata.
«Passo a prenderti per raggiungere gli altri per cena?» gli chiese la ragazza prima che lasciasse la hall «No, mangerò qualcosa qui. Buona serata» le augurò con un sorriso Desmond, quindi le baciò la fronte e sparì.


Mentre Amy faceva dunque un passo deciso verso il destino che s’era scelta, Desmond raggiunse la loro camera e, come aveva tristemente presagito, l’impatto con l’ambiente condiviso la notte prima e le due precedenti lo fece sprofondare nella fitta nebbia dei suoi pensieri contrastanti. Il ragazzo era davvero felice per la sua Amy e sperava per lei solo il meglio, ma non poteva fingere a se stesso di non sentire quel tarlo maledetto insinuarsi nella sua mente e logorargli lentamente il cuore.
Si lasciò cadere sconfitto sul letto: sapeva che da quel giorno le loro vite sarebbero state investite da un ciclone talmente forte che non poteva fare a meno di chiedersi quanti e quali danni avrebbe causato al loro sentimento.

Erano quasi le sei del pomeriggio e Desmond era sempre più dolosamente impantanato nel groviglio delle sue sensazioni, ma quando il telefono finalmente squillò e sentì lo stranamente timido «Ciao amore, sono io» di Amy non seppe trattenere un sorriso pensandola agitata che cercava conforto in lui e si sentì terribilmente in colpa per ciò che inesorabilmente occupava la sua mente corrodendola. Scacciò pertanto ogni negatività con il desiderio unico di infonderle il coraggio necessario per spiccare il volo, anche se l’avesse portata lontano da lui.

«Mia piccola star, allora li hai già stesi?» chiese con dolcezza
«No, non ancora» sospirò Amy
«Sei nervosa?» le sussurrò intenerito
«No, emozionata direi» puntualizzò la ragazza
«Dove sei adesso?» domandò il giovane sperando fosse lontano da occhi indiscreti per sommergerla con l’impeto della sua passione che correva ormai anche sul filo del telefono
«Nell’unico posto in cui vorrei essere. Anzi, ci sarò tra poco» rispose pianissimo Amy scossa da brividi che poco avevano a che vedere con il provino. Desmond fu tuttavia costretto a rinunciare ai suoi propositi perché mentre la ragazza parlava sentì qualcuno chiederle qualcosa e intuì fosse il suo turno «Tocca a te?» verificò
«Si - confermò in un soffio la giovane artista -Ti chiamo più tardi» gli promise
«In bocca al lupo, amore mio» le augurò il ragazzo
«Il Cielo protegga quel lupo!» sussurrò ridendo tra i denti Amy prima di chiudere la comunicazione.


Desmond abbandonò la cornetta sul comodino, senza neppure riporla per bene sull’apparecchio.
Sentiva di averla persa e non perché dubitasse dei loro reciproci sentimenti, ma aveva sentore d’aver perso per sempre il loro mondo condiviso, il loro simbiotico crescere insieme, fianco a fianco, il loro quotidiano scegliersi ad ogni risveglio e il loro donarsi reciprocamente l’anima e il corpo ad ogni tramonto.
Investito da un senso soffocante di vuoto misto alla commiserazione di sé e al disagio per il proprio egoismo, si lasciò nuovamente cadere sul letto e prese a fissare il soffitto cercando inutilmente di scacciare i pensieri dalla mente.

Non passò neppure un minuto che sentì bussare alla porta.
«La cena» pensò incapace di risollevarsi da quel letto, ora così dannatamente freddo, tanto che restò lì, ignorando quel tocco: aveva scordato di disdire il servizio in camera, ma non aveva la forza di liberarsi dal peso che sentiva schiacciarlo. Trenta secondi dopo ripresero a bussare, stavolta con più decisione. Persuaso dal senso del dovere si trascinò a fatica fino alla porta, fece scattare la serratura e si appoggiò al muro interno per sostenere il suo stesso corpo in balìa di una spossatezza che, ne era certo, non lo avrebbe più abbandonato.

Deciso a liquidare la faccenda in breve, aprì il battente ma ciò che vide lo costrinse a ridestarsi: davanti a lui, in piedi, sorridente e decisa, c’era l’ultima persona che si sarebbe potuto aspettare di vedere. Sgranò gli occhi incredulo mentre la donna pareva sapere esattamente ciò che voleva. Desmond fece per chiederle qualcosa ma non ne ebbe il tempo, con un rapido gesto sentì le labbra di lei sulle sue mentre la porta si richiudeva dietro le loro spalle e dietro quella che fino ad allora era stata la sua vita.

Lo stupore che colpì il ragazzo si fece ancora più forte nell’essere totalmente incapace di opporsi all’evidente profferta della ragazza che voracemente esplorava l’antro della sua bocca. Come piegato da un repentino e disperato impulso di vita, escluse la ragione dal suo agire e perfino quel sentimento che lo aveva prostrato poco prima dilaniandolo: lasciò che i sensi lo trasportassero in quello che gli pareva un insperato conforto, un miraggio che sarebbe svanito all’alba.
La passività del giovane lasciò dunque il posto all’azione, la sua lingua si fece strada nella bocca della donna, le sue mani avide pretendevano nuovi spazi da esplorare, il suo corpo reclamava il possesso di lei.
Con la forza devastante di un uomo ferito si lasciò guidare dalla disperazione, come un assetato davanti ad una pozza d’acqua: avido, insaziabile, ubriaco di paura e stupore.
All’impeto del ragazzo rispondeva di rimando l’ardore di lei, se mai fosse possibile, perfino più sfrenato.
Unirono i loro sospiri e i loro corpi per un tempo indefinibile, finché sfiniti si addormentarono.



*****

I raggi del sole erano già alti quando Desmond a fatica aprì gli occhi sul nuovo giorno: un rapido battito di ciglia e li richiuse, ma tanto gli bastò per ricordare quanto era accaduto e ogni singola scena gli si ricompose nella mente scacciando ogni traccia di sonno.
Sbarrò gli occhi e con lentezza innaturale si voltò alla sua destra per sincerarsi che il ricordo fosse reale, e lo era: stesa al suo fianco, con dipinta sul volto un’espressione vittoriosa e appagata, c’era lei che lo fissava con la testa sostenuta dal braccio appuntellato sul cuscino
«Buongiorno» disse la ragazza con un sorriso trionfante.

Il ragazzo, con gli occhi ancora sbarrati non rispose, cercò la voce che gli pareva d’aver perso, poi con tono deciso, dissimulando la paura folle che gli percorreva la schiena in un sinistro brivido, chiese «Mi vuoi rispondere ora?»
«Non ricordo la domanda» si affrettò a rispondergli sorridente con tono sempre più soddisfatto, sfidandolo ad una partita che Desmond sapeva di aver già perso, ne era dannatamente consapevole
«Che ci facevi qui?» tagliò corto lui senza cedere al gioco di lei
«Mi pareva fosse chiaro» rispose ammiccante l’amante
«Non mi va di giocare, rispondi» impose secco

La ragazza si fece seria, si avvicinò a lui sapendo che era giunto il momento di far chiarezza, quindi fissandolo negli occhi rispose «Ti ho già risposto in verità»
«Non mi pare» puntualizzò il giovane mentre sentiva l’alito caldo di lei sul suo collo e constatava che la mancata salivazione rendeva il tono della sua voce più duro, cosa della quale la ragazza si accorse e perciò si avvicinò ancora di più a lui e reggendosi sui gomiti sollevò una mano e la adagiò sul petto del ragazzo.
Si guardarono per qualche istante, quindi la giovane fece un respiro, prese coraggio e chiarì «Si, ti ho risposto al telefono, ricordi? “Sono nell’unico posto in cui vorrei essere, anzi ci sarò tra poco” infatti ti chiamavo dalla hall e un minuto dopo ero qui - a questa parola batté la mano sul petto di lui all’altezza del cuore e concluse - qui, nell’unico posto in cui voglio essere».
Si, quello era l’unico posto in cui Amihan avrebbe voluto stare per sempre: il cuore di Desmond.


Amy aveva steso realmente tutti al provino per il musical, ma aveva rifiutato la parte: sapere di averla potuta avere le era bastato per soddisfare quella parte di sé che era convinta di vivere per questo.
Non cedette di una virgola neppure sotto il fuoco incrociato delle lusinghiere offerte dei suoi interlocutori, decisi a non lasciarsela sfuggire. Fu irremovibile, sorrise e ringraziò tutti, poi prese sottobraccio Kevin che la attendeva fuori dal teatro e lo implorò «Portami da lui».
Quando arrivarono salutò l’amico che non le chiese nulla, non ne aveva bisogno per capire cosa fosse successo, e volò in albergo per riprendere il suo posto accanto all’uomo che amava più di quanto era mai stata capace di dire anche a se stessa. Non un ripensamento, non un dubbio e, ne era certa, non un rimpianto: quella sua scelta era la cosa più sensata che avesse mai fatto in vita sua.


Desmond la fissava ancora con gli occhi sbarrati, incredulo nonostante tutto: per tutta la notte mentre facevano l’amore si era chiesto che le fosse saltato in mente, ma non seppe frenarsi per chiarire, non seppe privarsi di lei in quello che in cuor suo aveva il sapore di un addio, un disperato e frenetico addio. Possibile che invece fosse tutt’altro?
Il dubbio e la speranza si infusero nel suo corpo paralizzato dalla paura. E se avesse rinunciato a tutto per lui come aveva sempre temuto? Glielo avrebbe permesso? Avrebbe lasciato che le sue paure costringessero la ragazza a mortificare le sue ambizioni?
Il giovane si guardò dentro e i dubbi della sera prima parevano essere stati dissolti da una ritrovata lucidità, così ora ne era certo: no, non glielo avrebbe permesso.

Prese dunque la mano della ragazza ancorata stretta al suo cuore e con delicatezza, quasi non volesse rompere l’incanto o far svanire quello che ancora gli pareva un miraggio, se la portò alla bocca per baciarla, quindi la riposò sul suo cuore e puntando i suoi occhi verdi sulle iridi d’ombra che amava, le notificò la più semplice delle ovvietà «Amy, tu “qui” ci sei sempre stata e ci sarai sempre. Forse non son stato in grado di renderti le cose semplici e lasciarti davvero libera di scegliere e ciò mi dispiace tanto, ma sappi che non ti permetterò di rinunciare al tuo sogno per me, non devi sacrificarti per..».
«Shhh - lo zittì Amy serrandogli la bocca con le dita - ma davvero pensi che sia un sacrificio per me? Che questo sia il mio sogno?»
«Amy, io so ciò che sento e ciò che vedo, io ti ho sentita cantare e sai come la penso sul tuo talento, ma soprattutto io ho visto il tuo sguardo mentre canti: tu sei felice, come non lo sei mai stata, neppure con me. Il resto son solo parole». Nel sentirsi pronunciare questa verità il ragazzo ammise a se stesso la propria sconfitta e depose finalmente ogni arma: sapeva che la musica avrebbe avuto sempre un posto predominate non solo nel cuore ma nell’essenza stessa di Amy e che lui, per quanto immensamente l’amasse, avrebbe dovuto accontentarsi di occupare lo spazio libero tutt’intorno.

La ragazza lo fissò incredula e rivide se stessa per un attimo attraverso gli occhi di Desmond e quell’immagine non corrispondeva affatto alla sua verità, quella che non era mai riuscita a dirgli e che ora, ne era consapevole, era giusto che lui sapesse.

Accostò dunque il suo volto a quello del giovane e fissandolo, quasi a volergli infondere anche attraverso gli occhi il senso delle sue parole, cominciò: «Queste sono le tue conclusioni? Credi che cantare sia la cosa che più mi rende felice? Beh lo credevo anche io ma... - si fece più vicina e la voce iniziò a tremarle - mi sbagliavo».

Desmond la fissava perplesso costringendola a mettere nudo la sua anima «Non ho intenzione di smettere di cantare, magari diventerò un’insegnante o mi esibirò con i Tre troll al capodanno irlandese in Ohio o forse mi limiterò a farlo sotto la doccia della nostra casa bianchissima, ma io sarò felice comunque, con te» sospirò senza fiato.

Desmond scosse testa, non voleva o meglio non poteva permettersi di cedere a quella lusinga.
«Cosa c’è? - chiese esasperata la ragazza - Non pensi che sia così?»
«C’è che io impazzirei se ti perdessi, se non ti sapessi mia, se non potessi toccarti e non ti avessi nel mio letto tutte le notti - proruppe il giovane deponendo ogni residua remora e mostrandole la sua più fragile paura - però potrei stare anche peggio se un giorno dovessi pentirti, o se me lo rinfacciassi» biascicò con disperazione.
«E pensi che io invece potrei stare lontana da te, dalle tue mani, dal tuo letto? Possibile che tu non capisca?» sbottò la ragazza con un senso di angoscia incipiente per non riuscire a spiegarsi come avrebbe voluto «Quando sono vicino a te - riprese inseguendo ostinatamente le parole che sentiva nascerle dentro finalmente - Tu sei il canto del mio cuore Des, io non l’avevo mai sentito prima di incontrarti ed è l’unico suono che voglio sentire tutti i giorni della mia vita» concluse con la voce spezzata, trattenendo a fatica un singhiozzo, mentre già una lacrima furtiva le solcava il volto, la prima di tante che non seppe trattenere.

Il peso delle parole di Amy che significavano la portata dell
amore che provava per lui, investì il ragazzo con la forza devastante di uno tsunami e un senso di profondo smarrimento lo percosse. Perso nella profondità dei loro sentimenti, ormai chiaramente corrisposti con la stessa intensità, Desmond si sentì investito del compito più importante della sua vita: essere degno dell’amore di quella creatura che ora se ne stava lì indifesa e inerme a fissarlo col viso bagnato e la passione del tormento negli occhi.
«Ti prego, credimi» lo implorò tra le lacrime e il giovane non seppe resistere un attimo di più: sollevò il capo dal cuscino e con delicatezza invertì le posizioni, quindi si stese su di lei e, mentre sentiva sfuggire ai suoi occhi lo stesso pianto, la baciò fino a toglierle il fiato e anche oltre.

Continuarono a baciarsi come se da quel contatto dipendesse la loro stessa sopravvivenza, poi, senza fiato e totalmente ebbro di una felicità che non credeva di poter contenere, Desmond lasciò le labbra di Amy per risalire fino alla fronte e, giunto in prossimità dell’orecchio le sussurrò con la voce arrochita dal pianto e dal desiderio che scivolò come fuoco fino al ventre di Amy «Come si dice “Voglio fare l’amore con te per il resto della mia vita”
«Non lo so - ansimò Amihan - ma lo voglio anche io».
Pervaso da una sensazione di calore mai provata prima, il ragazzo la strinse a sé sentendola totalmente sua e la amò come non credeva di essere neppure capace.

Desmond riprese dunque il suo posto dentro di lei, nel suo cuore, nella sua carne, nel suo sangue, e lì sarebbe rimasto per sempre, perché questa era davvero la cosa che Amihan Poon desiderava di più al mondo, ito ay ang tanging bagay na siya pinaghahanap *.



***** ***** ***** ***** *****

Columbus, Ohio, sabato 5 febbraio 1994

«Coraggio amore mio, un ultimo sforzo e avremo la nostra piccola» sussurrò Desmond stretto alla mano di Amy nella sala parto della clinica dove avevano deciso di mettere al mondo la loro bambina.
La donna lo strinse più forte e fece quanto lui le chiedeva finché un vagito limpido e acuto inondò la stanza.

«Congratulazioni è un maschietto!» annunciò l’ostetrica
«Come?» balbettò stupito Desmond mentre Amy cercava di riprendere fiato
«Avete messo al mondo un bellissimo bambino» ribadì sorridente la donna
«È il nostro Blaine?» sospirò Amihan guardando con trepidazione suo marito, ma non era una domanda
«Si amore, è il nostro Blaine» confermò l’uomo baciandole la fronte e lasciando che il pianto gli rigasse il volto: era padre di un bambino a cui si accostò quasi con devozione lasciando la mano di sua moglie per prenderlo tra le sue braccia tremanti.

Il piccolo gli parve la cosa più tenera e meravigliosa su cui avesse mai posato gli occhi: era indubbiamente loro figlio, la perfetta fusione delle loro essenze
«Guardalo Amy - le singhiozzò avvicinando il neonato alla sua mamma - è perfetto» aggiunse estasiato, ma Amy abbandonò il volto sconfitto dalla parte opposta del letto, negandosi perfino di guardarlo, e si strinse le braccia incrociate sul petto chiudendosi in una prigione da cui non sarebbe più uscita.
Solo troppo tempo dopo Desmond avrebbe capito di aver perso sua moglie esattamente in quel momento.

Inebriato dalla gioia, sollevò il bambino e lo accolse nella sua famiglia «Fáilte go dtí ár teaghlaigh *, Blaine, Maligayang pagdating sa aming pamilya *» quindi, con la voce segnata dall’emozione incontenibile, lo benedisse, come costume della sua famiglia da generazioni, con un’antica preghiera irlandese:
     «La strada ti venga sempre dinanzi,
      e il vento soffi alle tue spalle
     e la rugiada bagni l’erba
     su cui poggi i passi.
     E il sorriso brilli sul tuo volto
     e il cielo ti copra di benedizioni.
     Possa una mano amica
     tergere le tue lacrime nel momento del dolore.
     Possa il Signore Iddio tenerti sul palmo della mano
     fino al nostro prossimo incontro


Piangevano entrambi, padre e figlio, e mentre la disperazione raggelava muta e inesorabile il cuore di Amihan, l’uomo si strinse forte al petto il suo bambino e gli sussurrò sulla fronte ciò che gli avrebbe ripetuto ogni notte prima di addormentarsi, per il resto della sua vita «Courage amore mio, non ti accadrà mai nulla di male: io non lo permetterò» perché quel piccolino era tutti i suoi sogni e solo nel suo sorrisetto dolce Desmond Anderson trovò tutta la perfezione che aveva sempre cercato, Tá gach leanbh idéalach chun a hathair. *



Note
*. lahat ng kanyang pangarap = tutti i suoi sogni
1. Tratto dalla lirica Sun and Moon, dal musical "Miss Saigon"
2. Leucoencefalopatia multifocale progressiva = Si tratta di una malattia virale rara e di solito fatale che colpisce con grande incidenza i malati di AIDS
*. Ito ay ang tanging bagay na siya pinaghahanap = Questa è l'unica cosa che desiderava
*. Fáilte go dtí ár teaghlaigh = Benvenuto nella nostra famiglia, in gaelico
*. Maligayang pagdating sa aming pamilya = Benvenuto nella nostra  famiglia, in tagalog
*. Tá gach leanbh idéalach chun a hathair = Ogni bambino è perfetto per il suo papà



*** Fine ***




* Note a margine di chi scrive *


Mi  odiate vero? So che non tutto è andato come avremmo voluto, ma alcune vicende sono parte anche di Obviously perciò erano già scritte e non avrebbero potuto andare diversamente, nonostante sia stato davvero complicato rispettare questo vincolo e il fatto di aver fatto fuori un pacchetto di fazzolettini mi pare una prova evidente (non solo del fatto che io sia emotivamente instabile -.-').
Scrivere la parola "Fine" è stato più complicato di quanto potessi immaginare: è la prima volta che "chiudo" una storia e confermo ancora una volta che io e gli addi non andiamo per nulla d'accordo.
Da che parte inizio a scusarmi? ç___ç 
Premetto che purtroppo non ho potuto revisionare questa parte come avrei voluto, ma se avessi aspettato a quando mi fossi ristabilita del tutto o fossi stata un minimo sicura di non aver scritto una schifezza totale, non so quanto altro tempo ancora avrei dovuto farvi aspettare! Mi scuso subito dunque se ho deluso le aspettative di qualcuno, mi spiace davvero tanto ma non ho saputo fare di meglio.
Per il resto tenterò di andare per punti e di essere breve (...)  ma non garantisco nulla, al momento sono piuttosto frastornata.
1. Desmond --> spero che aver rappresentato la sua fragilità, i suoi dubbi, le sue paure e la sua umanità, rendano più semplice accostare questo ragazzo all'uomo che abbiamo conosciuto in Obviously. So che non ha senso, ma personalmente non l'ho mai trovato più perfetto di quando ha dimostrato di non esserlo. Confermo che se trovassi un Desmond potrei tatuarmi in fronte "Sono la donna più fortunata del pianeta" e poi morire subito dopo incapace di reggere l'eccesso di felicità e soddisfazione. Ma di questo non credo freghi nulla a qualcuno -.-''
2. Amy --> ecco, se qualcuno avesse creduto che fosse stata la sua malattia a impedirle di diventare una star, beh non è così. So che la cosa si presta a controversie e mi aspetto di tutto (vi prego solo di evitare il lancio di pomodori perché sono allergica). Però la sua non è affatto una rinuncia: io non credo che un artista abbia bisogno del successo  e del clamore per realizzarsi e in questo dissento dall'immagine che traspare spesso in Glee dove sembra che esista un'unica strada per concretizzare i propri sogni. Non spoilero in quale modo Amy coltiverà la sua passione artistica, ma preannuncio che non avrà mai alcun dubbio di aver fatto la scelta giusta. Del resto come potrebbe non esserlo? Ha fatto la scelta più ovvia: essere felice.
3. Amy Desmond -->  che posso aggiungere su questi due? Nulla visto che ho appena pubblicato una sorta di "one shot" su di loro di oltre 34.000 parole escluse introduzioni e note +__+ Credo sia evidente che li amo parecchio e spero possiate perdonarmi per avervi annegato nel miele del loro amore assoluto. ç___ç
4. Blaine --> è una piccola apparizione ma una parte del suddetto pacchetto l'ho consumata solo per queste poche righe -.-'''  Sono un caso clinico, lo so, ma  non so immaginare niente di più meraviglioso di quel neonato se non forse il neonato tra le braccia del suo papà! T____T 
Possiamo dire che l'antica benedizione irlandese si sia in gran parte realizzata da quando un certo Kurt Hummel è entrato nella vita di Blaine? Diciamolo, via!  T_____T *corre ad aprire il secondo pacchetto di fazzolettini*
5. Kevin --> L'ho lasciato per ultimo perché lui è l'unico che non rincontrerò in Obviously, perciò questo è realmente un addio. Quando ho pensato ai genitori di Blaine dovevo prendere delle decisioni sul rapporto con loro figlio, le sue ambizioni, la sua omosessualità. Kevin è nato in quell'istante per giustificare la tenera complicità di Amy e le crudeli paure di Desmond.  Mi sono dovuta limitare a citarlo in un capitolo ma nella mia testa quel ragazzo aveva una fisionomia e una storia che mi spiaceva dover accennare e basta. Non so spiegarlo senza sembrare la pazza che sono, ma mi sento meglio ora che gli ho dato un po' di spazio perché si capisse quanto fosse stato importante per Amy e Desmond. Sto volutamente evitando di commentare la vicenda in sé perché credo sia inutile dire che il pacchetto di fazzoletti mi è servito soprattutto per lui. Nelle parti precedenti ho scritto che avrei commentato il suo personaggio solo alla fine, il realtà semplicemente non potevo farlo e temo ora sia chiaro perché. Mentre scrivevo il destino che lo attendeva non sono nemmeno riuscita ad indugiare troppo sui dettagli perché all'idea di lui che muore tra le braccia di Desmond mi partiva il pianto con singhiozzo, un po' come ora, perciò ho preferito sfumare o non ne sarei venuta fuori. Goodnight sweet prince. ♥♥♥

Grazie ancora, di cuore, a tutti: è stato un privilegio condividere questa storia con voi e spero di non avervi annoiato.
A presto in altri lidi e ad Amy e Des l'augurio che si tocchino di nuovo come è scritto che debba essere, e restituiscano a loro figlio il calore della sua famiglia. ♥

   
 
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