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Autore: jas_    14/02/2012    37 recensioni
«Buona giornata!» mi augurò Zayn sorridente, «vedrai che troverai l’amore! Forse ce l’hai proprio davanti a te!»
Arricciai il naso mostrandogli il mio assenso e spostando i capelli che mi erano finiti sul viso, mossi dall’aria pungente di Febbraio.
«Spero che l’amore ti tiri sotto!» lo presi in giro prima di affondare il viso nella sciarpa che indossavo e dirigermi a passo svelto all’interno dell’edificio maestoso alle mie spalle.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Before you met me I was a wreck but things
Were kinda heavy, you brought me to life
Now every February
You’ll be my Valentine, Valentine


«Buongiorno Inghilterra! Sapete che giorno è oggi?»
«Non interessa a nessuno» borbottai acida in uno stato di dormiveglia, come se potessi realmente intrattenere una conversazione con lo speaker radiofonico.
 «Esatto! San Valentino!» continuò il tipo, con la voce più allegra rispetto alle altre mattine.
Tirai un pugno alla sveglia facendola finire per terra prima di voltarmi dall’altra parte e alzare le coperte fino a sopra le orecchie.
Odiavo quella festa con tutta me stessa, che poi chiamarla tale era un’esagerazione.
Natale era una festa, Pasqua, Capodanno, non San Valentino.
Quella era una semplice trovata pubblicitaria da parte di fiorai, produttori di cioccolatini a forma di cuore e volantini obbrobriosi che intonavano il ritornello di una stupida canzone d’amore non appena li aprivi.
Se davvero amavi una persona bisognava dimostrarglielo trecentosessantacinque giorni l’anno, o trecentosessantasei negli anni bisestili, non il 14 Febbraio, giusto perché qualcuno aveva deciso che in quella particolare data bisognava diventare il compare perfetto.
Mi stiracchiai svogliata prima di stropicciarmi gli occhi e aprirli con cautela, onde evitare di rimanere traumatizzata dalla forte luce che già invadeva la mia camera.
Mi trascinai fino in bagno buttandomi un’elevata quantità d’acqua sul viso e cercando di mettere in funzione i neuroni.
«Phippen sei pronta?»
Sentii mia madre chiamarmi dal piano inferiore, non le risposi tornando in camera a vestirmi prima di scendere.
«Buongiorno tesoro!» mi accolse in cucina sorridente con quel suo solito buonumore contagioso, «sai che giorno è oggi?» continuò.
«Ti prego non dirmelo» borbottai mentre spalmavo la Nutella su una fetta di pane tostato.
«Perché?» domandò dispiaciuta, «non ti piace San Valentino?»
«No» risposi secca prima di alzarmi da tavola spostando la sedia rumorosamente e uscire di casa.
«Ci vediamo dopo!» mi limitai a dire prima di chiudermi la porta alle spalle.
Mi sentivo leggermente in colpa per come avevo reagito con mia mamma ma allo stesso tempo ero certa che le piacesse girare il coltello nella piaga. Insomma, sapeva perfettamente cosa pensavo riguardo a quella stupida festa, eppure non aveva esitato a ricordarmi che giorno fosse quello.
Presi la bicicletta che era nel garage pedalando in fretta e furia verso scuola, ero leggermente in ritardo e non potevo entrare nella classe di francese un solo minuto dopo le otto senza essere beccata.
Arrivai all’angolo svoltando a destra senza frenare minimamente, la conoscevo a memoria quella strada ed ero consapevole di ogni sassolino che occupava il marciapiede su cui ero..
Tutt’ad un tratto vidi un furgoncino bianco attraversarmi la strada, frenai bruscamente cercando di mantenere l’equilibrio senza tuttavia esserne in grado.
Prima che riuscissi a rendermi conto di ciò che stava accadendo, mi ritrovai per terra accanto ad un mazzo di rose rosse che, dovevo ammettere, avevano un buon profumo.
«Phippen stai bene?»
Mugugnai qualcosa portandomi istintivamente una mano alla testa dolorante.
«Ti prego dimmi che sei viva, non credo di essere in grado di risarcirti i danni dato che l’assicurazione non copre gli incidenti..»
«Riesci a stare zitto un attimo?» strillai esasperata, tirandomi su con la schiena.
Con chi stavo avendo a che fare? Una radiolina?
«Oh, Dio grazie!»
«Zayn puoi anche smetterla di guardarmi come se fossi un alieno, sono viva. Piuttosto aiutami ad alzarmi» lo ripresi porgendogli una mano.
Il ragazzo mi tirò su di peso, e dopo essermi pulita i jeans mi guardai intorno alla ricerca della mia bicicletta che vidi alcuni metri più in là con la ruota storta e il manubrio rotto.
Strinsi i denti e i pugni cercando di reprimere l’istinto omicida che si stava facendo strada dentro di me.
«Scappa» mormorai semplicemente, rivolgendomi a Zayn che era rimasto in silenzio alle mie spalle.
«Stai scherzando, vero?»
Mi voltai verso di lui, «ti sembra che stia scherzando?»
Il moro alzò le braccia in segno di resa mentre cominciò a indietreggiare, «te ne compro una nuova! Non ho fatto apposta! Ti porto io a scuola Phippen stai calma ti prego.»
Ignorai le sue suppliche avvicinandomi a lui fino a quando non andò a sbattere addosso al furgoncino, «domani mattina ti troverai fuori di casa una bicicletta rossa fiammante più bella di quella che avevi ma oggi devo lavorare» continuò.
Mi avvicinai a lui fino a quando i nostri nasi non si sfiorarono quasi, «portami a scuola» gli ordinai prima di voltarmi con uno scatto e salire sul furgoncino.
Non che Zayn Malik mi stesse antipatico, insomma, non lo conoscevo per niente. Lo vedevo in giro ogni tanto a scuola oppure quando lavorava nel negozio di fiori di famiglia che aveva sulla stessa via di casa mia ma lo salutavo a malapena quando lo incrociavo in giro. Giusto per educazione.
Sapevo della sua esistenza da.. sempre, credo, soltanto che non avevamo mai avuto l’occasione di parlarci.
Mi voltai ad osservare il suo viso serio e concentrato alla guida prima di spostare lo sguardo verso la bambolina hawaiana attaccata al cruscotto e che ballava mossa da una molla. Se non avessi conosciuto Zayn sin da quando ero piccola avrei seriamente pensato che fosse uno di quei camionisti eremiti che passano la vita a macinare chilometri. Non so perché ma quella buffa statuina con la gonna di foglie di palma mi dava quella sensazione.
«Allora, come va?»
Bel tentativo di rompere il silenzio, Malik, pensai.
Alzai le spalle guardando fuori dal finestrino le case colorate che si succedevano velocemente davanti ai miei occhi.
«A parte che questo è un giorno che odio e che ho appena dovuto dire addio alla mia amata bicicletta? Direi bene» commentai sarcastica.
Notai Zayn scuotere la testa divertito prima di lanciarmi una strana occhiata, dovevo ammettere che era davvero bello. Madre Natura era stata magnanima con lui.
«Da dove arriva tutto questo scetticismo?»
«Non è scetticismo, è obiettività» affermai convinta del mio pensiero.
«Secondo me se non ti piace San Valentino è perché l’amore ti ha fatto del male. O mi sbaglio?»
«Cupido non dovrebbe essere un angioletto biondo munito di ali, arco, e freccia? Non mi sembra ti assomigli» ribattei acida.
«Non voglio trovarti il ragazzo, tranquilla, sto solo dicendo che sei troppo dura con i commenti. San Valentino è una festa carina, molto romantica.»
Finsi un conato di vomito prima di rispondere. «Lo credo anch’io che ti piace! Hai il baule pieno di bouquet pessimi e bigliettini sdolcinati da consegnare. Io trovo tutto ciò superficiale.»
Zayn non rispose, limitandosi ad annuire e a mettere la freccia prima di entrare nel parcheggio della scuola.
Senza fare troppi complimenti aprii la porta e presi la borsa che avevo appoggiato tra le gambe.
«Buona giornata!» mi augurò Zayn sorridente, «vedrai che troverai l’amore! Forse ce l’hai proprio davanti a te!»
Arricciai il naso mostrandogli il mio assenso e spostando i capelli che mi erano finiti sul viso, mossi dall’aria pungente di Febbraio.
«Spero che l’amore ti tiri sotto!» lo presi in giro prima di affondare il viso nella sciarpa che indossavo e dirigermi a passo svelto all’interno dell’edificio maestoso alle mie spalle.
Rabbrividii per il tempestoso sbalzo di temperatura non appena misi piede all’interno del corridoio, il calore della scuola mi avvolse completamente, costringendomi togliere il cappello e i guanti.
Accelerai ulteriormente il passo mentre salivo di corsa le scale diretta nella classe di francese, senza nemmeno passare a prendere il libro nell’armadietto. Guardai l’orologio che portavo al polso, segnava le otto in punto ma non sapevo se la campanella che segnava l’inizio delle lezioni fosse già suonata.
Sentivo i polmoni scoppiarmi nel petto e gli occhi pizzicarmi a causa della frangetta troppo lunga, quando entrai in classe alcuni istanti prima dell’insegnante.
«Per un pelo, Phippen» osservò l’anziano signore, mentre appoggiava la propria cartelletta e il registro sulla cattedra.
Abbassai la testa colta in fallo, tirando fuori dalla borsa di pelle consumata un misero quaderno per gli appunti e una penna col tappo mangiucchiato.
Il professore prese un gessetto prima di scrivere sulla lavagna, a caratteri cubitali, “Saint Valentin”.
Dalla classe s’innalzarono gridolini estasiati e notai che tutti i miei compagni sembravano contenti dell’argomento del giorno. Tranne la sottoscritta.
«Ci risiamo» borbottai appoggiando la testa su una mano, sconsolata.
Perché tutti si ostinavano a dare importanza a una stupida festa che non faceva altro che innervosire persone razionali come me. Inoltre, era da tempo che tutti si lamentavano della crisi e che riducevano i consumi, allora perché i fiorai e le pasticcerie erano piene come non mai in questi ultimi giorni? Coerenza zero.
Cominciai a scarabocchiare a caso il foglio bianco che mi si presentava davanti, mentre le parole del professore che spiegava erano soltanto un suono lontano.
 
«Mamma sono a casa!» gridai non appena varcai la porta d’entrata, buttando la borsa in un angolo e le scarpe appena lì accanto. Tolsi giacca, guanti, sciarpa e cappello osservandomi per alcuni secondi allo specchio appeso al muro.
La mia pelle chiara, quasi cadaverica, avrei osato dire, metteva particolarmente in risalto i miei capelli corvini e gli occhi azzurri. La punta del naso era leggermente arrossata a causa del freddo, come i miei zigomi.
Non appena mi diressi in cucina, vidi mia madre venirmi in contro visibilmente su di giri.
«Scusa tesoro ma devo andare» disse dandomi un bacio frettoloso sulla fronte, «mi hanno chiamata al ristorante, Grace si è malata e la devo sostituire. Sai com’è, a San Valentino tutti escono a pranzo o a cena. Ci vediamo stasera o, se torno tardi, domani mattina. Ti ho messo tutto nel microonde, fai la brava!»
Non feci in tempo a replicare che era già sparita sbattendo la porta, non appena uscì mi lasciai andare esausta sul divano, in quell’istante il timer suonò.
«Aaaahh!» gridai in preda all’isteria, mettendomi le mani tra i capelli.
Ero nella posizione più comoda a questo mondo eppure fui costretta ad alzarmi, l’odorino che proveniva dalla cucina aveva risvegliato la mia fame.
Mangiai nel più totale silenzio, rotto soltanto dalle lancette dell’orologio che scandivano i secondi, facendomi sentire ancora più sola di quanto non fossi già.
Non che mi lasciassi influenzare da ciò che diceva la gente, beh, in realtà forse leggermente, ma non ero per niente depressa. Quello era un giorno come gli altri, mi convinsi, e mi sarei comportata esattamente come avrei fatto se non fosse stato il 14 Febbraio.
Accesi la tv alla ricerca di qualche film da guardare, giusto per passare il tempo.
“Valentine’s Day”, “Notting Hill”, “Dirty Dancing”, “San Valentino di Sangue”. Optai per l’ultimo, meno sdolcinato degli altri, inoltre faceva parte del cast Jensen Ackles che era una vera e propria meraviglia per gli occhi.
Infilai la mano nel pacchetto delle patatine che tenevo in grembo e, proprio mentre l’assassino tirava un piccone verso di me – facendomi saltare letteralmente per aria dallo spavento – qualcuno suonò al campanello.
«Arrivo!» gridai, abbassando leggermente il volume della televisione e dirigendomi verso la porta.
Quando l’aprii davanti a me c’era.. Nessuno.
Mi guardai più volte in giro per essere certa di non avere le allucinazioni.
«Divertente!» esclamai allargando le braccia e rivolgendomi a solo Dio sapeva chi. «Davvero divertente! Siete patetici!» continuai accigliata.
Una signora che passò davanti a casa mia in quell’istante mi guardò preoccupata ma non le diedi molto peso. Proprio quando stavo per chiudermi la porta alle spalle notai una rosa rossa appoggiata sullo zerbino.
Mi guardai di nuovo intorno furtivamente prima di raccoglierla velocemente e tornare in casa, come se stessi compiendo un atto illegale.
Osservai il fiore per alcuni istanti prima di annusarlo, non riuscii ad evitare di sorridere, chiunque fosse stato, quello era un bel gesto.
Tornai in salotto cambiando canale, non mi andava più di guardare un film horror.
Non feci in tempo a rimboccarmi le coperte che qualcuno suonò di nuovo.
«Avete finito?!» esclamai scocciata, senza tuttavia resistere alla curiosità di sapere chi fosse, o meglio, cosa ci fosse sul mio zerbino. Un’altra rosa.
Quella storia andò avanti per tutto il pomeriggio, tanto che rinunciai al mio amato divano per piazzarmi sulle scale che portavano al piano superiore a giocare a Fruit Ninja e a schizzare come una molla ad aprire la porta non appena qualcuno suonava, senza tuttavia scoprire il colpevole.
In realtà, quella situazione, per quanto fosse buffa, non mi dispiaceva per niente.
Mi sentivo lusingata da tutte quelle attenzioni, anche se, la curiosità di sapere chi ci fosse dietro a tutto quello mi stava divorando viva.
Mi alzai dalla mia postazione per andare a bere un sorso d’acqua, non appena poggiai il bicchiere sul tavolo suonarono di nuovo. Corsi all’entrata aprendo la porta ancora affannata, ritrovandomi davanti Zayn.
«Ti ho beccato!» esclamai soddisfatta puntandogli un dito addosso.
Lui non si rispose, ma si limitò a sollevare un sopracciglio con fare sconcertato.
Abbassai le spalle delusa, «non sai di cosa sto parlando, vero?»
«Già» rispose lui secco, «sono solo passato per lasciarti questo – continuò porgendomi un portachiavi a forma di pecora – devi averlo perso stamattina dato che l’ho trovato quando ho finito le consegne.»
«Grazie» dissi semplicemente prima di prenderlo in mano, come avevo fatto a non accorgermi di averlo perso? Meno male che l’avevo ritrovato perché se Niall si fosse accorto della sua assenza non me l’avrebbe perdonata. Quella pecorella era il suo portafortuna che mi aveva portato dal suo ultimo viaggio in Irlanda.
«Allora, chi pensavi di avere beccato?» mi domandò Zayn divertito.
Scossi la testa sentendomi una vera e propria stupida, figuriamoci se Zayn avrebbe perso il pomeriggio a lasciare rose rosse alla mia porta. Aveva di meglio da fare, oltre che a lavorare, probabilmente la sua agenda era già piena di impegni e appuntamenti con una lista infinita di ragazze meglio di me. Non che fosse un ragazzo narcisista e vanitoso, a scuola si comportava esattamente come tutti, non aveva atteggiamenti superiori eppure quando lui passava per i corridoi tutte le ragazze si voltavano a guardarlo con la bava alla bocca, quasi. Lui, invece, sembrava non farci caso, era un ragazzo con la testa sulle spalle, di buona famiglia e che aiutava sempre in casa. Certo, si divertiva anche lui come qualunque altro adolescente, usciva, andava alle feste ma non si approfittava delle ragazze che gli ronzavano intorno. Io l’avevo sempre visto ridere e scherzare in amicizia con tutti.
Aggrottai le sopracciglia sorpresa di quante cose sapessi sul suo conto senza nemmeno esserne davvero consapevole.
Solo quando Zayn si schiarì rumorosamente la voce mi ricordai che era in attesa di una risposta.
«Oh certo» cercai di riprendere il discorso, «c’è qualcuno che si diverte a lasciarmi rose rosse davanti a casa» gli dissi, mostrandogli i fiori appoggiati sul mobile dell’entrata.
Zayn sorrise, passandosi una mano tra i capelli, «probabilmente l’amore ha tirato sotto te e non me» commentò divertito.
Gli diedi uno spintone amichevole senza riuscire a trattenermi dal sorridergli di rimando.
«Quarantasei» disse poi serio.
Lo osservai confusa, stava dando i numeri per caso? Oh, sì.
«Quarantasei che cosa?»
«Rose. Ti ho lasciato quarantasei rose rosse davanti alla porta» spiegò.
Non sapevo se ridere, piangere, prenderlo a calci oppure saltargli addosso. Mi sentii soltanto avvampare.
Abbassai la testa immediatamente, sentendomi in imbarazzo dalla situazione.
Deglutii rumorosamente prima di riuscire a spiccicare parola.
«Perché?» domandai poi.
Zayn si strinse nelle spalle scrutandomi per alcuni secondi con un’espressione serena, mi ritrovai a pensare a quanto fosse bello e perfetto. Sia fisicamente che interiormente.
«Perché volevo farti cambiare idea su quello che pensavi di San Valentino, e notando la faccia che facevi ogni volta che trovavi una rosa davanti ai piedi, credo di esserci riuscito.»
In quel momento non sapevo che pensare.
Da una parte ero felice che l’architetto di tutto fosse Zayn e non un maniaco che importunava una ragazza indifesa, dall’altra, però, mi sentivo leggermente delusa.
Forse perché pensavo che il gesto di Zayn derivasse da una sorta di sentimento che provava nei miei confronti, forse mi ero fatta travolgere dalla situazione perché io non pensavo mai a certe cose ma in quel momento il mio cervello non riusciva a elaborare nient’altro.
Sorrisi amaramente scuotendo la testa prima di cercare di sembrare il più serena possibile.
«Beh, grazie allora» riuscii a dire prima di chiudermi la porta alle spalle.
Qualcosa mi bloccò, Zayn aveva messo un piede accanto allo stipite impedendomi di tornare di là ad autocommiserarmi.
«Non ho finito» disse, muovendo un passo verso di me e, quindi, entrando in casa.
«Se avessi voluto soltanto farti cambiare idea non avrei buttato via un pomeriggio di lavoro appostandomi dietro un cespuglio e facendo avanti e indietro per ore» continuò, indietreggiai leggermente sentendomi a disagio da quella vicinanza, fino a quando la mia schiena non incontrò la ringhiera delle scale che portavano di sopra.
«Ah no?» riuscii a mormorare, nel più totale caos mentale.
Zayn scosse la testa lasciandosi scappare un sorriso malizioso e sicuro.
Mi accarezzò dolcemente la guancia destra scostandomi i capelli dal viso, ogni punto della mia pelle che veniva a contatto con la sua lo sentivo bruciare dal tanto che era caldo. Sentivo il cuore scoppiarmi nel petto ed ero sicura che il pesante maglione che indossavo non fosse sufficiente a coprire il rumore assordante che sentivo nelle mie orecchie.
Bum, bum, bum.
«Ti ho sempre trovata interessante» continuò, prendendo a giocherellare con una ciocca dei miei capelli, «sin da quando eri piccola. Ricordo il buffo cappello rosso con il pon-pon che indossavi d’inverno, lo zainetto giallo più grande di te che avevi alle elementari e persino che maglietta indossavi il primo giorno che ti ho vista, all’asilo. I capelli raccolti in una coda sempre disfatta, alcune ciocche ribelli ti contornavano il viso rotondo e bianco, esattamente come adesso.»
Tornò ad accarezzarmi la guancia, e dovetti deglutire per far tornare il cuore al suo posto, siccome me lo sentivo in gola.
Non riuscivo a lasciarmi andare completamente, quella situazione era troppo surreale, mi aspettavo che da un momento all’altro uscisse un tipo bizzarro con un microfono in mano seguito da un cameraman che mi avrebbe accecata con un flash gridandomi “Sei su Disaster Date! Hai vinto 60 dollari!” anche se il ragazzo che mi trovavo davanti non era per niente sgradevole.
«Tu non hai niente da dire?» mi domandò dolcemente, senza smettere di provocarmi.
Non risposi, rimasi immobile sulla difensiva, esattamente come faceva la ragazza di Rango nel cartone. Il mio cuore avrebbe smesso perfino di battere, se non fosse stato un muscolo involontario.
Notai Zayn avvicinarsi ulteriormente a me, alzai le sopracciglia sbalordita.
«Se non vuoi che ti baci, devi fermarmi» mi sussurrò, quando ormai eravamo a pochi millimetri di distanza.
Era praticamente impossibile ormai, era come chiedere a un uomo che stava perdendo l’equilibrio sull’orlo di un precipizio di non buttarsi.
Le sue labbra calde e morbide si posarono dolcemente sulle mie, facendomi dimenticare il freddo che entrava dalla porta lasciata aperta.
Chiusi gli occhi cercando di assaporare quel momento al massimo, sentii la presa di Zayn farsi più salda sui miei fianchi mentre insinuava la sua lingua nella mia bocca.
Non potei fare a meno di ricambiare, con la stessa intensità e passione.
Quando aprii gli occhi incontrando i suoi, compresi tutto.
L’amore mi aveva tirata sotto.

 

***
 

BUON SAN VALENTINO!

Oddio stavo per postare senza rompervi le palle infondo al capitolo HAHAHA
Aluuuura!
Diciamo che è da un paio di giorni che avevo in mente questa one-shot per San Valentino, giusto per tirare su un po' il morale a tutti i #foreveralone come me e, nonostante l'iniziale scetticismo riguardo a sta stupida e inutile festa ho ceduto anch'io, come Phippen, al fascino di Zayn Malik uù - Sto parlando della storia, il bacio finale non era previsto, in sto senso ho ceduto uù
Sto truzzo mi ha fatta dannare per il banner, del tipo che non trovavo una foto adatta e ci ho messo DUE GIORNI solo per fare quello, la storia invece l'ho scritta quasi interamente ieri sera tipo verso le undici AHAHA Di conseguenza mi scuso se avete trovato errori madornali per i quali dovrei andare in giro con un sacchetto della spazzatura in testa (?)
Spero che non vi abbia annoiata, data l'elevata lunghezza, vi avverto che io la adoro questa one-shot, credo che sia una delle migliori che abbia mai scritto **
Come al solito vi chiedo di lasciarmi una recensione, fatemi sapere che ne pensate!
Siete stupende come sempre,
Jas


 

   
 
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