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Autore: Luna Gothica    13/02/2012    1 recensioni
L'antico mondo di Erebus si avvicina alla sua fine, le apparizioni di demoni si fanno sempre più frequenti, gli Infernali stanno per essere evocati, di nuovo.
Ogni regno cerca come può di sfuggire ad una fine inevitabile, dai malvagi vampiri al regno dei saggi, dai paladini ai maghi, dai giullari della notte agli elfi d'Inverno.
Eppure c'è forse ancora qualcuno in grado di salvare Erebus, sempre che riesca a sopravvivere...
Ispirato dal mod di Derek Paxton: Fall From Heaven
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Re Flauros


«Hai un nome?»

Il consigliere stava di fronte a lei, le labbra pallide piegate in una perenne smorfia di disgusto, gli occhi dorati privi di ogni emozione. La fanciulla trattenne il respiro.

«Teri», mormorò infine in un solo fiato.

«Ascolta bene, ragazza. Non dirgli il tuo nome, a meno che non sia lui a chiedertelo. Non rivolgerti a lui in alcun modo se non come 'Mio signore' o 'Vostra grazia'.»

L'uomo fece una pausa, distratto da un rumore di passi proveniente dal lungo corridoio alle sue spalle, oltre la massiccia porta in legno scuro e lucido. Poi continuò, stavolta parlando a voce più bassa.

«Se desideri rivedere la tua famiglia, fa tutto ciò che ti chiede. Siamo intesi?»

«Sì, mio signore.» Fece appena in tempo a sussurrare la giovane, prima che il consigliere le voltasse le spalle senza più rivolgerle uno sguardo, sbattendo poi la porta alle sue spalle.

Teri si concesse una furtiva occhiata alla camera, mentre lentamente si sedeva all'angolo estremo del letto. Era piena di oggetti stravaganti, che non aveva mai veduto prima d'allora.

Notò le lenzuola di seta color porpora, così come le lunghe tende. I soprammobili parevano vecchi di secoli, eppure i loro colori apparivano ancora vividi. Il mobilio era intagliato in legni pregiati, provenienti da ogni parte del mondo, e un alto specchio dalla cornice lavorata in argento troneggiava di fronte al letto. Teri vi si avvicinò, guardando il suo riflesso allo specchio. Cosa aveva a che fare lei, nel suo semplice abito di lana grezza, con tutto ciò che la circondava?

Improvvisamente, la porta si aprì, e la sua attenzione fu immediatamente catturata da lui.

A suo confronto, ogni altra cosa in quella stanza pareva ordinaria. La sua bellezza era qualcosa di differente da tutto ciò che aveva visto fino ad allora, nel suo piccolo villaggio, o persino tra i nobili che aveva intravisto lungo il cammino fino a quel luogo. Aveva occhi penetranti e una figura sottile, sembrava provenire da un'epoca passata, in cui gli uomini non si allontanavano che di pochi passi dalla bellezza degli dei. E come un dio egli si muoveva, come chi sapesse che il mondo gli appartiene, senza bisogno di dimostrarlo.

Teri si sentiva sempre più piccola, man mano che egli si avvicinava, finché non le parlò:

«Salute, piccola mia, non aver paura», disse «Sono certo che avrai udito ogni sorta di storie, sul mio conto.»

«No, mio signore.»

Egli sorrise. «Ti ho vista lavorare nei campi, mia cara, e ho chiesto che fossi portata qui da me. Vivere in questo castello, mi fa sentire così isolato dal resto del mondo... Non è buona cosa, per un regnante, dimenticarsi del proprio popolo. Qual è il tuo nome?»

«Teri, mio signore.»

«E hai famiglia, Teri?» chiese lui, posandole una mano sulla spalla. Il suo corpo reagì a quel tocco irrigidendosi, e subito gli occhi di lui si socchiusero. «Credevo di averti detto di non aver paura, Teri.»

«Non ho paura, mio signore, solo... Non sono mai stata sola con un uomo, prima d'ora. Quando mia madre morì, mio padre ha mandato via i miei pretendenti perché restassi in casa, e mi prendessi cura delle mie sorelle.»

Egli la afferrò ora per entrambe le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi.

«Rilassati, Teri, dimentica tutto questo. Non devi più preoccuparti di nulla, adesso...»

«Sì, mio signore.»


Il dolore non fu forte come le avevano detto. Dopo un po', lasciò che la sua mente vagasse, immaginando di non trovarsi nella camera da letto del suo Re, ma a casa sua, nel suo letto, e che quell'uomo non fosse il suo Re, ma suo marito.

Si lasciò sfuggire un lamento. «Mio signore, fermatevi!» il dolore al collo si acuì, ed ora poteva sentire il suo sangue fuoriuscirne. Teri piangeva, si dibatteva sul letto nel disperato tentativo di fuggire. L'uomo non sembrava curarsi delle sue richieste di aiuto. Alla fine cadde il buio, avvolto dal silenzio.



«E' ancora viva, Vostra Grazia?»

Il consigliere vide il Re affacciarsi fuori dalla camera, avvolto in un lenzuolo di seta. Alle sue spalle giaceva la giovane, la pelle ormai priva di colore, riversa in una pozza di sangue. Il re si asciugò la bocca col dorso della mano.

«Non è meno viva di quanto sia sempre stata. Fa pure di lei ciò che vuoi.»

Il consigliere si avvicinò al letto con occhi famelici, mentre il Re lasciava la stanza.


«Non dovresti giocare col cibo, fratello.»

Una donna pallida dai lunghi capelli corvini emerse dall'oscurità, avvolta in un lungo abito nero.

«Alexandra, se anche rimarrai in vita fino alla fine dell'Erebus, non avrai mai davvero vissuto se continui con questo atteggiamento. Il cibo è fatto per essere assaporato. E cosa c'è di più delizioso di una giovane fanciulla il cui fiore sia stato appena colto? Piuttosto, mi sono perso l'ambasciatore dei Logos?»

La donna si appoggiò al muro, sistemandosi lo strascico dell'abito.

«Sì, l'hai mancato di poco. E' appena ripartito. Ha offerto la pace, ovviamente.»

«E tu l'hai rimandato in patria con un 'no'?»

«Sono certa che la sua giovane regina dedurrà la nostra risposta, quando non lo vedrà tornare.»

Alexandra sorrise accennando una breve riverenza.

«Io non spreco mai il cibo, nemmeno quando puzza di cavallo.»

Il Re si abbandonò a una risata.

«Vedi, mia cara sorella? Io ho i miei svaghi, e tu i tuoi...»


   
 
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