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Autore: _ j u l i e t t e    14/02/2012    1 recensioni
. . . ESTRATTO DAL PROLOGO . . .
Loro erano sempre stati le stelle più brillanti della mia vita, eravamo sempre là l’uno per l’altro ed anche a distanza di kilometri sentivamo la nostra unione, ci ricordavamo di quanto ci volevamo bene e del fatto che non ci saremmo divisi. Mai.
E me lo ricordai anche in quel momento.
Anche prima…
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Track 5 :: Mistake

( Chapter’s Song : G-Dragon - Obsession )

 

Le parole di una persona potevano rimanere impresse nella mente per tanto, tantissimo tempo.

Quelle di Cheondoong erano entrate nella mia testa e non sembravano volersene uscire tanto presto.

Dara era in coma.

Era in coma per colpa mia e c’era il livido sul mio zigomo a dimostrarlo, oltre a diverse ammaccature in giro per il corpo.

Dall’incidente avevo iniziato a contare i giorni. Erano passate tre settimane e due giorni ed ancora non arrivavano novità dall’ospedale, mentre io da quella sera non facevo altro che lavorare.

Mi ero praticamente trasferito al YG building, dormivo pure là quando riuscivo a prendere sonno, ma erano più le volte in cui o non dormivo affatto o mi svegliavo nel cuore della notte in preda al panico per gli incubi che mi assalivano.

Anche quella notte fu così. Situazione uguale. Continuavo a sognare l’incidente, a rivivere quel momento e quando mi svegliavo mi chiedevo se davvero non l’avessi visto, se avrei potuto fare qualcosa o… non so. Qualcosa.

 

Erano le due.

Le due del mattino ed io camminavo in tuta, il cappuccio calato sulla testa senza meta per la YG.

Ero messo male. Molto male. Quei giorni non riuscivo a pensare a niente che non fosse l’incidente.

E Dara.

Perché per quanto cercassi di non pensarci sì, Cheondoong aveva avuto ragione. Ormai non potevo più negarlo nemmeno a me stesso. Amavo Dara e sapere di essere stato la causa del suo coma mi stava distruggendo.

Letteralmente.

Dara… lei non se lo meritava. Lei era la persona più bella che avessi mai conosciuto, una persona che non si tirava indietro di fronte a niente, una di quelle persone che hanno sempre un sorriso per tutti, che piangono da sole per non far preoccupare gli altri e… e semplicemente non se lo meritava.

Raggiunsi le scale esterne, quelle che davano direttamente sulla strada interessandomi poco o niente del freddo che faceva, e mi sedetti in silenzio. La città era totalmente addormentata, non c’era una sola persona in giro e le uniche luci presenti erano quelle dei lampioni che rischiaravano le strade.

Chiusi gli occhi e respirai lentamente, a fondo, riempiendomi i polmoni e la mente, almeno per un momento, solo e soltanto del freddo pungente di quella sera. Espirai altrettanto lentamente riaprendo gli occhi, riscoprendomi a piangere.

Io che piangevo. Sì, certo.

Eppure non era pioggia quella che mi stava scendendo lungo le guance. Non era fredda e sapeva di sale.

Poggiai le braccia sulle ginocchia e vi nascosi il viso.

E sì, da solo lasciai che i nervi mi cedessero, lasciai che tutta la frustrazione, il senso di colpa, il dolore, la solitudine interiore uscissero.

Avevo passato tante cose in passato, tante delle quali erano state molto difficoltose e tante altre ne sarebbero venute, ma quello… quello superava qualsiasi cosa.

Era un dolore sordo, un dolore che c’era e non se ne andava, un qualcosa che toglieva la forza di vivere, di fare qualsiasi cosa. avevi solo voglia di lasciarti andare fino a quando le cose non si sarebbero sistemate da sole. E se non l’avessero fatto allora per te sarebbe stata la fine.

Nel silenzio della notte riuscivo a sentire soltanto il mio respiro. Poco dopo, accompagnato anche da qualcos’altro.  

Passi, ai quali seguì il leggero tocco di una mano sulla mia spalla. Trattenni il respiro prima di rialzare il viso ed asciugarmi gli occhi con la manica della felpa.

«Possibile che voi uomini non vi portate mai dietro un fazzoletto?», disse Chaerin prima di porgermelo. Osservai la sua mano, poi presi silenziosamente il fazzoletto bianco e finii di asciugarmi gli occhi.

E da lì cadde il silenzio per diversi minuti. Almeno fino a quando non mi accorsi dell’ora.

«Cosa ci fai qui?»

«La stessa cosa che ci fai tu, immagino», sospirò guardando avanti a sé.

«Tuttavia io… non mi ci sono trasferita qui, ecco», disse facendo appena spallucce.

«Ti ammiro», dissi io tutt’a un tratto, senza rispondere alla sua frase e stringendo il suo fazzoletto in mano.

Era la verità.

Erano tre settimane che la osservavo ed era la stessa di prima. O, se non altro, almeno non era ridotta ad uno scampolo come me.

E mentre anch’io tornavo ad osservare l’orizzonte sentii il suo sguardo su di me.

«Perché?»

«Perché?», soffiai mettendo un sorriso brevissimo e triste.

«Perché tu sei forte. Io no. Vorrei poter essere come te ora, sai? Vorrei poter… guardare avanti senza sentirmi così in colpa, vorrei essere in grado di non far preoccupare gli altri e vorrei… vorrei solo dimenticare».

Mi stavo comportando da vigliacco? Sì.

Stavo cercando di nascondere la testa sotto la sabbia? Sì e lo odiavo. Odiavo quello che stavo facendo, quello che stavo dicendo e quello che stavo diventando. Un uomo senza coraggio, un uomo che fugge dalle difficoltà. Non avevo mai voluto esserlo ma in quel momento sentivo che lo stavo diventando. E non avevo o non credevo di avere la forza per impedirmi di diventarlo.

E a quel punto chi sarei stato? Sicuramente non più G-Dragon. Solo Jiyong.

Forse nemmeno quello, perché anche Jiyong era forte. E allora che cos’ero?

«Sai, forse non è tutto come vedi. Forse la mia è solo una corazza che ho messo per impedirmi di crollare definitivamente. La verità è che quello forte tra noi due sei tu, non io. Io… io fingo. Fingo e basta. Fingo di star bene quando dentro…».

La voce di Chaerin arrivò a spezzare la frenesia dei miei pensieri discordanti e diciamocelo, ad alto tasso di idiozia. E calò di nuovo il silenzio, ma fu un silenzio diverso, pieno di consapevolezza del fatto che in sostanza eravamo uguali in quella situazione. Entrambi.

Una cosa è certa, i nostri sguardi non avrebbero mai dovuto incrociarsi in quel momento né tantomeno le nostre labbra subito dopo in un bacio che di romantico non aveva assolutamente nulla, né saremmo dovuti entrare.

Fu troppo tardi quando la feci sedere su uno dei tavoli della caffetteria e mi accorsi che ci stavamo spingendo davvero un po’ troppo in là ma nessuno dei due aveva più la forza di fermarsi.

Fu troppo tardi quando le sue mani mi liberarono della maglietta e le mie viaggiarono inconsapevoli a cercare il gancetto del suo reggiseno.

Fu troppo tardi quando le mie labbra si allontanarono dalle sue per andare ad esplorare la pelle più morbida del suo collo.

Fu troppo tardi quanto, tra gemiti e sospiri, venne l’alba.

Fu troppo tardi quando mi svegliai da solo, con la stessa identica sensazione di tutti i giorni.

 

«Devi smetterla di dormire qui, hyung. Guardati».

Sì, a volte Seungri sapeva essere davvero molto, molto bravo a tirare su di morale le persone.

«Hai le occhiaie, sei pallido come un lenzuolo… ancora un po’ e vengo a farti compagnia io per paura che ti suicidi».

Per carità, lo sapevo che lo faceva solo per tirarmi su, per darmi una svegliata così come stavano facendo anche gli altri, ma nessuno stava avendo molto successo.

Oltretutto dopo ciò che era successo la sera prima ero andato a crearmi ancora più problemi di quanti già non ne avessi. Ancora non avevo visto Chaerin e da vigliacco quale stavo diventando speravo di non doverla incrociare, anche se facendo parte della stessa entertainment family… beh, sarebbe stato alquanto improbabile.

Con un gran sospiro mi passai le mani tra i capelli e chiusi per un secondo gli occhi.

Dovevo riuscire a tirarmi su. Non potevo continuare così ancora a lungo, non avrei resistito. Inoltre, per ovvi motivi, avevamo dovuto annullare il nuovo album mio e di Dara e questo aveva portato ad una perdita ingente per la casa discografica.

Essendo produttore a mia volta capivo cosa voleva dire e ormai potevo affermare con certezza che l’unica cosa che mi permetteva di non pensare a nulla era il lavoro, nel quale mi buttai a capofitto.

Rimasi in casa discografica tante altre notti, da solo, e scrissi.

Scrissi pagine su pagine di testi e melodie, pagine e pagine sulle quali versai lacrime amare e silenziose, pagine nelle quali riversai tutto ciò che stavo provando, tutto ciò che mi passava per la mente.

Mai in vita mia avevo scritto testi così violenti, così pieni di rabbia, di tristezza, di panico, di angoscia, di voglia di spaccare tutto ciò che avevo attorno, e quando YG li lesse…

«È meglio che tu ti prenda una pausa, Jiyong»

«Perché?».

Era una domanda che non avrei nemmeno dovuto fare. Sapevo perfettamente quanto YG tenesse a tutti noi, sapevo perfettamente che anche lui stava malissimo per Dara ma lui là dentro era una delle poche persone che riuscivano a capirmi veramente e lo fece anche in quel momento.

«Non devi chiedermelo, lo sai anche tu», disse fissandomi dritto negli occhi come avrebbe fatto un padre.

In effetti, lui lo era un po’ per tutti noi.

«Ma non…»

«Jiyong!», esclamò ad un tratto, zittendomi definitivamente.

«Hai letto i tuoi testi? Eh? Non sembri nemmeno tu, da quelle parole. Renditi conto, non puoi rimanere qui tutte le notti a scrivere e sperare il giorno dopo di riuscire a fare qualcosa di anche solo lontanamente accettabile»

«Ma la schedule…», tentai.

«La tua schedule comprendeva principalmente la promozione del nuovo album. Considerato il fatto che non c’è nessun album, per il momento è sospesa», asserì con un tono che non ammetteva possibilità di replica.

Non riuscii a far altro che annuire, ficcare le mani nelle tasche dei jeans ed uscire dal suo ufficio.

Capivo che lo stava facendo per il mio bene così come l’avrebbe fatto per chiunque si fosse trovato al mio posto, ma avevo paura che tornando a casa prima di tutto avrei fatto preoccupare mia madre più di quanto già non fosse ed in secondo luogo sarei caduto ancora più in basso.

Mi conoscevo meglio di chiunque altro.

Ma forse vista da fuori la situazione poteva assumere angolature differenti.

E forse in una di quelle angolature esisteva anche la soluzione.

«Jiyong…», la voce di Chaerin mi colse proprio mentre le porte scorrevoli si aprivano davanti a me. Mi fermai ma non osai voltarmi per paura di incrociare quegli occhi e sentirmi in colpa per qualcun altro.

«Dove… dove stai andando?», mi chiese titubante.

Non avevo dimenticato la sera precedente né l’aveva fatto lei, ma avrei fatto in modo di togliermi dalla testa quell’errore il più in fretta possibile.

Stronzo? Sì. Me ne sarei accorto dopo.

«Via», risposi soltanto.

Poi tirai su la zip del giubbotto e lasciai la YG portandomi dietro tutti i miei problemi ma lasciandone uno di cui nessuno ancora era a conoscenza.

 

 

 

 

 

Libretto

Annyo!
Chiedo perdono per il ritardo di questo capitolo ma l’ispirazione mi aveva momentaneamente lasciata ^^
Bene, che dire… è stato un capitolo difficile da scrivere, molto difficile.
Mi sono chiesta tanto se e che cosa andasse bene o meno e dopo mille e mille modifiche sono giunta alla conclusione che così può andare ^^
Sì, sono severissima con me stessa xD
Che dire… GD è distrutto, se non si fosse capito, e l’errore che hanno fatto lui e CL si ripercuoterà in molti aspetti, più avanti.
Come sempre, spero vi sia piaciuto ^^
Ditemi che ne pensate! *-*
Gomawo~

J u l

 

Special Thanks
Ringrazio:

- Asuka Black: lo so ç___ç Dara è la mia bias nelle 2NE1 quindi è stato tremendo ç___ç Come abbiamo visto Jiyong sta davvero bene… cioè, più o meno ^^ Almeno fisicamente sta bene, ecco ^^ È psicologicamente, come abbiamo visto, che non sta alla grande…
Grazie mille! Spero che anche questo ti sia piaciuto *-*

 

 

 

- Disclaimer
Ogni riferimento a cose, persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Nessun profitto è ricavato dall’opera.
La YG Entertainment e le sue produzioni non mi appartengono.

 

© 2010 – G-Dragon – Obsession – YG Entertainment

 

 

 

  
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