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Autore: Flaqui    11/02/2012    6 recensioni
-Bada a te. Un giorno troverai una falla nel cielo, e allora tutto l’universo cadrà giù. E allora si che saremo tutti nei guai!- aveva detto mia madre quando, a sedici anni, le avevo accennato alla mia visione, un po’ troppo rosea a dire il vero, del futuro che si prospettava.
Io avevo scosso la testa, incredula. –Vuol dire che l’aspetterò con ansia, questa falla nel cielo!- avevo replicato con un sorrisetto malizioso.
Quando avevo sedici anni avevo già progettato tutta la mia vita. Tutto andava per il meglio. La mia band stava scalando le classifiche e il nostro nome era famoso e conosciuto in tutta l’Argentina. Avevo un ragazzo che mi amava con cui sognavo di sposarmi, un giorno, e di avere dei figli. La mia famiglia e i miei amici erano uniti e mi sostenevano, chi più e chi meno, aiutandomi e seguendomi passo, passo.
Splendevo come una stella nel firmamento. Perché avrei dovuto preoccuparmi di una piccola falla nel mio cielo?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una falla nel cielo'
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FERMI TUTTI!
*tutti la guardano e meditano sulla possibilità di metterle una camicia di forza*
No, tranquilli, la mia pazzia è costante, si, ma ora sono stranamente seria!
Prima di partire con il capitolo e i ringraziamenti, dovete ASSOLUTAMENTE, aprire questo link: http://www.youtube.com/watch?v=P__KKJG3Mvc
So che è una scocciatura, per voi, ma è davvero importante, una sorpesa per tutte voi!
RINGRAZIO MissTata55 CHE MI HA GENTILMENTE CONCESSO LA SUA BRAVURA E LA SUA ESPERIENZA PER OTTENERE IL MERAVIGLIOSO TRAILER DI QEUSTA STORIA!
Vi prego, passate a vederlo, ne vale davvero la pena!



Capitolo V
 

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And I'm gonna miss you like a child miss their blanket
But I’ve got to get a move on with my life
Its time to be a big girl now
And big girls don't cry
1)
 
(Fergie)

 

Trovo che la pietà sia un sentimento stupido.
Ogni uomo al mondo fa le sue scelte.
Non è mica colpa mia se la gente fa sempre quelle sbagliate e poi pretende di designare te come causa di tutti i loro mali.
Non avevo provato pena per Melanie Tompson, una mia vecchia compagna di scuola che aveva pianto come una fontana davanti all’intero corpo studentesco quando le avevo finalmente detto ciò che pensavo di lei.
Stupida stronza e gallina.
Avrebbe potuto benissimo evitare di chiamarmi isterica per tutto la durata dell’anno scolastico. Mi aveva provocato, doveva accettare le conseguenze delle sue azioni.
La colpa era sua.
Non avevo provato pena per Talia a cui, alla fine, avevo rubato il posto di “preferita del capo” e il compito di occuparsi dello speciale di fine anno.
Anoressica con il reggiseno imbottito.
Avrebbe potuto benissimo cercare di essere cordiale con me, o almeno fingere di essere educata e gentile invece di deridermi e disprezzarmi da quando avevo messo piede al giornale, istigandomi a superarla in tutto.
La colpa era sua.
Non avevo provato pena per Luca quando mi aveva vista alla festa con Benjamin Gorki, e, quando avevo incontrato il suo sguardo, avevo capito che era finita.
Per lui non avevo insulti.
Ma anche lui si sarebbe potuto risparmiare quella situazione se avesse evitato di dirmi quelle cose, se si fosse comportato in modo diverso.
La colpa era sua.
 
-Mi sono davvero stufata, hai capito?-
Melody buttò giù la porta con una forza di cui non l’avrei mai ritenuta capace. Aveva il viso rosso dalla rabbia e i capelli così scompigliati da farmi preoccupare.
Quando Melody aveva i capelli scompigliati significava che non era riuscita a pettinarsi. E visto che lei aveva la mania di sistemarseli ogni volta che passava davanti ad uno specchio, e casa mia era piena di specchi, voleva dire che c’era qualcosa di davvero importante a turbarla.
-Ora basta, maledizione!- esclamò, avanzando con passo marziale fino alla finestra e spalancandola di botto. I raggi del sole entrarono prepotenti accecandomi per qualche istante, non ero abituata alla luce.
-Adesso basta, tu hai chiuso con questa storia!- esclamò.
La guardai con sufficienza. Aveva gli occhi così spalancati da sembrare delle palline da golf. Dal modo in cui non controllava ossessivamente l’orologio in oro bianco, regalo di Simon, intuì che era appena tornata da lavoro.
Melody fa la modella.
Ora risparmiatevi le battutine ironiche e le risatine. Io l’avevo sempre saputo. Sempre. Da quando, quella volta, a tredici anni, andammo insieme a Rio della Paz, la strada dove i V.I.P. fanno colazione nei piccoli bistrò al limitare della via, e ben cinque, cinque, talent-scout le avevano chiesto se era interessata ad un impiego nel mondo della moda.
Io avrei accettato senza nemmeno pensarci ma lei era testarda, voleva finire la scuola prima, essere una ragazza normale. Non era il mondo della moda, quello giusto per lei. O almeno così diceva.
Io lo sapevo però, l’avevo visto, si era venduta l’anima non appena aveva comprato il suo primo paio di Prada.
-Cosa vuoi?- mugugnai, con un sospiro scettico.
-Che tu la finisca con questa storia! Domenica sei tornata incazzata nera e ti sei rinchiusa in camera, ieri ho chiamato Mar e lei si è messa a balbettare di peonie e cose simili e Valeria mi ha urlato che potevo anche “farti gli affaracci tuoi, giraffa!”. Oggi non sei andata a lavoro e quella stronza della tua collega ha fatto una telefonatina per dire che era così dispiaciuta che stessi male e che avrebbe pensato lei a Melanie e al servizio di fine anno se non te la sentivi! Ora è il momento di finirla!-
Le lanciai un’occhiata neutra. Se non altro, anche se non intendevo alzarmi dal mio letto, aveva catturato la mia attenzione.
-Cosa ha detto l’anoressica?- chiesi, giocherellando con il bordo della coperta azzurra.
-Hai sentito benissimo, quindi ora, alza quel culo e indossa un bel vestito. Simon ci passa a prendere fra mezzora-
-Non vengo-
-Non sai nemmeno dove stiamo andando-
-Non mi interessa-
-Tefi, devo passare alle maniere forti?-
-Mi sequestri il piegaciglia e il mascara?-
-Chiamo Caridad-
Drizzai la testa, spalancando gli occhi. Caridad era una mia amica, va bene. Certo, era un filino strana, sempre con questa sua mania del “vivere nella natura”, con quei suoi capelli orrendi e i suoi vestiti degli anni Ottanta. Ma è una mia amica. L’unico vero problema era che, quando ci si mette, sa diventare davvero asfissiante.
E io odiavo le persone asfissianti. Melody lo sapeva benissimo. Per questo fece quel suo sorrisino furbo, gli occhi truccati di bianco per valorizzarli che si spalancano come sapeva fare lei. Non aspettò nemmeno che io rispondessi, spalancò il mio armadio e afferrò un elemento che i miei occhi ancora semichiusi per il sonno non riuscivano a distinguere e me lo lanciò sul letto.
-Te lo ripeto, Tefi. Muovi il culo-
 
 
-Qualcuno vuole ancora del polpettone?- Cielo sorrise, mostrando il piatto pieno di carne.
Quella sera, a casa di Nico e Cielo, dove Melody mi aveva trascinata con la complicità del suo ragazzo, la cena era stata servita più tardi del solito. Prima di tutto avevamo dovuto aspettare che l’accurata preparazione di Luz, che si truccava e si vestiva come una diva anche solo per fare le scale dalla sua camera alla cucina, fosse terminata. Poi ci si era messo Monito con la sua nuova ragazza, Cristobal con il suo cellulare nuovo che aveva agitato davanti agli occhi di una piuttosto infastidita Alelì e, infine, il ritardo di quaranta minuti di Nacho.
E, poi, ovviamente. La zingara e il suo ragazzo che pomiciavano come dei sedicenni nascosti in bagno e che avevano riscosso molte curiosità da parte di Hope e Paz.
Tacho alzò una mano, non riuscendo a rispondere con la bocca ancora piena. Jazmin lo guardò irritata quando la donna si allungò a mettergli nel piatto un’altra porzione.
-E’ la quarta volta, Tacho!- esclamò con la sua vocetta particolarmente acuta –Adesso basta!-
Lui roteò gli occhi, seccato. Potevo capirlo. Davvero. Il fenomeno era piuttosto irritante se ci si metteva. –Non ho cinque anni, Jaz. Non puoi dirmi cosa fare. E io ho ancora fame!-
Cielo sorrise –Oh, lascialo fare, tesoro. Per una volta che qualcuno apprezza la mia cucina- lanciò un’occhiata sconsolata a Nicolas che fece abilmente finta di niente, continuando a versarsi da bere.
Lleca sbuffò annoiato. –Non è che non apprezziamo la tua cucina, Ciel. È che abbiamo fretta! Non potevi avvertire che avremmo avuto gente a cena?-
-La gente di cui parli, è la tua famiglia, Lleca!- esclamò lei, piena di dignità, risiedendosi di nuovo. Lleca, nonostante le sue arie da duro, viveva ancora con Nico e Cielo, e cercava, inutilmente, di ristabilire le sue priorità e ottenere il permesso di alzarsi da tavola prima del dovuto –E ti ho detto che sarebbero venuti stasera per cena oggi pomeriggio. Avevi tutto il tempo per rivedere i tuoi programmi-
-Certo come no…- borbottò Lleca, facendo roteare gli occhi.
-Bhe, Monito l’ha fatto- fece Nicolas, ingollando la sua buona porzione di pan carré –Maria è qui-
Monito la settimana prima aveva presentato in Casa la sua nuova conquista una ragazzina con una massa enorme di capelli rossi, lentiggini sul naso e degli enormi occhi celesti e spalancati. Dopo averle regalato un anellino di plastica, sempre lo stesso da quando aveva iniziato a considerare il genere femminile come qualcosa in più che qualcosa a cui soffiare la merenda, e che gli veniva tirato in testa alla fine di ogni “relazione”, aveva invitato la nuova conquista a pranzo da noi.
-Bhe, non è che lei possa andare molto lontano. Le ha regalato un anello di plastica. Sono vincolati a vita! L’ha praticamente fregata!-
-Lleca!- saltò in piedi Malvina, combattiva e felice oltre ogni aspettativa del successo del piccolo di casa con le donne.
-Io sono ancora qui, eh!- esclamò Monito, lanciandogli un’occhiata delle sue.
-Si, lo so! Me lo fanno notare da quando sei venuto al mondo- esclamò l’altro annoiato come solo un ventunenne può essere. In ogni modo anche Monito soffocò uno sbadiglio, come, se dall’alto dei suoi sedici anni di esperienza,  si fosse stufato anche lui.
-Bhe, se tutti abbiamo finito, io andrei…- provò Lleca, alzandosi da tavola.
Cielo inarcò le sopracciglia e si mise una mano sul fianco. Pessimo. Davvero pessimo.
-C’è ancora il dolce, siediti-
-Il dolce! Ciel pensavo che avremmo finito per le otto!-
-Lleca, riesco già a tollerare a malapena che tu ti alzi sempre prima di tutti da tavola quando ceniamo solo noi, ma è davvero troppo che ti comporti così anche quando abbiamo ospiti!-
-Non hai appena detto che siamo una famiglia? in famiglia si perdonano certe cose!-
La voce di Cielo assunse una sfumatura isterica che aveva acquisito solo negli ultimi anni, quando, dopo un breve periodo di pace in seguito alla partenza di noi “grandi”, aveva dovuto riprendere a lottare contro la forza ostinata e ottusa della nuova generazione della Casa. Ormai non aveva più ventiquattro anni, la nostra Ciel. Stava invecchiando, non aveva più tutta la forza e la pazienza che l’avevano sempre contraddistinta in passato.
-Non sei l’unico che ha da fare, ma tutti stanno aspettando che la cena sia finita!- rincarò la dose lei.
-Non sono l’unico che ha da fare?- Lleca sbuffò in una risata –Stai scherzando, vero? Io ho un appuntamento con Alai! Quella mi trancia se arrivo tardi! Chi altro può dire altrettanto? Insomma, Alelì è single, Cristobal e Luz sono promessi sposi da quando avevano due anni, Monito ha appuntamento solo con il dolce e Tefi…- si fermò improvvisamente, schiarendosi la gola.
Ma che cazz…
-Io non sono il promesso sposo di nessuno!- esclamò Cristobal, la sua espressione minacciosa miseramente rovinata dalla vocina acuta e dal rossore sulle guancie.
-E io non sono single!- si lamentò Alelì.
Lleca alzò un sopracciglio, girandosi verso di loro. – Tu sei decisamente uno sposino- disse a Cris, poi si girò verso Alelì –E tu sei decisamente single. Tutte le volte che stai con un ragazzo costruisci una specie di altarino con le sue fotografie e non ne vedo uno da almeno sei mesi!-
-Sette- sottolineò Monito, riscuotendosi dal suo dolce.
Maria, accanto a lui, soffocò una risatina che venne subito mascherata da colpo di tosse.
Potei distinguere chiaramente le labbra della piccola Ordonez sibilare un “piccola puttanella” all’indirizzo della rossa e quasi soffocai con il succo alla pesca che stavo bevendo.
-Ora basta!- intervenne Cielo prima che scoppiasse un nuovo diverbio. Poi, con un sorriso scintillante e indagatore allo stesso tempo, si girò verso Alelì –Non ci avevo detto di questo nuovo ragazzo-
-Perché non esiste! Se l’è inventato!- ripetè di nuovo Lleca, come a sottolineare una cosa ovvia.
-Sei un cretino- commentò lei, arrossendo di botto –L’ho conosciuto ad una festa. Fa il barman!-
-E allora come si chiama?- la punzecchiò con un sorriso furbo che, quando la ragazzina tentennò a rispondere, diventò un ghigno –Che vi ho detto? Non esiste!-
-Si chiama Benjamin, okey?-
Stavo ancora ridacchiando per la loro lite con la forchetta a mezz’aria quando mi sentii gelare dentro. Un campanello d’allarme si era appena acceso dentro la mia testa. Alzai improvvisamente gli occhi sulla ragazzina e interruppi sul nascere una sua esclamazione colorita.
-Benjamin?- chiesi a mezza voce mentre tutta la tavolata, all’improvviso, si girava di me. Luz soffocò una risatina dietro un tovagliolo, evidentemente già pregustando la scenata che da lì a poco si sarebbe tenuta –Dove l’hai conosciuto?-
Alelì smise improvvisamente di prendersela con Lleca e si voltò verso di me. Rimase con la bocca semi aperta, senza riuscire a dire niente.
-Non lui Alelì! Non lui! Non quel Benjamin!-
Tutti ci guardarono stupefatti, tranne Luz che dall’alto della sua ovvia intelligenza, continuò a ridacchiare quasi soffocando con l’acqua.
-Chi diavolo è questo Benjamin?- chiese Monito, la bocca ancora piena di polpettone.
-Lo conosciamo?- sonda il terreno Melody, senza scomporsi.
L’ho sempre invidiata, io. Ha quel modo di apparire sempre calma e non su una crisi di nervi di portate epiche.
-Benjamin Gorki!- esclamai con rabbia. Melody impallidì notevolmente e persino la zingarella che stava allegramente tubando con il suo fidanzato, decise di degnarci della sua attenzione. Nacho si spostò impercettibilmente in avanti, come a essere pronto a trattenermi dal suicidio –Con tutte le persone del mondo dovevi scegliere proprio lui?-
-Che cosa c’è di male?- si tirò su lei facendo ricadere –L’ho conosciuto ad una festa ed è davvero simpatico!-
-Ha ventiquattro anni!-
-E io ne ho diciassette! Fra poco sarò maggiorenne!- tirò su con il naso e questo gesto da fanciulla indifesa misto al suo tono di provocazione mi fece stringere convulsamente i pugni.
Forse Nacho avrebbe dovuto preoccuparsi più che del mio suicidio, della morte della ragazzina.
-Lui mi ha rovinato la vita! È per colpa sua se…-
-Oh no, no!- si alzò di scatto, lasciando cadere una forchetta sul pavimento –Non provare a far ricadere la colpa su di lui! è stata solo colpa tua, quello che è successo! È stata colpa tua se Luca ti ha lasciata!-
-STAI ZITTA!- mi sentii come se qualcuno mi avesse appena accoltellato e si fosse dimenticato di togliere l’arma dalla mia pelle, lasciandolo lì, ad infettare la ferita, a peggiorare la situazione. Mi alzai lentamente, cercando di non piangere davanti a tutti come una bambina piccola a cui è stata strappata la sua coperta, la sua unica difesa contro il mondo freddo e crudele.
Lei spalancò gli occhi, anche lei prossima alle lacrime. Sapevo che avrebbe voluto ritirare quelle parole l’istante dopo averle pronunciate, non era una persona cattiva. Ma me ne fregavo. Lei e i suoi occhioni spalancati non mi commuovevano.
Non provo pena per nessuno, io.
-Sei una stronza- dissi, glaciale.
Tutti trattennero il fiato tranne Melody che si lasciò scappare un sorrisetto d’appoggio e Luz che aveva fatto cadere il suo tovagliolo e mi fissava, gli occhi grandi come due piattini.
-Tefi!- Cielo mi riprese scioccata.
Ma io non spostai lo sguardo e continuai a fissarla ardentemente. –Pensi che io sia felice? Che vada fiera di quello che ho fatto?- feci una risatina che sembrava un singhiozzo ma che esprimeva l’amarezza del momento –Ma tu sei sempre così piccola e innocente, vero? Brava, Alelì, sei una persona molto migliore di me-
Alelì spalancò gli occhi –Tefi, io non…-
-Già, anche io non- la piccola ormai stava piangendo e mi sentii meschina. Avrei voluto dirle che era tutto apposto, che era perdonata, che quello che avevo detto io e quello che aveva detto lei erano solo brutti pensieri di adolescenti frustrate. –Ma è tardi-
Mi avviai all’ingresso e bloccai con un cenno della testa Melody che si stava alzando per seguirmi, indicandole Alelì in lacrime. Afferrai dall’attaccapanni il mio cappotto e spalancai la porta, senza nemmeno guardarmi indietro.
-Oh, per favore, Tefi, non andartene! C’è ancora il dolce!-
Scossi la testa. –No, grazie. Ho già avuto il mio gran finale-
Lleca alzò la testa, speranzoso. –Posso andarmene anche io, allora?-
-Non l’ho detto per ferirti! Davvero!-
Sapevo che era così.
Sapevo che avrei dovuto addolcirmi, sorridere e tornare dentro. Era la cosa migliore da fare.
Ma, stranamente, quando inizi a cadere, non smetti finchè non tocchi il fondo.
 
Non sapevo nemmeno perché diavolo avessi messo il cappotto visto che la temperatura lì fuori si aggirava intorno ai quaranta gradi. Lo tolsi con stizza, gettandolo sul pavimento in lineum, fissandolo con disprezzo, come se fosse lui la causa di tutti i miei problemi.
-Ti odio, stupido!- gli urlai.
-Ehi-
Non dovetti nemmeno girarmi per riconoscere la voce strascicata di Nacho. Da piccola l’avevo sempre trovata piuttosto affascinante, aveva un modo strano di pronunciare le parole, come quegli attori che recitano nei film gialli. Come se stesse sempre recitando anche lui, in effetti.
Lo guardai a lungo, lasciando perdere il cappotto -Ehi-
Lui sorrise, cercando di adattare il viso perché assumesse una sfumatura dolce, invece del solito ghigno. Non ci riuscì molto bene, in effetti. Più che altro sembrava aver ricevuto un pugno in piena faccia.
-Se non ci sta tutto dentro, Tefi, buttalo fuori-
Per un attimo non riuscii a capire perché l’avesse detto, ma poi scoppiai a piangere senza neanche rendermene conto. E lo buttai fuori. Buttai fuori quel groppo alla gola che mi impediva di respirare, che mi faceva sprofondare sempre più lentamente. Affondai il viso tra le mani, singhiozzando con forza. Era una sensazione orribile e al tempo stesso liberatoria.
-Non volevo piangere davanti a tutti- dissi, tra un sospiro e l’altro. Lui annuì, mettendomi una mano sulla spalla.
Non mi abbracciò.
Ma Nacho non abbracciava mai nessuno. Nemmeno sua madre, nemmeno me, che lo conoscevo da più tempo di tutti.
-Lo so- disse, per un attimo vidi l’ombra di un sorriso sul viso, quasi fosse contento che, nonostante fosse passato tanto tempo, riusciva ancora a comprendermi benissimo –Ma adesso piangi quanto vuoi. Non lo dirò a nessuno-
-Lo so-
 
Non avevo mai provato pena per nessuno, io.
Nemmeno per me stessa.
Ma potevo capire.
Potevo capire Melanie Tompson, potevo capire Talia, potevo capire Luca, potevo capire Alelì potevo capire persino me stessa.
Nacho rafforzò la presa, come se volesse impedirmi di cadere a pezzi, di rovinare sul pavimento, di disfarmi nell’aria, leggera e sottile come una folata di vento, neanche più importante di quella stessa.
Soffocai un singhiozzo.
Capire ti faceva sentire molto peggio.
 



Note dell'autrice (IMPORTANTEEEEEEEEE!!!)

Ecco il testo della canzone dell'inizio, è Big girls don't cry, di Fergie... l'ho trovata adattissima, non credete anche voi?
"E mi mancherai come ad un bambino manca la sua coperta.
Ma è ora che io dia una mossa alla mia vita.
È ora di essere una ragazza grande.
E le ragazze grandi non piangono."
In ogni modo questo è un capitolo molto, molto particolare.
Inanzitutto entrano in scena tanti nuovi personaggi!
Melody, la schizzofrenica, Simon, il povero fidanzato accondiscente che funge anche d'autista all'occorrenza, Nico e Cielo, il maritino-cammello e la disastrosa cuoca (so che Cielo è super perfettissima in tutto ma, nella mia storia, lei non è andata ad Eudamon e quindi non ha raggiunto l'assoluta perfezione, quindi...), Lleca l'annoiato, Luz la superdiva (non sono una grande fan del suo personaggio, si), Cristobal, il povero martire, Monito e Maria (la coppietta affamata) e Alelì.
Ora, prima che possiate urlarmi contro le vostre parole di odio SO COSA FACCIO!
Lo so che Alelì sembra una stronza in questo capitolo ma, davvero, questo pezzo mi serviva in futuro... Ho cercato di farla essere il meno cattiva pissibile, comunque...
In ogni modo, sapete che io sono una Lucefi accanita ma AMO, AMO DA MORIRE, Nacho e Tefi insieme...
Se proprio Tefi avesse dovuto innamorarsi di chiunque altro (a parte Luchino, ovviamente) avrei scelto lui!
Uh, le note stanno diventando più lunghe del capitolo, si...
Il fatto è che io tengo particolarmente a questo capitolo e spero davvero che possiate farmi sapere cosa ne pensiate!
Un bacione enorme!
Fra
 
   
 
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