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Autore: MissNothing    14/02/2012    8 recensioni
"La verità mi offende, ma non quanto la menzogna."
[E' una storia abbastanza vecchia, probabilmente ci saranno molti errori grammaticali, chiedo scusa in anticipo ma non voglio modificarli perché in un certo senso sono la prova dei miglioramenti -anche se piccoli- che credo di aver fatto! Seguito di You Know I'm Gonna Find A Way.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Until You're Over Me.'
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bene Emhh, salve. :3 Innanzittutto questa volta niente canzoni perché non ho sbatta di linkarle, ma dubito che qualcuno le ascoltasse, quindi è ok anche così. <3 Poi.. bhe.. buon San Valentino! (?)
Tornando a noi e.e non ho molto da dire. Avrete capito già da voi.. :c ed io odio le scene tristi, quindi.. boh. *discorsi inconcludenti*
Bhè, vi dico che per scommessa (persa) avrei dovuto mettere una foto di me o in questo o nel prossimo capitolo, ma so che non lo farò perché sono più brutta di un paio di chiappe **
Detto questo.. buona lettura, ci sentiamo alla fine. e.e




4. -insert funny title here-




Chiusi la porta della camera alle mie spalle, sbattendola con noncuranza. Frank era già andato fuori al balcone dopo aver estratto una sigaretta dal pacchetto, successivamente abbandonato sul letto Mi aspettava. Continuai comunque a perdere tempo: minuti, secondi.. non importava, sarebbero stati abbastanza.
Rimasi appoggiato contro la porta, continuando a provare a distrarmi. Guardai l'incisione sulle chiavi della camera..tutto pur di perdere tempo. “Grand Hotel Baglioni”, diceva. Non che mi importasse, a dire il vero.. mi bastava che ci fossero un letto ed una doccia e poi avrei potuto dormire anche in un buco. Le gettai sul letto, stesso trattamento che prima aveva subito il pacchetto di Malboro (tra l'altro mio, ma che importava, ormai condividevamo anche le mutand.. niente) e poi andai incontro al trentenne appoggiato alla ringhiera che, in quel momento, sembrava più indifeso di un bambino.
La vista era da mozzare il fiato. E non mi riferivo solo alla città, a dire il vero. Oltre agli antichissimi edifici e agli enormi palazzi, c'era qualcosa di molto più bello accanto a me. Un po' meno vecchio e maestoso, ma poverino, con il suo metro e sessanta di altezza non lo si poteva paragonare nemmeno all'architrave di uno di quei palazzi che mi si presentavano davanti.
-Ti dispiace se faccio un tiro?- Cercai di rompere il ghiaccio nel più stupido dei modi. Non avevo nemmeno voglia di fumare, ma che altro avrei potuto dirgli? “Ciao, la mia ex moglie è incinta”?
Frank senza nemmeno proferire parola mi passò la sigaretta. La presi fra l'indice ed il medio e poi la portai alle labbra, aspirando un po' per poi sbuffare via il fumo, che lentamente si perse fra il blu del cielo e la fresca brezza. Gliela passai di nuovo, ma la spense. Grazie, davvero d'aiuto.
-Perché mi vuoi lasciare?- Domandò con la voce spezzata, ma suonò quasi come una domanda da niente. Come se in soli venti minuti avesse avuto il tempo di elaborare tutto.
-Non ho detto questo.- Ecco, c'era una sostanziale differenza: io non volevo lasciarlo.. io dovevo lasciarlo. Anzi, ero piuttosto sicuro che mi avrebbe lasciato lui, una volta venuto a conoscenza dei fatti.
-Ah, hai ragione. “Non sei tu, sono io”, “Ho bisogno dei miei spazi”, “Ti sento distante”..- Frank fece una pausa dopo aver elencato tutte le scuse più stereotipate che si usano quando si lascia qualcuno solo perché si ha voglia di darsi alla cosiddetta “pazza gioia” e poi continuò. -Quale di queste?-
-Nessuna.- Mi avvicinai un po' a lui, quel poco che bastava per far sì che almeno le mani si sfiorassero.
-L'ho sempre detto che sei un tipo fantasioso, Way.- Trasse la mano come se fossimo due completi sconosciuti. Sentì una fitta al cuore che non riuscì veramente a spiegare; quel contatto erano secoli che non mi veniva negato. Mi bastava cercare la sua mano per trovarla e tenerla stretta nella mia. Feci un sorrisetto amaro pensando al fatto che il litigio non era nemmeno iniziato e già mi chiamava per cognome.
-”Way”..- Scossi il capo.
-Sì, ti chiami così, no?- Sembrava quasi che mi volesse sputare quelle parole addosso. Era acido, freddo, distaccato. Non era Frank, questo lo sapevo per certo.
-No. Io mi chiamo Gerard.- Sbuffai, voltandomi a guardarlo in modo tale da interrompere quella ridicola situazione in cui nemmeno ci guardavamo in faccia. -E tu mi chiami Gee, a volte “piccolo”.- Abbassò il capo per nascondersi. Ridicolo a dirsi, ma era quasi come uno struzzo: quando aveva paura, si nascondeva. Con il dorso della mano gli alzai lentamente il volto, così da “obbligarlo” a guardarmi. -E tu mi ami. Molto, anche. Lo dici spesso.- Gli arrivai dritto al cuore. Era proprio quello il punto.
-Anche tu lo dici spesso, eppure ora mi stai lasciando..- Singhiozzò un po' e poi si lasciò alle lacrime. Faceva male. Faceva male da pazzi. Insomma, io.. non avrei mai pensato di doverlo fare. Non avrei mai pensato di vederlo di nuovo in lacrime per causa mia. Non avrei mai pensato che mi sarebbe potuto mancare qualcuno ancora prima di perderlo, né tanto meno che mi sarei trovarmi di nuovo a distruggere la cosa più bella che fosse mai stata mia.
-Sarò papà. Lindsey è incinta.- Nonostante fossi suonato abbastanza convincente, scosse il capo.
-Sai, è uno scherzo di pessimo gusto.- Tornò dentro, si tolse le scarpe aiutandosi con i piedi e si sedette a letto.. come se niente fosse successo.
-Peccato che non sia uno scherzo.- Forse si aspettava che scoppiassi a ridere, ma la mia risposta fu come la conferma di quello a cui cercava di non pensare, sperando fosse uno scherzo nonostante sapesse che non lo era. Frank continuò a piangere a testa bassa, forse per non farsi notare.. pur non capendo che ormai lo conoscevo troppo bene. Mi avvicinai e feci la stessa cosa, rimanendo immobile, paralizzato un po' dall'indecisione, un po' dalla paura della sua reazione. Nonostante tutto decisi di abbracciarlo. Mi spinse via, alzandosi. Fece per aprire la porta, ma non volevo che finisse così.
-Ero ubriaco. Non l'ho fatto perché volevo, l'ho fatto perché.. non ero in me.- Mi stupì della tranquillità con cui riuscivo a parlare e lo raggiunsi: non volevo che se ne andasse. Non se ne poteva andare. Non poteva e non doveva, stop.
-Non ti voglio mai, mai, mai più vedere.- Aveva la voce spezzata e tremolante, e senza aggiungere nient'altro, se ne andò.
Wow.


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Quando Frank se ne andò non riuscì a fare nient'altro che chiamare mio fratello. Rimasi lì immobile per almeno qualche minuto prima di riuscire a prendere il telefono e comporre il numero, pur sapendo che era nell'altra stanza e l'avrei potuto raggiungere comodamente in due secondi. Mi raggiunse in ancor meno tempo del previsto e quando entrò dalla porta gli fu chiaro che c'era qualcosa che non andava.. proprio come nei suoi presentimenti.
Sintetizzai al massimo la situazione nella speranza che non mi interrompesse durante il discorso, e, una volta finito, reagì proprio come immaginavo..
-Non ci posso credere, sul serio. E poi tu vieni a fare quel genere di discorsi a me..- Mikey era visibilmente shoccato, sia perché alla festa c'era anche lui, sia perché era qualche secolo che non mi vedeva piangere. Mi passò un fazzoletto, e con esso provai ad asciugarmi almeno un po' gli occhi e le guance. Nonostante fosse arrabbiato, mi abbracciò, ed è da questi momenti che mi rendo conto che è il fratello migliore che si possa desiderare. Profumava di bagnoschiuma da albergo ed era caldo come al solito.
-Andrà tutto bene..- Cercò di rassicurarmi, sfregando una mano sulla mia schiena su e giù. Dall'espressione che fece, forse si rese conto di aver detto una stronzata: cosa sarebbe andato bene, oggettivamente?
-No, Michael, niente andrà bene.- Posi particolare enfasi sul suo nome completo. Non lo usavo mai, se non quando parlavamo di cose importanti.. e non volevo che sottovalutasse quello che stava succedendo come una “semplice crisi”. Volevo solo che qualcuno mi prendesse sul serio e mi dicesse che, anche se avevo fatto schifo, mi voleva bene.
-Bhè, ma è tutta colpa tua.- Puntualmente, mise in evidenza per l'ennesima volta che ero una merda.
-Oh, grazie mille per aver sottolineato l'ovvio.- Sciolsi l'abbraccio, cominciando a sentire seriamente il bisogno di una sigaretta, un po' d'aria fresca e la città tutta per me. -Io me ne vado, non ne posso più di quattro mura.- Sbuffai, alzandomi nonostante sentissi le ginocchia assurdamente deboli.
-Prima che tu faccia la tua uscita di scena da fighetta..- Fece una breve pausa, rendendosi conto che forse non era proprio il caso di continuare a ferirmi. -Sai dov'è finito Frank?- Abbassò la voce di qualche tono, sperando forse che non lo sentissi. Eppure sobbalzai, sentendo anche troppo bene.
-No. Non lo so. Ma tornerà, ovunque sia.- Mi mostrai più sicuro di quanto non fossi veramente e poi aprì la porta. Mi fermai per un secondo sull'uscio, ricordandomi di Ray che non sapeva niente. -Con Ray.. ci.. ci parli tu?- Esitai un po' perché non mi andava di fare scaricabarile, cosa che, purtroppo, in quel momento era inevitabile: non sarei riuscito a raccontare di nuovo la storia.
-Sì, tranquillo.- Annuì, facendomi un cenno con la mano quando vide che ero veramente intenzionato ad andare. -Non fare niente di stupido.- Mi raccomandò, restando in camera mia senza nessun apparente motivo mentre sbattevo la porta alle mie spalle. Solo in quel momento cominciai a considerare l'opzione che forse Frank non sarebbe davvero tornato. Cominciai a pensare che forse, oltre che me, avrebbe lasciato la band e non l'avrei mai più rivisto. Scene di provini per un nuovo secondo chitarrista presero a passarmi per la mente, insieme a spezzoni di un tour senza di lui ed una serata con i ragazzi insieme ad un perfetto sconosciuto. Mi diedi un ceffone in testa, sperando di riuscire a fermare quel momento di puro masochismo, ma purtroppo, non era così facile come sembrava..
L'hotel era deserto. L'unico rumore era quello dei miei passi e, di tanto in tanto, qualcuno che russava o qualche coppia che.. umh. Bhè, sì. Riuscì a malapena a trattenere l'istinto di fumare qualcosa come un'intera tabaccheria ancora prima di uscire dall'albergo, e, non appena fui fuori, mi sentì come uno appena evaso di galera. Presi a fumare come un turco, girando per il piazzale che c'era lì fuori, senza però muovermi più di tanto così da evitare il rischio di perdermi in una città deserta e sconosciuta. Continuavo a ripetermi “Vallo a cercare”, “Tra un po' torna”, “Sei un deficiente” e cose del genere, pur consapevole di quanto fosse controproducente. Non smisi di sperare nemmeno per un secondo di girare l'angolo e trovarlo lì. Continuai a sbuffare via il grigio fumo finché la sigaretta non finì in meno di un minuto (ding-ding, è un nuovo record), e in quel momento mi resi conto di quanto, in realtà, avevo solo voglia di tornare di sopra a dormire. Proprio mentre stavo per esaudire il desiderio di quell'incessante vocina che mi ripeteva di chiudere gli occhi e sprofondare in un letto fino al mattino dopo (o per sempre), suonò quel maledetto telefono. Cominciai seriamente a chiedermi perché mi ostinavo a portarlo con me anche nei momenti in cui avrei voluto parlare solo con una persona che puntualmente era proprio quella che non mi avrebbe mai chiamato, ma risposi ugualmente senza fare troppo caso al numero sul display.
-Oh, buonasera Gerard.- La sua voce femminile trillò dal mio capo del telefono, e mi fulminò come non so cosa.
-Sì, ciao.- Cercai di non sembrare uno che aveva appena pianto per ore e mantenni un tono fermo e deciso del quale, fortunatamente, il fatto che non stessimo parlando dal vivo, riusciva ad essere complice.
-Tuo fratello mi ha detto tutto.- Riuscivo a sentire che sorrideva pur non vedendola. -Bravo ragazzo.- Si complimentò con una voce che era più adatta ad un cane che aveva appena dato la zampa che ad un uomo.
-Sappi che se l'ho fatto, l'ho fatto per essere leale con lui, non per fare un favore a te.- La avvertì con freddezza, così da smontare un po' il suo atteggiamento di superiorità.
-Oh, il tenerissimo Gerard Way che parla di lealtà quando non ci pensa due volte a mettere incinta la sua ex moglie. A rendere ancora più coerente questo quadretto ci mancherebbe solo un bell'unicorno rosa fatto di zucchero caramellato.- Avvertivo “giusto un po'” di sarcasmo nella sua voce e la sua solita alta considerazione di sé che, a quanto pareva, non ero riuscito ad abbassare. -Lo sapevi che domani arrivano Alicia e Christa, vero?- Rimasi un po' spiazzato da quella domanda, perché sì, lo sapevo, ma non capivo fino a che punto potesse importarmi (e importarle).
-Sì, perché?- Domandai, sempre senza sbilanciarmi.
-No, perché, bhè.. ci sono anche io.- Replicò con una tranquillità che non sapevo dire veramente quanto le appartenesse, e poi continuò. -Loro volevano fare un giro per la città, e magari sarebbe il momento di rivederci seriamente.. considera che avremmo un bambino insieme, sai com'è.-
Io l'avevo sempre detto che era strana: passava dall'insultarmi dall'evidente chiedermi di uscire con lei. Certo, non sarebbe stato un tipo di uscita tanto finalizzata al riavvicinarci quanto al cominciare a sopportarci, che, in quel momento, era il minimo.
-E va bene, qualsiasi cosa.- Mi strinsi nelle spalle, sospirando, così da farle notare che era un evidente sacrificio.
-Bene. Perfetto, direi.- La sua voce si alzò di almeno un tono, per quanto volesse mascherarlo. -Bhè, ti diranno loro due i dettagli. A presto.- Attaccò il telefono senza nemmeno salutarmi. Bhè, sì, a presto.. purtroppo.



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Fingevamo di fare i turisti per le strade di Venezia dall'inizio della mattinata. Dopo aver visitato dozzine di monumenti dei quali forse non importava veramente a nessuno dei presenti, esserci “goduti” lo spettacolo di Mikey che si provava costumi da donna, dopo aver patito il caldo per ore e ore, dopo essere scampati ad un incidente d'auto di due italiani che continuavano ad urlarsi parole in quella cazzo di lingua assurda addosso, raggiungemmo quelle che parevano essere le “Bancarelle di San Lorenzo”. Ognuno camminava affiancato dalla dolce metà (che nel mio caso, tanto dolce non era) e sembrava letteralmente di essere tornati al ballo del liceo.

Gli imponenti palazzi ed i rinomati negozi pian piano lasciarono il posto ad uno scenario tutto nuovo: file e file di bancarelle si susseguivano, stracolme di souvenir e gingilli inutili che non di riuscirebbe a convincere nemmeno il più stupido dei turisti a comprare. Mi guardavo a malapena intorno, troppo preso da quello che avevo avanti. Frank era tornato quella mattina, e, in un certo senso, era stato leale alla sua promessa: non mi aveva rivolto la parola per quanto lo avessi salutato più volte, troppo preso dalla mia fervida speranza che, molto più semplicemente, non mi avesse sentito. Non sembrava nemmeno abbattuto, ma sapevo che in realtà voleva solo fare il tipo “tosto”. Era proprio per questo che se ne stava lì a parlare a telefono, dandomi le spalle e camminando tranquillamente come se niente fosse. Idiota.
-Non ti sei goduto nemmeno un minuto della giornata.- Intervenne Newton coi codini accanto a me. Ci mancava solo la folla ad applaudire la sua portentosa scoperta.
-Ma va'.- Sbuffai, e senza nemmeno guardarla le risposi. Nonostante tutto, riuscì a vedere che sembrava irritata.
-Vedi, lui è felice anche senza te.- Non ci fu veramente bisogno che facesse nomi: sapevamo entrambi di chi si trattava. Le avrei volentieri tirato in testa la miniatura che c'era appena alla mia destra del Maschio Angelino (o come diamine si chiamava), ma decisi di evitare solo perché era una donna. Si mise sfacciatamente a braccetto con me, così come le altre due coppie dietro di noi avevano già fatto da un pezzo.
-Bhè, sono contento per lui.- Bhè, no. Non ero suonato convincente. Sbuffai, annuendo fra me e me.
-No, non lo sei.- Si guardò intorno, constatando l'ovvio per la seconda volta in pochi secondi. Aveva una capacità a dir poco sorprendente di metterti davanti a quello che pensi ed in realtà vorresti dimenticare. Che essere umano insopportabile. -Dovresti farlo ingelosire.- Continuò, sempre sullo stesso tono da complotto nazionale. Ma ahimè, sentì troppo forte il richiamo di quella proposta: l'idea di farlo tornare la ragazzetta gelosa che era l'anno prima mi suonava anche troppo allettante.. e avevo tutti i mezzi per poter far diventare quella semplice idea una realtà.
-Ti ascolto.- Sempre monotono, risposi. Come se non avessi già capito la sua idea, poi..
-Bhè, è piuttosto elementare..- Esordì, tono superiore e sguardo fisso su di me. -Ma potremmo fare uno schemino anche per i più piccini.- Mi sorrise acida, indicandosi vagamente.
-Il più piccino ha afferrato.- Sbuffai, dando un veloce sguardo a Frank. Con la sicurezza che mi stesse guardando, mi avvicinai controvoglia a Lindsey. A giudicare da tutto quel profumo sembrava che avesse fatto il bagno nello Chanel, ed era così tanto che quasi stordiva. Mi fermai per un secondo e le cinsi la vita con le braccia, proprio per fare le cose per bene. Sotto gli occhi un po' shoccati di mio fratello, un po' confusi di Ray e non mi esprimo su quelli di Frank, poggiai le labbra sulle sue. E non c'era una sola cosa che andasse a posto, seriamente: aveva le labbra troppo carnose, la faccia troppo liscia, troppo rossetto, troppo tutto. Mi sorrise, ed io cercai almeno un minimo di non essere sul punto di farmi venire una crisi di nervi. Si avvicinò pian piano e poi mi sussurrò all'orecchio..
-Se prima rideva a telefono con una, guardalo adesso..- Sorrise di nuovo, ma questa volta era più malefica che altro.
Ed io continuavo a chiedermi come potevo essere così schifoso da volergli fare del male giusto per un po' di gratificazione personale.




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Bene, here we are. ç_ç Sinceramente mi sono anche un po' divertita a fare la Lindsey sadica, MWHAHAWHAJDHFRE. PERò NO. Ecco.
Recensite, ballate la salsa, fate quello che volete. <3
L'ov infinito, xMN. <33<<3<3<3<3<3
   
 
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