beautiful
mess;
A
tutte quelle anime “affini” che
per tempo, spazio o semplice
stupidaggine
non sono insieme.
Continuava
a rivedere
quegli occhi.
In
vita sua aveva
sperato di non farlo mai più, di non dover rivivere uno di
quei momenti ma
semplicemente lasciarseli alle spalle.
Se
la ricordava fin
troppo bene l’ultima volta, anche se era solo una ragazzina
la quale non dava
molto peso a certe situazioni. Solamente con il senno di poi o una
certa
maturità ci si ferma a riflettere su alcune cose e questa
era una di quelle.
Non le capisci, non ci pensi, ma non le puoi scordare. È
impossibile. Ti si
marchiano a fuoco nella testa e nel cuore e non
c’è rimedio, e te le sogni per
notti intere perché ormai fanno parte di te.
Seduta
su quella
sedia, non riusciva a muovere un singolo muscolo. L’unico
cenno di vita del suo
corpo era il respiro esausto e le calde lacrime che le rigavano il
viso, ormai
incontrollabili. Guardava il muro bianco davanti a sé ma
tutto quello che
vedeva era il suo sguardo. Anche se
chiudeva le palpebre, provando ad oscurare ciò che la
circondava, a riparare i
suoi occhi dalla luce del neon che la stava accecando,
l’unica cosa che riusciva
a vedere era il suo sguardo. L’unica cosa che vedeva era
ciò che non avrebbe
mai voluto vedere. Non avrebbe mai voluto ricordare. Non avrebbe voluto
mai
rivivere.
Sentì
qualcuno
sedersi accanto a lei. Non si voltò, sapeva già
chi fosse. Avvertiva il suo
dolore, forte quanto il proprio se pur differente. Erano entrambe
distrutte, ma
non si erano allontanate da lì neanche un secondo. Non
voleva parlare, non
avrebbe saputo comunque cosa dire. Non esistevano parole adatte per
quelle
situazioni. Sarebbero state tutte un inutile spreco di fiato, frasi
vuote e
prive di significato, sterili quasi quanto quelle quattro mura.
Non
era un tipo da
gesti affettuosi, non lo era mai stato, non riusciva a dimostrare
così il suo
affetto. Ma sentiva, per la prima volta in tutta la sua vita, il
bisogno di un
abbraccio. Di un abbraccio vero. Rise tristemente dentro di
sé perché le uniche
braccia che avrebbe voluto sentire non potevano stringerla. Non era mai
stata
neanche troppo credente, ma non sapeva cos’altro fare.
Ciò che le sembrò più
sensato fu pregare. Non sapeva chi, che cosa, se Dio o una forza
maggiore
sconosciuta, non le importava neanche ma pregò.
Pregò
di poter
sentire ancora quell’abbraccio. Pregò che
quell’incubo finisse al più presto.
Pregò
di non
avvertire mai più quell’orrenda sensazione di
déjà vu.
Pregò
che non lo
portasse via da lei.
Non
di nuovo.
Nuova storia.
È veramente una
parte del mio cuore e spero solo di riuscire a trasmettere almeno un
quarto di
quello che vorrei, senza combinare casini.
Grazie Cloe, senza
il tuo entusiasmo non so se avrebbe visto la luce, se sarebbe rimasta
nel mio computer e
semplicemente non so se io sarei andata avanti nello scriverla.
Sappiate che è la mia
pre-reader, nonché vostra garante degli aggiornamenti.
Ho già pronti altri
sette capitoli, posterò una volta a settimana, credo il
sabato. La fan fiction –
Edward, Bella e la loro cocciutaggine permettendo – dovrebbe
averne in tutto
una trentina.
Spero che il prologo
vi abbia incuriosito almeno un po’ – lo so che
è già pieno di sofferenza, ma
non sarà sempre così. Lo giuro.
E… niente. Grazie anche
a Fio e Lety, che hanno sofferto in silenzio mentre scrivevo e
aspettando che
la pubblicassi.
Okay, credo di aver
detto tutto.
Per spoiler, info,
chiacchiere, cazzate, intasarmi la bacheca, riempirmi di
parolacce… tutto
quello che vi pare, mi trovate sul mio profilo
“autrice” qui su facebook.
Alla prossima settimana
con il primo capitolo. Bye!