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Autore: Carlos Olivera    11/02/2012    1 recensioni
In un mondo lontano, dove convivono esseri umani e strani mostri chiamati digimon, uno di essi, Myotismon, ha intrapreso una lunga guerra che in breve lo ha portato a dominare buona parte del pianeta. L'unica speranza per i pochi che ancora lo contrastano è racchiusa in due digiuova, che una volta schiuse potrebbero liberare un potere in grado di sconfiggere Myotismon.
Il professor Hongo, tentando di proteggerle, le affida ad un suo giovane discepolo e a tre giovani digimon per poi spedire tutti in un altro mondo attraverso un portale, ma il suo tentativo risulterà vano poichè Myotismon attraverserà a sua volta il portale alla testa di un grande esercito.
Nella New York dei nostri giorni, tre ragazzi si ritroveranno coinvolti nella guerra per proteggere le digiuova dalle mire di Myotismon, mire che ora rischiano di comprendere anche il loro mondo.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya, Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Takeru Takaishi/TK, Yamato Ishida/Matt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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3

 

 

Tai non aveva ben chiaro quello che stava succedendo o cosa stesse facendo, ma dietro insistenza di Gennai, che chiedeva di spostarsi in un posto più tranquillo, portò lui e Koromon, così si chiamava il nuovo mostriciattolo a forma di palla, a casa sua.

                Quando arrivò, sua madre e suo padre non erano ancora tornati, e Kari stava dormendo sul divano del salotto, quindi i tre salirono in camera del ragazzo, una stanza piccola e tappezzata di poster, soprattutto di famosi calciatori europei, ma ben tenuta.

                «Io ho fame.» disse ad un certo punto Koromon

                «Fame!?» ripeté Tai

                «I digimon consumano molte energie quando fanno la digievoluzione.» disse Gennai «Pertanto, devono ricaricarsi di continuo».

                Tai allora scese un momento in cucina e, sempre facendo attenzione a non svegliare Kari, prese qualche cosa dal frigo e dalla dispensa, soprattutto merendine, burro d’arachidi e altre cose del genere, quindi tornò in camera e servì il tutto a Koromon, che prese ad ingozzarsi senza ritegno mangiando persino le carte di plastica e i contenitori di latta.

                «Immagino tu voglia una spiegazione.» disse Gennai notando il modo in cui Tai guardava Koromon «Il mio nome è Gennai, e sono uno scienziato. Da dove vengo io, lo siamo un po’ tutti. Provengo da un mondo diverso dal tuo, anche se non saprei dirti con certezza se si tratta di un altro pianeta, o piuttosto di una dimensione parallela.

                Nel mio mondo, la tecnologia e la scienza sono estremamente progredite. Siamo arrivati al punto da essere riusciti, all’incirca un centinaio di anni fa, a creare una sequenza genetica digitale.»

                «Scusa, non ho capito. Hai detto una sequenza genetica digitale?»

                «In parole povere, abbiamo creato una versione digitale del genoma umano, utilizzando dati informatici come fossero frammenti di informazione genetica. Combinando innumerevoli filamenti gli uni con gli altri, e in modo sempre diverso, siamo stati capaci di creare vere e proprie creature viventi costituite da DNA digitale. Quindi, abbiamo trasferito queste creature dal mondo informatico a quello reale, dando loro un corpo che di fatto è costituito da dati digitali concreti.» quindi guardò Koromon «E in questo modo, abbiamo creato i digimon.»

                «Quindi…» disse incredulo Tai guardandolo a sua volta «Questa creatura sarebbe… sarebbe come un file di un computer.»

                «In un certo senso, è così. Anche se ha una forma apparentemente concreta, il suo corpo e la sua essenza sono fatti di dati digitali. Potresti pensare ai digimon come a degli ologrammi in carne ed ossa.»

                «Ma a quale scopo avete fatto tutto questo?»

                «All’inizio, solo per soddisfare la nostra sete di conoscenza. Per riuscire nell’impresa più grande che possa riuscire ad uno scienziato: quella di creare la vita.

                Per un po’, è andato tutto bene. I digimon erano fedeli agli umani, e si adoperavano per assicurare il nostro benessere e proteggerci da ogni pericolo.

                Ma poi, è arrivato Myotismon.»

                «Myotismon!?»

                «Myotismon era uno dei digimon più potenti che fossero mai stati creati. Ma si è ribellato contro i suoi stessi creatori, ed ha iniziato una vera e propria guerra contro gli esseri umani, e i digimon loro alleati. Gran parte del nostro mondo è stato distrutto per causa sua, e ormai siamo rimasti davvero in pochi a tenergli testa. In breve tempo ha raccolto attorno a sé un vero esercito, e dopo essersi impadronito delle nostre tecnologie per la creazione dei digimon ha iniziato a sfruttarle per creare continuamente nuovi servitori. Persino i quattro Supremi, i digimon più potenti che fossero mai stati creati, sono stati distrutti dal potere di Myotismon.»

                «Ma tutto questo cosa ha che fare con la tua presenza qui?»

                «Il fatto è che subito prima di venire distrutti, i quattro supremi hanno usato le loro forze residue per creare due digiuova, dalle quali, stando alle loro parole, sarebbero nati due digimon tanto potenti da riuscire a sconfiggere il Signore dell’Oscurità.

                Io lavoravo al centro di ricerca di File, uno degli ultimi avamposti della resistenza. Lì dentro, ci siamo presi cura per lungo tempo delle digiuova, aspettando che si schiudessero.

                In qualche modo, però, Myotismon ha saputo dell’esistenza di File, e ci ha attaccati con tutto il suo esercito. Il professor Hongo, a capo del centro, ha quindi spedito me, assieme ad Agumon e ad altri due digimon, in questo mondo, per mettere in salvo le digiuova e guadagnare tempo.»

                «Ma come avete fatto ad arrivare qui?»

                «Tramite un portale. Abbiamo scoperto la sua esistenza solo da poco, e non sappiamo quasi niente del suo funzionamento.

                Myotismon deve aver trovato a sua volta il modo di sfruttarlo. Quello che Agumon ha combattuto poco fa era uno dei suoi digimon. E scommetto che non è l’unico. Sicuramente, stanno cercando le digiuova. E il problema, è che uno dei due è andato perduto. È necessario trovarlo, prima che lo facciano loro. Stando a quanto detto dai supremi, solamente la forza congiunta di questi due digimon potrà sconfiggere Myotismon.»

                «Quindi, Myotismon vuole trovare queste uova per distruggerle.»

                «No, non per distruggerle. Anche se un digimon viene distrutto o ucciso, i suoi dati possono essere recuperati e ricompattati per farlo rinascere. Myotismon non vuole distruggere queste uova, ma corromperle. In questo modo, i digimon al loro interno nascerebbero non come suoi avversari, ma come suoi servi, e a quel punto non avrebbe più niente di cui avere paura».

                Tai guardò un momento il suo nuovo cellulare, quindi Koromon, che dopo essersi strafogato senza ritegno stava ora dormendo della grossa sulla sedia della scrivania.

                «Ma che cosa è successo, prima?»

                «Se ci penso, stento ancora a crederci.

                Il fatto è che, i digimon sono creature in continua evoluzione. I dati dei quali sono composti mutano di continuo, assorbendo costantemente nuove informazioni e nuova energia dall’ambiente circostante per accrescere i loro livelli di potenza e conoscenza.

                Solitamente è un processo molto lento e graduale, un po’ come l’invecchiamento umano, ma esiste un legame, che noi chiamiamo link, che permette ad un digimon di entrare in sintonia con un essere umano, sviluppando con lui un legame spirituale tramite il quale può acquisire, rapidamente e per un tempo limitato, un’enorme quantità di energia e di informazioni, così da potersi evolvere immediatamente in una forma più potente. Questa si chiama digievoluzione. Gli umani che stringono un legame con un digimon sono chiamati domatori, e possono esercitare il loro potere tramite uno strumento che chiamiamo digivice

                «Sarebbe questo?» chiese Tai guardando il proprio

                «Di solito, qualsiasi apparecchio informatico può essere usato come un digivice. Il tuo però era talmente vecchio, che ho dovuto per forza apportarci delle modifiche.»

                «Beh, almeno ora ho un cellulare nuovo.»

                «Forse non ci siamo capiti.» replicò Gennai notando la palese superficialità di quel ragazzo «La situazione è molto seria. Myotismon farà a pezzi questo mondo pur di trovare le digiuova, e in una tale situazione temo di non poterlo difendere da solo.»

                «Aspetta, frena. Non vorrai mica che sia io ad aiutarti? Io sono uno sfigato qualunque. Anzi, sono anche più sfigato della maggior parte degli esseri umani.»

                «Non così tanto, forse. Dopotutto sei riuscito a stabilire un link con Agumon, il che se non altro ti rende speciale. Non tutti gli esseri umani hanno le caratteristiche necessarie per essere dei domatori.»

                « Io non sono un eroe, né aspiro a diventarlo. La mia vita è già incasinata di suo, e non ho bisogno che tu e i tuoi mostriciattoli…»

                «Si chiamano digimon.»

                «Digimon, o come vuoi chiamarli, sta di fatto che non voglio averci niente a che fare con tutta questa storia.»

                «Mi dispiace per te.» rispose Gennai quasi con malizia «Ma ormai è troppo tardi.»

                «Che intendi dire?»

                «Non ti sei chiesto perché Meramon ti ha attaccato? I domatori possiedono un particolare spettro energetico, uno spettro che i digimon sono in grado di percepire.»

                «Che… che cosa!?»

                «E c’è di più. Tutti i digimon al servizio di Myotismon, sono legati a lui e al suo luogotenente, Devimon, tramite un contatto telepatico. Tutto ciò che vedono e sentono, lo vedono e lo sentono anche loro.»

                «N… no.» ribatté Tai sconvolto «Tu mi stai prendendo in giro.»

                «Probabilmente Myotismon e Devimon hanno già saputo che un Domatore è comparso in questo mondo. I Domatori sono l’unica altra cosa della quale Myotismon ha paura, perché possono rivelarsi molto pericolosi. Inoltre, i loro digimon saranno attratti irrimediabilmente dalla tua presenza, forse anche più che dalle digiuova.»

                «Questo è… è un brutto incubo. Non sta succedendo davvero.»

                «Ormai ci sei dentro. Non puoi farci nulla».

                Gennai non era particolarmente contento del modo in cui si stava comportando, ma la salvezza del suo mondo e la sconfitta di Myotismon valevano questo ed altro.

«Ma perché certe cose capitano sempre e solo a me?» si domandò Tai avvilito

«Lo so di chiederti molto.» disse Gennai in modo più gentile «Non lo farei, se potessi. Ma come hai avuto modo di vedere, i digimon di Myotismon non si fermeranno davanti a niente pur di ottenere queste uova. Tutto quello che bisogna fare è metterle al sicuro fino a quando non si schiuderanno.»

«Chiamala una cosa da niente. E quanto dovrebbe volerci?».

A quella domanda il giovane abbassò lo sguardo, e Tai non faticò ad indovinarne il motivo.

«Non lo sai!?»

«Di solito un digiuovo impiega circa due mesi a schiudersi. Queste sono così da tre anni.»

«Perfetto, siamo a cavallo. Grazie, grazie tante».

In quella, d’improvviso, la porta si aprì, e Kari fece capolino nella stanza; Tai, colto alla sprovvista, fu per fortuna abbastanza veloce nel reagire, e con un gesto rapido fece scomparire Koromon, ancora addormentato, sotto il gilè senza maniche che si era tolto appena arrivata.

«Kari, che ci fai qui?»

«Ti ho sentito parlare con qualcuno.» poi rivolse le sue attenzioni a Gennai, guardandolo come era solita guardare tutti gli sconosciuti, con quel misto di curiosità e timore.

Gennai non si sottrasse allo sguardo, e poco dopo squillò il telefono, così Tai dovette andare di sotto a rispondere, lasciando i due da soli; prima di andarsene però, e sempre con un gesto rapido, si portò dietro Koromon. Kari continuò ad osservare il curioso visitatore per qualche tempo, poi però la sua attenzione fu attratta dal contenitore che lui aveva affianco; fu in quel momento che Gennai si accorse che dall’interno proveniva una strana luce, ma aspettò che Kari, chiamata dal fratello, se ne andasse per aprirlo leggermente.

La superficie dell’uovo brillava di una tenue luce rosata e pulsava leggermente, ma dopo pochi secondi tutto cessò e il digiuovo tornò ad essere freddo e senza vita come poco prima.

Ma era più che sufficiente a lasciare Gennai esterrefatto.

«Ma cosa…».

 

Visto che Gennai, dopo più di due ore, ancora non si era fatto vedere, Piyomon aveva deciso di andarlo a cercare, e per non rischiare di essere vista si spostava in volo.

Vista dall’alto, la città dove erano finiti era davvero enorme, qualcosa di mai visto. Nel loro mondo quasi tutte le città erano state distrutte da Myotismon, e quelle poche che ancora esistevano erano nascoste sottoterra e molto piccole.

Ma per un digimon di piccola taglia come lei era impossibile riuscire a volare per troppo tempo senza accusare un’enorme fatica, e fatti poco più di due chilometri fu costretta a fermarsi per riprendere fiato, atterrando in un altro vicoletto stretto e buio non lontano da Central Park.

«Ma dove è finito Gennai?» domandò riprendendo fiato «Ormai sono ore che lo cerco».

Improvvisamente il digimon sentì un rumore alle sue spalle, e più per istinto che per altro si immobilizzò all’istante lasciandosi cadere a terra con il corpo irrigidito e gli occhi piantati nel vuoto; non aveva idea di quello che stesse facendo, ma fu la prima cosa che le venne in mento.

In questo modo, Sora si ritrovò a tu per tu con quello che aveva tutta l’aria di essere una sorta di peluche. Aveva appena finito gli allenamenti di calcetto e stava tornando verso casa, distante solo qualche centinai di metri.

Una cosa che nessuno sapeva era che Sora, sotto quella scorza di ragazza dura e ribelle, aveva un debole segreto per gli animali di pezza; camera sua ne era praticamente invasa, ce ne erano perfino alcuni che pendevano dal soffitto, e da che aveva memoria non ne aveva mai buttato nessuno, neanche quelli di quando era piccola.

Incuriosita si avvicinò a quello che credeva essere un peluche come gli altri, sollevandolo da terra e rigirandoselo tra le mani; sembrava davvero molto ben fatto e in buono stato, per non parlare dell’idea piuttosto originale di chi lo aveva creato. Forse non era esattamente un bel vedere, ma non era neanche da buttare via, come qualcuno invece sembrava aver fatto.

Così decise di raccoglierlo, lo infilò nella sacca da allenamento e riprese a camminare lungo il vicolo. Piyomon non sapeva cosa fare né come comportarsi, ma poi pensò che le sarebbe bastato aspettare il momento buono per poi sgattaiolare via senza farsi vedere; e poi quella ragazza non sembrava una cattiva persona, al contrario.

Quello che Piyomon non poteva immaginare era che qualcun altro, oltre a Sora, si era accorto della sua presenza.

Dapprima fu solo uno strano suono in lontananza, che però col passare dei secondi si fece sempre più vicino, fino a farsi a dir poco assordante; sembrava il ronzio prodotto da un esercito di calabroni.

Sora si volse, trovandosi da un istante all’altro con un’ape grossa come un cavallo che le piombava addosso dopo essere sbucata dal nulla.

Il mostro piego il ventre verso il basso, sparando letteralmente una selva di pungiglioni in direzione della ragazza, che però si rivelò abbastanza agile da riuscire a schivarli. Quello però non desistette, e volando bassissimo cercò, senza però riuscirci, di planare su Sora per infilzarla.

«Quello è Flymon.» disse  Piyomon, ancora dentro la sacca «È un servitore di Myotismon. Ma che cosa ci fa qui?».

Il digimon non sapeva come comportarsi.

Gennai le aveva detto di restare nascosta, ma non poteva neanche lasciare quella ragazza in pericoloso; senza contare poi, che probabilmente era proprio per causa sua che Flymon stava attaccando, perché avvertiva la sua presenza.

Sora intanto continuava a scappare, e la sua fuga l’aveva condotta fino all’interno di un cantiere per un grattacielo, i cui operai, vedendo quell’essere mostruoso, avevano preso a scappare in ogni direzione urlando a più non posso.

Alla fine, messi da parte gli indugi, quando Sora si ritrovò con le spalle al muro Piyomon uscì allo scoperto, frapponendosi tra lei e Flymon, e come agitò le ali piccole fiamme verdi presero a comparire dal nulla per poi venire sparate come proiettili in direzione del nemico.

«Fuoco Magico!».

Flymon però, a dispetto della sua mole, era molto veloce e schivò senza difficoltà spostandosi di lato, ma nonostante tutto Sora restò ugualmente atterrita.

«Tu… tu non sei una bambola!» esclamò.

Dopo aver evitato l’attacco il nemico tornò alla carica, e allora Piyomon cercò di attirare la sua attenzione per evitare che Sora potesse restare coinvolta nello scontro; ne nacque così un violento duello aereo, con Flymon che sparava i suoi pungiglioni e Piyomon che cercava di schivarli, rispondendo al fuoco di tanto in tanto.

Sora inizialmente restò ad assistere come attonita, senza sapere cosa fare, ma quando si accorse che quella specie di pulcino sembrava chiaramente in difficoltà cercò di pensare a qualcosa per aiutarlo. Poco distante c’era una grossa gru che sorreggeva un pontile dove era ammucchiata una grande quantità di mattoni, e raggiunto il meccanismo aspettò che l’ape gigante si ritrovasse proprio sotto il carico per poi scaricarglielo addosso.

«È ora di usare lo schiacciamosche!».

Flymon venne travolto da una pioggia di mattoni e cemento e finì sommerso sotto una montagnola di detriti, ma l’intervento di Sora, per quanto provvidenziale, non riuscì a giungere abbastanza rapido da impedire che Flymon riuscisse a ferire Piyomon con uno dei suoi pungiglioni.

Anche Piyomon a quel punto si ritrovò a terra, esausta e stanca a tal punto che sembrava sul punto di addormentarsi; tutta colpa del veleno di Flymon, che aveva il potere di privare di ogni energia qualsiasi essere ne venisse a contatto, umano o digitale che fosse.

«Stai bene?» chiese Sora cercando di aiutarla

«Devi… devi andartene…» mormorò invece lo strano uccello «Vattene…».

Troppo tardi.

In quella infatti il cumulo di detriti esplose letteralmente, e Flymon fece la sua comparsa da sotto di esso, più arrabbiato che mai.

Il suo stridio, unito a quel ronzare insopportabile, minacciò di spaccare le orecchie a Sora.

«Devi scappare.» disse di nuovo Piyomon «Scappa!».

Lei invece, al posto di scappare, la strinse ancora più forte, e quando Flymon attaccò si mise a correre tenendola in braccio. Ma era una causa persa; il nemico era troppo veloce, e non ci avrebbe messo molto a raggiungerle.

Piyomon intanto era rimasta basita nel vedere non solo la determinazione, ma anche la generosità di quella ragazza; in quella Sora, poggiando male il piede, inciampò, minacciando di cadere, la borsa che aveva ancora con sé si aprì e ne volò fuori il suo cellulare, che nonostante ricordasse di averlo spento aveva lo schermo inondato di luce.

«Che sta succedendo!?».

Il bagliore inondò sia lei che Piyomon, e quest’ultima di colpo sentì che le forze non solo le stavano tornando, ma stavano anche centuplicandosi; Sora si coprì gli occhi, e prima ancora di riaprirli, dopo quello che le era sembrato un secolo, ebbe la sensazione di stare volando.

E infatti, stava proprio volando; per la precisione, era aggrappata alla zampa di quella che poteva sembrare a buon diritto una gigantesca fenice, grande come un elefante, con le piume rosso fuoco, un lungo becco provvisto di denti ricurvi, una coda a strascico fatta di vive fiamme e lunghi artigli.

«Ma che…».

La fenice volò fin sulla cima del grattacielo, e una volta qui fece scendere Sora sulle impalcature.

«Aspetta qui.» disse, quindi si gettò in picchiata verso il basso.

A questo punto Flymon sembrava quasi una formica paragonato a ciò che Piyomon era diventata, e per quanto pungiglioni sparasse si polverizzavano prima ancora di sfiorare le piume della fenice, polverizzate fino alla cenere dall’aura infuocata che la circondava.

Senza quasi alcun problema Piyomon superò Flymon nella lotta, lo afferrò con il becco come un picchio con un verme e lo lanciò in aria, quindi agitò violentemente le ali, producendo due grandi palle di fuoco che intercettarono al volo il nemico e lo incenerirono senza scampo.

A quel punto, passato lo scontro, la fenice ebbe appena il tempo di poggiare le zampe a terra, poi fu avvolta nuovamente dalla luce, riemergendone con le sembianze di uno scriciolo rosa con un fiore blu sopra la testa che scivolò. Sora, scesa dall’edificio, la raggiunse, e senza pensarci troppo la prese e la portò via giusto in tempo per evitare l’arrivo della polizia.

 

Nota dell’Autore

Salve a Tutti!^_^

Rieccomi qua! Lo so che è passato un po’ di tempo, ma tra gli esami e il resto, e con tre fiction da dover tendere, il tempo mi è volato.

Però, a quanto pare, la pausa sembra avermi fatto bene, perché nel frattempo i lettori e i recensori sembrano essersi moltiplicati; e io che pensavo che questa storia fosse destinata a non piacere. Lieto di essermi sbagliato.

Il prossimo capitolo sarà anche quello introduttivo, mentre a partire da quello successivo le cose inizieranno a farsi un po’ più spedite, così come inizieranno i richiami veri e propri alla prima serie.

Ringrazio i vecchi e i nuovi recensori, e mi raccomando, continuate a farmi sapere.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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