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Autore: lookafteryou_    12/02/2012    12 recensioni
Cosa fare se un ingenuo concorso per fans si trasforma nell'avvenimento che ti sconvolgerà la vita? Molleresti tutto e tutti per riconquistare una persona? Chiedete a Harry e Ilenia. Loro ne sanno qualcosa di come tutto può cambiare solo per un sogno...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MAYBE IN A PINK JACKET…

Ma chi si credeva di essere? Non aveva nessun diritto per comportarsi come aveva fatto, nessuno. Solo perché lui era “Harry Styles” non poteva prendersi certe libertà. Che poi cosa ci aveva guadagnato? Poteva tranquillamente venire lì e ricordarmi dell’incontro di lavoro senza tirarmi per il braccio e interrompere quello che stava accadendo.
Ma no, ovviamente non poteva perché sarebbe stato troppo normale. Scherziamo? Harry Styles che fa una cosa normale? Non sia mai. Era lui dopotutto quello che si vantava di girare nudo ventiquattro ore su ventiquattro, quello che andava in giro a sventolare la sua bravura a letto, quello che doveva distinguersi, quello che era maledettamente bello, quello che aveva una delle voci più eccezionali esistenti, quello che sfoggiava il sorriso più incantevole mai visto, quello che… No, sto perdendo il filo.
Restava il fatto che per quanto fosse perfetto a prima vista dopo l’ultima ora aveva perso almeno mille punti.
Quasi sedici anni. Quasi sedici anni e non avevo ancora avuto nemmeno l’ombra di un ragazzo, non avevo mai ricevuto quel primo bacio di cui tutti andavano parlando, non ero mai stata nei pensieri di qualcuno che fosse anche nei miei. E adesso che stavano finalmente per accadermi tutte quelle cose e che stavo per sapere come ci si sentisse arrivava una chioma riccia a rovinare tutto.
Avevo passato la mattinata con Peter, ero stata bene. Mi piaceva stare con lui e parlargli di qualunque cosa mi passasse per la testa. Era simpatico, ogni sua battuta mi faceva sorridere e anche lui reagiva allo stesso alle mie anche se erano pessime per la maggior parte.
Mi aveva fatta sentire importante. Quella mattina si era presentato davanti alla porta della ia camera per passare del tempo con ME, non con me e altri amici, SOLO con me.
Se mi piaceva? Probabilmente sì. Anche se lo conoscevo da pochissimi giorni era stato il primo a farmi sentire quasi come mi facevano sentire i One Direction e questa era una cosa che non mi era mai successa. Avevamo passeggiato sul ponte di Londra e ad un certo punto mi aveva presa per mano facendomi avvampare, poi lo avevo trascinato sulla ringhiera da cui eravamo rimasti a fissare il fiume e parlare mentre piano si avvicinava e mi avvolgeva sempre di più fra le sue braccia.
Nonostante mi sentissi felice in quel momento non provavo esattamente le emozioni che avevo sempre immaginato, mancava qualcosa ma non capivo cosa. Probabilmente era perché tutto era nuovo per me e dovevo ancora lasciarmi completamente andare e rilassarmi.
Quando mi ero girata per guardarlo anche lui aveva fatto lo stesso e mi ero ritrovata col suo viso più vicino di quanto avessi calcolato. Senza che me ne rendessi conto cominciò ad avanzare e bruciare la distanza che c’era tra noi intenzionato a baciarmi. Allora avevo cominciato veramente ad agitarmi.
E se avessi sbagliato qualcosa? Dove dovevo mettere le mani? E dopo cosa avrei dovuto fare? Quando me lo trovai a pochi millimetri decisi di seguire l’istinto e prenderla come sarebbe venuta, forse era troppo presto per un bacio ma eravamo sul London Bridge, era una giornata meravigliosa e non troppo fredda, lui era fantastico e io felice. Quello era sicuramente il momento e il posto migliore. E invece… E invece in un attimo mi ero ritrovata a un metro buono da Peter e dal mio primo bacio per colpa di uno strattone ricevuto da un Harry comparso all’improvviso.
Ma gliel’avrei fatta pagare, gli avrei fatto capire che non pendevo dalle sue labbra e da quelle degli altri. Li adoravo, ma erano fondamentalmente ragazzi come me e io avevo gli stessi loro diritti di fare la mia vita e vivere le mie esperienze.
 
“HARRY EDWARD STYLES! TU QUESTA ME LA PAGHI.”
Appena intravidi la porta della sala spalancata non riuscii a contenermi e mi misi ad urlare per il corridoio. Avevo il fiato corto per la corsa e per il nervoso e le gambe che protestavano per le quattro rampe di scale che si erano fatte in sessanta secondi scarsi.
Senza degnare di uno sguardo il cartello “in questi uffici è richiesto silenzio” feci la mia entrata nella stanza dove si trovavano i cinque ragazzi, compreso quello che in quel momento avrei voluto vedere attaccato al palo davanti all’edificio, al posto della Union Jack. Invece se ne stava lì, in piedi in mezzo agli altri. Appena mi aveva sentita urlare si era voltato verso di me facendo uno di quei suoi sorrisi sbruffoni e sicuri mandandomi in confusione le idee e gli ormoni.
Resta concentrata. Ricorda cosa ha fatto poco fa.
“Ehilà, era veloce il taxi eh?”
EHILÀ?! 
Dopo la sceneggiata di prima “ehilà” era il suo saluto migliore? Voleva la guerra? Gli avrei dato la guerra, nonostante facessi una fatica immensa a non perdere di vista il motivo per cui ero arrabbiata a causa del suo sguardo e di quello degli altri su di me.
“Perché? Se mi avesse trattenuta di più mi avresti tirata giù anche da quello tirandomi per un braccio?”
Gli altri ci guardavano con la faccia a punto interrogativo, probabilmente non gli avevo dato il tempo di aggiornali sulla sua magnifica impresa. Tanto meglio, se la sarebbe dovuta cavare da solo e senza scuse o storie inventate.
“Certo, ci tengo al nostro primo album. Se ti cacciassero per un ritardo perderemmo la copertina e questo non deve accadere. Tutto qui. Poi non so quanto tu ci abbia lavorato visto che stamattina non hai fatto altro che passeggiare con quel tipo e ieri sei stata tutto il tempo con noi… ero solo preoccupato per il nostro lavoro”.
Senza scomporsi di una virgola continuò a sorridere dandomi il nervoso ma contemporaneamente facendomi sperare che non smettesse. Sembrava calmissimo, come se pensasse di aver ragione e di non aver fatto nulla di male. Bene, SI SBAGLIAVA.
“Oh ma come sei altruista e magnanimo. Beh allora scusa tante, sono una ragazza sconsiderata. Veramente, come mi è venuto in mente di uscire con un ragazzo?  Potevo starmene in hotel a ricontrollare per la millesima volta i progetti che ho pronti dal giorno prima di partire per Londra e magari potevo pure non lavarmi per guadagnare tempo. La prossima volta lo farò, sicuramente i dirigenti ameranno le mie idee e la mia scarsa igiene.”
Troppo drastica e permalosa? Forse. 
Parlai a raffica, facendo il suo gioco. Rimasi sorridente per  tutto il tempo senza mai abbassare lo sguardo.
“Oddio come sei esagerata. Vivi per carità, ma almeno non passare una mattina così importante con la testa fra le nuvole e la faccia appiccicata a quella di uno che conosci da massimo due giorni”
Ora amorevolmente lo uso come pignatta e mi armo di mazza da baseball.
“Intanto sono tre giorni che lo conosco. Ma come faccio a conoscerlo veramente se prima non ci esco insieme una volta? Poi scusa, cosa vai a predicare tu che eri lì con una ragazza che sembrava appena evasa da una scatola di Barbie del negozio di giocattoli?”.
Lo presi in contropiede, non si aspettava lo avessi riconosciuto prima della sua entrata ad effetto. Avevo notato la ragazza, eccome se l’avevo notata. Era impossibile non vederla, per strada sembrava gridare al mondo che stava passando. Erano mano nella mano come me e Peter ma andavano nel verso opposto al nostro percorrendo il London Bridge.
Non appena lo avevo intravisto fra la gente avevo avuto l’impulso di correre da lui, chiedergli cosa ci facesse lì, domandargli come avevano dormito i ragazzi, dargli anticipazioni sulle mie idee per l’album e magari anche presentargli Peter... ma poi avevo visto quella ragazza senza difetti estetici al suo fianco e avevo sentito allo stomaco una morsa indescrivibile mentre le gambe avevano cominciato ad accelerare il passo senza che lo avessi programmato per far uscire i due dal mio campo visivo. Così avevo tirato la mano di Peter verso il panorama autunnale del Tamigi che si scorgeva ai margini del ponte per dare loro le spalle, per non pensare più alle loro mani intrecciate e a quanto quella ragazza fosse perfetta in ogni particolare.
 
“È diverso, io il mio lavoro lo sto facendo e ce l’ho fisso. Tu puoi perderlo.”
Si stava ufficialmente arrampicando sugli specchi e la cosa mi dava una soddisfazione immensa. Sapevo esattamente come continuare e come portarlo a chiedermi scusa, mi bastava quello. Un semplice “scusa ho sbagliato” e tutto sarebbe tornato alla normalità, anche se di normale tutta la vicenda aveva ben poco.
“Ed è qui che ti sbagli, ormai ho due mesi fissati grazie alla firma di mia madre e sei tu qui ad aver bisogno della mia copertina per continuare il lavoro.”
EPIC WIN.
“Ma ti avrebbero rispedita a casa il primo giorno senza l’intervento del sottoscritto”.
Cavolo, ha ragione.
“Sì ma di certo il mio didietro non è capitato a Londra grazie a te. Ho mandato io la copertina agli organizzatori”.
Era un botta e risposta senza fine. Nessuno dei due voleva dare ragione all’altro, nessuno dei due spostava lo sguardo dall’altro, nessuno dei due voleva smettere di parlare.
Gli altri quattro ragazzi erano rimasti tutto il tempo a fissarci senza fiatare o commentare spostando la testa per guardare prima me e poi lui a seconda di chi stava parlando, come se stessero seguendo la pallina ad un incontro di ping-pong.
“E sentiamo, se non fossero esistiti i One Direction avresti mai partecipato al concorso? Esatto, no! Perché non ci sarebbe neppure stato...”.
Si credeva furbo? Evidentemente da come mi guardava con aria superiore da sotto quell’ammasso di ricci sì. Aveva pure incrociato le braccia sul petto.
“No certo, come sei acuto Styles. Ma sai grazie a chi siete dove siete? Grazie a noi fans. E adesso come la mettiamo?”
Gli imitai la posa incrociando le braccia e cercando di guardarlo dall’alto in basso nonostante fossi nettamente in svantaggio per la mia altezza non pervenuta.
“Ma…”
Non sai come controbattere eh? Ora chiedi scusa.
“Ma?”
Lo guardai ancora sorridendo con la convinzione di aver vinto la discussione. Non sarebbe riuscito ad avere l’ultima parola.
“Ma niente, non ti devo né scuse né spiegazioni. E fossi in te mi muoverei dato che fra cinque minuti questa stanza si riempirà di giacche e cravatte che non vedono l’ora di vedere i tuoi progetti”.
Mi sventolò davanti al  viso l’orologio d’argento che portava sull’enorme polso mandandomi in panico. Mancavano veramente cinque minuti e la presentazione dell’idea era ancora nella mia camera d’albergo dato che avevo contato di riuscire a passare a prenderla.
Cominciai ad agitarmi, non avrei mai fatto in tempo a correre fino all’hotel, farmi dare le chiavi dalla vecchia portinaia mezza orba, salire le scale fino al mio piano, prendere i cartelloni e tornare indietro.
“Sei in panico vero?”
SBRUFFONE. Taci e sotterra la testa come gli struzzi.
Sempre con quella sua aria soddisfatta mi fissava impassibile, senza fare nulla. Non so cosa avrei dato per fargli ammirare l’auto e la patente di Peter per farlo sentire almeno una volta inferiore e… PETER! Ecco la risposta. Sicuramente poteva passare a prendermi il lavoro in camera.
“Ci sentiamo stasera e se ti serve qualunque cosa, anche qualcuno che dia un pugno a certe persone, non esitare a chiamarmi” aveva detto meno di un’ora prima. Non mi serviva un pugile per il momento ma un aiuto di sicuro sì.
Presi il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e composi il numero che mi aveva aggiunto lui stesso nella rubrica quella mattina.
Mentre la linea suonava libera cercai aiuto anche nei ragazzi che dovevano ancora aprire bocca ma che avevano seguito tutta la vicenda.
“Vi prego, intrattenete i dirigenti per qualche minuto. Io torno subito”.
Non aspettai nemmeno una loro risposta sperando si inventassero qualcosa e corsi giù per le scale mentre Peter rispondeva alla chiamata. In poco tempo venne a portarmi tutto il materiale e un sorriso, lo ringraziai e tornai di corsa di sopra tenendo d’occhio l’orologio che correva più di me, erano già passati dieci minuti. Cinque in più del previsto.
Per l’ennesima volta capitai nella stessa sala tutta trafelata e col fiatone come mezz’ora prima. Quello che vidi mi fece utilizzare anche il poco fiato che avevo mantenuto per scoppiare in una risata. Quando avevo chiesto ai ragazzi di intrattenere i dirigenti non intendevo IN QUEL MODO.
Al posto delle diapositive delle idee per la copertina stavano proiettando sul muro le loro foto fatte nel bungalow  una settimana prima. Alcuni scatti erano veramente esilaranti ed altri era meglio non finissero sotto gli occhi del pubblico, con i commenti di Louis ad ogni diapositiva poi era impossibile restare seri.
“Grazie Louis ma ora che è arrivato il vero progetto preferiremmo vedere l’album al posto di gente mezza nuda”.
Guardando con aria d’intesa Styles un uomo stretto in una camicia di due taglie in meno e che, come minimo, sarebbe dovuto pesare sui cento chili si voltò verso di me congedando Louis e la sua parlantina.
Nonostante il ritardo ero convinta di aver realizzato delle buone idee e di poter fare una bella impressione.
Con sicurezza presentai l’idea che già avevano esaminato per la copertina, la stessa che avevo spedito per il concorso e inoltre azzardai quello che avevo ideato quella stessa notte, delle idee per un photoshoot. Non rientrava proprio nei miei campi ma avevo pensato di inserire all’interno del libretto del CD una foto di uno dei ragazzi per pagina e per finire nel quarto di copertina una di tutti loro insieme mentre correvano verso l’obiettivo. Avevo dato un’occhiata al progetto che avevano deciso di utilizzare i dirigenti e non era molto convincente, volevo provare di meritare quel posto e magari portando quell’iniziativa ce l’avrei fatta. Oppure mi sarei fatta cacciare a calci.
Mostrai le varie diapositive raffiguranti gli schizzi che avevo realizzato per spiegare come avevo pensato di fare le varie pagine e di come strutturarle. Per tutto il tempo tenni una mano dietro la schiena con le dita incrociate sperando che ancora una volta quel gesto mi aiutasse.
Illustrai per ogni componente come avevo immaginato le pose, i posti e l’abbigliamento ma quando arrivai alla pagina di Harry non mostrai la diapositiva perché la mia idea era cambiata.
“Ecco, per Harry ho avuto un’illuminazione leggendo molti post su internet di ragazze che lo vedrebbero estremamente bene in una giacca rosa salmone e una polo rossa sotto. Dicono che è la moda del momento, io la sperimenterei”.
Vendetta.
La faccia di Styles finalmente cambiò espressione assumendone una contrariata.
“PIANO, io una cosa del genere non la metto neanche morto. Primo: già il fatto di avere qualcosa addosso mi da fastidio. Secondo: ROSA SALMONE? Ma scherziamo? Mi rifiuto. Poi non penso che davvero potrei piacere a qualcuno conciato in quel modo”.
Sei fottuto.
Si era addirittura alzato dal divano da cui tutti e cinque i ragazzi stavano seguendo la mia presentazione per controbattere. Avessi potuto filmare quel momento lo avrei fatto volentieri per farglielo rivedere infinite volte. Non era lui quello che voleva lavorassi alla copertina? Avevo pensato molto più in grande e ora doveva lasciarmi fare.
“Sì Harry, lo hai detto tu il primo giorno che essendo una fan potrei essere più vicina al pubblico. Ecco, il pubblico a quanto pare la pensa così e se ci aiuterà a vendere vale la pena di soffrire un po’.”
Per poco non mi trattenni dal ridere. Non avevo mai letto in alcun post di quella cosa della giacca rosa, in effetti era un’idea che avevo avuto su due piedi in quel momento per fargliela pagare, una piccola e ingenua vendetta. Si sa che i ragazzi non amano più di tanto il rosa.
E poi a dire la verità sarebbe anche servito a me, dovevo ammettere che era difficile concentrarsi sulle idee e sulle cose serie con lui intorno. Magari in abbigliamento rosa avrebbe fatto meno effetto e sarebbe rimasto fuori dai miei pensieri per qualche ora, magari…
 
“Approvato! Ragazza, siamo onorati di averti con noi. Ci convincono molto le tue idee e apprezziamo l’entusiasmo. Mi sa dovrai cominciare a cercarti una casa fissa a Londra, credo la permanenza sarà più lunga dei due mesi decisi.
Abbiamo coperta e photoshoot signori, mi aspetto che tu, Ilenia, supervisionerai a tutti i servizi fotografici. Detto questo, ottimo lavoro.”
Grazie tizio con la cravatta più oscena di questo mondo.
In poco tempo l’aula si svuotò, rimasta sola con l’iPod regalatomi da Ilaria raccolsi tutti i miei cartelloni e le diapositive con un sorriso realizzato e completo. Le cose col lavoro stavano andando meglio del previsto e ormai avevo preso confidenza con i ragazzi, cosa che pareva impossibile dal modo in cui avevo reagito il primo giorno. Non chiedevo altro.
We’re like Na Na Na, then we’re like Yeah Yeah Yeah”
La riproduzione casuale mi conosceva veramente bene a quel che pareva.
Senza rendermene conto cantavo insieme a loro con le cuffie ad un volume talmente alto da non poter sentire nemmeno la mia voce.
Quella canzone non aveva senso ma la amavo e in quel momento mi sentivo davvero “Na Na Na”.
Pensandoci forse aveva un senso in effetti, quella che provavo era una sensazione fin troppo bella per essere descritta, non trovando nessuna parola che potesse rendere l’idea tre sillabe come “Na Na Na” erano il modo migliore per esprimerla.
 
“Bella canzone, di chi è?” Sentii domandarmi mentre qualcuno mi toglieva una cuffia dalle orecchie bloccano la mia esibizione canora per metterla al proprio orecchio.
“One Direction, li conosci? Dicono siano molto bravi…”
“Ne ho sentito parlare ma non mi convincono, troppo montati non trovi?”
“No non direi, li conosco e sono veramente fantastici. Chi dice il contrario ha urgente bisogno di cure”
Liam si mise a ridere appoggiandosi all’enorme tavolo bianco della sala riunioni. Spensi l’iPod per non sembrare maleducata e anche perché quando ascolto la musica non riesco a parlare.. o ascolto il testo o penso a cosa dire.
“Quindi  siamo come ci avevi immaginati? Niall se lo chiede spesso.”
Era ancora così assurdo parlare con loro ma ci avevo preso confidenza e le parole uscivano  molto più facilmente.
“Perfettamente uguali a come vi avevo immaginati, nessuno escluso.”
Finii di sistemare gli ultimi materiali nella cartella a tracolla e la chiusi appoggiandola sulla sedia e poi andai a sedermi sul tavolo affianco a Liam.
“Anche Harry? Insomma, dopo la scenata di prima sembrava ti stesse antipatico”
ANTIPATICO?! No no, di solito la notte non si sogna chi ti sta antipatico.
“No, non antipatico. È fantastico come tutti voi solo che oggi mi ha dato fastidio, tutto qui. Ce l’ho un po’ con lui ma passerà. Più che altro ho paura di stargli io antipatica…”
Vidi Liam  accennare a una risata soffocata, non mi sembrava di aver detto nulla di divertente…
“No tranquilla, è solo preso dal lavoro. Tutto qui. Ti adorano tutti a proposito, noi e i dirigenti. Direi che hai fatto colpo in soli tre giorni eh?”
Loro mi adoravano? Cioè, non mi consideravano una fan sclerata? Oddio.
“Scherzi? Sul serio non ho fatto una brutta impressione? Niente di niente?”
Cominciai a dondolare le gambe dal tavolo per la felicità, e io che credevo che tutti mi vedessero come la ragazzina che si crede chissà chi che appena arrivata vuole cambiare tutto…
“Niente, per ora convinci tutti. Lo stesso pare per i ragazzi a quanto pare eh? Chi era il ragazzo di cui parlavi oggi con Styles?”
Posso parlargliene? VOGLIO parlargliene.
“Si chiama Peter, è il figlio del proprietario dell’hotel in cui alloggio e… sì, penso mi piaccia.”
Le gambe cominciarono a dondolare più forte per l’imbarazzo, non ero abituata a parlare di ragazzi con ragazzi, a malapena ne parlavo con le mie amiche.
“Prima conoscilo meglio tu e assicurati che sia un bravo ragazzo, però dopo ce lo devi presentare. Che ne dici se qualche sera organizziamo una cena tutti insieme? Invitiamo anche appunto Peter, Danielle e Eleanor così le conosci e state un po’ tra ragazze.”
Conoscere quelle due ragazze era uno dei miei obbiettivi, erano tra le ragazze più fortunate di questo mondo e di sicuro erano fantastiche.
“Ci sto capo- esclamai facendo un salto per scendere dal tavolo -Ci mettiamo d’accordo domani allora. Grazie mille, mi hai tranquillizzata per molte cose. Ora vado in hotel che ho una fame indescrivibile. A domani!”
Presi su la tracolla e infilai il giubbotto dirigendomi all’hotel per riempire il buco che si era venuto a creare nel mio stomaco. Anche se lì a Londra non avevo parenti sentivo Liam come una figura fraterna con cui mi potevo i confidare e di cui potevo fidarmi, non ne capivo il motivo ma mi dava quell’impressione.
Come la sera precedente trovai un biglietto attaccato con un pezzetto di nastro adesivo alla porta della mia stanza d’albergo scritto nella stessa calligrafia pulita e senza cancellature.
 
“Passeggiata nel parco dell’hotel alle tre e mezza? Sarò quello con le rose e due gelati.
                                                                                                                                           Peter”


Orologio: 14.10
Un’ora e venti per prepararmi?! Tanti saluti al pranzo, preferisco il “gelato”.



SONO IN RITARDO çç
volevo postare prima ma qua c'è veramente brutto tempo per colpa della neve e per una settimana non mi è andata la connessione.
Poi oltrettutto diciamo che non ero proprio dell'umore ma dettagli .
Adesso Ilenia ha più confidenza con i ragazzi e infatti si vede da come parla con loro, e boh.. questo capitolo come l'altro non mi convince ma è sempre così quindi amen.
Per chiunque abbia partecipato alla cosa del M&G con i ragazzi.. buona fortuna a tutte 
<3 (oddio che figo il cuore così ahahahahah)
 spero che le venti che vinceranno siano vere fans e non le solite che sbavano solo dietro a uno di loro.
Sto divgando... bene chiudo, spero vi piccia il capitolo e ovviamente accetto consigli e critiche :3
Se riuscite e avete voglia di lasciare una recensione liberissime eh ùù 
Ah già, so di aver stravolto i tempi. Infatti quel photoshoot lo hanno fatto prima che uscisse "What Makes You Beautifult" ma qui l'ho fatto fare dopo perchè mi serviva #js 
Ora vado sul serio. A presto, Ilenia.

 
   
 
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