Track 5 :: Mistake
( Chapter’s Song
: G-Dragon - Obsession )
Le parole di una persona potevano
rimanere impresse nella mente per tanto,
tantissimo tempo.
Quelle di
Cheondoong erano entrate nella mia testa e non sembravano volersene
uscire
tanto presto.
Dara era in
coma.
Era in coma per
colpa mia e c’era il livido sul mio zigomo a dimostrarlo,
oltre a diverse
ammaccature in giro per il corpo.
Dall’incidente
avevo iniziato a contare i giorni. Erano passate tre settimane e due
giorni ed
ancora non arrivavano novità dall’ospedale, mentre
io da quella sera non facevo
altro che lavorare.
Mi ero
praticamente trasferito al YG building, dormivo pure là
quando riuscivo a
prendere sonno, ma erano più le volte in cui o non dormivo
affatto o mi
svegliavo nel cuore della notte in preda al panico per gli incubi che
mi assalivano.
Anche quella
notte fu così. Situazione uguale. Continuavo a sognare
l’incidente, a rivivere
quel momento e quando mi svegliavo mi chiedevo se davvero non
l’avessi visto,
se avrei potuto fare qualcosa o… non so. Qualcosa.
Erano le due.
Le due del
mattino ed io camminavo in tuta, il cappuccio calato sulla testa senza
meta per
la YG.
Ero messo male.
Molto male. Quei giorni non riuscivo a pensare a niente
che non fosse l’incidente.
E Dara.
Perché
per quanto cercassi di non pensarci sì, Cheondoong aveva
avuto
ragione. Ormai non potevo più negarlo nemmeno a me stesso.
Amavo Dara e sapere
di essere stato la causa del suo coma mi stava distruggendo.
Letteralmente.
Dara…
lei non se lo meritava. Lei era la persona più bella che
avessi
mai conosciuto, una persona che non si tirava indietro di fronte a
niente, una
di quelle persone che hanno sempre un sorriso per tutti, che piangono
da sole
per non far preoccupare gli altri e… e semplicemente non se
lo meritava.
Raggiunsi le
scale esterne, quelle che davano direttamente sulla strada
interessandomi poco o niente del freddo che faceva, e mi sedetti in
silenzio. La
città era totalmente addormentata, non c’era una
sola persona in giro e le uniche
luci presenti erano quelle dei lampioni che rischiaravano le strade.
Chiusi gli occhi
e respirai lentamente, a fondo, riempiendomi i polmoni
e la mente, almeno per un momento, solo e soltanto del freddo pungente
di
quella sera. Espirai altrettanto lentamente riaprendo gli occhi,
riscoprendomi
a piangere.
Io che piangevo.
Sì, certo.
Eppure non era
pioggia quella che mi stava scendendo lungo le guance. Non
era fredda e sapeva di sale.
Poggiai le
braccia sulle ginocchia e vi nascosi il viso.
E sì,
da solo lasciai che i nervi mi cedessero, lasciai che tutta la
frustrazione, il senso di colpa, il dolore, la solitudine interiore
uscissero.
Avevo passato
tante cose in passato, tante delle quali erano state
molto difficoltose e tante altre ne sarebbero venute, ma
quello… quello
superava qualsiasi cosa.
Era un dolore
sordo, un dolore che c’era e non se ne andava, un
qualcosa che toglieva la forza di vivere, di fare qualsiasi cosa. avevi
solo
voglia di lasciarti andare fino a quando le cose non si sarebbero
sistemate da
sole. E se non l’avessero fatto allora per te sarebbe stata
la fine.
Nel silenzio
della notte riuscivo a sentire soltanto il mio respiro. Poco
dopo, accompagnato anche da qualcos’altro.
Passi, ai quali
seguì il leggero tocco di una mano sulla mia spalla.
Trattenni
il respiro prima di rialzare il viso ed asciugarmi gli occhi con la
manica
della felpa.
«Possibile
che voi uomini non vi portate mai dietro un fazzoletto?»,
disse Chaerin prima di porgermelo. Osservai la sua mano, poi presi
silenziosamente
il fazzoletto bianco e finii di asciugarmi gli occhi.
E da
lì cadde il silenzio per diversi minuti. Almeno fino a
quando non
mi accorsi dell’ora.
«Cosa
ci fai qui?»
«La
stessa cosa che ci fai tu, immagino», sospirò
guardando avanti a sé.
«Tuttavia
io… non mi ci sono trasferita qui, ecco», disse
facendo
appena spallucce.
«Ti
ammiro», dissi io tutt’a un tratto, senza
rispondere alla sua frase
e stringendo il suo fazzoletto in mano.
Era la
verità.
Erano tre
settimane che la osservavo ed era la stessa di prima. O, se
non altro, almeno non era ridotta ad uno scampolo come me.
E mentre
anch’io tornavo ad osservare l’orizzonte sentii il
suo sguardo
su di me.
«Perché?»
«Perché?»,
soffiai mettendo un sorriso brevissimo e triste.
«Perché
tu sei forte. Io no. Vorrei poter essere come te ora, sai? Vorrei
poter… guardare avanti senza sentirmi così in
colpa, vorrei essere in grado di
non far preoccupare gli altri e vorrei… vorrei solo
dimenticare».
Mi stavo
comportando da vigliacco? Sì.
Stavo cercando
di nascondere la testa sotto la sabbia? Sì e lo odiavo.
Odiavo
quello che stavo facendo, quello che stavo dicendo e quello che stavo
diventando. Un uomo senza coraggio, un uomo che fugge dalle
difficoltà. Non avevo
mai voluto esserlo ma in quel momento sentivo che lo stavo diventando.
E non
avevo o non credevo di avere la forza per impedirmi di diventarlo.
E a quel punto
chi sarei stato? Sicuramente non più G-Dragon. Solo Jiyong.
Forse nemmeno
quello, perché anche Jiyong era forte. E allora che
cos’ero?
«Sai,
forse non è tutto come vedi. Forse la mia è solo
una corazza che
ho messo per impedirmi di crollare definitivamente. La
verità è che quello
forte tra noi due sei tu, non io. Io… io fingo. Fingo e
basta. Fingo di star
bene quando dentro…».
La voce di
Chaerin arrivò a spezzare la frenesia dei miei pensieri
discordanti e diciamocelo, ad alto tasso di idiozia. E calò
di nuovo il
silenzio, ma fu un silenzio diverso, pieno di consapevolezza del fatto
che in
sostanza eravamo uguali in quella situazione. Entrambi.
Una cosa
è certa, i nostri sguardi non avrebbero mai dovuto
incrociarsi
in quel momento né tantomeno le nostre labbra subito dopo in
un bacio che di
romantico non aveva assolutamente nulla, né saremmo dovuti
entrare.
Fu troppo tardi
quando la feci sedere su uno dei tavoli della
caffetteria e mi accorsi che ci stavamo spingendo davvero un
po’ troppo in là
ma nessuno dei due aveva più la forza di fermarsi.
Fu troppo tardi
quando le sue mani mi liberarono della maglietta e le
mie viaggiarono inconsapevoli a cercare il gancetto del suo reggiseno.
Fu troppo tardi
quando le mie labbra si allontanarono dalle sue per
andare ad esplorare la pelle più morbida del suo collo.
Fu troppo tardi
quanto, tra gemiti e sospiri, venne l’alba.
Fu troppo tardi
quando mi svegliai da solo, con la stessa identica
sensazione di tutti i giorni.
«Devi
smetterla di dormire qui, hyung. Guardati».
Sì, a
volte Seungri sapeva essere davvero molto, molto bravo a tirare su
di morale le persone.
«Hai
le occhiaie, sei pallido come un lenzuolo… ancora un
po’ e vengo a
farti compagnia io per paura che ti suicidi».
Per
carità, lo sapevo che lo faceva solo per tirarmi su, per
darmi una
svegliata così come stavano facendo anche gli altri, ma
nessuno stava avendo
molto successo.
Oltretutto dopo
ciò che era successo la sera prima ero andato a crearmi
ancora più problemi di quanti già non ne avessi.
Ancora non avevo visto Chaerin
e da vigliacco quale stavo diventando speravo di non doverla
incrociare, anche
se facendo parte della stessa entertainment family… beh,
sarebbe stato alquanto
improbabile.
Con un gran
sospiro mi passai le mani tra i capelli e chiusi per un
secondo gli occhi.
Dovevo riuscire
a tirarmi su. Non potevo continuare così ancora a
lungo, non avrei resistito. Inoltre, per ovvi motivi, avevamo dovuto
annullare
il nuovo album mio e di Dara e questo aveva portato ad una perdita
ingente per
la casa discografica.
Essendo
produttore a mia volta capivo cosa voleva dire e ormai potevo
affermare con certezza che l’unica cosa che mi permetteva di
non pensare a
nulla era il lavoro, nel quale mi buttai a capofitto.
Rimasi in casa
discografica tante altre notti, da solo, e scrissi.
Scrissi pagine
su pagine di testi e melodie, pagine e pagine sulle
quali versai lacrime amare e silenziose, pagine nelle quali riversai
tutto ciò
che stavo provando, tutto ciò che mi passava per la mente.
Mai in vita mia
avevo scritto testi così violenti, così pieni di
rabbia, di tristezza, di panico, di angoscia, di voglia di spaccare
tutto ciò
che avevo attorno, e quando YG li lesse…
«È
meglio che tu ti prenda una pausa, Jiyong»
«Perché?».
Era una domanda
che non avrei nemmeno dovuto fare. Sapevo perfettamente
quanto YG tenesse a tutti noi, sapevo perfettamente che anche lui stava
malissimo per Dara ma lui là dentro era una delle poche
persone che riuscivano
a capirmi veramente e lo fece anche in quel momento.
«Non
devi chiedermelo, lo sai anche tu», disse fissandomi dritto
negli
occhi come avrebbe fatto un padre.
In effetti, lui
lo era un po’ per tutti noi.
«Ma
non…»
«Jiyong!»,
esclamò ad un tratto, zittendomi definitivamente.
«Hai
letto i tuoi testi? Eh? Non sembri nemmeno tu, da quelle parole.
Renditi
conto, non puoi rimanere qui tutte le notti a scrivere e sperare il
giorno dopo
di riuscire a fare qualcosa di anche solo lontanamente
accettabile»
«Ma la
schedule…», tentai.
«La
tua schedule comprendeva principalmente la promozione del nuovo
album. Considerato il fatto che non c’è nessun
album, per il momento è
sospesa», asserì con un tono che non ammetteva
possibilità di replica.
Non riuscii a
far altro che annuire, ficcare le mani nelle tasche dei
jeans ed uscire dal suo ufficio.
Capivo che lo
stava facendo per il mio bene così come l’avrebbe
fatto
per chiunque si fosse trovato al mio posto, ma avevo paura che tornando
a casa
prima di tutto avrei fatto preoccupare mia madre più di
quanto già non fosse ed
in secondo luogo sarei caduto ancora più in basso.
Mi conoscevo
meglio di chiunque altro.
Ma forse vista
da fuori la situazione poteva assumere angolature
differenti.
E forse in una
di quelle angolature esisteva anche la soluzione.
«Jiyong…»,
la voce di Chaerin mi colse proprio mentre le porte
scorrevoli si aprivano davanti a me. Mi fermai ma non osai voltarmi per
paura
di incrociare quegli occhi e sentirmi in colpa per qualcun altro.
«Dove…
dove stai andando?», mi chiese titubante.
Non avevo
dimenticato la sera precedente né l’aveva fatto
lei, ma avrei
fatto in modo di togliermi dalla testa quell’errore il
più in fretta possibile.
Stronzo?
Sì. Me ne sarei accorto dopo.
«Via»,
risposi soltanto.
Poi tirai su la
zip del giubbotto e lasciai la YG portandomi dietro
tutti i miei problemi ma lasciandone uno di cui nessuno ancora era a
conoscenza.
… Libretto …
Annyo!
Chiedo
perdono per il ritardo di questo capitolo ma l’ispirazione mi
aveva
momentaneamente lasciata ^^
Bene, che
dire… è stato un capitolo difficile da scrivere,
molto difficile.
Mi sono
chiesta tanto se e che cosa andasse bene o meno e dopo mille e mille
modifiche
sono giunta alla conclusione che così può andare
^^
Sì, sono
severissima con me stessa xD
Che dire…
GD è distrutto, se non si fosse capito, e l’errore
che hanno fatto lui e CL si
ripercuoterà in molti aspetti, più avanti.
Come
sempre, spero vi sia piaciuto ^^
Ditemi
che ne pensate! *-*
Gomawo~
J u l
… Special
Thanks …
Ringrazio:
Grazie
mille! Spero che anche questo ti sia piaciuto *-*
- Disclaimer
Ogni
riferimento a cose, persone o fatti realmente accaduti è
puramente
casuale.
Nessun profitto è ricavato dall’opera.
La YG Entertainment e le sue produzioni non mi
appartengono.
© 2010
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