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Autore: Shadowolf    13/02/2012    1 recensioni
Series: Tomorrow There'll Be Sunshine And All This Darkness Past
Dopodomani è San Valentino, e lui si dovrà accontentare di trascorrere la giornata tra casa e ospedale, come da una settimana a questa parte. Non che non gli vada a genio, anzi, è solo che è un po’ scocciato. Per la seconda volta consecutiva non potrà avere l’altra sua metà con sé.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow There'll Be Sunshine And All This Darkness Past'
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AUTHOR'S CORNER: Perché a me San Valentino piace, anche se non l'ho mai festeggiato ç___ç E piace anche a Robert, fatevene una ragione xD
Il titolo è l'ultimo verso di Valentine's Day di Bruce Springsteen (l'amore di quella canzone ç____ç <3)




Guarda il calendario e non può fare a meno di tirare un quieto sospiro, che sa di tristezza e stanchezza insieme. Perché dopodomani è San Valentino, e lui si dovrà accontentare di trascorrere la giornata tra casa e ospedale, come da una settimana a questa parte. Non che non gli vada a genio, anzi, è solo che è un po’ scocciato. Per la seconda volta consecutiva non potrà avere l’altra sua metà con sé. L’anno scorso, di questi tempi, avevano litigato di brutto, e non per la festa in sé. Era stato più il culmine di giorni su giorni passati a cercare di ricreare un nuovo equilibrio, per l’ennesima volta, dopo che le riprese del secondo film erano terminate e loro due si erano all’improvviso trovati a far i conti con la dura realtà. Ossia con quasi cinquemilacinquecento miglia di distanza.
Ora che le cose si erano sistemate, invece, era rimasto convinto fino all’ultimo che quest’anno avrebbe potuto festeggiare il 14 Febbraio insieme ad entrambi i suoi amori. Aveva già organizzato tutto: avrebbe trascorso l’intera mattinata con sua moglie, approfittando di un esame che le dovevano fare per abbellire la sua stanza con tanti cuoricini sparsi un po’ ovunque, e poi avrebbero pranzato insieme, con il loro amico cuoco che avrebbe servito loro un menù creato apposta per l’occasione. Dopodiché sarebbe andato a prendere l’altra sua metà dall’aeroporto e avrebbero passato il pomeriggio tutti e tre insieme all’ospedale, così lui avrebbe finalmente avuto l’occasione di conoscere il suo figlioccio, e già si immaginava la sua faccia in quel momento. Per finire, terminato l’orario delle visite avrebbero lasciato l’ospedale e sarebbero andati a cena fuori, solo loro due. Con tutta la notte davanti per ritrovarsi dopo un po’ di tempo, che sembrava sempre troppo.
Ma due giorni fa è arrivata una telefonata dal nulla, ed ha buttato nel cesso tutto quanto. Il sequel esce in Giappone, la Warner Bros. ha organizzato una premiere. Qualcuno ci dovrà pure andare, lo sai questo, vero Robert? Non ha mai odiato la voce di Joel così tanto come in quel momento lì. Ovviamente ha tentato in tutti i modi di cambiare le cose, e altrettanto ovviamente è stato tutto inutile. Non si può spostare una cosa del genere, non lo sai? Certo che lo sapeva. Ha riattaccato e se n’è rimasto lì immobile e in silenzio per un minuto e mezzo, poi ha rovesciato la scrivania per terra. È questo è stato tutto.
Così adesso è lì da solo, immerso in pensieri che girano pigri senza una direzione precisa, non perché non sappiano dove andare, ma perché non ci vogliono andare. Perché dopodomani sarà un giorno come un altro, alla fine dei conti. Certo, un altro giorno da neopapà, ma quello lo sarà anche mercoledì, in fondo. Invece San Valentino è solo il 14. E ancora una volta, il suo sarà dall’altra parte del mondo. Da solo. Senza nessuno che lo coccoli tutto il giorno e gli dica quanto lo ama. Il solo pensiero lo manda in bestia. Perché sì, è vero, l’altro a quelle cose non bada, ma lui sì, e si sente terribilmente in colpa alla prospettiva di un 14 Febbraio passato in una terra straniera, lontano dal suo innamorato, senza regali, neanche un cioccolati—
Robert si ferma in quello stesso attimo, immobile con la mano destra allungata per prendere una matita dal portapenne. Lentamente un sorriso soddisfatto si fa largo sulle sue labbra. Ha appena avuto un’idea.

‹‹ You’re there now? ››
‹‹ No, Robert... I’m still in the lift... ››
Ridacchia piano al suono della voce leggermente esausta dell’altro, troppo eccitato per starsene buono. Vorrebbe vedere la sua faccia in quel momento lì. Sono due giorni che aspetta, da quando una telefonata al suo manager gli ha confermato la fattibilità dell’operazione. E adesso che finalmente ci sono, non riesce a contenere quel misto di ansia ed entusiasmo che lo contraddistinguono sempre quando si tratta di regali.
‹‹ Thought they had fast elevators... ››
‹‹ Yeah, but it’s a skyscraper, it takes a little time… Anyway, it’s just got to the floor, so… no so much longer now… ››
Se ne rimane in silenzio ora, il cuore che gli batte più veloce di quanto forse sarebbe normale aspettarsi, dato che ormai ha una certa esperienza in cose del genere. Ma per qualche strano effetto, con lui è sempre come se fosse la prima volta, in tutto. La magia del loro amore sta anche in questo.
Conta i passi che l’altro sta facendo, e poi, quando questi cessano di colpo, lui trattiene il fiato, il battito un po’ più accelerato ora.
‹‹ Baby? ››
‹‹ Yeah, I’m there. Opening the door now... ››
Ascolta il bip familiare della card strusciata contro la superficie magnetizzata, e poi lo scatto della serratura. Rimane in attesa, e gli pare di sentire fisicamente il proprio cuore galoppare.
Silenzio.
Ancora silenzio.
Vorrebbe chiedere ma non osa, e a dirla tutta non è nemmeno sicuro di poterci riuscire, in questo momento. Non in maniera coerente, almeno.
Poi, così com’è cominciata, l’assenza di suoni si interrompe, riempita da un’unica parola pronunciata da una voce sottile dall’accento inglese, il tono dolcissimo e forse commosso.
‹‹ Robert... ››
‹‹ Ha-Happy St. Valentine’s Day, baby. ››
Chiude gli occhi e cerca di immaginare la sua espressione non appena ha aperto la porta e si è trovato davanti l’intero pavimento della sua camera da letto completamente riempito di scatole di cioccolatini, a formare una vera e propria moquette. Vede un accenno di sorriso timido, e occhi lucidi, forse anche una piccola lacrime a percorrergli lenta la guancia. Sospira piano e ne lascia andare una anche lui.
‹‹ I... I don’t know what to say... ›› la voce leggermente tremante gli dà conferma delle sue ipotesi.
‹‹ Don’t say anything, then... ›› sussurra allora, il cuore in gola ora, ma dall’emozione di sentirlo così... catturato.
Meglio, conquistato.
‹‹ I-I’m sorry we can’t… spend t t-together, honey… ››
‹‹ Shhh, I know, it’s okay… ››
‹‹ I… I’ll come there soon as possible, o-okay? I-I wanna meet… I wanna meet Exton… ››
‹‹ We both can’t wait, Jude… ››
Se ne rimangono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, che anche se non se lo dicono ad alta voce sanno coincidere, essere simmetrici l’uno con l’altro. Stanno pensando a quanto vorrebbero essere insieme in questo momento. A baciarsi, a coccolarsi, a fare l’amore. E a sorridersi.
‹‹ Jude? ››
‹‹ Y-Yes? ››
‹‹ Go draw the curtains… ››
‹‹ W-What? I… I’d have to push the boxes away… ››
‹‹ Yeah, do that, don’t worry… ››
‹‹ O-Okay… ››
Rimane in attesa mentre l’altro si divincola su quello strano percorso ad ostacoli che s’è venuto a creare, più rilassato adesso, più tranquillo. Quando non sente più il suono dei passi tuttavia si mette di nuovo all’erta. È il numero finale, dopotutto. Si sa che è quello che rimane più impresso.
‹‹ Jude? ››
‹‹ Yes, I’m doing it, oka— oh. ››
Dall’esclamazione sembrerebbe che le cameriere dell’hotel abbiano fatto un buon lavoro, seguendo le istruzioni alla lettera. Le tende, una volta completamente chiuse, hanno rivelato la scritta “I love you” formata da piccoli cuoricini uno vicino all’altro attaccati al tessuto.
Ancora una volta, vorrebbe chiedere ma non osa. Rimane lì, in attesa, gli occhi di nuovo chiusi.
Fin quando la voce dell’altro si sostituisce al silenzio, riempiendolo di tutto l’amore di cui è capace, sussurrando piano una promessa ormai infrangibile.
‹‹ I love you too, Robert. ››

   
 
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