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Autore: Ranessa    15/02/2012    2 recensioni
«Perchè ti stai truccando?»
«Stiamo per uscire».
«Stiamo per andare a torturare un uomo e sua moglie».
Bellatrix finisce di pettinarsi i capelli e abbandona la spazzola sul ripiano prima di voltarsi a guardarmi.
«Appunto».
Mia moglie mi sorride.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange | Coppie: Rodolphus/Bellatrix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Note: Se iniziando questa storia vi chiedeste chi sia il ‘pesce rosso che in realtà è nero’ e aveste voglia di scoprirlo, andate qui Vorrei che mi uccidesse ora. Altrimenti ignoratelo pure, è solo un dettaglio. Come è solo un dettaglio il sottinteso ricorrente nei miei racconti che Rodolphus e Narcissa abbiano in passato avuto una relazione extraconiugale (Calamity of touch), ma non è importante, davvero.
Per il resto credo che sia la prima cosa che pubblico in due/tre anni, quindi è dedicata a mia moglie Alektos e al resto del pollaio, che fanno sempre del loro meglio per sopportarmi e con le quali sono in debito di tante promesse non mantenute.


[ Bellatrix ]




Ye shall know the truth, and the truth shall make you mad.
Aldous Huxley


Lo osservo attentamente, seduto sul divano dall’altra parte della sala con le gambe accavallate.
Fuma, ovviamente, reggendo in grembo la boccia del pesce rosso che in realtà è nero.
«Dobbiamo prepararci, Rodolphus».
Mio marito mi ignora, continuando a giocare con il pesce: dà vita a intervalli regolari alla piccola fiammella del suo accendino d’argento e la muove lentamente lungo il vetro, cercando di attirare l’attenzione del pesce.
Mi appoggio con la schiena al muro vicino alla porta, stizzita, aspettando inutilmente che lui alzi lo sguardo e mi ascolti.
Rodolphus è sempre stato così.
A volte mi ama troppo, a volte mi odia.
E ancora non so quale preferisco.

*

«Dobbiamo fare qualcosa Rodolphus, ogni giorno sprecato ci allontana sempre di più da Lui!»
«Ma certo, Bella» scoppia in una breve risata di scherno, attraversando la stanza per andare a versarsi una generosa dose di whiskey incendiario. «Ovviamente non ti basta essere ancora viva».
Beve il liquore in un sorso, posando poi il bicchiere violentemente, con una rabbia che non ha alcun diritto di provare.
«Ovviamente non ti basta essere ancora libera».
«Come puoi parlare così?! È nostro dovere servirlo» replico ferocemente, incredula di fronte al suo egoismo. «È nostro compito riportarlo al potere!»
«Riportare chi al potere, Bellatrix?»
«Non osare…»
«Non vuoi proprio capire che è morto?!»
«No!»
«È morto, Bella, è morto!»
«NO!»
Strappo la manica della mia veste là dove sento ancora il Marchio pulsare debolmente, con un ritmo incerto e irregolare che non aveva mai avuto prima. Mi dirigo rapida verso di lui, mostrandogli con fierezza il teschio e il serpente, devota oggi come il giorno della mia marchiatura.
«Non lo vedi? Non lo senti, Rodolphus?»
Mio marito mi afferra con prepotenza il braccio, affondando le unghie nella carne nera.
«Io vedo tutto benissimo, Bellatrix».
Cerco inutilmente di divincolarmi mentre lui mi spinge contro il muro, portando l’altra mano a stringersi intorno al mio viso.
«L’Oscuro è morto. E noi possiamo cominciare una nuova vita».
Smetto di lottare, sentendo la sua presa allentarsi, e osservo i suoi occhi viola, il naso e le labbra sottili a pochi centimetri dalle mie. E poi scoppio a ridere, forte, una risata derisoria il cui unico scopo è umiliarlo.
«È lui la mia vita».
E mio marito fa qualcosa che non aveva mai fatto prima.
Rodolphus mi colpisce.
In pieno volto, con forza, e riesco a intravedere tutto il piacere che trae da quel gesto nei suoi occhi colmi di rabbia.
Poi mi bacia dolcemente, leccando via il sangue dalle mie labbra, prima di voltarmi le spalle e andarsene. Ma io so che tornerà da me e farà ciò che gli chiedo.
Perché oggi mi ama.

*

Azkaban.
Il ruggito delle onde che si infrangono sugli scogli.
La salsedine lungo le pareti.
E quella nebbiolina sottile che si insinua nella cella dalla piccola fessura tra la porta di ferro arrugginito e il pavimento di pietra gelida. Strisciante. Serpentina. L’unica prova fisica della presenza dei Dissennatori al di là di queste mura scure e claustrofobiche.
Li sento indugiare al limitare della mie mente. Turbare i pensieri. Annientare i miei ricordi. Ma ancora non sono riusciti a privarmi di quello più felice. Di quello più completo. Di quello che mi definisce come donna prima, e come strega poi. Mi basta sollevare la manica della veste logora e troppo sottile.
Anche nella feroce penombra della cella, posso tracciare con le dita quelle linee senza alcuna esitazione.
Anche con gli occhi chiusi posso percorrere le curve, soffermarmi sui dettagli.
E se raccolgo tutte le forze che mi rimangono e riesco a concentrarmi, se riesco a ignorare il mare e i gabbiani che stridono, allora lo sento ancora pulsare.
Spargere il suo veleno denso lungo le mie vene e tra la mia carne.
Sento ancora il richiamo del mio Signore.


*

Mi allontano dal camino appena sento i suoi passi alle mie spalle, mentre la figura incandescente del viso di Barty si sta ancora dissolvendo.
«Con chi stavi parlando?»
«Non ti piacerà».
«Bellatrix…»
«Con Crouch, verrà anche lui stasera».
Rodolphus si abbandona scompostamente sul divano con un sospiro, le mani a massaggiarsi stancamente gli occhi.
«Stasera?»
«Lo faremo stasera» annuisco sedendomi al suo fianco. «Ho pensato a ogni cosa».
«Cos’hai in mente?» domanda senza guardarmi, incrociando nervosamente le gambe allungate sul tavolino basso di fronte al divano.
«Andremo dai Paciock. Scopriremo cosa gli è realmente successo».
«Io, te e Barty?»
«E Rabastan».
Allunga lentamente una mano a prendere la mia in una stretta quasi impercettibile.
«Perché hai dovuto coinvolgere anche mio fratello?» domanda senza alcun reale risentimento nella voce.
«Oh, Rodolphus. Il tuo amore fraterno appare e scompare sempre inspiegabilmente a piacere».
Mi siedo anch’io sul divano e porto il suo braccio a circondarmi le spalle, abbandonandomi contro il suo petto sottile.
Gli bacio il collo.
«Ho dovuto perché eravamo in pochi e stasera dovrà andare tutto liscio».
Quattro contro due e un bambino inerme da sfruttare a nostro vantaggio.
Non faranno alcuna resistenza prima di morire.
«Comunque contatterò anche Lucius e Narcissa…»
«No» replica immediatamente, con fermezza. In un solo attimo il suo corpo slanciato si irrigidisce, il suo braccio lascia la mia schiena per permettergli di voltarsi a osservarmi, gli occhi dilatati dalla sorpresa.
«Perché no? I Paciock potrebbero dirci dove si trova, potremmo andare subito da Lui».
«Non puoi seriamente pensare di chiedere una cosa del genere a Narcissa» ribatte continuando a fissarmi intensamente, un tono rabbioso a impadronirsi strisciante della sua voce roca. «È troppo pericoloso!»
«Non lo è per tutti?» sottolineo alzando a mia volta la voce.
«Noi non abbiamo un figlio a cui pensare!»
Si alza e inizia a camminare senza meta per la sala, estraendo dalla tasca interna della veste le sigarette e l’accendino d’argento.
«È sempre tutto così complicato con te, Bellatrix».
Porta una sigaretta alle labbra senza però accenderla.
«Semplicemente perché tu vuoi complicare le cose. Perché non lasci che siano Lucius e Narcissa a decidere?»
«Perché non voglio metterli in condizione di dover fare inutilmente una scelta quando so già quale sarà la loro decisione finale».
«E tutto ciò dall’alto della tua palese onniscienza?» domando sarcastica, in qualche strano modo vagamente divertita.
Rodolphus smette di vagare per la stanza e va ad appoggiarsi con un gomito alla mensola del camino, la sigaretta spenta ancora stretta tra le labbra e una mano a passare nervosamente tra i capelli neri.
«Hai già messo in mezzo Rabastan. Quattro persone sono più che sufficienti, lascia perdere Lucius e Narcissa, per favore».
Lo dice senza guardarmi, gli occhi fissi sul sole che tramonta all’orizzonte oltre i vetri delle finestre.
Mi alzo dal divano e mi dirigo verso di lui, sorridendo. Prendo la sigaretta, la butto nel camino e lo bacio lentamente, posando le mani sui suoi fianchi stretti.
«Sai Bellatrix…»
«Cosa?»
Gioca con una ciocca dei miei capelli, arrotolandola delicatamente intorno all’accendino come la sottile lingua di serpente in rilievo che lo decora.
«Niente».
«Cosa?» insisto.
«A volte ho come l’impressione che tu faccia solo finta di pretendere così tanto da me, perché sai che non riuscirò mai a dirti di no. Mi guardi fare semplicemente qualche passo indietro, verso qualcosa che in realtà ti sarebbe bastato sin dall’inizio. Capisci cosa voglio dire, Bellatrix?»
Mi guarda intensamente, e intuisco che ha davvero bisogno che io comprenda le sue parole.
Sorrido ancora e lo bacio di nuovo, questa volta un bacio rapido, indolore.
«Vado a prepararmi».
Gli volto le spalle e mi allontano verso la porta e le scale, sentendo distintamente i suoi occhi che mi seguono risentiti. Forse perché non ho risposto alla sua domanda.
Forse perché ancora una volta ho deciso della sua vita.
Credo che adesso mi odi.

   
 
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