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Autore: mydrama__    12/02/2012    1 recensioni
La vita è un insieme di battaglie, e ogni tipo di arma è ammessa. Si lotta per la giornata, si combatte contro le avversità, si usano ogni tipo di mezzo per andare avanti Ma qual è il prezzo di questa guerra così dolorosa? La malinconia, la frustrazione, la mancanza della voglia di essere se stessi. E quindi? Sperare, sognare che un giorno ci sia una tregua, che tutti vincano. E intanto la musica di tre angeli riescono ad essere superiori ai rumori fastidiosi che sono esterni, non apprezzi altro. La musica ti rilassa, anche se la guerra è ancora in corso...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza nemmeno dargli una risposta, cominciai a correre verso la strada principale: non sapevo dove fosse, ma il mio cuore mi guidava, ero sicura che fosse da quella parte. Nel frattempo m stava dietro Davide, i suoi capelli biondi fluttuavano al vento, e i suoi occhi neri sembravano quasi sereni, a parte il fatto che erano ancora umidi. 
Mi raggiunse, e pian piano andammo alla postazione di 'Radio 103', dove un ragazzo del New Jersey si sarebbe fatto vedere dai suoi fan, che non aspettavano altro.

Arrivammo, e con passo da maestri ci infilammo dentro il gruppo di persone sotto la postazione dove Joe avrebbe dovuto mostrarsi al pubblico. Ero elettrizzata, era strano sentire quelle farfalle nello stomaco, non le provavo da un sacco di tempo. Presi in mano il cellulare, e scrissi un messaggio: 'Ciao, qua ci manchi, anche tanto. C'è Joe Jonas che si mostrerà al pubblico, e non ha senso vedere il nostro sogno realizzato senza te. Lo sai che manchi anche a Davide, lui è sempre stato innamorato di te? Ciao, un bacio.' 
Cercai un numero e lo inviai: il destinatario era Virginia, lei non avrebbe mai letto il messaggio, ma sapevo che lo avrebbe apprezzato. 

 
Misi in tasca il cellulare, e aspettai secondi, minuti, ore prima di vedere il viso angelico di quell'uomo dall'altra parte del vetro. Presi in mano la mia reflex, che portavo sempre con me, e scattai una foto. L'avevo fatta male, ma il soggetto era venuto perfetto. E poi guardai meglio... ma c'erano anche Nick e Kevin! Controllai e ricontrollai ancora, e conclusi il fatto che c'erano anche loro due, i tre fratelli erano uniti. Dopo qualche minuto non si vedeva già più nessuno, erano tutti andati ad accogliere i Jonas dall'altra parte, alla porta di ingresso. Mi sedetti su un muretto, felice delle troppe emozioni, con Davide, ed è strano dirlo, ma anche lui adorava i Jonas, perché  lo costringevo ogni volta che usciva con me e Virginia ad ascoltarli, e sono finiti per piacergli. 
 
«Alice, canta!» Davide non mi aveva mai chiesto di cantare, di solito gli dava fastidio quando lo facevo, ma lo accontentai, iniziando a cantare 'Fly with me' dei ragazzi del New Jersey. Lui mi guardava meravigliato, forse un po' invidioso, ma non gliene importava, gli piaceva vedermi felice.

Finì di cantare e seguì un applauso caloroso di Davide, e poi sentì altri applausi provenire da dietro le mie spalle. Mi girai. C'erano tutti gli amici di Davide del riformatorio: Daniel, Denis, e Serena. Non avevo mai legato tanto con loro, ma da quando Virginia era morta, loro continuavano a chiedere a Davide notizie su di me.
Non volevo legare con nessuno, ma quelli mi sembravano simpatici.
«Ma sei bravissima Alice! Altro che Jonas, tu sei Beyoncé!» Abbozzò a dire Serena, con un sorriso a 32 denti. Denis continuava ad applaudire, poi andò da Davide e gli diede una pacca sulla spalla.
Daniel rimase ammutolito, nei suoi pensieri, per i fatti suoi.
Lo osservai attentamente: i capelli erano neri, gli occhi colore del ghiaccio, era vestito benissimo, e non dava segno di espressione. La sua pelle era molto chiara, quasi troppo, sembrava un ragazzo da un altro mondo.
Era come me, in un certo senso: un altro ragazzo fottuto dal suo destino.

Non mi piaceva guardare attentamente le persone, allora mi voltai verso mio fratello, che continuava a parlare con Denis, classico ragazzo biondo con occhi azzurri. Serena invece aveva capelli neri e occhi verdi, quasi come i miei, e i tratti del viso bellissimi.
Daniel continuava a guardarmi, ma lasciai perdere, ero fin troppo abituata a persone curiose. 

«Che ci fate qui? Anche voi siete scappati?» Davide era sorpreso, non si aspettava sicuramente di vedere i suoi amici, i suoi occhi erano lucidi, non so se dalla felicità o dal pianto di prima. Abbracciando Denis, però, scoppiò a piangere. Dai miei occhi non traspariva nulla, ma dentro morivo, una grande spina era stata tirata fuori dal mio cuore, e faceva male. «Virginia non c'è più, Den, non c'è più.» Continuava a ripetere in lacrime, mentre i suoi amici lo rassicuravano. Esausto, cadde per terra, fece qualche respiro profondo e poi si rimise in piedi: il suo viso era un mare salato, mentre i suoi occhi sempre più neri erano l'Ade, il mare dell'inferno, il mare dei ragazzi che non incontri mai, solitari, predestinati, nascosti, sconosciuti, scartati dal mondo, e anche dal proprio fato.
 
Daniel continuava a guardarmi, i suoi occhi erano quasi bianchi, per colpa delle piccole lacrime che si erano depositate sui suoi occhi.
Andai da Davide e, anche se non sapevo che dirgli, parlai. «Virginia era la persona più fantastica del mondo, lo so, però lei non vorrebbe vederti in lacrime, vorrebbe vedere il tuo magnifico sorriso che mi illumina la giornata, vorrebbe ammirare la tua bellezza senza delle stupide lacrime sul tuo viso. Lei sarebbe triste se sapesse che tu sei triste per lei. Fammi un piccolo sorriso.»
Lui mi stava guardando, e all'improvviso vidi il sorriso più luminoso di tutto il mondo. «Grazie Alice, mi canti una canzone?» Non era normale, aveva appena pianto, e adesso? Tutto come prima. Anche lui aveva il fare da attore di teatro, a quanto pare. Mi misi a cantare una canzone di Jessie J, Domino, assieme a Serena.
Oltre ad essere bellissima, era anche una cantante fantastica: i suoi capelli neri volavano al vento con una bellezza assurda. I miei capelli rossi seguivano il ritmo della mia testa, che andava a ritmo con la musica. 

Ci fermammo di colpo, non so il perché, ma ci girammo e vidimo tre ragazzi che uscivano dalla porta secondaria della stazione radio. Erano i Jonas, scappati dalle grinfie dei loro fan, forse troppo invadenti e rumorosi. Guardai Nick, e mi sorrise. Non credevo a quello che avevo visto, mi aveva sorriso! Ricambiai, facendo un piccolo cenno con le labbra.
Daniel mi stava guardando, e abbozzò un piccolo sorriso, e non sapevo chi scegliere per nominarlo 'mister smile' dell'anno. Il fratello, perfetto nel suo genere, uno sconosciuto, pelle chiara e occhi azzurri, e il tuo cantante preferito. Difficile scelta. 
«Ehi Nick, andiamo! Muoviti, dobbiamo andare in albergo!» Era rimasto impietrito a guardare il nostro gruppo, e fu difficile portarlo via per gli altri due. Io non lo stavo già più guardando, c'era Daniel che mi si era avvicinato, e mi aveva porso la mano: voleva presentarsi come si deve. «Ciao, sono Daniel, e tu sei Alice?»
 
I Jonas stavano andando via quando ricambiai il saluto con Daniel, e intanto li guardai, mentre Nick non smetteva di fissarci, e di dare occhiate. Occhiate a noi. Occhiate a me. «Piacere, Alice.» Non porsi la mano, ero molto superstiziosa, e dare la mano portava sfortuna.



Andammo in giro per Milano, la splendida Milano, e finimmo in piazza Duomo, dove c'era un infinità di persone, anzi, di fan accanite che si stavano piombando su i Jonas, che volevano solo passeggiare per la città. Poverini. Dovevo liberarli.
Andammo vicino al gruppo e li buttammo fuori, e senza dire una parola ci seguirono, fino ad un vicolo dove sicuramente nessuno avrebbe fatto visita. 

 
«Oh, grazie mille, amo le mie fan, ma a volte sono invadenti, letteralmente!» Abbozzò una battuta Kevin, ma nessuno rise, allora si ritirò indietro, arrossendo tutto.
Avevo i miei cantanti preferiti davanti a me, e non riuscivo ad essere come le fan del Duomo, anzi, ero più calma del solito, e non felicissima, stranamente. Sapevo che esistevano fan che ovviamente erano pazze per i loro 'idoli', invece io credevo che erano persone comuni, che con la loro voce sapevano farmi emozionare, ogni fottuta volta che li ascoltavo, però comunque persone comuni. Era questo il bello di loro, che ne erano consapevoli, quindi tranquillamente passeggiavano per le strade, per i ristoranti, per la città. Era questo che li rendeva unici, oltre al fatto che erano di una bellezza indescrivibile. 

 
«Vai tranquillo, ci sembravano un po' troppo... così, e allora vi abbiamo... salvato?» Io e mio fratello sapevamo l'inglese perfetto che tutti vorrebbero parlare, ma non eravamo ancora consapevoli del motivo, in quanto i miei genitori non me li ricordavo per niente. Infatti con lui parlavo solo inglese, mentre gli altri non capivano nulla. Era molto comodo quando dovevamo nascondere qualcosa.
«Oh, parlate inglese? Menomale, pensavamo di imparare italiano alla gelateria!»Fece un'altra battuta Kevin, e questa volta Denis rise, perché per quel poco inglese che sapeva, lo aveva capito, e allora Kevin gli diede il cinque, e scoppiarono a ridere. 
«Ma eravate voi prima, fuori dalla stazione radio?» Chiese Joe, e con un sorrisino malizioso si rivolse a Serena, che lo guardava ammirata, con la bocca aperta.
«Si, eravamo noi, eravamo venuti a vedervi.» Rispose Serena, con un filo di voce. Lei si che era emozionata, e stava cercando di tenerlo dentro, come facevo io solitamente. Davide mi diceva che una sua amica mi ammirava un sacco, e in quel momento capì di quale persona parlava.
 
«Oh, ed eri tu la ragazza che cantava, insieme a lei?» Indicò lei e me, e con un sorriso lei disse: «Si, ma non siamo bravissime, almeno io, e non ci siamo mai viste prima di oggi, quindi non siamo neanche 'sintonizzate', capito?» Parlava a scatti, perché l'inglese lo sapeva poco, ma comunque si capiva. Joe la guardava ammirato, mentre Nick guardava me, i suoi occhi scuri erano troppo profondi per essere scoperti in un solo sguardo, e i miei occhi erano troppo verdi per capire che dentro la mia anima non c'era verde speranza, ma bianco solitudine.
 
Mi stavo inoltrando ancora nei miei pensieri più cupi, più segreti che non sapeva nemmeno mio fratello, quando una mano mi prese la spalla e mi voltò verso una donna dritta, con i piedi perfettamente dritti, talleur verde folletto e un cappellino in tinta: era la bibliotecaria, che aveva la faccia da preoccupata. «Io e te dobbiamo parlare, ok?»
  
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