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Autore: Alexandra_ph    12/02/2012    2 recensioni
Questo racconto è la continuazione di Fly with me ed è stato scritto nella primavera del 2003.
A quei tempi la mia ispirazione procedeva in direzione diversa rispetto alle puntate della 7a stagione che stavano trasmettendo (forse perchè erano puntate ben poco shipper...) e così ne venne fuori una "storia parallela", che seguì la sua strada...
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fly with Me'
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Capitolo 15



Era tornato in ufficio dopo la seconda notte insonne. Aveva dormito a casa sua, solo per timore che Palmer lo cercasse al telefono e non lo trovasse. Altrimenti avrebbe dormito da Sarah, nel letto che avevano condiviso solo due notti prima, per sentirsi più vicino a lei.

Dio, come gli mancava! Era senza di lei solo da due notti, e già non riusciva più a sopportarlo… Avrebbe voluto almeno poter sentire il suo profumo…

Al diavolo! Non era quello, ciò che voleva! Lui la voleva di nuovo tra le sue braccia, sana e salva.

E se Palmer l’avesse cercato da Mac?

Non sapeva quanto avrebbe potuto resistere ancora senza notizie: il giorno precedente, in ufficio, non era riuscito neppure a sfogliare un documento. Non aveva fatto altro che fissare il telefono, che continuava a restare muto. Palmer doveva aver sospettato che il suo apparecchio era stato messo sotto controllo. Ma Webb era convinto di fare la cosa giusta.

Dannazione anche a Webb! Perché non lo aveva avvertito prima, che Palmer era di nuovo in libertà? Avrebbe potuto prestare più attenzione a certe sue sensazioni… sarebbe stato più in guardia. E non avrebbe mai lasciato sola Sarah.

Inutile tormentarsi… se Palmer lo avesse voluto nelle sue mani, avrebbe dovuto dargli quello che gli aveva chiesto due giorni prima, dopo che lo aveva ricontattato, al termine del suo incontro con l’ammiraglio.

Aver potuto parlare con l’ammiraglio Chegwidden gli aveva permesso di riacquistare la lucidità e la freddezza necessarie per portare avanti le trattative con determinazione e razionalità, anziché buttarsi alla cieca nelle mani di quello psicopatico. Il terrore provato per Sarah e il loro bambino stava per fargli commettere l’errore più grossolano: accettare che fosse Palmer a condurre il gioco. Invece doveva assolutamente essere lui a mantenere il controllo della situazione, se voleva avere qualche speranza di liberarla.

Quando Palmer lo aveva richiamato, aveva preteso, prima che il rapitore potesse fare qualunque proposta, d’essere sicuro che Sarah fosse ancora viva. Altrimenti la partita poteva dirsi chiusa. Aveva colto del risentimento nella voce ancora contraffatta all’altro capo del telefono, ma ormai era troppo tardi per tornare sulle proprie decisioni. Anche quando Palmer lo aveva minacciato di uccidere la sua donna, era stato irremovibile: se non avesse sentito di persona la voce di Mac, oppure se non avesse avuto un messaggio che stava ad indicare che proveniva davvero da lei, non avrebbe ascoltato oltre.

Palmer aveva riattaccato inferocito. E da allora più nulla.

Erano passati quasi due giorni e il telefono non aveva più squillato. Né a casa, né in ufficio.

E se avesse preso la decisione sbagliata? Se chiedergli una prova che Mac fosse ancora viva avesse solo accelerato la sua fine? Palmer era un pazzo, un pazzo pericoloso… Anche se aveva un atteggiamento da intellettuale raffinato, lui stesso si definiva un “artista della morte”… Quante persone aveva già ucciso, sostenendo che era a causa del suo lavoro, e senza provare il benché minimo rimorso? 

Al diavolo! L’ex agente del dipartimento di sicurezza della Difesa non uccideva solo perché costretto. Ci provava gusto! E aveva affinato tecniche perfette per non lasciare tracce. Webb e i suoi uomini lo stavano sottovalutando, come sempre.

Si prese la testa fra le mani: si sentiva distrutto. La tensione e la stanchezza stavano avendo la meglio su di lui. Se solo avesse saputo come muoversi. Se solo fosse stato certo che Sarah era ancora viva... Era sicuro che l’adrenalina avrebbe ripreso a scorrere velocemente nelle sue vene, ridandogli la carica che in quel momento sembrava averlo abbandonato.

“Capitano…” la voce del tenente Roberts lo fece trasalire.

“Oh, Bud… sei tu” disse con aria stanca, osservando  il tenente e la moglie fermi sulla soglia del suo ufficio. Fece loro cenno d’entrare.

“Non volevamo disturbarla… Come sta?” chiese dolcemente Harriet.

Harm la guardò e non disse nulla, ma i suoi occhi chiari erano lucidi.

Harriet capì, senza bisogno che lui parlasse. Gli si avvicinò, per confortarlo; suo marito la stava osservando, mentre posava una mano sulla spalla del capitano Rabb. Non appena sentì il conforto di quella mano, Harm si voltò verso il tenente Sims e fece quello che nessuno mai si sarebbe aspettato dal coraggioso e spavaldo capitano di fregata Harmon Rabb jr.: abbracciò Harriet e tra le sue braccia pianse.

 

  
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