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Autore: Hagne    14/02/2012    0 recensioni
"Non importa dove ci troviamo, i nostri cuori ci porteranno di nuovo insieme"
[ Aerith Gainsborough - Kingdom Hearts]
Genere: Avventura, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Aerith, Organizzazione XIII, Riku, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II
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Capitolo revisionati (2)
" My halo is broken now and I'm all that's left
I hate to disappoint you but it's thw way things went
I was blind to the things I did
And after what was said ,
Tie up these loose ends
These voices are calling me out "

[...]

"I'm losing hope ,
There's a hole in my heart
That's been cut out of stone
Could you fill this hole ?
'Cause  I can't do it alone "
( The coldest heart - The Classic Crime )





Non c’era mai stato un noi.
Questo Riku lo aveva sempre saputo.
 Da bambini, forse, Sora poteva essere stato  la parte mancante di se stesso, quella   infantile e sciocca che non era mai riuscito a fare propria.

Lui in fondo non aveva mai amato sorridere troppo.
Era sempre stato un bambino atipico,  mite e pacato, quasi indifferente a ciò che lo circondava, a chi  lo circondava, ma aveva imparato ad amare  a modo suo, ad affezionarsi a qualcuno, a modo suo, non riuscendo, il più delle volte, a mostare che anche lui un cuore per amare ce lo aveva.
Un cuore capace di essere ferito.
Di rompersi.
E Kairi era stata la prima crepa.
La novità della sua vita, delle loro vite.
Una bambina tanto misteriosa da attrarlo verso qualcosa che non fosse se stesso e Sora, tanto curiosa e bizzarra da convincerlo a lanciare lo  sguardo al di fuori del suo piccolo mondo, ma le novità non sempre portano qualcosa di bello, e  Riku questo lo aveva imparato sulla propria pelle.
Sul proprio cuore.

Perché, più il tempo passava,  più il ritmo dei loro passi si faceva incalzante e il profilo dei loro volti sorridenti diveniva impossibile da guardare,lì dove  il baluginio delle loro iridi chiare si tingevano di qualcosa di nuovo, complicità.
E ancor prima di esserne pienamente cosciente, ancor prima di avere il tempo di difendersi dal dolore che sarebbe  sopraggiunto  si era trovato indietro, nel buio, nascosto  dalle ombre di entrambi, dimenticato, da entrambi.
Solo.

E Riku  aveva cominciato ad apprezzare il buio, ne era rimasto affascinato, ma Aerith non sembrava essere del suo stesso avviso in quel momento.
-  Andiamo via – lo pregò infatti con voce sottile, stringendo le dita attorno al suo gomito.
Intanto, dall’altra parte della piazza affollata Leon lanciava loro occhiate di apprensione,  incupendosi nel cogliere la smorfia che  Aerith tendeva nel non riuscire a smuovere Riku da lì,  nel non riuscire a difenderlo  dalla visione del  grottesco ballo ondeggiante dell’ Heartless morente.
- Riku, per favore – tornò a pregarlo accorata, stringendo la presa  sulla casacca di lui.
E sembrava spaventata,  ma lui non aveva paura, non ne aveva mai avuta.
A lui le ombre piacevano, lo avevano sempre ammaliato, e quella piccola creatura nera sembrava fissare lui.
Solo lui .

Quando Leon trafisse l’Heartless   Riku sentì una sorta di strappo all'altezza del petto poco prima che le braccia morbide di Aerith gli cingessero il capo, una mano immersa nei suoi capelli e la sinistra andata a coprirgli la guancia, come per ricordargli che qualcuno c'era, con lui.
Che lei ci sarebbe sempre  stata.

Ed Aerith, lei c'era stata davvero per lui, anche quando non aveva chiesto di essere toccato, di essere consolato,  anche quando non aveva dato a vedere quanto rancore covasse nel petto, quanta rabbia e frustrazione serbasse per se stesso.
Quanto l'odio lo stesse mangiando dentro.
Lei che era   morbida, profumava di buono,  era gentile e sembrava capirlo.
Sembrava vedergli dentro e accettare comunque quello che lo stava divorando.

L'oscurità che ritrovò in fondo allo sguardo spento dell'Heartless e nel proprio cuore  mentre intorno a loro le ombre continuavano ad aumentare, a smorzare la luce dei lampioni e delle stelle inghiottite dalla notte.
Un nero pece al quale  il fluttuare di un lungo mantello diede un suono e un viso che l'angolo della via inghiotti, lasciando alle sue spalle  una scia verdastra e luminosa intenta a guardarlo come un occhio di rettile sospeso nel vuoto.

Un occhio che guardava lui.
Solo lui .









°°°








Leon non gli era mai piaciuto.
Nessuno oltre  Sora e Kairi gli era mai piaciuto, e lo spadaccino sembrava ricambiare la sua antipatia, la sua diffidenza con lo stesso ed identico fervore.

Il soldato era ombroso, scorbutico e silenzioso,  ma diventava incredibilmente loquace quando doveva mettere bocca su di lui, sul suo comportamento scostante e sull’insensato attaccamento di Aerith nei suoi confronti, su quel bisogno di difenderlo sempre.
La ragazza sembrava aver preso infatti la snervante abitudine di non ascoltare i suoi consigli, i sui ordini, e da buona insubortdinata qual'era sempre stata, continuava a cercarlo con lo sguardo, come se volesse assicurarsi della sua presenza.
Una premura che Leon  accoglieva con il gorgoglio infastidito della sua gola.
- Non hai notato qualcosa di strano? Le ombre sembrano essere attratte da lui. Non è normale. Credo che ci sia qualcosa di tremendamente sbagliato in te – ringhiò rivolgendosi direttamente a lui, ma Riku non mostrò irritazione per le accuse rivolte e la parole dette.
Leon non gli piaceva, e ciò che pensava di lui non gli importava.
- Credo che tu stia esagerando adesso – lo  rimproverò severamente Aerith, troppo occupata a sistemargli una ciocca di capelli dietro l’orecchio per badare all’occhiata incredula del compagno.
Con un ringhio frustrato Leon abbandonò lo studio di Merlino, facendo vibrare il cardine della porta per la forza che esercitò per chiuderla.
Lei non sembrò però  farvi caso, china su Riku con un sorriso morbido a curvarle le labbra pallide.
- Non preoccuparti, è solo preoccupato per l’aumentare di Heartless nella città,  non crede davvero a ciò che ha detto – lo giustificò con aria gentile,  sfilando il fiocco rosa che le acconciava i capelli  prima di sporgersi verso il suo busto e allacciarlo attorno al suo polso.
Il rosa della stoffa stonava con i suoi polsini giallo acido, ma non gli dispiaceva vederlo lì, come il fiore in sboccio sulla pelle bianca e tenera dell’avambraccio .
- Ci tengo molto, perciò devi promettermi che me lo riporterai integro.
Lo disse con gentileza, l’indice che gli picchiettava la fronte a più riprese, ma c’era qualcosa di incredibilmente triste nel suo sguardo, una consapevolezza che rendeva i suoi lineamenti delicati terribilmente malinconici e dolorosamente amati.
Lo era lei per lui, amata, davvero tanto amata, ma non avrebbe dovuto saperlo, come lui non avrebbe dovuto per forza capire quanto Aerith lo avesse capito, quanto in fondo alla sua anima avesse guardato.
 Quando Riku uscì di corsa dallo studio la ragazza non potè che abbandonare il braccio lungo la vita con occhi stanchi che si trovò a chiudere pesantemente,   il lampo verde appena comparso dietro la finestra a ferirle lo sguardo.

E mentre il mantello di Malefica calava come una mannaia alle spalle di Riku, Aerith non poteva che pregare di avergli dato qualcosa in cui sperare.
Qualcuno in cui credere.
Qualcuno per il quale combattere, a  cui promettere di tornare prima di perdersi nelle ombre.
In se stesso.
Perchè il mondo gridava di paura mentre la notte e il buio calava  fuori , al freddo, nel buio dei vicoli e nel fondo dell’anima dell’uomo, ma in Riku, in lui  erano dentro e fuori.
Nei suoi occhi spenti, e nel battito di quel cuore che sembrava sempre  sul punto di cedere.
Di spaccarsi a metà.








°°°








Lo sghignazzare   di Jafar e del Baubau,  più simile ad un latrato che a vere e proprie risate strisciavano come una mano artigliata lungo il pavimento di marmo bianco salendo ad unghiate lungo la schiena ricurva di Riku, accovacciato accanto al corpo dormiente di Kari con la spada abbandonata di lato.
Teneva il mento sollevato con le nocche della mano chiusa a pugno, gli occhi chiari  fissi sul viso delicato della sua migliore amica, la bocca tirata dolorosamente in un sorriso amaro.
Perchè 
Kairi aveva perso il cuore, e mentre lui si affannava nella ricerca di una soluzione, Sora si era fatto nuovi amici, tanti, troppi amici, lasciando entrambi indietro, lasciando lui, indietro.
Sora che continuava a cercare lei,  a chiamare il suo nome, mentre il suo, di nome, non aveva sfiorato le labbra dell'amico.
Mai. 
Non quando ne aveva avuto bisogno davvero.
Non quando le ombre lo avevano reclamato.
E ora non poteva più salvare nessuno, neanche ora che  
era diventato il custode del keyblade,  l’eroe dei mondi.
Riku sapeva di non poter essere più salvato.

Perchè il suo migliore amico era stato  troppo occupato a salvare il mondo che rischiava di crollare in pezzi per accorgersi della sua, di caduta, del crollo di quell’anima umana che veniva divorata dalle ombre del suo cuore, fagocitata dall’odio e dal rancore che gli infiammavano gli occhi e il cuore.
La luce oramai lo infastidiva, doleva agli occhi, irritava l’epidermide, era repellente, una carezza calda che odiava ricevere, sentire su di sé.
Il freddo delle tenebre era invece un toccasana per il suo sguardo tradito, per la rigidità dei suoi arti e di quell’organo che continuava a raggrinzirsi nel suo petto,  giorno dopo giorno.
- Riku ?
Malefica gli arrivò alle spalle nel solito frusciare di vesti serpentine e fluttuanti, le pupille nere inghiottite dal verde raccapricciante dell’occhio.
Era una strega potente,  e avrebbe potuto aiutarlo a trovare il cuore di Kairi, lei che gli aveva già  concesso il potere che bramava, la libertà dai ricordi che tanto agognava.
Il potere era ciò che desiderava, e un Keyblade, quello sì.
La chiave da affondare nel petto di Sora per strappargli il cuore e costringerlo a chiedergli in ginocchio perdono per averlo abbandonato.
Per averlo lasciato solo.
- Ho bisogno che tu vada in contro al custode della chiave. Bisogna finirla, una volta per tutte.
Le gambe erano rigide per la posa scomoda mantenuta tanto a lungo, ma lo ressero abbastanza da fargli raggiungere le alte porte della Fortezza Oscura.
E quando il vetro della finestra rimandò la sua immagine Riku osservò il proprio viso divenuto adulto, il petto ampio e   lo sguardo dorato del mostro che era diventato.
Del traditore che si era ritrovato ad essere.






°°°







Ironia, la vita era piena di ironia.
Lo era lui, lo era stato il destino.

La luce lo infastidiva ancora, ma il suo corpo umano necessitava la luce  mentre il suo cuore d’ombra si ribellava a quella  carezza indesiderata.
Kingdom Hearts era la luce.
Pura e semplice luce, e lui continuava ad essere diviso in due, in bilico tra ciò che  il suo corpo desiderava e ciò che il suo cuore chiedeva.

Re Topolino lo sorpassò con un balzo  fendendo l’aria e urlando a Sora di andare via, di chiudere la porta alle loro spalle.
Sora .
Riku abbozzò un passo nella sua direzione,  fermandosi poco dopo aver sentito la voce del Re che urlava loro di salvarsi, di richiudere il passaggio per il cuore di tutti i cuori e proteggere gli altri mondi.
Ma anche se lui non poteva più essere salvato, c'era una persona che voleva proteggere.
E non era Sora.
Non era Kairi.
Ma qualcuno che si era scoperto di amare più di entrambi, più di se stesso.
Sentì lo sguardo ferito di Sora pungergli la schiena, ma quando la porta si chiuse alle sue  spalle seppe di aver fatto la cosa giusta, per una volta.
Perchè quello non era un addio, non lo avrebbe permesso, lui che aveva ancora una promessa da mantere, una persona da cui tornare.
Chi aveva capito e lo aveva lasciato andare con qualcosa su cui abbandonare il proprio sguardo stanco e fragile quando la solitudine fosse divenuta straziante, il nastro rosa che anche nell'ombra più nera riusciva a vedere.
Lei, la riusciva a vedere.
Nella sua mente, e in quel cuore che imparò a battere per qualcosa che non fosse l'odio e il rancore.
Per qualcosa per cui valesse la pena lottare.
E vivere.
Amare.










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