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Autore: ma89vi    13/02/2012    4 recensioni
"Perchè l'hai fatto?
Perchè hai tradito la mia fiducia?"
Mamoru non gliela aveva semplicemente portata via. Si era preso tutto di lei: il suo corpo, il suo cuore... la sua anima.
E lui non era stato capace di impedirglielo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Seiya, Un po' tutti, Usagi/Bunny
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Capitolo 15: Sentimenti contrastanti.

“U-Usa! Dai, non fare così!”

Motoki era spiazzato da quelle lacrime e cercava qualsiasi mezzo per far smettere di piangere l’amica, invano.

“Maledetto Mamoru! Guarda cosa hai combinato!”, pensò, guardando la ragazza che nel frattempo era caduta a terra perché le ginocchia non le avevano retto.

Usagi dal canto suo non capiva più niente. Non era più lucida, ma aveva solo voglia di piangere.

Non comprendeva il gesto di Mamoru. Perché era stato così freddo con lei? Per Seiya? Perché lui ora non era più in Giappone?

Sospirò. Che importanza aveva? Avrebbe potuto costruire mille ipotesi, ma non le sarebbe servito a niente. Quella stretta che avvertiva in fondo al cuore non sarebbe comunque riuscita a non farle male.

L’aveva ferita. Era stata davvero quella la sua intenzione? Beh, c’era riuscito!E ora si sentiva così vuota, così sola.

Non udiva le parole che il proprietario del locale le stava pronunciando per consolarla. Non era in grado di ascoltare nulla. Aveva lo sguardo a terra. Le sue lacrime come gocce di rugiada avevano bagnato il pavimento sotto di lei.

Voleva solo piangere. Continuare a farlo. Non voleva affatto trattenere la disperazione che la stava affliggendo.

Doveva sfogarsi. Voleva sfogarsi.

Seiya. I suoi sentimenti per Mamoru. La freddezza di quest’ultimo. Le bugie che la uccidevano dentro. Non sopportava più la situazione che stava vivendo. Non l’avrebbe sopportata per molto. Ma non poteva fare niente. Non poteva buttare all’aria l’amore di Seiya, la sua carriera. Non poteva nemmeno fare finta che Mamoru non esistesse. Cosa avrebbe dovuto fare? Anteporre la sua felicità a quella del suo ragazzo? Non poteva essere così meschina, così egoista. Si mise le mani sul volto. Avrebbe voluto sparire per sempre.

Se ne stava lì, immobile sul pavimento. Motoki le parlava, ma senza risultato. Era un problema perché stavano per arrivare dei clienti. Sicuramente ad Usagi non importava, ma a lui sì.

“Usa, alzati e vieni con me!”

Si era avvicinato a lei e l’aveva sollevata da terra. Usagi non capiva, ma percepì la mano di Motoki che afferrava il suo braccio e che la trascinava nel retro del locale, lì dove c’era il magazzino.

“Aspetta qua! Servo quei ragazzi e torno!”

La ragazza annuì, continuando a disperarsi.

Si sentiva proprio una stupida. Una stupida a trovarsi in quella situazione. Una stupida ad amare Mamoru quando aveva un ragazzo perfetto che era pazzo di lei. Era davvero una stupida.

Avrebbe voluto avere una gomma per cancellare tutto. Per iniziare completamente da capo.

“Ehi, Usagi stai meglio?”, le disse Motoki che aveva appena finito di servire la colazione ad alcuni giovani.

La ragazza non rispose. Continuava a versare lacrime in silenzio.

“Usagi perché piangi? Cosa ti succede?”, le chiese con dolcezza, avvicinandosi verso di lei, che se ne stava seduta su una sedia con la faccia nascosta tra le mani.

“Allora? Me ne vuoi parlare?”

La ragazza alzò il viso. Lo guardava, cercava conforto.

“Moto.. io..”

Aveva iniziato a dire qualcosa, ma non ci riusciva. La tristezza aveva il soppravvento su di lei.

“Moto... io... Mamoru... Seiya... lo amo...no...non posso...non ce la faccio...”

Pronunciava frasi sconnesse, iniziando a singhiozzare e lasciando Motoki in preda alla confusione e al panico.

Decise di calmarsi. La cosa ovvia da fare era solo una. Usagi sembrava davvero inconsolabile.

Tornò al bancone, alzò la cornetta del telefono e compose un numero.

Dall’altra parte del ricevitore, una ragazza dai capelli rossicci, vestita con un gli abiti consoni a una cuoca, gli rispose.

“Pronto, ristorante Jupiter. Sono Naru, cosa desidera?”

“Sì, pronto! Sono Motoki, il marito di Makoto. Me la puoi passare Naru?”, chiese con la sua solita gentilezza.

“Certo, Moto. Vado a chiamarla subito! Attendi in linea.”

E così dicendo, avanzò verso la cucina dove si trovava Makoto, che aveva radunato aiuto cuochi e camerieri tutti nello stesso momento.

“Allora ragazzi, avete capito? Oggi abbiamo un pranzo molto importante. Dobbiamo mettercela tutta! Intesi? Allora facciamo un hip hip urrà tutti insieme! Pronti? Hip, hip, Urrààà!”

Makoto amava davvero il suo lavoro e ci metteva molta passione. I suoi aiutanti poi le volevano un gran bene.

“Mako!”, la chiamò Naru, una volta entrata nella stanza.

“Sì?”

“C’è Motoki al telefono!”

“Motoki? E che vuole?!”, domandò sbigottita.

“Non lo so, non mi ha specificato a dire il vero.”

La ragazza, preoccupata, avanzò verso il telefono.

“Ciao amore! Cosa c’è? Per chiamarmi al lavoro deve essere successo qualcosa di grave! Stai male per caso?”, chiese, quasi in preda al panico.

All’uomo venne da ridere. Erano poche le volte in cui la moglie si agitava in quel modo.

“No, tranquilla tesoro. Non si tratta di me, ma di Usagi!”

“Usagi? Cosa ha fatto?”

“È venuta al Crown a cercarti e ha trovato me e Mamoru. Ma quando lui è andato via ha iniziato a piangere come una fontana e non riesco a farla smettere. Ti prego, vieni a darmi una mano! Non so come fare, non mi ascolta!”

“D’accordo, arrivo subito!”

Makoto sentiva che la sua amica aveva bisogno di lei. Doveva raggiungerla presto.

“Naru!”

 “Si?”, le rispose la ragazza sopraggiungendo dalla cucina.

Makoto si levò il grembiule e lo diede alla sua aiuto cuoca.

“Ma che significa, Mako?”

Non credeva ai suoi occhi.

“Devo assentarmi per qualche ora. Motivi personali. Ti affido il ristorante. Tu sei un’ottima cuoca e saprai cavartela al meglio! Ho piena fiducia in te. E già che ci sei fai lavorare quello scansafatiche di Nephrite, che meglio di lavare i piatti se ne sta tutto il giorno a poltrire!”

La mora aveva alzato la voce per farsi sentire dall’uomo dai lunghi capelli marroni, che le stava donando occhiatacce.

“Ti ho sentita, sai?”, le aveva detto.

Makoto sorrise, divertita anche perché, Naru, segretamente innamorata di lui, era diventata tutta rossa.

“In bocca al lupo!”, le aveva sussurrato all’orecchio, facendole l’occhiolino. Sperava tanto che quei due concludessero qualcosa.

Con il pensiero dei due giovani nella mente, si incamminò verso il locale del marito.

Chissà cosa era accaduto ad Usagi. Sicuramente Mamoru c’entrava. Poverino! Se pensava a tutto il dolore che l’uomo stava provando, si sentiva male per lui. Doveva essere molto difficile scegliere tra il bene di Seiya e il proprio. Se poi aggiungiamo che la donna di cui sei innamorato è proprio la fidanzata del tuo amico, lo diventa ancora di più. Ma adesso non poteva rimuginare su di lui. Doveva focalizzarsi sulla sua amica.

In pochi minuti raggiunse il Crown. Aveva camminato davvero velocemente!

“Benvenuto!”

Motoki l’aveva accolta, credendo si trattasse di un cliente.

“Ah, Mako! Sei tu! Meno male!”

Makoto lo aveva salutato con un candido bacio sulle labbra.

“Dov’è?”, gli chiese.

“Vieni!”

Il marito l’accompagnò in magazzino, dove si trovava una Usagi ancora abbattuta. Era passata più di un’ora dall’accaduto e lei frignava ancora tantissimo, non arrivando a calmarsi.

“Usa, c’è Makoto!”

Makoto? Mako era davvero lì?

“Usa...”, le sussurrò dolcemente la ragazza avvicinandosi a lei.

“Mako!”, urlò la biondina, saltandole addosso e continuando a singhiozzare.

“Vi lascio sole.”, disse Motoki, allontanandosi e tornando verso il bancone.

“Su Usa. Piangi, sfogati pure. Ma poi devi spiegarmi cosa ti ha scatenato tutto questo!”

La mora la rassicurava, accarezzandole dolcemente i capelli. La ragazza si sentiva protetta tra le braccia dell’amica.

Dopo circa dieci minuti era riuscita a calmarsi.

“Allora Usa, si può sapere che ti è preso?”

La cuoca le sorrideva gentilmente, invitandola a farle conoscere il motivo che l’aveva ridotta in quello stato pietoso.

Usagi non sapeva da dove iniziare. In realtà non immaginava come Makoto avrebbe reagito alla sua spiegazione. Ma doveva pur sempre cominciare.

Beh, doveva dirglielo. Doveva confessarle i suoi veri sentimenti. Si sentiva però decisamente in imbarazzo. Il mordicchiarsi il labbro era la prova più evidente del suo stato d’agitazione.

“Ehm.. ecco Mako.. io... mi sono innamorata di Mamoru!”

L’aveva detto! Ce l’aveva fatta!

Makoto la guardava perplessa. Aveva forse sentito male?

“Ripeti un po', scusa! Credo di aver udito il nome sbagliato.”

Ma come? Dopo tutta la fatica che aveva fatto, era impossibile che non avesse capito.

“No, Mako hai sentito benissimo.”

“Ma ti dico di no, Usa-chan! Non ho compreso bene le tue parole!”

Usagi sorrise. Quando l’amica ascoltava qualcosa che non le piaceva, faceva sempre finta di non aver inteso.

“Vuoi che ti faccia lo spelling?”, disse, provocandola. Si stava divertendo un mondo a vedere le facce stranite che la mora stava facendo in quel momento.

“Sì, grazie!”

“Allora... io sono innamorata di... M-A-M-O-R-U! Mamoru! È semplice, suvvia!”

Makoto sperava di aver ascoltato male. Invece no. Aveva capito benissimo.

“Ma.. ma Usa! Sei impazzita?”

La ragazza non poteva credere alle sue orecchie. Aveva il sospetto, ma sperava di essersi sbagliata.

“Sì, effettivamente sono proprio pazza. Ma è così. Lo amo.”

La biondina guardava la cuoca con fermezza. Non era stato facile per lei svuotare il sacco.

“Ma Usa-chan tu stai con Seiya!”

La mora aveva scosso la testa. Era davvero un problema. Come poteva essere così egoista? Come poteva non pensare al cantante?

“Lo so, ma vedi Mamoru mi ha davvero rubato il cuore e ora non so come fare! Faccio finta di niente con Seiya... faccio finta che con lui sia tutto normale. Quando mi telefona e mi rivela che gli manco, gli dico anche io che lui manca a me, ma... ma non è così! Non è così e io non posso certo dirgli Seiya io non amo te... non posso spezzargli il cuore... e la carriera! Lo conosci, farebbe pazzie per me. Non voglio mandare all’aria il sogno di una vita! E non posso parlargli di Mamo, dell’amore che provo per lui. Lo odierebbe e io non voglio rovinare la loro amicizia. Allora gli mento, lo riempio di bugie. Prendo in giro anche me stessa perché io voglio Mamoru, voglio stare insieme a lui, ma non posso.”

Il pianto appena celato tornò a rigarle il volto candido, ma pallido.

“Scusa Mako, non riesco a trattenermi. Oggi lui mi ha fatto capire che mi odia. Mi ha trattato con una freddezza inusuale. Una volta mi avrebbe chiamata Usako. Questo mi rendeva felice, speciale perché erano le sue labbra a pronunciarlo. Ora invece dovrò accontentarmi del solito Usagi, il mio solito stupido nome. Sono sicura che non vuole più saperne di me.”

La mora era rimasta di sasso. Quelle parole pronunciate con tanta sincerità racchiudevano un dolore che non avrebbe mai potuto capire. E lei cosa aveva fatto per aiutarla? Niente, un bel niente. L’aveva solamente giudicata. La stava giudicando fino a un attimo prima. Si vergognava di sé stessa.

“So come la pensi, Mako. So che vuoi bene a Seiya e anche io, credimi. Ma non lo amo. Io amo Mamoru. Lo amo più di ogni cosa al mondo. Non so perché, ma sento di appartenere a lui da una vita.”

“Oh, Usagi...”

La cuoca stava per commuoversi. Odiava quel lato del suo carattere. La rude e forte Makoto si scioglieva alla vista di amori tormentati. Prima Mamo, ora Usa. Era davvero troppo per le sue coronarie.

Si inginocchiò davanti alla biondina e le prese le mani.

“Usa, calmati e rifletti un attimo. Tu mi hai rivelato che Mamoru si è dichiarato a te, quindi come può odiarti ora?”

La ragazza cercava di farle forza ed Usagi lo apprezzava tantissimo. Ringraziava il cielo per avere una amica come Mako-chan.

“Non ti odia affatto!”

Motoki era entrato in stanza, non aspettato.

“Perdonatemi, ma non ho potuto fare a meno di sentire quello che stavate dicendo!”, rivelò facendo una linguaccia alla moglie che lo stava maledicendo con lo sguardo.

“Quando ti toglierai il brutto vizio di origliare le conversazioni degli altri?”, lo accusò, stizzita, Makoto.

“Eddai, amore! Non ho mica ucciso nessuno!”

Il proprietario del Crown cercava di difendersi come poteva. Sapeva che la sua  consorte era un osso duro da affrontare. Quest’ultima si era infatti sollevata da terra, lasciando andare le mani dell’amica e avanzando minacciosa verso di lui.

“Dici davvero, baka?”

Adesso lo stava sfidando, tirandogli il grembiule appuntato al collo.

“Addirittura baka mi chiami? Non me lo merito questo trattamento da te! Che razza di moglie sei?”, si lamentò il ragazzo.

“Ahahahahahahahahahahahahahahahahah!”

Una risata fragorosa li distolse dal loro strano litigio. Usagi non aveva resistito a quella scenata... era davvero uno spasso! I due protagonisti la guardavano stupiti, ma contenti di vederla ridere di gusto.

“Usa sembriamo davvero due clown?”

“Uhm, quasi! Vi manca solo il pallino rosso al naso! Comunque siete davvero una coppia perfetta... un po' vi invidio.”

Le parole della biondina avevano un sapore amaro, malinconico. Quei due non c’entravano niente, ma provava gelosia nei loro confronti. Tra lei e Seiya non c’era mai stata tanta complicità e mai ci sarebbe potuta essere. Chissà invece con Mamoru. Ah, già non poteva.

Una nuova ondata depressiva l’assalì, ma questa volta era sfinita. Abbassò il viso. Non aveva più forza.

“Usa-chan non dire così!”

Motoki, seguito da Makoto, le si era avvicinato, sollevandole il volto delicatamente verso lui e la moglie.

“Credi veramente che Mamo possa provare odio verso di te?”

La ragazza lo guardava stupita. Cosa stava cercando di dirle?

“Non lo penso. È una certezza. Me l’ha fatto capire prima. Mi disprezza e non posso dargli torto.”

I suoi occhi erano spenti. Le pupille dilatate.

“Sbagli.”

Il proprietario del Crown aveva pronunciato quelle parole convinto e sicuro di sé, andando verso la piccola finestrella che illuminava il magazzino.

Usagi e Makoto si guardavano meravigliate. Non lo capivano.

“Andiamo, Usa-chan. Lui è pazzamente innamorato di te, è scientificamente impossibile che ti odi. Non apprezzo il suo modo di fare impulsivo, ma è evidente che ha voluto mandarti un messaggio. Lui sta soffrendo molto perché tu sei la ragazza del suo amico ed è inaccettabile amarti. Ne è consapevole e allora cerca di non pensarti, cerca di dimenticarti e se prima ti ha trattata con freddezza è perché doveva farlo per il bene di tutti, ma soprattutto per Seiya. Io sono d’accordo con lui. Usa-chan è meglio per te dimenticarti di Mamoru. Impara ad amare Seiya e vedrai che sarai felice. Come prima che Mamo tornasse in Giappone. Ricordi come eri contenta con il tuo ragazzo?”

Motoki aveva spiazzato tutti con il suo discorso. Makoto lo fissava intensamente.

“I-io appoggio quello che ha detto, Usa.”

Il ragazzo le sorrise. Sua moglie era con lui.

Usagi osservava i due sposi, triste. Il loro punto di vista era giusto, ma come poteva ignorare i suoi sentimenti per Mamoru?

“Mamo-chan...”

Aveva sussurrato il suo nome. I due coniugi l’avevano sentita.

Lei lo amava e non poteva evitarlo. Lo avrebbe amato comunque anche se lui l’avesse disprezzata per sempre. Perché lui voleva proteggere Seiya. Come poteva non capirlo? Anche lei si preoccupava per il cantante. Non avrebbe mai voluto farlo soffrire.

“Ti sbagli, Moto. Voglio bene a Seiya, ma amo un altro uomo che probabilmente non sarà mai mio. Non mi importa, però non voglio fuggire dal mio sentimento. Voglio covarlo e viverlo. Non ho intenzione di far soffrire il mio ragazzo, ma appena tornerà qui gli parlerò. Non posso fingere con lui. Adesso lo sto facendo, è vero, ma solo per il suo bene. Non mi importa se Mamo ha deciso di dimenticarmi. Io non lo farò. Lui potrà trattarmi male per sempre, ma io sempre lo amerò.”

Nelle sue frasi traspariva la grande determinazione che da sempre la caratterizzava. Avrebbe sofferto da morire, ma non poteva più tirarsi indietro. 

Non le interessava che i suoi migliori amici non la appoggiassero. Nel suo cuore c’era posto solo per Mamo-chan.

“Ma Usagi...”

Motoki voleva dissuaderla dal suo proposito, ma Makoto lo fermò, facendogli no con la testa. Il ragazzo decise allora di tornarsene al bancone.

La cuoca regalò un sorriso all’amica. Era davvero maturata molto. Non sembrava più lei.

“E va bene, Usa-chan! Abbiamo capito che sei cotta di quel disgraziato. Non tenteremo più di farti cambiare idea.”

La felicità dipinse il volto della biondina, che si alzò dalla postazione in cui era seduta e andò ad abbracciare l’amica.

“Grazie, Mako-chan!”

“Piano Usa che così mi stritoli!”

Le due si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Bastava così poco per stare bene. La giovane si era finalmente rilassata e si sentiva molto meglio. Le era persino venuta un po' di fame.

Br br br br!

“Cosa è questo rumore?”, chiese Makoto, non capendo la fonte di quello strano suono.

La ragazza con i codini rideva, imbarazzata.

“È il mio stomaco, Mako!”

“Ah ah! Dai su, andiamo da Motoki. Ti faccio preparare uno dei suoi super panini farciti e poi un bel gelato al cioccolato!”

Gli occhi della biondina brillavano di gioia. Quanto adorava la sua Mako-chan!

Avanzarono verso il locale e Motoki fu felice prima di appurare che Usagi si era ripresa e poi di constatare che le era venuto appetito. Era un po' preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere tra lei e Mamoru, ma decise di non fossilizzarsi. Alla fine non era affar suo.

Preparò un mega panino per la ragazza con dentro maionese, ketchup, salame, insalata e mozzarella. Ovviamente lei lo divorò, insieme al gelato servito poco dopo.

Anche Makoto decise di fermarsi a mangiare con lei. D’altronde era ora di pranzo e al ristorante sarebbe tornata non appena avesse concluso il suo pasto.

“Uaaah! Era tutto buonissimo!”, disse Usagi, ormai piena. Che fortuna avere due amici così bravi in cucina!

All’improvvisò si incupì. Era come se si fosse dimenticata di qualcosa.

“AAAAAAAAAAAAAhhhhhhh!”, urlò, in preda al panico lasciando sbigottiti tutti i presenti.

“Cosa ti prende ora, Usa-chan?”

“Mako! Mako! Dimmi che ore sono!”

La ragazza ancora interrogativa guardò l’orologio che aveva al polso.

“Le 14, Usa.”

Impallidì. Era davvero tardissimo.

“È terribile! Mia madre mi ucciderà! Dovevo portarle le medicine parecchie ore fa!”

Si alzò di scatto dallo sgabello in cui era seduta.

“Grazie Motoki. Grazie Mako-chan, ma ora devo scappare! Grazie di tutto e mi dispiace avervi fatto perdere tempo! Ci sentiamo presto!”

Li salutò e corse via verso casa.

 

Nel frattempo....

Mamoru stava tornando nel proprio appartamento dopo un’estenuante giornata di lavoro. Tra tirocinio e visite, era andata anche peggio di quello che aveva previsto. Camminava lentamente verso la via che lo conduceva a casa e ragionava.

Purtroppo aveva incontrato Usagi quella mattina.

La bella e dolente Usagi che gli aveva fatto perdere completamente il lume della ragione. L’amava, ma non poteva essere sua. Non poteva perché era la donna del suo amico.

Seiya lo considerava un fratello e aveva completamente fiducia in lui. Non poteva certo rubargliela. Che razza di uomo sarebbe stato? E allora era costretto ad allontanarla, a levarsela dalla testa.

Era tosta però. Usagi gli veniva in mente di giorno, ma soprattutto di notte. La sognava persino in atteggiamenti erotici con lui.

Dio, come si odiava! Si sentiva uno schifo allucinante.

Quella mattina poi in particolar modo. L’aveva trattata malissimo. L’aveva umiliata e non si perdonava per questo. Non riusciva a dimenticare il suo sguardo ferito.

Era stato davvero un verme. Ma non aveva altra scelta.

Doveva scordarla. Rimuoverla dal suo cervello. Dal suo cuore. Doveva sparire, svanire nel nulla.

Ci sarebbe riuscito? Non ci credeva più che tanto, però almeno doveva tentare.

Intanto, la diretta interessata correva, nel viale antistante dove lui si trovava, come una forsennata.

“Cavolo, sono in un ritardo apocalittico!”

La madre la stava aspettando da moltissime ore e lei che aveva fatto? Aveva perso tempo! Adesso una ramanzina non gliela avrebbe tolta nessuno.

Si muoveva talmente rapidamente da non accorgersi della presenza dell’uomo di fronte a lei. Gli passò affianco, ma non lo vide neanche. Teneva gli occhi chiusi per la fatica che stava provando.

Il medico, invece, l’aveva inquadrata benissimo.

Scappava come un fulmine! Forse ne aveva combinata una delle sue, chissà. La seguiva con lo sguardo. Si era fermata a pochi passi da lui. Come aveva potuto non vederlo? Sorrise. Era proprio una pasticciona.

La ragazza si era arrestata davanti il semaforo, rosso. Ansimava, non aveva più fiato. Doveva attraversare il marciapiede, ma il verde sembrava non scattare più.

“Eddai che sono in un ritardo cosmico! La mamma mi ammazzerà!”

Guardò la strada. Sembrava che non passasse nessuno. Decise allora di buttarsi anche se c’era ancora il segnale di stare fermi.

Improvvisamente a metà strada una macchina accelerò. Ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Stretch!

Il rumore di una frenata. Poi, il buio. Il tutto, in pochi attimi.

Quando la giovane aprì gli occhi, si ritrovò a terra tra le braccia di qualcuno.

Non riusciva a vederlo, ma sentiva un profumo buonissimo. Una fragranza che già conosceva.

Mamoru, assistendo a tutta la scena, si era precipitato a salvarla. Fortuna che si trovasse lì in quel momento.

“Usako, stai bene?”

Quella voce. Quel tono. Era lui, era Mamo. La stava abbracciando. Si sentì avvampare. Si trattava forse di un sogno?

Un momento. Aveva attraversato e non si era accorta che un’auto stava sopraggiungendo verso di lei. Lui, lui l’aveva salvata.

Arrossì e lo fece ancor di più quando il medico si sollevò da lei e la guardò con i suoi profondi occhi azzurri.  Per un attimo si perse in essi.

“Stai bene, Usako?”, le ripetè visto che la prima volta non gli aveva risposto.

“Ehm sì, credo di sì.”, rispose, mentre l’uomo le porgeva la mano per aiutarla a rimettersi in piedi.

Al contatto della sua pelle, forti emozioni simili a scariche elettriche attraversarono entrambi. I loro sguardi si incrociarono per un istante, interrotto improvvisamente dal conducente dell’autovettura.

Un signore anziano stava avanzando verso di loro.

“Tutto bene, ragazzi?”, domandò, spaventato. La ragazza gli era piombata davanti senza che lui potesse fare nulla.

“Sì, signore. Non si preoccupi, anzi perdoni la mia amica. È stata avventata.”

Fissava il ragazzo. La stava giustificando.

“M-mi scusi.”, disse con gli occhi a terra, a causa della vergogna per il pasticcio che aveva combinato.

“Oh, non c’è problema. L’importante è che stiate bene! Vi porto in ospedale?”

Mamoru fece cenno di no.

“Non si preoccupi. Sono un medico.”

“D’accordo, allora sto tranquillo. E lei, mi raccomando, stia più attenta la prossima volta!”

Usagi disse di sì con la testa, scusandosi ancora una volta mentre l’anziano si allontanava velocemente.

Rimasero soli.

La biondina sentiva il cuore scoppiarle in petto. Non si aspettava di incontrare il dottore in quelle circostanze.

Era felice. Mamoru l’aveva anche chiamata Usako, ma la cosa più importante era che lui le aveva salvato la vita. Sì, aveva qualche graffio qua e là sulle gambe, ma era tutta intera grazie a lui. Era doveroso per lei essergli riconoscente.

“Mamo, grazie. Per avermi salvata, dico. Grazie.”

Che fatica pronunciare quelle poche parole! Doveva farlo. Le era davvero grata.

Mamoru le dava le spalle ed era molto arrabbiato con lei. Aveva rischiato di perderla in un modo così stupido! Si girò di scatto verso di lei.

“Grazie un corno, Usako! Ti rendi conto che per una tua leggerezza potevi morire? Dio, non voglio nemmeno pensarci! Sei stata davvero una stupida!”

La ragazza lo guardava attonita, ma non poteva dargli torto. Abbassò la testa. La vista si stava annebbiando.

“Mi dispiace, Mamo... non volevo... non ho visto la macchina... io.. io...”

Le lacrime le rigarono il volto. Iniziò a piangere, più per averlo deluso che per il rischio che aveva corso.

“Stupida...”, sussurrò il ragazzo, accarezzandole una guancia con dolcezza.

Non ce la faceva. Vederla piangere era troppo per lui.

Si avvicinò a lei e, senza che lei potesse accorgersene, l’abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo. La biondina spalancò gli occhi per lo stupore.

“Stupida, stupida, stupida Usako! Sei davvero una stupida.”

Mamoru era infuriato con lei, ma l’amava e quelle lacrime l’avevano mandato in tilt. Aveva rischiato di andarsene e questo non poteva sopportarlo.

Lei era lì, viva tra le sue braccia. Sentiva il suo respiro, il suo calore. Le accarezzava delicatamente i capelli. Emanavano un profumo inebriante che non riusciva a farlo rimanere lucido.

La giovane sentiva il cuore di lui battere forte, fortissimo. Si sentiva protetta tra quelle braccia possenti. Le sembrava di toccare il cielo con un dito. Lo amava. Lo amava tantissimo.

“Perché non posso tenerti stretta a me tutte le volte che voglio? Perché? Perché mi sto facendo del male abbracciandoti ora? Mannaggia a me che mi sono innamorato di una stupida come te! Ma che posso farci? Io ti amo Usako! Ti amo!”

Affondò il viso tra i suoi codini. Voleva sentire ancor di più il suo odore. Doveva sentirlo.

Usagi sentiva un calore invaderla dentro. Quelle parole, enunciate con tanta onestà, l’aveva sciolta dentro. Aveva caldo. Era sicura di essere diventata rossa come un peperone.

Anche lei lo amava. Voleva dichiararglielo. Doveva farlo, prima che fosse stato troppo tardi. Ma non riusciva a emettere nessun suono per quanto si sforzasse. L’emozione che provava era eccessivamente forte. In quel momento lei era finalmente sua, completamente sua. Avrebbe voluto che quell’istante non fosse finito mai. Voleva che quella magia durasse per sempre.

All’improvviso lui si staccò, allontanandola. L’incantesimo era svanito.

“Ma che sto facendo? Sono un idiota, non posso!”

Le immagini di Seiya, che gli sorrideva, che gli cantava l’amore che sentiva per Usagi, che aveva quella profonda fiducia in lui, gli vennero in mente prepotentemente. Non poteva, non poteva stare lì fermo con la ragazza del suo amico a esprimerle ancora una volta i suoi sentimenti. Non era giusto. Per quanto facesse male.

La biondina era sbalordita da quel gesto, ma lo comprendeva. Seiya, lui stava pensando a Seiya. Era legittimo, ma doveva fare qualcosa. Il suo amore lui forse lo intuiva già, ma voleva confessarglielo lo stesso.

“Mamo... io volevo dirti che... io...io ti..”

Si fermò. Il medico mise un dito sulle sue labbra, zittendola. Non voleva ascoltarla. L’avrebbe consumato ancora di più. Doveva mettere fine a quella tortura.

“Non farlo, ti prego. Torna a casa, Usako e dimentica tutto.”

Si distaccò da lei, con lo sguardo addolorato e colpevole.

Usagi lo osservava stupita, senza che potesse fare nulla per fermarlo. Lui stava correndo, stava scappando via da lei.

Lo guardava allontanarsi. Non poteva fare più niente in quel momento. Erano già successe troppe cose quel giorno.

“Oh, no! La mamma!”

Perché si dimenticava sempre di lei? Se solo Mamoru fosse stato come la sua genitrice, l’avrebbe scordato facilmente. Scoppiò a ridere. Era davvero impossibile.

Tornò a correre e quasi immediatamente arrivò a casa.

“Uuuusagi! Coff, coff! Ma ti rendi conti di che ore sono? Meno male... coff, coff... che facevi in un baleno! Dammi le medicine, figlia degenere! Vai solo perdendo tempo!”

Ikuko era inviperita con la figlia, ma conosceva benissimo il carattere di questa.

La ragazza la guardava con aria colpevole, tentando di giustificarsi.

“Scusami, mamma! Diciamo che ho avuto una mattinata molto movimentata!”

 

  
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