Capitolo 15
Era
tornato in ufficio
dopo la seconda notte insonne. Aveva dormito a casa
sua, solo per timore che Palmer lo cercasse al telefono e non lo
trovasse.
Altrimenti avrebbe dormito da Sarah, nel letto che avevano condiviso
solo due
notti prima, per sentirsi più vicino a lei.
Dio,
come gli mancava!
Era senza di lei solo da due notti, e già non riusciva più a
sopportarlo…
Avrebbe voluto almeno poter sentire il suo profumo…
Al
diavolo! Non era
quello, ciò che voleva! Lui la voleva di nuovo tra le sue braccia, sana
e
salva.
E
se Palmer l’avesse
cercato da Mac?
Non
sapeva quanto
avrebbe potuto resistere ancora senza notizie: il giorno precedente, in
ufficio, non era riuscito neppure a sfogliare un documento. Non aveva
fatto
altro che fissare il telefono, che continuava a restare muto. Palmer
doveva
aver sospettato che il suo apparecchio era stato messo sotto controllo.
Ma Webb
era convinto di fare la cosa giusta.
Dannazione
anche a
Webb! Perché non lo aveva avvertito prima, che Palmer era di nuovo in
libertà?
Avrebbe potuto prestare più attenzione a certe sue sensazioni… sarebbe
stato
più in guardia. E non avrebbe mai lasciato sola Sarah.
Inutile
tormentarsi…
se Palmer lo avesse voluto nelle sue mani, avrebbe dovuto dargli quello
che gli
aveva chiesto due giorni prima, dopo che lo aveva ricontattato, al
termine del
suo incontro con l’ammiraglio.
Aver
potuto parlare
con l’ammiraglio Chegwidden gli aveva permesso di riacquistare la
lucidità e la
freddezza necessarie per portare avanti le trattative con
determinazione e
razionalità, anziché buttarsi alla cieca nelle mani di quello
psicopatico. Il terrore
provato per Sarah e il loro bambino stava per fargli commettere
l’errore più
grossolano: accettare che fosse Palmer a condurre il gioco. Invece
doveva
assolutamente essere lui a mantenere il controllo della situazione, se
voleva
avere qualche speranza di liberarla.
Quando
Palmer lo aveva
richiamato, aveva preteso, prima che il rapitore potesse fare qualunque
proposta, d’essere sicuro che Sarah fosse ancora viva. Altrimenti la
partita
poteva dirsi chiusa. Aveva colto del risentimento nella voce ancora
contraffatta
all’altro capo del telefono, ma ormai era troppo tardi per tornare
sulle
proprie decisioni. Anche quando Palmer lo aveva minacciato di uccidere
la sua
donna, era stato irremovibile: se non avesse sentito di persona la voce
di Mac,
oppure se non avesse avuto un messaggio che stava ad indicare che
proveniva
davvero da lei, non avrebbe ascoltato oltre.
Palmer
aveva
riattaccato inferocito. E da allora più nulla.
Erano
passati quasi
due giorni e il telefono non aveva più squillato. Né a casa, né in
ufficio.
E
se avesse preso la
decisione sbagliata? Se chiedergli una prova che Mac fosse ancora viva
avesse
solo accelerato la sua fine? Palmer era un pazzo, un pazzo pericoloso…
Anche se
aveva un atteggiamento da intellettuale raffinato, lui stesso
si
definiva un “artista della morte”… Quante persone aveva già ucciso,
sostenendo che era a causa del suo lavoro, e senza
provare il benché minimo rimorso?
Al
diavolo! L’ex
agente del dipartimento di sicurezza della Difesa non uccideva solo
perché
costretto. Ci provava gusto! E aveva affinato tecniche perfette per non
lasciare tracce. Webb e i suoi uomini lo stavano sottovalutando, come
sempre.
Si
prese la testa fra
le mani: si sentiva distrutto. La tensione e la stanchezza stavano
avendo la
meglio su di lui. Se solo avesse saputo come muoversi. Se solo fosse
stato
certo che Sarah era ancora viva... Era sicuro che l’adrenalina avrebbe
ripreso a
scorrere velocemente nelle sue vene, ridandogli la carica che in quel
momento
sembrava averlo abbandonato.
“Capitano…”
la voce
del tenente Roberts lo fece trasalire.
“Oh,
Bud… sei tu”
disse con aria stanca, osservando il tenente e la
moglie fermi sulla soglia del suo ufficio. Fece loro cenno d’entrare.
“Non
volevamo
disturbarla… Come sta?” chiese dolcemente Harriet.
Harm
la guardò e non
disse nulla, ma i suoi occhi chiari erano lucidi.
Harriet
capì, senza
bisogno che lui parlasse. Gli si avvicinò, per confortarlo; suo marito
la stava
osservando, mentre posava una mano sulla spalla del capitano Rabb. Non
appena sentì il
conforto di quella mano, Harm si voltò verso il tenente Sims e fece
quello che
nessuno mai si sarebbe aspettato dal coraggioso e spavaldo capitano di
fregata
Harmon Rabb jr.: abbracciò Harriet e tra le sue braccia pianse.