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Autore: Alexandra_ph    12/02/2012    2 recensioni
Questo racconto è la continuazione di Fly with me ed è stato scritto nella primavera del 2003.
A quei tempi la mia ispirazione procedeva in direzione diversa rispetto alle puntate della 7a stagione che stavano trasmettendo (forse perchè erano puntate ben poco shipper...) e così ne venne fuori una "storia parallela", che seguì la sua strada...
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fly with Me'
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Capitolo 14



Il fuoristrada rallentò e Sarah si chiese se si trattasse di un’altra sosta oppure se erano giunti alla fine del loro viaggio.
Erano in auto da quasi due giorni e lei si sentiva a pezzi, benché avessero fatto qualche breve sosta per la benzina. Aveva provato a dormire un po’, per recuperare le forze, tuttavia si sentiva completamente distrutta, probabilmente anche per via della gravidanza; inoltre le doleva la schiena, a causa delle ore trascorse sempre nella stessa posizione.

L’auto si fermò e sentì l’uomo scendere.

Chissà dov’erano? Doveva essere un posto molto assolato, perché aveva davvero tanto caldo. Sentiva il calore del sole sul corpo da ore, fin dal mattino presto, anche se in quel momento la sensazione era diventata quasi insopportabile. Aveva la gola e le labbra secche... sarebbe stata capace di uccidere, pur di avere dell’acqua e un letto in cui stendersi e riposare.

La portiera dalla sua parte si spalancò e Sarah si sentì afferrare senza delicatezza e tirare giù dall’auto.

“Scendi! Siamo arrivati…” le ordinò il suo carceriere.

Lei obbedì senza fiatare. Ormai aveva adottato quella tattica, per evitare di innervosire ulteriormente l’uomo che l’aveva sequestrata. Voleva lasciargli credere di avere il controllo della situazione. Se si fosse mostrata docile e non lo avesse fatto infuriare, magari si sarebbe fatto scappare qualche dettaglio che poteva tornarle utile. L’atteggiamento che aveva usato all’inizio della sua brutta avventura, non le aveva giovato molto. Se n’era accorta subito. Se si ribellava, l’uomo diventava immediatamente più guardingo, più nervoso e la trattava male. E, soprattutto, non proferiva parola. Invece lei aveva bisogno di farlo rilassare, affinché parlasse e, magari, si lasciasse sfuggire qualcosa.

Strattonandola per un braccio, l’obbligò a seguirlo. Il terreno sotto ai suoi piedi era accidentato e polveroso e Sarah, con gli occhiali oscurati che le impedivano di vedere, faceva fatica a muoversi.

“Sbrigati!” la rimproverò l’uomo impaziente.

“Perché non mi togli gli occhiali, così riesco a camminare meglio” chiese Sarah, gentilmente. Voleva fargli credere di sottostare al suo volere. Invece la sua unica preoccupazione era di capire dove la stesse portando. L’uomo sembrò pensarci qualche secondo, infine prese una decisione e le sfilò gli occhiali. La luce improvvisa e molto forte accecò per qualche attimo Sarah. Poi, pian piano che i suoi occhi si abituarono, misero a fuoco un volto che riconobbe immediatamente, anche se lo aveva visto solo una volta.

Il sorriso beffardo di Clark Palmer comparve sul viso dell’uomo che la teneva prigioniera appena si rese conto che lo aveva riconosciuto. E tutto, nella mente di Sarah, iniziò ad avere una spiegazione: la voce che le sembrava di aver già sentito si accoppiò al volto e tutti i discorsi che lui le aveva fatto parvero avere un senso. Un senso molto tragico, ma finalmente un senso.

“Tu…” sospirò sconvolta.

“Salve, colonnello MacKenzie!” la salutò, divertito, Palmer.

Clark Palmer. Era nelle mani di Clark Palmer! L’uomo che odiava Harm da anni. Fin dalla volta in cui il capitano di corvetta Harmon Rabb lo aveva battuto sul suo stesso territorio, alla sede della Bradenhurst Corporation. Era accaduto mentre seguiva il caso di un aereo fatto precipitare dalla collisione con un “oggetto volante non identificato”, in seguito risultato essere il prototipo di una nuova arma segreta. Lei non aveva partecipato all’indagine, ma ricordava che Bud aveva lavorato al caso con Harm per capire la causa dell’incidente. Era successo anni addietro, poco prima che lei commettesse il grave errore di lasciare il Jag per lavorare in uno studio privato con il suo ex, Dalton Lowne… Harm e Bud si erano anche fatti arrestare, durante quella missione.

Palmer, a quei tempi, era un agente del dipartimento di sicurezza della Difesa, e aveva cercato con tutti i mezzi di fermare l’indagine di Harm. Ma il capitano Rabb, come al suo solito, non si era arreso ed era riuscito ad averla vinta su Palmer. Ricordava ancora l’espressione divertita e ammirata di Bud quando le aveva raccontato del pugno che Harm era riuscito a restituire a Palmer, proprio sotto gli occhi esterrefatti del colonnello che aveva voluto l’inchiesta!

In seguito Palmer era diventato l’incubo di Harm: ogni volta che non si trovava in carcere, cercava di fargli del male. Ma Harm era sempre riuscito a cavarsela. Anche ora Palmer avrebbe dovuto trovarsi rinchiuso nella prigione di Leavenworth, proprio a causa di un’altra brillante intuizione di Harm. Invece era lei, in quel momento, a trovarsi nelle mani di quel pazzo.

“Sorpresa di vedermi, colonnello MacKenzie?” L’uomo sembrava divertirsi un mondo a beffarsi di lei.

“Come hai fatto ad evadere da Leavenworth?” gli chiese, seguendolo.

“Trucchi del mestiere” rispose divertito lui.

Intanto si stavano dirigendo verso un luogo ben preciso, che le sembrò familiare. Cominciò a prestare più attenzione a dove la stava conducendo e si guardò attorno.

“Dove siamo?” chiese, quando realizzò che si trovavano in una zona completamente sperduta. Solo delle rocce qua e là, interrompevano un paesaggio che le ricordava molto il deserto dell’Arizona, dove era stata una volta in missione con Harm. Per la precisione, durante la loro prima missione insieme.

“Non serve che tu lo sappia…” rispose Palmer, invitandola a seguirlo in una specie di grotta ricavata dentro ad una roccia più grande delle altre.

Anche quell’entrata le ricordò immediatamente il luogo dove suo zio Matt, anni prima, si era rifugiato con i suoi Marines, quando aveva rubato la Dichiarazione d’Indipendenza… Possibile cha Palmer l’avesse condotta nel vecchio nascondiglio di zio Matt? A Red Rock Mesa? Eppure, non poteva sbagliarsi… quel luogo così particolare le era rimasto impresso fin dalla prima volta che l’aveva visto in compagnia di Harm. Appena fu all’interno della grotta, non ebbe più dubbi: l’aspetto del luogo era troppo singolare perché potessero essercene due identici al mondo!

“Lo hai riconosciuto, vero?” le domandò Palmer, divertito.

 Sarah lo osservò attentamente. Quell’uomo era più furbo del diavolo e sapeva più cose di lei e Harm di quanto loro stessi riuscissero a ricordare… Come faceva ad avere tutte quelle informazioni? Non li conosceva neppure, a quei tempi!
Istintivamente capì quale sarebbe stato il gioco di Palmer con Harm. Ricordò quello che le aveva detto quando ancora la teneva prigioniera a Washington o nei dintorni, e dovette riconoscere la furbizia sadica di quell’uomo. Le aveva assicurato che avrebbe fatto impazzire Harm a cercarla, mettendolo su false piste.

“Sei molto furbo…” cercò di lusingarlo.

“Hai capito, vero? Complimenti, colonnello, sei molto sveglia anche tu. Mi sono sempre piaciute le donne sveglie! Capisco come tu possa piacere al nostro caro Harm. Devo ammettere che ha dimostrato, finalmente, buon gusto! Certamente di più di quando stava con la bionda regista…”

Palmer le diede da bere e le indicò un letto molto spartano.

“Riposati, ora… Ritorno più tardi e mi servirà la tua completa collaborazione, per far divertire un po’ il nostro caro ragazzo!” e dicendo questo la legò alla testata e uscì dalla grotta.

Sarah si domandò dove potesse andare, in quel luogo sperduto, ma decise di non pensarci e approfittarne per riposarsi. Se voleva tener testa a Palmer, avrebbe dovuto ricorrere a tutte le sue energie.

 

  
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