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Autore: Akemi_Kaires    12/02/2012    1 recensioni
Si può scappare al proprio passato, voltare pagina, e ricominciare una nuova vita?
Gaara non lo sa. Si trova davanti all'ultimo ostacolo della sua rinascita, ed ha il terrore di non riuscire a saltarlo: l'accettazione altrui.
Sarà in grado di entrare a far parte del mondo, nel quale si è sempre sentito estraneo? Riuscirà a far emergere finalmente il proprio lato umano, evitando che così la gente osservi solamente la sua parte dannata e maledetta?
[Prima Classificata al Team Revolution! indetto da dreamwolf91 e ellacowgirl su EFP]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Reborn

Reborn

 

Gaara amava osservare i tramonti. Il suo cuore veniva sempre pervaso da travolgenti emozioni, spesso trasportate da malinconici ricordi riguardo il suo passato.

Aveva fatto tesoro dei momenti in cui i suoi fratelli lo accompagnavano sulle cime delle dune sabbiose, dalle quali avrebbero poi avrebbero contemplato il cielo tingersi in un magnifico color ambra-rosato.

Osservare la conclusione di un altro giorno e la morte pacifica della luce aveva sempre smosso qualcosa nel suo intimo, permettendogli perfino di scordare la maledizione che si portava appresso da troppo anni ormai.

Era complicato vivere appresso ad uno spettro, attorno al quale aleggiava un’aura intrisa di morte e crudeltà. Ignorare quegli sguardi inorriditi, che lo accusavano di essere un mostro, risultava oltremodo difficile, specie quando assieme a questi giungevano parole velenose, sputate con astio e ribrezzo.

Per colpa di quel sigillo che lo distingueva dalla massa, per la prima volta si era ritrovato costretto ad ammirare il calar del sole da una terra straniera. Se in quel momento si trovava nel Villaggio della Foglia, era solo per preservare i suoi cari dal perenne dolore che trascinava con sé.

Si era trasferito in quel luogo di suo genio, fermamente convinto sulle sue intenzioni, senza alcuna costrizione da parte di qualcuno in particolare. Anzi, avevano perfino cercato di trattenerlo – senza alcun successo -, una volta annunciata la sua incorruttibile decisione.

Nella sua mente erano ancora vivide le immagini dell’abbraccio di sua sorella Temari, e dei suoi occhi lucidi che mal celavano rabbia e tristezza. Assieme a Kankuro, aveva pianto la sua partenza, ed era rimasta ad osservarlo fino a quando non era scomparso all’orizzonte.

Era specialmente per loro che lo aveva fatto. Dopotutto, non sarebbe stato giusto condannarli a vivere per sempre nel terrore di morire per mano del fratello. Giacevano ancora intatti nei suoi pensieri i ricordi delle loro urla terrorizzate, assieme a quelle occhiate che lo intimavano a fermarsi ed arrestare la sua furia.

Ora che aveva voltato pagina, non avrebbe commesso lo stesso errore. Si stava costruendo una nuova vita, per quanto fosse difficile lasciarsi alle spalle il passato, e nulla sarebbe stato in grado di vanificare questo suo immane sforzo. L’unico ostacolo che doveva ancora superare, al momento, era l’essere accettato da quel mondo nel quale si sentiva estraneo. Solo quando sarebbe riuscito a farlo, il suo futuro si sarebbe presentato più roseo e felice.

Non appena il sole scomparve dietro le alte colline del villaggio di Konoha, si voltò, pronto a fare ritorno ove alloggiava assieme al suo team al fine di consumare una sostanziosa cena. Ma, non appena mosse un passo, una figura minuta e slanciata atterrò dinnanzi a sé, sorprendendolo e costringendolo a indietreggiare.

- Gaara! – lo chiamò la misteriosa ragazza, sfoggiando un raggiante sorriso, entusiasta come non mai nel vederlo.

Il ninja incrociò le braccia al petto, mascherando la sua flebile felicità dietro impassibilità e freddezza. Capitava raramente che qualcuno fosse contento nell’incontrarlo, e quelle rare occasioni in cui ciò capitava non poteva far a meno di lasciarsi pervadere dalla gioia.

Scrutò la giovane con aria interrogativa, cercando di comprendere il motivo per il quale si trovava lì. Per un attimo, gli era parso che lo stesse cercando.

- Senju – mormorò a bassa voce, guardandola negli occhi verde chiaro. – Non dovresti essere qui.

- Per la centesima volta, Gaara. Io. Mi. Chiamo. Hikari! – sbuffò la sua compagna di squadra, arricciandosi attorno alle dita una delle tantissime lunghe treccine color grano di cui andava tanto orgogliosa. Pareva quasi seccata dal comportamento indisposto del giovane, così tanto da non esitare a mostrare il suo estremo disappunto con acceso tono di voce. – E poi faccio quello che voglio, senza bisogno del tuo permesso. Sono qui perché voglio sapere che cosa ti ha detto Jiraya oggi pomeriggio. E non potrai impedirmi di saperlo.

Il Sabaku no discostò lo sguardo dalla curiosa genin, tornando a contemplare le ultime tracce del tramonto all’orizzonte. Chiuse gli occhi, inspirando profondamente l’aria fresca del villaggio, mentre cercava di contenere l’irritazione.

Detestava quando qualcuno si sentiva in dovere di violare la sua privacy, intromettendosi in affari che lo riguardavano personalmente. In teoria, ciò che era successo tra lui e il suo nuovo Maestro non doveva assolutamente interessare l’esuberante giovane che aveva accanto.

Nonostante la conoscesse da pochi giorni, però, poteva dire che lei si stava comportando in quel modo fin troppo premuroso in buona fede. Era stata amichevole e ben disposta nei suoi confronti sin da subito, senza porgli domande o indagare riguardo il misterioso marchio che aveva sulla fronte.

Lo considerava come persona, non come portatore di una maledizione.

- Allora? – domandò Hikari, posizionandosi al suo fianco e osservandolo con attenzione. Sembrava ansiosa di essere resa partecipe dei fatti, come se desiderasse assolutamente aiutarlo. – Non ho tutto il giorno, sappilo. Perciò, se vuoi dirmelo, ti conviene sbrigarti a farlo. Anche perché ho fame e, se non arriverò in tempo, quell’ingordo di Naruto si prenderà pure la mia scodella di ramen.

Per la prima volta nella sua vita, Gaara sentì la necessità di confidarsi con qualcuno. Quella ragazzina, benché impaziente e oltremodo curiosa, era in grado di ispirargli fiducia. Forse ciò era dovuto al fatto che non aveva mai smesso di rivolgersi a lui come a una sorta di amico.

E le parole scivolarono istintivamente fuori dalle labbra del genin, in sussurri concisi e quasi inudibili, mentre i ricordi pervadevano la sua mente come turbini e tempeste.

 

Se il Jonin lo aveva chiamato per un colloquio privato, doveva essere sicuramente per un motivo importante e di rilievo. Non poteva essere altrimenti.

Gaara fece il suo ingresso nella radura stabilita come luogo d’incontro, guardandosi attorno per scorgere la figura del suo nuovo maestro nelle vicinanze.

Aveva riflettuto a lungo, durante il viaggio intrapreso per giungere fin lì, riguardo la ragione per la quale lo aveva convocato. Pregò con tutto il cuore che non riguardasse la sua condizione, la maledizione o il fatto che doveva affinare al meglio il suo autocontrollo, al fine di preservare il villaggio da una possibile distruzione.

Non desiderava affatto essere additato nuovamente come un pericolo per il popolo, né considerato un tristo mietitore in grado di portare con sé solo morte e desolazione. Se era scappato dalla sua madre patria, era solo per sfuggire a quelle accuse ingiuste che avevano minato la sua persona.

Fece guizzare i suoi occhi verdi da un estremo all’altro della pianura, ricercando nuovamente Jiraya. Non si era fatto ancora vivo, da quando lui era arrivato.

Che si fosse scordato del loro appuntamento? Improbabile, dato che l’aveva preteso lui stesso.

Avanzò di qualche passo, avviandosi verso una roccia piuttosto grande sulla quale poteva sedersi. Ma, non appena si trovò allo scoperto e non più protetto dagli alberi che circondavano quel piccolo spiazzo pianeggiante, un brutto presentimento lo assalì all’improvviso. Si voltò di scatto, in direzione di un ramo poco lontano da lui, e innalzò con un rapido festo di mano una rigida barriera di sabbia. Trascorse solamente un secondo, e contro quel muro si infransero numerosi e letali kunai. Se non fosse stato per i suoi sensi sviluppati – merito forse del sigillo che aveva -, forse non sarebbe riuscito ad eludere efficacemente quell’agguato.

Una risata soddisfatta giunse alle sue orecchie, costringendolo ad assumere uno sguardo interrogativo e leggermente iroso verso la figura misteriosa, la quale era in procinto di emergere dalla foresta ove era nascosta.

Leggermente confuso, il genin inarcò un sopracciglio, squadrando con dubbio e incredulità il Jonin che si era presentato dinnanzi ai suoi occhi. Quell’uomo non aveva ancora smesso di ridere, da quando Gaara aveva arrestato quello che sicuramente doveva essere il suo attacco.

- Ben fatto, Gaara – si complimentò il maestro, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo. – Si vede che ti sei allenato duramente, quando ancora eri nel Villaggio della Sabbia.

Il rosso non rispose, calandosi in un silenzio forzato. Si limitò semplicemente a ricambiare lo sguardo dell’uomo, in attesa che gli rivelasse il motivo di quella strana riunione.

- Però si vede che sei abituato a fare tutto da solo – proseguì l’altro, riservandogli un’occhiata di puro rimprovero. – Per una squadra, un comportamento del genere complica solo le cose in missione. Se oggi ti ho chiamato, è per farti capire che ciò che stai facendo è sbagliato.

Il giovane chinò il capo, esibendo una maschera rigida costituita da impassibilità e freddezza. Incrociò le braccia al petto, come se desiderasse esternarsi e ignorare completamente quelle ammonizioni piuttosto stupide e inutili.

- Tutti facevano così, dove vivevo – si limitò a spiegare con tono di voce piuttosto basso, in difesa del suo atteggiamento poco disponibile nei confronti altrui.

Detestava assolutamente essere paragonato agli altri, poiché conscio di essere troppo diverso e incompatibile con loro.

- Sicuro che non sia invece un problema tuo?

Gaara socchiuse gli occhi fino a farli divenire due fessure, minacciando Jiraya di non proseguir oltre. Non voleva essere nuovamente additato come un mostro incapace di somigliare ad una persona. Sì, forse si era arreso sin da subito alla sua condizione, ma come poteva la sua volontà cambiare la realtà dei fatti?

Neanche volendolo, era mai riuscito a far emergere il ragazzo che era in lui, discostando l’attenzione della gente dal marchio che lo distingueva nella massa. Nessuno aveva minimamente considerato quel suo lato umano, continuando ad evitarlo per mera e sciocca paura.

Non poteva essere colpa sua, non totalmente.

- Anche Naruto, il tuo compagno di squadra, ha il tuo stesso problema – proseguì il maestro, rigirando il coltello nella piaga. – Però non si è mai arreso. Non si è crogiolato nel dolore, né ha mai rinunciato a dimostrare che è uguale agli altri. Ed ora è circondato da persone che hanno riconosciuto il suo vero valore.

Il silenzio calò sovrano in quella radura, e il rosso dovette combattere contro l’impulso di dimostrare a quell’uomo quanto sapeva essere pericoloso, e di che cosa avevano davvero paura tutti quanti. Tuttavia, in quel modo scellerato, avrebbe compromesso ancor più la sua situazione. Avrebbe vanificato tutti i suoi buoni propositi, spargendoli come polvere al vento.

Non ne valeva la pena.

- Io penso che, con un po’ di impegno, anche tu riuscirai a far in modo che la gente veda te, e non il demone della sabbia che ti porti appresso – concluse il Jonin, continuando a mantenere lo sguardo del ragazzo senza restarne intimorito. Non sembrava aver paura di che cosa sarebbe potuto capitare, nel caso in cui il giovane avesse deciso di lasciar predominare il demonio. – Ma tutto dipende da te. Non posso importi nulla. Sta a te decidere se isolarti dal mondo o farne parte.

E, pronunciate queste ultime e veritiere parole di avvertimento, Jiraya si avviò verso la foresta. Si immerse all’interno di quel labirinto naturale, lasciando così Gaara solo con le sue colpe.

 

Una volta concluso il racconto, Gaara si voltò in direzione di Hikari, cercando di decifrare l’insolita espressione che si era dipinta sul volto di quella che poteva ormai definire un’amica.

La bionda sospirò, alzando gli occhi al cielo, mentre scuoteva ripetutamente la testa. – Jiraya ha ragione, questo è certo – affermò sottovoce, inarcando un sopracciglio come sul punto di mostrare una nota di disappunto a riguardo. – Però poteva dirtelo con un pochino di tatto. Maledizione, non è questo il modo adatto per rivolgersi ad un ragazzo!

Un ragazzo. La Senju lo aveva appena considerato alla stregua di una persona come le altre, dimenticando l’oscuro dettaglio che lo differenziava da lei. Aveva pronunciato quelle parole senza alcuna esitazione o ripensamento, come se convinta riguardo ciò che aveva pronunciato istintivamente.

Sotto un certo aspetto, il rosso le era riconoscente. Sembrava che lei avesse compreso a pieno la realtà dei fatti, senza però imputarlo di alcuna colpa. Stava badando a non offenderlo o minare la sua sensibilità, cercando di non urtarlo minimamente. Effettivamente, possedeva una certa sensibilità con la gente.

- Devo ammettere che, rispetto a ciò che il maestro ti ha detto, hai già fatto grandi progressi – proseguì la compagna, sfoderando un sorriso soddisfatto e contento. – Confidandoti con me, sei entrato a far parte del mondo! Non è una cosa fantastica? E come ti senti, ora?

Il giovane inspirò profondamente, cercando di trovare una risposta adatta a quelle insolite domande. Era davvero cambiato qualcosa, ora che aveva voltato finalmente pagina? Si sentiva meglio, ora che qualcuno lo stava considerando come una persona e non come un dannato?

- Uhm… forse sì – rispose, volgendo lo sguardo verso il cielo. Le stelle stavano facendo timidamente capolino nel firmamento ormai tinto di blu, rendendo quel panorama ancor più magico di quanto non lo fosse stato precedentemente.

- Ricorda il passato, vivi il presente, sogna il futuro – mormorò Hikari, poggiando una mano sulla spalla del genin. – Era una frase che mi ripeteva spesso mio nonno quando ero piccola. Sai, lui era… oh, beh, non credo ti importi. Conta solo il fatto che oggi sei riuscito a fare esattamente ciò che mi diceva lui! Ti sei imposto di non compiere gli stessi errori che hai fatto, e alla fine ce l’hai fatta! Ora non ti resta altro che continuare così, e sognare giorni radiosi e ricchi di gioia.

La ninja della foglia scattò in piedi, facendo una giravolta su se stessa. Porse una mano al suo nuovo amico, invitandolo ad afferrarla e lasciarsi aiutare. Sembrava entusiasta come non mai, ancor più di quanto non lo fosse già.

Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso sincero, mentre osservava la Senju ridere contenta. Forse valeva davvero la pena essere più disponibili al mondo, se davvero ciò generava una felicità simile nelle persone che, tutto sommato, gli volevano bene.

- Piccioncini! – li richiamò una voce alle loro spalle, cogliendoli alla sprovvista. Una risata conosciuta li costrinse a voltarsi, notando così la presenza del loro maestro Jiraya. – Che cosa ci fate ancora qui? È ora di cena. Fate presto, altrimenti Naruto si mangerà anche le vostre razioni!

La bionda trotterellò al suo fianco, chinandosi poi incuriosita per osservare ciò che il Jonin stringeva tra le mani. Sbarrò gli occhi, non appena scorse con orrore una foto scattata di nascosto al suo mito, la signorina Tsunade. Immediatamente, rabbia cieca cominciò a prendere possesso del suo placido animo.

- Maestro!!! – gridò a squarciagola, cominciando ad assestargli continui attacchi sempre più violenti. Sembrava a dir poco furente, come offesa nel profondo del suo animo.

Gaara inarcò un sopracciglio, indietreggiando di un passo, non appena lesse la furia omicida dipinta nelle iridi verdi dell’apparentemente innocua ragazzina.

- Le ho già detto centomila volte di non scattare foto alla Hokage!!! – la udì strillare, mentre inseguiva l’uomo per i tetti di Konoha. Chissà che cosa sarebbe capitato al loro tutore, una volta che sarebbe stato acchiappato da quella giovane furia.

Il ninja della sabbia si lasciò sfuggire una risata genuina e divertita, avviandosi verso la sua nuova casa, ove avrebbe combattuto contro l’Uzumaki per ottenere un briciolo di ramen.

Forse non sarebbe stato poi così complicato cominciare quella nuova vita, al fianco di quella compagnia amichevole e piuttosto bizzarra.

 

 

 

 

All’inizio non pensavo di poter ottenere un risultato simile! Avevo rimuginato tanto su ciò che potevo fare con il pacchetto assegnatomi, ed effettivamente avevo perfino esitato a ritirarmi.

Però, poi, ho deciso di continuare. Lo avevo fatto per Cheche, la mia Amante, perché aveva messo il cuore in ciò che aveva fatto… mi sembrava ingiusto impedirle di far valutare il suo lavoro, perciò mi sono detta “Almeno una rivale la deve avere!”. Ed ecco questa shot.

E’ molto semplice, lo ammetto. Però la amo lo stesso, perché è il mio primissimo esperimento in questo fandom. Mi è piaciuto far interagire Gaara con gli altri personaggi, mi sono divertita!

Mi auguro sia stata di vostro gradimento. Non ho altro da aggiungere, se non che ringrazio ancora di cuore Cheche, Ella e Dream!!!

Un abbraccio a tutti!!!

 

Ecco il mio risultato!!!

 

~Kaires_Adanhedy~

 

4/5 Grammatica e Sintassi: L’ho trovata corretta praticamente ovunque, se non per qualche errore evidentemente di distrazione (un paio di plurali errati, ma si vede che ti sono solo sfuggiti) di cui tuttavia devo tenere conto. Ti ringrazio per questa correttezza grammaticale e sintattica, sapere che c’è ancora chi sa scrivere bene mi fa sentire decisamente meglio, nonostante gli esempi qual quanto scandalosi che televisione e talvolta giornali ci mostrano.

 

5/5 Forma e Stile: Lineare, preciso, non troppo ridondante ma nemmeno superficiale. Davvero non ho trovato alcuna pecca in questo, i miei complimenti hai scritto una piccola storia davvero ben leggibile.

 

4/5 Caratterizzazione Personaggio Principale: Gaara è certamente presentato nel suo IC, non ha reazioni particolarmente esagerate in nessun campo ed è tanto impassibile quanto sensibile allo stesso tempo. Hai forse puntualizzato troppo la sua condizione di “mostro”, senza analizzarne però i sentimenti più profondi… Certamente l’interagire con la compagna di Team fa emergere molti aspetti del suo carattere, tuttavia in alcuni punti sei forse stata un pochino superficiale.

 

5/5 Uso della Squadra: Anche se non esageratamente approfondito, mi è piaciuto molto il tuo modo di far interagire il protagonista con il personaggio OC e anche con il maestro, Jiraya in questo caso: hai saputo far emergere molti aspetti del carattere e dei sentimenti di Gaara grazie proprio al suo rapporto con gli altri memebri della squadra, senza metterli in secondo piano pur riuscendo a mantenerlo come protagonista. Sei stata davvero molto abile, complimenti.

 

4/5 Originalità: originale tutto sommato, non mi ha fatta impazzire dal punto di vista dell’inventiva (ad esempio l’incontro con Jiraya e la piccola “prova” erano prevedibili, secondo me) ma non è nemmeno stata banale, anzi.

 

5/5 Gradimento Personale: davvero bella, l’ho apprezzata molto sia dal punto di vista stilistico che dei contenuti, i dialoghi per quanto siano semplici racchiudono molte emozioni e questa è stata forse la cosa che mi è piaciuta di più, oltre all’inseguimento di jiraya!

 

(TOT. 27/30)

  
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