Capitolo 16
Doveva pensare velocemente: Harm voleva dal suo rapitore un segno che lei era ancora viva. Palmer glielo aveva detto quando l’aveva svegliata per darle da mangiare.
Sembrava
piuttosto
infastidito dal fatto che Harm non si piegasse immediatamente alla sua
volontà.
Ma, in fondo in fondo, lei era convinta che lo ammirasse anche, per
quello. Due menti
tanto intelligenti, pur odiandosi, era impossibile che non provassero
anche
ammirazione reciproca. Aveva colto anche in Harm la stessa sottile vena
di
compiacimento, ogni volta che accennava a Palmer, a quello che aveva
tentato di
fargli e a come lui fosse sempre riuscito a farlo rinchiudere in
prigione. Il
capitano Rabb odiava quel pazzo, ma nonostante questo, non riusciva a
nascondere il piacere della sfida cui l’intelligenza diabolica di
Palmer lo
metteva di fronte. La stessa cosa doveva
accadere all’ex–agente del DSD. Altrimenti non si spiegava la sua
fissazione
nei confronti di Harm. Batterlo era diventata la sua ragione di vita!
Due
menti acute,
intelligenti e raffinate. Se soltanto non ci fossero state di mezzo la
pazzia e la
morte, sarebbe stato un match davvero interessante.
Palmer
aveva detto che
poteva scordarsi di parlare col suo amato: avrebbe dovuto pensare ad un
messaggio
sufficientemente personale, affinché Harm potesse essere sicuro che
giungeva
proprio da lei. E guai se avesse fatto scherzi! L’avrebbe uccisa
immediatamente.
Sarah
aveva chiesto
qualche momento da sola, per potersi concentrare su cosa riferirgli,
onde
evitare di commettere errori. Il rapitore aveva risposto che le avrebbe
concesso solo quindici minuti, non uno in più.
Ne
erano già trascorsi
sei.
Sapeva
quale avrebbe
potuto essere un messaggio adatto: era sufficiente ricordare ad Harm
una delle
frasi d’amore che lui le aveva detto quando gli aveva rivelato del
bambino.
Ma
lei voleva dargli
un indizio affinché lui potesse raggiungerla, cogliendo di sorpresa
Palmer, che
lo avrebbe immaginato in un altro luogo, condotto laggiù da uno dei
suoi
tranelli. E questo non era così semplice. Doveva formulare un messaggio
“in
codice”, che il rapitore non avrebbe capito, ma che allo stesso tempo
fornisse
indicazioni ad Harm per capire che lei era viva e dove si trovava.
Si
concentrò al
massimo, cercando di superare la stanchezza del viaggio. Anche se aveva
potuto
riposare un po’, le ore in auto e le due notti quasi insonni l’avevano
provata
duramente.
L’unica
possibilità
che aveva di uscire da quella situazione, tuttavia, era riuscire a
trovare una
maniera per comunicare con Harm. Lui non l’avrebbe abbandonata. Di
questo era
assolutamente certa. Così com’era sicura che avrebbe fatto tutto quello
che il
suo aguzzino gli avrebbe chiesto, pur di salvarla!
Ma doveva fare in modo che Harm fosse un
passo avanti, per permettergli d’avere la meglio sull’uomo che lo
voleva distruggere.
Determinata nella sua decisione, continuò a spremersi le meningi. Quando Palmer la raggiunse, lei era pronta.