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Autore: emsugar    14/02/2012    4 recensioni
- Miss Angelica Huston, signore. E voi, se posso chiedervi? – Harold non riuscì a rispondere subito a quella semplice domanda; si era bloccato col pensiero al nome Angelica, che aveva subito trovato semplicemente perfetto per quella ragazza così graziosa. Come aveva potuto pensare ad altri nomi? Quello era l’unico che potesse realmente descrivere quella ragazza così semplice e bellissima.
Con un sorriso tornò con i pensieri su quella domanda, e rispose semplicemente.
- Mr Harold Edward Styles, signorina. Lieto di conoscerla. – Harold tese una mano verso Angelica, e lei divertita gli porse la sua, che lui afferrò dolcemente e avvicinò a se, sfiorandone il dorso con le labbra appena arricciate.
Stava funzionando. Sorridevano ad ogni piccolo movimento, ad ogni vibrare dell’aria, erano semplicemente in armonia.

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Anni 20, fine della guerra. Un treno, un amore, all'improvviso. Un sangue invadente, una questione d'onore; ma quanto è importante l'onore di fronte a un sentimento così agghiacciante e irreversibile come l'amore?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Love is so far from here.

The train.


A Londra faceva caldo.
Harold sudava sotto la sua uniforme logora: non sentiva più le braccia, strette nel cotone e nel poliestere verde oliva che lo stringevano in una morsa di fuoco. Il sole batteva alto e potente, bruciando la steppa circostante la grande stazione; il capitano Lloyd si puntò sull’attenti, portando la mano ritta alla fronte, per dare l’ultimo solenne saluto. Tutti i soldati, allineati alla perfezione nel campo di sterpaglie, lo imitarono, urlando “lunga vita al Re”. Con fare ispirato il capitano consegnò nelle mani del suo sottotenente la bandiera nuova di zecca, che luccicò tra le mani del ragazzo. Mentre tutti tenevano la loro posizione sull’attenti, Harold osservò la bandiera alzarsi sull’asta accanto al grande orologio di ferro, e sventolare libera tra i raggi del sole; non ne poteva più. Appena il capitano si inchinò ai soldati, e questi fecero lo stesso, la folla di donne urlanti e bambini felici si accalcò su di loro, festeggiando gli “eroi della patria”; nella grande confusione Harold si guardò attorno: James, il suo migliore compagno di guerra, baciava con un sorriso la sua ragazza, per poi sorridere al piccolo bambino che lei stringeva tra le braccia, il figlio che gli aveva partorito mentre loro erano a combattere. Poco lontano, accanto alla bandiera, Damien si asciugava le lacrime mentre abbracciava suo fratello minore che, ammalato, non aveva ricevuto l’obbligo di arruolamento nelle forze armate.
Lui invece era solo: doveva aspettare il treno per tornare nella campagna, nella sua città natale, Holmes Chapel, dove avrebbe finalmente riabbracciato la sua famiglia. A casa nessuno si sarebbe mosso per venirlo a salutare: tutti lo credevano morto, perché le centinaia di lettere che aveva scritto nei suoi tre anni di servizio non erano mai arrivate a destinazione.

Il treno per Holmes Chapel arrivò alle 15, quando il sole era leggermente calato, e la stazione, ormai deserta, pullulava di umidità. Harold si trascinò dalla panchina all’entrata delle cabine, e si infilò nella prima che trovò; ma vedendo attorno a se solo metri e metri di velluto rosso e di oro intagliato, capì che doveva scendere molto più in fondo per trovare la seconda classe. Una volta trovata la prima carrozza entrò, e rendendosi conto che era completamente vuota si tranquillizzò e sorrise. Non gli piaceva più la gente: la odiava, non le credeva. Chiunque lo vedesse lo acclamava come un eroe, un uomo di valore e di rispetto; eppure lui era solo sporco e sudato, stanco, magro e pallido. Non era un eroe, era solo un ragazzo che contro la sua volontà si era arruolato in una guerra ingiusta e inutile; aveva sparato a tantissimi uomini, esseri umani che, come lui, non volevano nemmeno esserci in mezzo a quel fango freddo e viscoso. Odiava la gente perché ne aveva uccisa così tanta, ne aveva vista morire di fame e di freddo così tanta, che tutta quella che gli stava intorno, pulita, riposata e felice gli ricordava solo un riflesso sfocato dei suoi ricordi da bambino: quei ricordi se ne erano andati, Harold doveva solo smettere di pensarci, perché ogni momento che riaffiorasse nella suo cuore era un pugno in pancia fitto e doloroso.
E Harold aveva già sofferto abbastanza.

Passò il primo tratto del viaggio da solo nella carrozza deserta. Il caldo si faceva sentire sempre più insistente, e pesanti gocce di sudore cadevano dalla sua fronte, insidiandosi nello scollo della divisa, e percorrendo tutto il suo petto magro.
- Salve. –
Harold sussultò leggermente, infastidito dalla presenza di una persona. Poi la guardò. Era bassa, graziosa, delicata come un fiore intrappolato nella neve, come un raggio di sole nella pioggia. I capelli dorati si chiudevano in uno chignon perfetto, da cui cadevano però alcune ciocche ribelli; gli occhi azzurri brillavano nella penombra della carrozza.
- Salve. – rispose, curioso.
Forse d’un tratto, forse dopo alcuni secondi, tutto l’odio che Harold provava nei confronti della gente si affievolì, perdendosi nell’aria tremante: quella ragazza stava dando senso alla presenza di altre persone sulla faccia della terra. Il soldato sorrise, toccandosi i capelli ricci.
- E' libero qui? –
Harold distese la mano verso il posto di fronte a lui, allargando le labbra ancora di più verso l’alto. – Sapete, non vorrei sembrare pazza, so che tutta la carrozza è deserta, ma questo è l’unico posto all’ombra. – sorrise la ragazza, guardandosi attorno con aria imbarazzata. Lo sguardo di Harold la penetrò più a fondo, incastrandosi nei suoi occhi color zaffiro.
- Vi prego, accomodatevi. – la ragazza, sorridendo compiaciuta, si adagiò con grazia sul sedile blu, poggiando la sua piccola valigetta color cioccolato nel posto accanto a se', dove il sole batteva. – Non sia mai che io rifiuti a una giovane fanciulla un posto fresco e comodo. – concluse Harold, da buon adulatore. Ci aveva sempre saputo fare con le ragazze. Durante la guerra, nei viaggi tra la Germania e la Francia aveva ammaliato una decina di giovani ragazze, facendo l’amore con loro almeno tre o quattro volte, dietro alle case, nel fango, o contro le pareti ruvide delle caserme. Harold era cresciuto con due sorelle, che lo avevano educato alle buone maniere e all’arte del corteggiamento: lui però durante la guerra aveva fame, non solo di cibo, e non si era fatto problemi a mangiare quelle prede, abituate al passaggio dei soldati e felici di quel formicolaio di uomini pronti a tutto.
In quel treno, però, lui non aveva fame. Aveva caldo, voglia di dormire e di tornare a casa, ma non quel bisogno primitivo che lo aveva accompagnato per tre anni. Allora decise di prendersela con calma con quella ragazza così perfetta: voleva portarla con se in un mondo di cortesia e gentilezza, al quale aveva quasi dimenticato di appartenere.
- Siete molto gentile, soldato. Posso chiedervi da dove provenite? – la bionda aveva un modo spigliato e gentile, e una punta di malizia si posava su ogni suo sorriso: anche lei voleva giocare a quel gioco di caldo e cortesie che Harold aveva inconsapevolmente aperto.
- Non se prima non mi direte il vostro nome, miss. – rispose lui, asciugando una piccola goccia di sudore che cadeva in quel momento dalla sua fronte imperlata.
- Miss Angelica Huston, signore. E voi, se posso chiedervi? – Harold non riuscì a rispondere subito a quella semplice domanda; si era bloccato col pensiero al nome Angelica, che aveva subito trovato semplicemente perfetto per quella ragazza così graziosa. Come aveva potuto pensare ad altri nomi? Quello era l’unico che potesse realmente descrivere quella ragazza così semplice e bellissima.
Con un sorriso tornò con i pensieri su quella domanda, e rispose semplicemente.
- Mr Harold Edward Styles, signorina. Lieto di conoscerla. – Harold tese una mano verso Angelica, e lei divertita gli porse la sua, che lui afferrò dolcemente e avvicinò a se', sfiorandone il dorso con le labbra appena arricciate.
Stava funzionando. Sorridevano ad ogni piccolo movimento, ad ogni vibrare dell’aria, erano semplicemente in armonia.
- Adesso che ci conosciamo, Mr Styles, - riprese Angelica - potrà finalmente rivelarmi da dove proviene. –
Harold annuì con un cenno del capo verso il basso, e tirando leggermente le maniche della divisa verso i gomiti, rispose alla ragazza.
- Vengo da Holmes Chapel, Miss. Ho combattuto per tre anni accanto allo stato in Germania e Francia, e ora sto finalmente tornando a casa. –
Lei annuì e sorrise.
- Siete uno dei nostri eroi sopravvissuti, allora. Devo ritenermi fortunata a stare innanzi alla vostra presenza, signore. –
Negli occhi di Harold si accese una piccola scintilla di quell’odio assopito per quei dieci minuti, ma colse l’occasione in tempo per nasconderlo in fondo al suo cuore.
- Mai quanto devo ritenermi fortunato io a stare accanto a una ragazza graziosa come voi, signorina. – Quel gioco di sorrisi riprese senza sosta, mentre Angelica portava dietro all’orecchio l’ennesimo ciuffo che cadeva impertinente sul suo volto. Harold si avvicinò lentamente al suo volto, piegando la schiena verso le ginocchia. – Non capita tutti i giorni di salire su un treno e incontrare una persona così stupenda. –
Con mano sicura il soldato accarezzò piano una ciocca di capelli biondi come il grano della ragazza, per poi portarla al suo posto dietro l’orecchio. Il fiato di entrambi si fece sempre più corto, mentre il cuore duro del soldato e quello fragile della ragazza presero a correre alla velocità del treno.
- Siete un adulatore. Come tutti i soldati, sono costretta a convenire. – sussurrò lei, mentre Harold soffocava una risata scuotendo la testa.
- Vi sbagliate, signorina. Sono un soldato, ma mai nella mia vita ho pensato cose più vere di quelle che vi ho detto. Dovete credermi! – Harold sbarrò gli occhi, con una faccia che cercava di convincere Angelica a stare dalla sua parte. Senza sapere perché lei piegò la testa di lato e ammise semplicemente.
- Penso di credervi, signore. Penso di si. –

Harold strinse insicuro la mano di Angelica, carezzandola con il pollice.
Harold si sentiva strano. Aveva toccato così tante ragazze nella sua vita, che anche solo sfiorare quell’angelo lo faceva sentire in paradiso. Aveva visto così tante donne, affascinanti, perturbanti, ammalianti; eppure era così diverso lo sguardo che poneva su di lei: tutta la malizia, il desiderio di sesso… non c’erano in realtà. C’era solo la voglia di conoscerla davvero.
Angelica prese a sua volta la mano di Harold e la portò alle labbra, sfiorandone il palmo e ispirando il suo profumo di cenere e sapone Pearl. Anche Angelica provava qualcosa. Non si era mai lasciata andare con nessun uomo in tutta la sua vita, ma gli era bastato guardare negli occhi di Harold per capire che quello era il momento giusto per cominciare. Non sapeva nulla di lui, se non il nome, eppure sentiva già un filo invisibile che la legava inconsciamente a lui, attirandola verso il suo corpo caldo e profumato. Sapeva che sarebbe stato rischioso. Sapeva che sarebbe stato meglio non farlo. Eppure non riusciva a resistere a niente, Angelica: era impaziente, agitata, sempre in sospeso tra ciò che è giusto e ciò che è irrimediabilmente illecito. Si buttò, Angelica, si tuffò letteralmente nelle labbra di Harold, che sapevano di sigaro, e lo tirò a se per la mano che stringeva ancora. Socchiuse le labbra, e lasciò che la lingua di quel soldato perfetto si insidiasse nella sua bocca piccola e sorridente, e sentì un fremito improvviso, un brivido percorrerle tutta la schiena quando lui appena le toccò il braccio con la mano libera. Angelica scivolò sulle gambe di Harold, rimanendo abbracciata a lui e continuando a baciarlo con sempre più passione, stringendosi a lui con le braccia che ormai cingevano il collo sudato del ragazzo. Nel cuore di Harold, che ormai sbatteva violentemente contro la sua fragile cassa toracica, si accesero un miliardo o forse più di emozioni, dalla voglia all’insicurezza, dal dubbio al desiderio sempre più sfrenato di stringere quella ragazza con forza e sicurezza.
Harold e Angelica si posarono sul sedile, che era largo abbastanza per ospitarli entrambi, e lui insidiò la mano nella sua leggera camicetta madida di sudore, alzandola.
Passarono il momento più intenso della loro vita, Harold e Angelica. Due sconosciuti, due vagabondi, due eremiti. Forse si erano persi, Harold e Angelica? Forse.
Beh, qualcosa fece sentire a entrambi che le braccia dell’altro erano il posto perfetto in cui passare l’esistenza. Era come ritornare nel luogo a cui appartenevano.
Era come tornare a casa.






salve salvinoooo! :)
E si, eccomi qua ancora con una nuova ff che spero di portare finalmente avanti, almeno questa volta!
spero che come primo capitolo vi piaccia e che seguiate la storia, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate dell'inizio!!! RECENSITEEE! :)


BUON SAN VALENTINO! (anche se è una festa insulsa.)

un bacione all'Haribo! (?)
followatemi su twittah: @sexkane
Ems.


   
 
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