candlelight
~ di regali di compleanno
e storie sussurrate all’orecchio
Sixteen candles make a lovely light, but not as bright
as your eyes tonight.
Il tavolo dei doni
pareva risplendere di luce propria, anche se Ozma non
vi aveva ancora posato la sua attenzione. Già da qualche minuto lo
Spaventapasseri dondolava nervosamente le gambe imbottite. Non si sarebbe mai
abituato a starsene così seduto,
e poi era troppo curioso di sapere cosa avesse scelto Dorothy, alla fine, dopo
tanto riflettere.
Alla sua destra, la
ragazzina smise di caricare Tiktok per rivolgergli
uno sguardo divertito.
« Lo so che vuoi
chiedermelo. Ma dovrai aspettare ancora un po’. Non sta bene sciupare la
sorpresa alla festeggiata » e così dicendo indicava con un cenno del
capo la sovrana bambina seduta là accanto, all’estremità
della lunga, lunghissima tavolata degli ospiti del banchetto in suo onore.
Lo Spaventapasseri
sbirciò Ozma, che lo ricambiò coi suoi
occhi sorridenti che parevano sempre sapere tutto. Si strinse nelle spalle
prima di voltarsi nuovamente verso Dorothy.
« Un indizio?... Uno
piccolo? »
Dorothy scoppiò a
ridere. Lanciò un’altra occhiata a Ozma,
quasi di scusa, prima di aggrapparglisi alla giacca e
attirarlo pian piano giù verso di sé.
« Non mi va di
rovinare nemmeno a te la sorpresa. Però
posso raccontarti del regalo di Trot e Capitan Bill. »
Lo Spaventapasseri
ascoltò solo per metà le parole che gli sussurrò nel
minuto successivo, di un Fiore Magico nascosto su un’isola stregata che
rendeva prigioniero qualunque esploratore, di come i loro amici marinai si
fossero incautamente avventurati laggiù e avessero rischiato di morirvi
dimenticati, e di come lei, Dorothy, aveva suggerito al Mago quello che sarebbe
stato l’unico modo di salvarli – per metà, sì, perché era difficile concentrarsi
col respiro di Dorothy così vicino al suo orecchio rozzamente disegnato.
Era una cosa che aveva imparato a suo tempo, quando ancora giustificava quel
senso di vuoto alla testa – e allo stomaco – col fatto che « non
aveva un cervello »; ma anche a questo
non si sarebbe mai abituato.
Eppure, l’apprendere
del salvataggio di Bill e Trot lo stupì.
« Sei stata brava »
le sorrise, « hai seguito il mio consiglio. Ti avevo detto di pensare e –
be’, pensi persino meglio di me, Dorothy. »
Lei rise ancora e si
ritrasse sulla sua sedia, assicurandosi che Ozma non
avesse seguito i loro discorsi, lisciando tra le dita il tovagliolo che Jellia le aveva sistemato sulle ginocchia. Lo Spaventapasseri
la guardò ancora per un istante, sinceramente ammirato, sentendo un po’
la mancanza delle sue mani su di sé.
Poi si scosse e riprese
a dondolare le gambe. Si era appena reso conto che non era il tavolo dei doni a risplendere di più, in quel
giorno di festa.
[ 422 parole ]
Spazio dell’autrice
Consapevole di una lunga assenza, torno
felicemente alla carica con The magic of Oz,
tredicesimo dei quattordici Libri di Oz firmati da Baum. Spoiler!
In questo volume Ozma
compie gli anni – non chiedetemi quanti: è una creatura fatata,
non ci è dato sapere – e tutti i suoi amici si ingegnano per
trovare un regalo che sia degno di una giovane regina che possiede già
tutto ciò che si possa volere. Dorothy, in particolare, chiede consiglio
a chiunque le capiti a tiro, non ricavando nulla di più utile del consiglio
dello Spaventapasseri di pensare, di
far lavorare il cervello. Parallelamente, Capitan Bill e Trot
partono alla ricerca di un Fiore Magico, ma restano intrappolati sull’isolotto
che lo custodisce poiché un maleficio vi fa loro (letteralmente) mettere
radici. Dorothy e il Mago, in un viaggio analogo, finiscono da quelle parti –
ed è proprio Dorothy a trovare il modo di liberare i due compatrioti,
suggerendo al Mago di usare un incantesimo appreso durante la strada. La
spiegazione di questo punto sarebbe troppo lunga. Basti dire che se non ci
fosse stata lei forse il Mago non ci sarebbe mai arrivato (xD)
e i poveri Trot e Bill sarebbero morti di sete.
E ora veniamo alla scena del banchetto
finale. Baum si sofferma a lungo sulla disposizione a
tavola degli ospiti della festa di Ozma, e il fatto
che Dorothy sia seduta tra lo Spaventapasseri e Tiktok
piuttosto che tra zio Henry e zia Emma è solo un’altra delle
numerose conferme alla mia teoria sulla canonicità dello
Spaventapasseri/Dorothy u__ù ♥ Ebbene... Io ho solo immaginato che Dorothy
gli raccontasse che, in sua assenza, è stata proprio lei a “far
lavorare il cervello”. Un po’ ciò che lui le aveva
consigliato all’inizio del libro. Aww.
La lyric in
incipit è tratta da Sixteen candles dei Crests. L’ho
trovata per caso e mi è parsa una coincidenza assurda. Anche perché,
nonostante l’età di Ozma sia incalcolabile,
il suo aspetto viene definito da Baum quello di una
quindicenne – che qui, guarda caso, compie gli anni ;)
Hope you liked it,
Aya ~