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Autore: annalisaechelon    11/02/2012    5 recensioni
Quando l'amore supera tutto, quando l'amore non può essere fermato, quando l'amore vince sempre, quando l'amore non ha fine.
Genere: Triste, Sentimentale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una classica mattina d’estate quella che con poche onde e qualche orribile imprevisto stravolse la vita di più persone. Il sole giaceva alto nel cielo azzurro, uno dei più limpidi di sempre. Nemmeno la presenza di alcune nuvole riusciva ad attutire la forte luce dei raggi che infastidiva la vista. Le strade erano affollate, i turisti riempivano i bar e i gruppi di ragazzine in vacanza correvano su e giù per i lunghi viali per fare un po’ di shopping nei negozi migliori. Il mare richiamava il desiderio di ogni abitante della piccola cittadina, l’aria fresca voleva essere respirata e inalata fin dentro al cuore e l’acqua salata era pronta a bagnare i corpi in fiamme. Per molte persone quella sarebbe rimasta una giornata qualunque, quella vissuta in piena tranquillità senza che nulla potesse turbarla; ma non per me. Quella giornata avrebbe cambiato la mia intera vita, quella di un povero e sfigato adolescente. Il mio nome e Marco ed è da quando avevo quindici anni che amo Alessia. Me ne innamorai subito, in un solo istante. Quegli occhi verdi contornati da quella folta capigliatura scura catturarono il mio sguardo un bel po’ di tempo fa ed oggi ne sono ancora prigioniero. Credo che questo sia tutto ciò che c’è da sapere su di me.
Erano circa le dieci ed io mi trovavo beatamente steso sul mio letto mentre un vecchio ventilatore mi rinfrescava la faccia, quando tutto d’un tratto sentii il cellulare squillare in lontananza. In quel momento nulla mi annoiava di più che alzarmi e andare a rispondere, ma vista l’insistenza mi diressi in salotto per recuperare quell’aggeggio. Osservai lo schermo illuminato e lessi il nome di uno dei pochi amici che mi rimanevano.
“Pronto?” – la voce ancora assonnata filtrava piano dalle mie labbra.
“Marc!” – gridò lui dall’altro capo. – “Scommetto che eri steso sul letto a deprimerti per Alessia, vero?” – mi chiese ironicamente nonostante la risposta la conoscesse già.
“No, macchè!” – mentii spudoratamente – “Stavo solo ascoltando un po’ di musica e non ho sentito subito la suoneria, ecco perché non ho risposto subito” –
“Sei poco credibile, lo sai? – sorrise rumorosamente tant’è che riuscii a sentirlo – “Lo so..” – sputai con un filo di rassegnazione.
“Comunque, ti ho chiamato per chiederti se ti va di venire al mare con noi..”
“Noi chi?” – domandai sperando non so cosa.
“Ehm, non so se ti fa piacere, siamo io, Luca, Paolo, Simone, e poi ho sentito che verrà anche lei con Francesco..” – parlava della mia lei, Alessia.
“A maggior ragione vengo! Devo togliermela dalla testa, ormai sono due anni che mi sta nel cervello, basta!”
“Così si fa, amico!” –
Attaccai velocemente e, preso da una strana foga, m’infilai il costume e cominciai a prepararmi la borsa inserendovi dentro l’asciugamano, gli occhiali da sole e qualche snack veloce.  Mi diedi un’occhiata rapida allo specchio e mi derisi da solo. I miei capelli erano fuori posto come sempre e il mio viso poco aggraziato rovinava ancor di più il mio aspetto già poco attraente. Non credevo che sarei mai potuto piacerle. Soprattutto perché lei ancora non riusciva a capire cosa provava per il suo migliore amico, Francesco. Tra quei due c’era qualcosa, qualcosa che nemmeno loro stessi sapevano spiegarsi. Si vedeva benissimo anche da lontano che la loro amicizia andava oltre fino a diventare qualcosa di più. Quegli sguardi e quegli abbracci improvvisi erano riusciti a decifrarli tutti. Ed io ormai mi ero già rassegnato a quell’idea. Strinsi gli occhi e sbattei velocemente le palpebre per togliermi dalla mente quei pensieri,  afferrai il mio zaino e corsi giù per raggiungere i miei amici. Impiegai circa venti minuti per arrivare in spiaggia che verso le undici era già affollata. Il mare era leggermente agitato e l’acqua sbatteva con troppa foga negli scogli, riuscivo a sentirne il tonfo fin da sopra alla strada. Il sole splendeva ancora e qualche gabbiano volava alto nel cielo libero dai limiti. Intravidi i miei amici da lontano e li raggiunsi scendendo velocemente le scalette che conducevano alla ghiaia.
“Ciao ragazzi” – accennai con un sorriso e pregai purchè sembrasse sincero.
“Marco!” – era lei che, spuntando dal nulla, mi rivolse la parola - si girarono tutti verso di me – “Ciao Alessia” – le gambe mi cominciarono a tremare e la voce pian piano mi s’indebolì.
Cercai di rendere meno evidente il chiaro imbarazzo che si era palesemente esposto sulle mie guance e proposi a tutti di andare a prendere un gelato o una bibita fresca al baretto accanto alla scogliera. Accolsero molto volentieri la mia idea e tutti insieme ci dirigemmo verso uno dei pochi locali aperti attorno alla spiaggia. La zona era completamente affollata, gente che urlava a destra, chi a sinistra, chi giocava a pallone in mezzo alle strade sporche di sabbia, chi rideva fragorosamente con una bibita in mano e chi, appoggiato a qualche ringhiera, si perdeva ad osservare il mare oltre l’orizzonte. Io invece mi perdevo a guardare lei. Era bellissima, come sempre. I capelli le cadevano delicatamente sulle spalle sottili, gli occhi vispi nascondevano una profonda innocenza e quel sorriso splendente, mi pungeva l’anima ogni volta. Mi accorsi che mi ero bloccatoa fissarla quando, dopo esserci seduti tutti al tavolino, fui vistosamente richiamato all’attenzione da un mio amico.
“Marc! Ohi Marc!” – mi passò una mano davanti agli occhi – “Marc! Sveglio! Oh!” – gridò ancora, strattonandomi le braccia.
“Oh, oh, che c’è? Dimmi!” – risposi immediatamente, fingendo che tutto fosse sempre stato normale e che io in realtà non mi fossi mai perso ad osservare quella bellezza divina che si trovava davanti ai miei occhi.
“C’è il cameriere che sta aspettando qui da mezz’ora, cos’è che vuoi tu?” – mi guardò con aria particolarmente seccata, mentre cercava di giustificarsi con quel tipo che stava seriamente aspettando da almeno dieci minuti.
“Mmh, una Red Bull, per favore e mi scusi..” – mi girai e sorrisi. Fui ricambiato, fortunatamente.
Cominciai a giocare con il posacenere che si trovava al centro del tavolo, lo giravo e rigiravo tra le mani preso dall’ansia. Provavo a guardare oltre e a non pensarci ma la scena che mi si era creata davanti era raccapricciante per i miei gusti. Francesco si era seduto accanto ad Alessia ed aveva cominciato a stringerle una mano, le si avvicinava piano, sussurrandole qualcosa all’orecchio. La vedevo sorridere, la vedevo muoversi sinuosamente come in preda a qualche brivido, la vedevo guardare qualcun altro negli occhi, qualcun altro che non ero io. Un istinto nervoso mi avrebbe spinto ad alzarmi energicamente dalla sedia, a sbatterla via e ad andarmene, ma non lo feci. Piuttosto rimasi lì, fingendo di non provare nulla.
Un’improvvisa risata interruppe i miei monologhi interiori.
“Ma guardateli, non sono tenerissimi Alessia e Francesco?” –  ghignò Luca che aveva ben notato la mia reazione a quella visione.
Marco mi guardò di sottecchi, mi conosceva davvero bene, lo sapeva che avrei preso male il colpo.  Riuscii a contrllare, ancora una volta, la mia agitazione. Rinchiusi dentro rabbia e lacrime e conservai tutto per qualche ora dopo.  Avrei voluto piangere, scoppiare, esplodere ma invece dovetti reprimere tutto e soffrire ancor di più. Abbassai la testa verso il basso.
“Sapete che vi dico? Cioè, basta! Io voglio bene a Francesco, ma niente di più! E’ il mio migliore amico, non il mio fidanzato! Smettetela!” – tra serietà e ironia, Alessia aveva detto la sua ed io ero rimasto letteralmente a bocca aperta.
“E quindi?” – mi buttai, cercando di fare l’indifferente.
Tutti risero in coro ed io, per un attimo, mi sentii meno sfigato.
“E quindi niente!”  - rise.
Io l’amavo, non c’era altro da fare. L’amavo in tutto e per tutto. Nulla in lei mi spingeva a non farlo. La desideravo, speravo di poterla abbracciare almeno una volta nella vita, di poterla stringere a me per coccolarla e proteggerla. Ma questo non sarebbe mai potuto accadere.
“Sei proprio sicura, Alessia?” – chiese Paolo con tono leggermente provocatorio.
Non rispose, ma abbracciò Francesco e gli porse un bacio delicato sulla guancia. L’ego del suo amico si pompò immediatamente, così lui prese il suo volto tra le mani e le sfiorò le labbra. Prima piano, poi possedendole. Continuò per un po’, lasciando tutti a bocca aperta. Gli altri rimasero stupiti, io invece, non ne ebbi nemmeno modo perché dentro di me ero completamente distrutto. Morto.
Ci furono servite le nostre ordinazioni mentre tra noi regnava un religioso silenzio. Consumammo il tutto senza fiatare, nessuno osava parlare, evidentemente eravamo troppo scioccati per farlo. Alcuni pativano l’imbarazzo, altri subivano la situazione. Passammo circa venti minuti così, a guardarci in faccia con sguardi inespressivi  e smorfie sconvolte.  
“Ma perché diavolo non parlate?” – fui io a farmi coraggio, quello che stava peggio – “Su, andiamo a farci un bagno, forza!”
“Si, andiamo!” – si alzarono tutti nello stesso momento e mi seguirono come pecore al pascolo.
La spiaggia splendeva. La luce del sole filtrava attraverso le nuvole lasciando brillare la coperta azzurra del mare. Famiglie e bambini riempivano quella distesa dorata, giocando, chiacchierando e lasciandosi baciare dai forti raggi di quella grande stella rossa. Notai, osservando attentamente, che nessuno si trovava in acqua. Sembrava quasi che volessero mantenersi a debita distanza da quell’infinito profondo.
“Ragazzi ma secondo voi perché nessuno è in acqua?” – chiesi chiaramente stranito dalla situazione.
“Bah, magari non c’hanno voglia, che ne so!” – se ne uscì Francesco, sempre simpatico lui – Io vado a buttarmi!  - eroicamente, si mise a correre e appena arrivò a riva, si tuffò.
“Vado anch’io!” – disse Luca – “Paolo vieni anche tu! Simone e Giuseppe muovetevi!” – stavano lasciando  me e Alessia da soli. Perché? Me lo chiesi più volte, continuamente, fin quando non rimanemmo solo io e lei per davvero.
Ci avviammo insieme sulla spiaggia. Mi camminava vicino, troppo vicino. Sentivo la sua pelle a contatto con la mia, mi sfiorava  quasi impercettibilmente, facendomi desiderare ancor di più una vicinanza anche minima col suo corpo. Mi fermai improvvisamente e la fissai. Si girò verso di me e mi guardò con occhi inquisitori.
“Cosa c’è Marco?” – mi sorrise.
“Nulla, nulla Alessia..” – le feci l’occhiolino e mi sentii ridicolo, ancora una volta.
Ci sedemmo in un angolino all’ombra, ci infilammo le cuffiette del mio i-pod nelle orecchie e ci abbandonammo alla musica. Dimenticammo il resto. Inaspettatamente un tonfo assurdo che superava la melodia nelle nostre orecchie richiamò la nostra attenzione. Si erano alzate delle onde quasi anomale che sbattevano violentemente sugli scogli; non riuscimmo a spiegarcene il motivo, ma dovevano essere previste dato che probabilmente erano il motivo per cui nessuno si trovava in acqua. Man mano che si susseguivano, producevano sempre più rumore e sempre più preoccupazione tra la gente. In quel momento riuscii a vedere di tutto, chi raccoglieva asciugamani e borse da terra per scappare via, chi correva senza una meta precisa, chi urlava, chi, in preda al panico, piangeva pensando alle persone che erano state sotterrate dal risucchio meschino del mare.
“Ci ripariamo insieme?” – osservai i suoi occhi, mi stava chiedendo di proteggerla.
Non risposi.
“Mi ami ancora?” – una rabbia improvvisa mi pervase.
“No” – dichiarai con tono fermo ed impassibile.
La vidi rinchiudersi ancor di più in sé, stringendosi le gambe al petto e allontanandosi da me.
“Io invece si..” – un tuffo al cuore mi prese alla sprovvista.
Mi girai e l’osservai delicatamente, la venerai con gli occhi. Mi sbilanciai e provai ad accarezzarle una guancia. Non mi rifiutò, facendomi impazzire di gioia. Continuai a coccolarla, tra le mie braccia, accarezzandole viso e capelli. Sfiorai le mie dita sulle sue labbra e le alzai il volto verso i miei occhi.
“Alessia io..” – il momento mi stava spingendo a dire cose che probabilmente non sarei mai riuscito a confessarle.
Nello stesso tempo però delle urla si facero sempre più vicine.  
“Ragazzi, ragazzi, Francesco è rimasto ferito! Aiutatemi!” – era Giuseppe che disperato, gridava tra le lacrime.
“Cosa?!”
“Si, come avete sentito, muovetevi!”
Ci alzammo in fretta e corremmo verso l’altro lato della spiaggia. Francesco, ferito, perdeva sangue da più punti. Portava graffi particolarmente profondi sul bacino e sul volto. Nessuno di noi sapeva cosa fare, così mi offrì volontario e corsi a chiamare l’ambulanza. Nel mentre, altre onde infestarono la spiaggia con un assurdo impeto. Si alzavano e sbattevano sulla scogliera, si alzavano e sbattevano sul muro di confine, si alzavano e portavano via le ultime cose che restavano sulla spiaggia ormai quasi deserta. Fortunatamente, quando tornai, dopo circa venti minuti e seguito dai soccorsi, le onde si erano calmate. Da lontano intravidi le figure dei miei amici e mi avviai verso di loro. Giuseppe mi si avvicinò con cautela e con uno sguardo più che assente, spento. Aveva qualcosa da dirmi e quel qualcosa non era di certo positivo. Lo leggevo nei suoi occhi e nei volti bagnati dalle lacrime degli altri.
“Marco..” – si fermò e prese fiato – “Alessia..”
“Alessia cosa?” – la voce mi tremava e il cuore batteva più veloce del normale.
“Le onde” – mi guardava impotente e mi accorsi che non avrebbe mai voluto concludere quella frase, non  avrebbe mai voluto ammettere quello che c’era da ammettere – “L'hanno trascinata e ha sbattuto la testa, Alessia non ce l’ha fatta..” – sibilò infine, tutto d’un fiato.
“Cosa?! Cosa?! Stai scherzando?” – si allontanava da me man mano che mi vedeva reagire.
Nessuno osò avvicinarmi, osservavo tutti da lontano piangere su quel corpo inerme, senza vita, immobile. Quell’anima pura a cui era stata strappata la vita. Quell’anima pura con la quale desideravo tanto unirmi. Quell’anima pura che avrei continuato ad amare. Quell’anima pura che aveva segnato la mia vita per sempre. Quell’anima pura che negli ultimi istanti della sua vita mi aveva confessato di amarmi. Alessia, l’amore della mia vita, mi era stata portata via proprio quando il nostro sentimento si era incontrato, proprio quando, guardandoci negli occhi, ci eravamo confidati tutto, proprio quando avevo più bisogno di lei. Da quel momento in poi avrei cominciato ad odiare il mondo, a fingere di vivere e a sopravvivere grazie a quel ricordo di lei con me che si lasciava amare con gli occhi. Alessia sarebbe rimasta viva in me per sempre. Ed ancora oggi, ricordando quel giorno, una lacrima solca il mio viso, perché nulla mi farà mai rassegnare, nulla mi farà mai sentire libero, nulla mi farà mai gioire di nuovo. La mia vita era finita con lei.
 
  
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