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Autore: Viki_chan    14/02/2012    6 recensioni
Hermione sente battere qualcosa sotto la pelle di Harry.
Qualcosa che si agita, pulsa, parla.
Harry è lì e sì, capisce.
"E cosa sta pensando Harry?
Chissà se sta respirando il mio odore, se le sue labbra appoggiate alla mia testa in un bacio perpetuo sanno cosa stanno facendo.
Chissà se anche lui sente una voce che parla di noi.
Chissà se la capisce."

[Buon San Valentino, Roxy.]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'All we need is Harmony'
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[Fanfiction partecipante all'iniziativa “Aurors In Love” organizzato dal gruppo di FB “Cercando chi dà la roba alla Rowling” (Team Harry/Hermione)] dedicata a: Roxy!


Un Abbraccio


Un abbraccio.
Due persone si guardano, passo dopo passo si avvicinano.
Di solito il loro ritmo è diverso: una delle due è sempre più indecisa, ci pensa sempre due volte.
Di solito quella persona è Harry.
Un abbraccio, dicevo.
Ecco che quelle due persone sono a un metro di distanza, poi a cinquanta centimetri: è il momento di muovere le braccia.
Di solito una delle due si dimentica di alzarle, ed ecco che l'abbraccio nasce a senso unico.
Di solito quella persona è Harry.
Ci siamo, l'abbraccio.
E' il momento più strano: ecco che una delle due persone è quasi aggrappata all'altra, appoggia le sue mani dietro al suo collo, il suo corpo contro al suo, ancora rigido.
Di solito questo momento dura qualche secondo, nell'ultimo periodo però tutto sembra dilatato, sembra che le sue mani – quelle dell'altra persona, che sono ancora li appoggiate sui suoi fianchi, rigide da far rabbia – non arrivino mai.
Di solito quelle mani sono di Harry.
Ah, eccole, le sente, finalmente.
Ci siamo, pensa l'altra, ancora lì aggrappata al suo collo.
Arriva un momento in cui una risposta è necessaria. Ecco che anche l'altra persona si muove, appoggia le sue mani un po' incerte sui fianchi dell'altra, le fa scorrere dietro la schiena, le sovrappone.
E' forse quello il momento più bello: quell'instante in cui nonostante tutti gli strati di vestiti, sento... quella persona sente il contatto tanto desiderato.
Di solito quella persona sono io.

Anche oggi aspetto.
Aspetto che Harry si accorga del mio ingresso nella stanza e so che in realtà lui mi ha visto arrivare. Prima che fossi in viaggio, prima ancora di decidere di andare a trovarlo, lui lo sapeva.
I nostri occhi si incontrano e lui fa un mezzo sorriso, ma non si muove.
Aspetta, Harry.
Aspetta che tutti mi salutino, che il mio calore venga a contatto con altri quattro o cinque.
Che un po' si mischi con quello degli altri.
L'abbraccio, ho detto.
Si parte.
Il mio passo è un po' più veloce.
Un metro, cinquanta centimetri.
Contatto.
Siamo in mezzo alla gente, forse qualcuno – anzi, sicuramente Ginny e forse anche Ron – ci sta guardando.
E quando qualcuno ci guarda Harry è veloce.
Veloce nel trovare i miei fianchi, veloce a far scorrere le sue dita sulla mia schiena, veloce a lasciarmi.
Troppo veloce.
Vorrei tenerlo stretto a me e gli lancio sempre – sempre – uno sguardo di rimprovero.
Lui sorride ancora e mi da un buffetto sulla guancia.

Un abbraccio, l'ho già detto, sì?
A volte si rifiuta, si riceve di malavoglia.
A volte lo si brama, lo si immagina, si fantastica sulle mille implicazioni che un abbraccio fa nascere o uccide.
Un abbraccio può significare tutto e dire altrettanto.
Può parlare al nostro posto, può dire “addio” o “ben tornato”.
Può supplicare “non lasciarmi” o invitare a separarsi.

“Che ci fai qui fuori al freddo?” dice Harry facendo un paio di passi verso di me, seduta su un gradino appena fuori la porta della Tana.
Mi volto: ha in mano una sciarpa di lana grossa celeste e sul volto un sorriso.
Non rispondo.
Harry si avvicina, si china e inizia a girarmi la sciarpa intorno al collo con metodo.
Uno, due, tre, quattro giri.
Calda e un po' spinosa.
Mani fredde.
Harry toglie i miei capelli incastrati tra il colletto del cappotto e la sciarpa e me li adagia su una spalla.
“Ecco fatto.”
Mi alzo in piedi e anche io sorrido.
E' facile pensare alla teoria.
A nervi e muscoli e mani e braccia che si muovono, fanno contatto con il cervello, si appoggiano ed è tutto lì.
Difficile è invece controllare il resto.
Prima di tutto il cuore che si riempie di qualcosa di estremamente caldo.
Ecco una fitta.
Ogni volta sembra un marchio a fuoco.
Difficile impedire agli occhi di saettare sui suoi, difficile è controllare la pelle, che sembra più sensibile.
Difficile dirle di limitarsi a sentire il calore scientifico del collo di Harry, vederlo come un essere umano – e sì, è quello che lo rende così caldo, in teoria.
Invece no, ecco che la mia pelle sente tutto.
Il brivido che parte dall'incontro dei nostri corpi, il sangue che scorre nelle nostre vene.
Mi sembra di sentire una voce in Harry che parla di noi.
Ed è una sensazione strana e sempre nuova.
La sento rimbombare sotto le mie mani.
E' una voce bassa e setosa.
Cerco di capirla, ma il mio orecchio è troppo concentrato ad ascoltare il rumore del cappotto di Harry che sfrega contro il mio viso.

Facile pensare al semplice respirare.
Anzi, in teoria non ho bisogno nemmeno di farlo, ché il mio corpo lo fa per me.
E invece eccomi qui, indecisa tra bocca e naso.
Prendo una boccata del profumo di Harry e la teoria è già dimenticata.
Sa di freddo e un po' di neve.
Profuma di fresco e di pino silvestre.
Facile ricordare cosa sto facendo.
Sto abbracciando Harry.
E invece no.
Ogni sensazione è oblio.
Dimentico ogni altra azione e obiettivo e semplice funzione vitale.
Siamo lì, in piedi.
Lo siamo vero?
E cosa sta pensando Harry?
Chissà se sta respirando il mio odore, se le sue labbra appoggiate alla mia testa in un bacio perpetuo sanno cosa stanno facendo.
Chissà se anche lui sente una voce che parla di noi.
Chissà se la capisce.

Forse sente quello che sto pensando.
Sente quanto piacere mi faccia il suo respiro sui miei ricci.
Il calore del suo petto su di me.
Il suo profumo.

Forse sa che un po' mi da fastidio dover abbracciarlo sempre un po' di nascosto, lontano da occhi indiscreti.
Forse comprende meglio di me, che comprendo ma non accetto, che ogni abbraccio come questo è un tradimento,
che ogni impulso che il mio cervello riceve fa rima con partire, andare, scappare, ricominciare.

Forse sa che la rarità di questi momenti, in cui sono solo le voci interiori a parlare, è ciò che li rende speciali, quasi magici sopra ogni cosa.
Forse, come me, nega a se stesso che tra un abbraccio e l'altro il tempo sembra sempre di più, sempre più triste, sempre più imbevuto di quella malinconia che è difficile da scacciare anche con gli abbracci che verranno.
Forse anche lui si arrabbia un po' con me, che nello stesso tempo gli offro cura e ricaduta di questa malattia cronica che è il nostro amore ma guarire sarebbe come morire e allora siamo ancora qui a contemplarla con devozione.
Forse il tempo per lui si è fermato, forse anche lui ogni volta che lo nomino pensa a questo momento,  raro e prezioso e doloroso e impegnativo, in cui in silenzio facciamo rinnovare ai nostri corpi promesse eterne che le nostre parole non possono mantenere.

Sospira, Harry.
E' come se sentisse che il tempo è scaduto, di nuovo.
Forse se penso intensamente a quello che vorrei dirgli, quella voce bassa e profonda e questo abbraccio glielo diranno per me.
Allora, Harry, stringimi forte.
   
 
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