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Autore: Swindle    15/02/2012    1 recensioni
Si sa, quando si guarda in uno specchio la propria anima riflessa, si rischia di scorgere il bambino che è in noi… ma anche la bestia nascosta dietro di lui.
Io fisso il nulla, ed il nulla fissa me.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Si sa, Severus Snape è il mio personaggio preferito, e questa è una storia in "triplice visione", tutta dedicata a lui.
Spero che, nella sua stranezza, riuscirete ad apprezzarla.
Rika

Disclaimer:I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa one-shot o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota: storia scritta un po'' di tempo fa, per la sfida n°2 “Anima Riflessa” del Club delle Sadiche Fanwriter (Forum Libertà di Sognare).

 
 





 

 

.:The Child and the Beast:. 







 
Arrivo davanti alla porta di legno scuro con passi lunghi e misurati, il mio mantello svolazza come sempre ad ogni mia mossa.
Allungo la mano verso il pomello di ottone, ma un secondo dopo la ritraggo: sono davvero sicuro di ciò che sto facendo? Non lo so…
So di sicuro però che è solo un’illusione, un flebile desiderio che questa volta funzioni.
Ma perché dovrebbe?
Già troppe volte sono rimasto deluso e smarrito davanti a quel maledetto specchio.
Perché questa volta dovrebbe essere diverso? Cosa me lo fa credere?
Niente.
È solo che ne ho terribilmente bisogno…
Varco l’entrata della stanza più per disperazione che per vera determinazione.
Dopo essermi a lungo tormentato sul vero motivo di questa scelta, ho alla fine ingoiato l’orgoglio, trovando lo Specchio delle Brame e portandolo qui, in questa classe di cui solo io conosco l’esistenza.
La prima volta che ho infine trovato la forza di guardarci dentro, a causa di questa solitudine che mi sta lacerando l’anima, è stato un vero shock.
Così come lo è stato tutte le volte dopo, così come lo è ancora adesso, se anche questa volta non vedrò nulla.
Mi avvicino cautamente alla superficie argentata, deglutendo, mille domande mi si affollano nella mente, tanto da non riuscirne a sentire nemmeno una.
Non so se questa sia la cosa giusta da fare, ma oramai non me lo chiedo più.
Titubante, mi posizione alla fine al centro esatto, socchiudendo un attimo gli occhi, prima di puntarli nel centro esatto dello specchio.
Lo sconforto arriva subito, mentre mi lascio cadere lentamente a terra, le mie ultime speranze crudelmente infrante.
Perché? Perché?!
Sembra che la mia vita sia stata solo un’inutile sequenza di perché, a cui nessuno tantomeno io, ha mai voluto e potuto dare risposta.
Alzo gli occhi, che vagano sulla cornice dorata, i fini intarsi, le mute lettere incise in eterno; poi guardo ancora una volta una volta nel centro esatto di questo lago d’argento, questo specchio che dovrebbe riflettere la mia anima, mentre invece non riflette neanche il mio corpo.
Proprio così.
È nebbia quella che vedo al posto di me stesso e dei miei più profondi desideri. Solo nebbia.
Nebbia che avvolge il mio sguardo e con lui la speranza di vedere in questo dannato specchio un volto amico.
Io fisso il nulla, ed il nulla fissa me.
Perché anche questo freddo oggetto mi ha voltato le spalle? Forse perché anche lui crede che io non sia altro che un traditore, un orribile assassino?!
Perché nemmeno un essere inanimato vuole concedermi un po’ di sollievo?
Chiudo gli occhi e sospiro lentamente, arrendendomi a quest’ennesima condanna.
Mi alzo, deciso a voltare le spalle a chi me le volta.
Sto per uscire dalla stanza, per non tornare mai più, quando mi ferma un lieve rumore.
Appena un fruscio.
Mi giro di scatto, i sensi all’erta. Ma non c’è nessuno, tutto è immobile così come lo è sempre stato. Probabilmente è solo la mia immaginazione.
Avanzo ancora verso l’uscita, non ho intenzione di rimanere qui un minuto di più.
« Sev… » sento questo sussurro provenire da nessun luogo in generale e da tutti i luoghi in particolare. Mi congelo sul posto. Chi ha parlato?
No, no…è solo la mia testa, la mia mente che mi gioca brutti scherzi, facendomi sentire ciò che vorrei ma che invece non esiste.
Non devo cedere.
Alzo le spalle, ricominciando ad avanzare.
« Sev. »
Questa volta il richiamo è più forte, ma sembra sempre voce di un’altra realtà, profonda e distante come quella di un fantasma.
Chiudo stancamente gli occhi, portando una mano a sfregarli.
È questo che vuole la mia mente? Che io assecondi le illusioni che crea per me?
E va bene…
Mi giro, guardandomi intorno. Ci sono solo io.
Un’illusione visiva sarebbe decisamente più soddisfacente!
« Sev! »esclama il vuoto ad alta voce, con un tono delicato, quasi infantile.
Mi sembra di riconoscere questo richiama… dopotutto, c’era una sola persona che mi chiamava così.
« Chi è? »chiedo.
Nessuna risposta.
Stringo i denti e i pugni. Ora basta! Se questa fosse un’illusione, il mio cervello l’avrebbe già palesata del tutto, e se non è un’illusione, allora è una magia. E un incantesimo ha un colpevole.
« Stupido vecchio! »me la prendo con uno per tutti « Perché ancora mi tormenti dall’oltretomba? Non ti è bastato rubare la mia anima, vuoi anche il mio senno? »
« Sev » sento ancora la voce, e questa volta mi sembra più vicina che mai, quasi come se venisse da dentro di me.
Mi giro lentamente verso il luogo da cui proviene: lo specchio.
Rimango sbigottito a scrutarvi dentro per qualche secondo, ma il mio sguardo affonda nella solita nebbia.
« Lily? »provo a chiedere con tono tremante.
« Sev, ma non mi riconosci? »e la voce mi fa sobbalzare, perché è apparsa direttamente alle mie spalle.
Mi volto per conoscerne il proprietario, e mi trovo davanti un bambino di una decina d’anni, gli occhi neri grandi e profondi, i capelli lunghi dello stesso colore del suo sguardo, i vestiti rovinati e troppo usati.
« Chi sei? »chiedo, mentre le mie sopracciglia si avvicinano confuse.
« Nessuno. »dice alle mie spalle una voce profonda, che mi fa sobbalzare per la seconda volta in pochi secondi.
Mi giro stancamente per affrontare il secondo arrivato, e vedo una scena che mi fa spalancare gli occhi per la sorpresa. Solo il mio autocontrollo mi permette di non tradirmi con altri gesti.
Un uomo piuttosto alto, magro, la pelle terribilmente pallida, le guance incavate e l’aspetto trascurato sta letteralmente uscendo dalla superficie liscia dello specchio, un pezzo di corpo alla volta.
Dove il suo corpo si stacca dallo specchio, quest’ultimo si increspa come se fosse acqua, facendolo sembrare quasi un lago verticale.
Interamente fuori, lo specchio torna al suo placido aspetto di mare di nebbia.
L’uomo ghigna apertamente, lisciandosi il pizzetto bianco, i capelli lunghi arruffati e grigi sono raccolti da un elastico nero.
« Noi siamo te, Severus. »
Passo gli occhi dal bambino al vecchio, senza capire.
« Cosa ci fate qui? »chiedo dando voce ai miei pensieri.
Il bambino mi sorride in modo puro e disarmante, prendendomi la mano sinistra. Mi lascio guidare dalla sua stretta calda, fin davanti allo specchio.
Il vecchio ci segue, le braccia incrociate.
« Tu hai chiesto aiuto »spiega il bambino indicandomi la nebbia nello specchio « Noi siamo venuti per questo. »
Mi fissa, e per un attimo mi perdo nei suoi occhi profondi, vivaci e splendidamente vivi.
Ero davvero io questo bambino?
Mi sento afferrare la spalla destra da una mano ossuta. Fisso il vecchio con sguardo interrogativo, ma quello alza un braccio, riportando la mia attenzione allo specchio.
« Ora guarda »dice.
Piano piano la nebbia si dirada, lasciando posto ad una scena del mio passato, che pensavo di aver dimenticato sotto strati e strati di indifferenza.
Una donna è stesa su di un letto, percorsa da brividi che le scuotono tutto il corpo, sembra che soffra terribilmente.
La sua mano è stretta da quella di un ragazzino, inclinato ai piedi del letto, che piange sussurrandole qualcosa.
Mi ritrovo senza fiato, senza pensieri, senza parole, costretto a rivedere gli ultimi minuti di vita di mia madre, senza poter distogliere lo sguardo, senza averne la forza.
Perché lo specchio mi sta facendo questo? Prima questi due sbiaditi fantasmi e ora anche i ricordi.
Perché non si può limitare, come dovrebbe, a mostrarmi i miei più intimi desideri?
Dopo pochi secondi i tremiti della donna si fermano, il suo corpo ricade stanco tra le lenzuola, e lei non si muove più.
Il ragazzino si sporge verso di lei, chiudendole gli occhi.
Il ricordo sbiadisce, e la superficie dello specchio si riempie nuovamente della solita nebbia.
Sento la mano del bambino tremare nella mia.
Mi giro verso di lui. Perso nei miei pensieri e in quel ricordo, mi ero completamente dimenticato di non essere da solo.
O forse lo sono?
Il bambino ha gli occhi spalancati, forse terrorizzati.
« La mamma… morirà? »chiede con voce rotta, sembrando terribilmente piccolo ed indifeso.
Non lo sapeva, dunque?
Sento di non riuscire a rispondergli.
Ma c’è chi lo fa al posto mio.
« Certo che è morta »risponde indifferente il vecchio alla mia destra « Tutti dobbiamo morire, prima o poi. »
Mi giro verso di lui, fulminandolo. Possibile che non abbia un po’ di tatto? È solo un bambino…
Ma io mio sguardo non lo intimorisce per nulla. Anzi, mi risponde con un ghigno, gli occhi freddi fissi su di me.
Un singhiozzo interrompe la nostra lotta di sguardi. Il bambino.
Mi giro a guardarlo, e vengo invaso dall’orrore.
Sembra che si stia trattenendo dal piangere, ma su una guancia sta lentamente cominciando a scorrere una lacrima… una lacrima rossa.
È sangue quello misto all’acqua?
Alzo un braccio avvicinando la mano ad un suo occhio.
Ma quello si ribella:
« Non mi toccare! »esclama, la sua voce trasformata in un basso ringhio.
« Perché non l’abbiamo salvata? »mi chiede arrabbiato, stringendo la mia mano.
« Io… »comincio a dire, i vecchi sensi di colpa che riaffiorano dolorosamente.
« La mamma non voleva essere aiutata »cerco di spiegargli « Non voleva avere più nulla a che fare con la magia, non ho potuto fare niente. »
« Ma io sono un mago! »ribatte lui, la rabbia mischiata all’orgoglio « E i maghi possono fare tutto! »
Il mio sguardo si addolcisce. Sto per rispondergli di nuovo, ma il vecchio mi precede:
« È morta perché aveva rinnegato il suo sangue di strega, e noi abbiamo superato la sua morte. Non è forse così, Severus? »
« Non è vero, stai mentendo! »urla il bambino prima che io abbia il tempo di dire qualcosa « Io voglio bene alla mia mamma. Non lascerei mai che morisse così. »
Fermo appena il tempo il vecchio, già pronto a replicare.
« Stop. » gli dico alzando una mano « Andiamo avanti, per favore. »ordino immaginando che quel ricordo sia solo l’inizio di una lunga serie, e sperando che così i due smettano di litigare.
Fortunatamente funziona.
La nebbia nello specchio si dirada nuovamente, e io, riconoscendo la scena, gemo lievemente, alzando gli occhi al cielo.
Il giorno d’estate del ricordo sembra particolarmente afoso, i ragazzi schiamazzano e scherzano, come sollevati da un recente peso.
All’improvviso si crea una piccola folla ai lati del giardino, lo specchio fa come uno zoom, fino ad arrivare ai protagonisti della tragedia, vicino ad una vecchia quercia che io bene conosco.
Mi rivedo a testa in giù, appeso nel vuoto da una caviglia, quell’odioso di James Potter che mi punta addosso la bacchetta e mi prende in giro.
Chiudo gli occhi: so già cosa sta per succedere.
Non posso però impedirmi di risentire le parole che sputai contro Lily, né le suppliche che le rivolsi tempo dopo davanti al suo dormitorio, e che lo specchio mi sta gentilmente facendo rivivere.
Passato qualche secondo le voci sfumano, e io non sento più nulla.
Il ricordo dev’essere finito, la nebbia ritornata nello specchio.
Ho lo stomaco in subbuglio, qualcosa vi si muove dentro prepotentemente.
Dovrei forse riaprire gli occhi?
Per un attimo ho come l’impressione che tutto questo sia solo un brutto incubo da cui sto per risvegliarmi, nel mio solito letto.
Un gemito alla mia sinistra mi fa supporre che non sia così.
Sospiro, ormai rassegnato, riaprendo gli occhi.
Il bambino sta di nuovo piangendo, i singhiozzi gli scuotono il piccolo petto, gli occhi sono ostinatamente chiusi, le lacrime ora scorrono più veloci sulle sue guance pallide, macchiando la pelle di rosso.
Ma perché ci deve essere sempre sangue nella mia vita?
Mi abbasso alla sua altezza, prendendogli delicatamente le manine strette a pugno, cercando di creare un contatto.
« Severus… »lo chiamo dopo un attimo di esitazione. Merlino, quanto è strano chiamare un altro con questo nome.
« Severus, ascoltami. »
« No. »risponde ostinatamente, e la sua voce è sorprendentemente ferma « Perché dovrei? Tu hai allontanato da noi Lily, l’hai fatta andare via. »
La bocca mi si secca, forse è l’effetto del sentirsi dire queste verità da un me in miniatura.
Ma sono sempre stato così diretto?
« Severus, io non volevo, davvero, non l’avrei mai voluto. Sai quanto tenevo a lei. »
Il bambino apre gli occhi, e mi inchioda con il suo sguardo.
« E allora perché l’hai fatto? »chiede in una dura accusa.
Mi ritrovo a fissare i miei stessi occhi, solo che questi hanno una luce e una forza che mai avrei immaginato.
Davvero sono io?
« Forse perché era troppo codardo per dire la verità. »si fa sentire il vecchio dietro di me.
Digrigno i denti. Ecco, quello sì che sono io.
« Ci vuole un bel coraggio per ammettere a se stessi i propri sentimenti e i proprio errori. »continua imperterrito, una pugnalata per ogni sua parola « Per noi era più facile allontanare chi amavamo invece che farci aiutare… Non è così, Severus? »
Mi alzo di scatto, fronteggiandolo.
Quello mi ride apertamente in faccia.
« Dov’è finito il tuo proverbiale self-control, eh? »mi sbeffeggia.
« Posso permettermi di perdere la faccia davanti a me stesso. »rispondo, ma la mia voce non è sicura.
« Ma davvero? »chiede lui in tono ironico « Non è un po’ troppo tardi per farlo? »
Sto davvero perdendo il controllo.
Potrei colpirlo immediatamente, un bel pugno in faccia. Sì, almeno starebbe zitto. Sarebbe così sbagliato picchiare un altro me?
« Come farò senza di lei? »chiede una vocina dietro di me, cancellando i miei propositi.
Torno a rivolgere l’attenzione al bambino, che mi sta fissando con sguardo sperso.
« Lei… lei è tutto per me. Io ne ho bisogno! » continua il piccolo.
« Di chi? Di quella sporca Mezzosangue?! Ma non farmi ridere… » sbotta l’uomo.
Ora sono davvero arrabbiato.
Mi volto, furente.
« Non osare mai più chiamarla così! »urlo in faccia al vecchio, che alza le mani in gesto sarcastico.
« Altrimenti? »mi provoca.
Alzo il pugno in segno di avvertimento.
« Calmatevi! »urla il bambino mettendosi in mezzo a noi.
« Severus… »continua l’uomo davanti a me prendendomi in giro « Mi stupisci. Arriveresti alle mani? E la bacchetta dove l’hai lasciata? »
Faccio per avanzare di un passo, ringhiando a mo' di avvertimento, ma il bambino mi respinge indietro, dimostrando una forza che non avrei creduto.
« Andiamo avanti! »esclama, asciugandosi rabbiosamente le lacrime con una manica.
Mi ricompongo, scuotendo le spalle, e togliendo lo sguardo dal vecchio.
Nello specchio la nebbia si sta nuovamente diradando.
Mi chiedo cos’altro ci farà vedere.
La mia curiosità è ben presto sfamata: appare l’interno di una casa in cui sembra appena passato un ciclone.
L’arredamento è sottosopra, i tappeti sono buttati sopra i mobili, le sedie sono a pezzi, sulle pareti ci sono alcune bruciature, molte cose sono mezze distrutte.
So cosa è appena successo. So che non voglio rivederlo, riviverlo. Così come so che non ne posso fare a meno.
Il ricordo va avanti, percorrendo le scale della casa, ridotte come il resto della casa, fino al piano di sopra.
Un uomo dai capelli neri è accovacciato sopra un corpo.
In questo ricordo sto singhiozzando, stringendo fra le mie braccia il corpo inerme di Lily.
Le accarezzo i capelli, senza riuscire ad annusarne ancora il profumo.
La guardo, senza poter fissare per un’ultima volta i suoi splendidi occhi verdi.
Balbetto, senza avere il coraggio di dirle addio.
All’improvviso rialzo la testa,probabilmente ho sentito un rumore sospetto.
Il me della visione sta quindi per andarsene, preoccupato che stia arrivando qualcuno, ma all’ultimo secondo lo vedo tornare indietro, e posare un bacio leggero sulla fronte di quel corpo freddo.
Il ricordo sfuma proprio in quel secondo, e rivedere la nebbia mi riporta prepotentemente al presente.
Sento un groppo alla gola ed un peso nel cuore.
Non ho voglia di guardare gli altri due, non ho voglia di sentire le loro parole, non ho voglia di sapere come reagiranno.
Di botto, cominciano a parlare ad alta voce tutti e due insieme.
Sospiro. Evidentemente questo non è possibile.
Si stanno ancora parlando l’uno sull’altro.
« Silenzio. »sibilo.
Nessuno dei due mi ascolta, continuano ad urlare contro di me.
« Silenzio. »dico più forte.
Non riesco a capire nemmeno una parola dei discorsi che stanno facendo. Ma entrambi sono piuttosto infervorati.
« Ho detto silenzio! »urlo alla fine.
E questa volta sono accontentato.
« Così va meglio. »ringrazio, annuendo alle espressioni sbigottite dei due.
Non avrei mai creduto di vedere una mia battaglia interiore, nel vero senso della parola, concretizzarsi davanti ai miei occhi, né tantomeno di vedere me come paciere.
Roba da pazzi.
« Tu »mi giro verso il vecchio « Cos’hai da dire a riguardo? »
« Il fatto è che non capisco cosa ci sia di drammatico in questa scena. » dice lentamente.
Sbatto gli occhi, stupito. Cosa c’è da capire nella morte della donna della mia vita?
« Lei era solo un peso. »continua accendendosi « Sto molto meglio senza di lei! »
Oh, ora capisco.
« Meglio? Meglio?! »lo aggredisce il bambinoimmediatamente « Come fai a stare meglio, quando io non mi sono mai sentito peggio in vita mia?! »
Mi accorgo che le lacrime rosse hanno ripreso a scorrere sul suo viso, ma non ci fa neanche caso, troppo preso dalla rabbia.
All’improvviso il piccolo mi afferra furiosamente una manica, strattonandomela.
« Come hai fatto? Come sei riuscito a fare nulla, a stare a guardare, mentre Lily, la mia dolce Lily, veniva… »la sua voce si spezza, e non riesce più a parlare.
Come posso rispondere a queste accuse? Come posso fargli capire che sono le stesse domande che mi pongo ogni santo giorno della mia vita?
« Perché allora era un debole. »si introduce nella conversazione il vecchio.
Non lo ascolto neanche e mi concentro sul bambino.
« Ho cercato di salvarla. »provo a difendermi, punto nell’orgoglio « Ho chiesto aiuto, mi sono umiliato davanti all’Oscuro Signore e a quello che credevo un mio nemico, Silente. Ma non è servito a nulla… lei, lei è morta lo stesso. »e dirlo ad alta voce è come riviverlo ancora, come se questo lo rendesse ancora più vero.
Il bambino mi fissa, gli occhi fiammeggianti.
« Io ci ho provato, Severus. »continuo « Davvero, con tutte le mie forze. »
« E allora non ci hai provato abbastanza! »mi urla lui contro « Dovevi proteggerla, dovevi salvarla! Era tuo compito, era tuo dovere. Non posso credere che non la vedrò più, non posso credere che sarà colpa mia… »
Il bambino si copre la faccia con le piccole mani, scoppiando definitivamente in un pianto a dirotto.
Mi mordo un labbro, a disagio. Cosa dovrei dire? Cosa posso fare?
« Oh, ma andiamo! »sbotta il vecchio sbuffando « Tutte queste lacrime non servono a nulla! Sei solo un bambinetto lagnoso! Lei ci ha sempre e solo ostacolati! Non capisco proprio perché le fossi così attaccato. È stato un bene che sia morta, ci ha reso più forti! »
All’istante mi giro verso di lui, indignato.
« Che cosa diavolo stai dicendo?! »scandisco bene ogni parola, cercando di trattenermi « Lei era tutta la mia vita! »
« Non mi sembra che tu sia morto senza di lei. »mi risponde lui sarcastico.
Sto per rispondergli a tono, quando dietro di me il bambino urla e si accascia a terra.
Gli vado subito vicino, allarmato, mettendogli una mano sulla spalla.
« Cosa c’è? »chiedo preoccupato « Cosa ti succede? »
Il bambino si tiene la pancia, faccio per avvicinarmi di più, ma lui mi fulmina con uno sguardo.
« Non è nulla. »dice respirando a fatica « Sto bene. »
Si rialza barcollando, tenendo sempre una mano all’altezza dell’addome, e respirando pesantemente.
Sto per chiedergli qualcosa, ma poi ci rinuncio. Non risponderebbe.
Lo so, mi conosco.
« Guardiamo il prossimo. »dice il bambino con determinazione, annuendo verso lo specchio.
« Non sono sicuro di volerlo fare. »affermo, le parole che mi escono di bocca senza che neanche io me ne accorga.
Mi guardano, uno meravigliato e l’altro incupito.
« Insomma… »cerco di spiegarmi, questa volta senza riuscire a trovare le parole giuste « Fino ad ora non mi è piaciuta affatto questa cosa, e voi due… semplicemente non capisco. A cosa dovrebbe servire tutto questo? Non voglio più continuare. »
Il vecchio scoppia a ridere, mentre il bambino rimane zitto.
« Allora tu non hai ancora capito! »mi stuzzica l’uomo « Qui non sei tu che comandi. E ora guarda! »sorride di un sorriso sghembo, voltandomi la faccia verso lo specchio.
« Si va avanti. »declama perfidamente.
La nebbia sta già scomparendo.
Riconosco immediatamente il ricordo.
E so che, ancor più delle volte precedenti, non potrò fare a meno di guardare, gli occhi fissi sullo specchio, fino alla fine.
Abbiamo fatto un bel salto temporale, questo ricordo risale a meno di un anno fa.
La notte è buia, addirittura di più nei miei ricordi, il vento percorre tutta la scena.
Lo spazio è piccolo, siamo in cima ad una torre.
Fuori luccica il riverbero verde del Marchio Nero impresso a fuoco nel cielo.
Un uomo vecchio, un uomo saggio, è accasciato a terra, davanti ad alcuni uomini vestiti di nero, e ad un ragazzino dai capelli biondi.
Deglutisco, e vorrei quasi chiudere gli occhi, ma non posso.
All’improvviso un me un poco meno segnato dal tempo entra nella visuale.
Tutto tace, nel ricordo, nella stanza, nella mia mente.
Risentire la voce di Albus è un dolce strazio, le sue ultime parole, una supplica ma anche una condanna micidiale.
Risentire il suono che esce dalle mie labbra in quell’incantesimo di morte, è semplicemente troppo.
Il fiotto di luce verde esplode con forza, riempiendo tutta la visuale.
Fortunatamente la visione si interrompe qui.
Sento di non avere il coraggio di vedere l’espressione sui volti di entrambi i miei ospiti, sento di non poter reggere le accuse silenziose del me bambino, né di poter sopportare le provocazioni del me anziano.
Ma i nostri desideri a quanto pare non coincidono.
« Come hai potuto? »mi chiede in un soffio il bambino.
Chiudo gli occhi, abbandonando le braccia inermi lungo il mio corpo.
« Lui ti ha aiutato, lui ti ha difeso, lui è stato un vero amico, forse l’unico, è stato come il padre che non hai mai avuto. »continua imperterrito.
So che ogni parola che sta dicendo è la verità, lo so perché ci credo anch’io.
Non sono sicuro di potermi difendere questa volta, non sono sicuro di volerlo fare.
« Come hai potuto… ucciderlo? » ripete ancora.
« Non lo so. »rispondo alla fine, dicendo semplicemente quello che sento « Ma l’ho fatto. »
« E-ehm. » si schiarisce la voce il vecchio dietro di me « Posso esporre la mia opinione? »
Non so come mai ma penso che quello che dirà non mi piacerà affatto.
« Vuoi sapere perché l’ha ucciso? »chiede rivolgendosi al bambino, che gli lancia un’occhiata obliqua.
« Sai la definizione di “codardo”? »chiede sarcasticamente « Ecco, ne hai davanti la dimostrazione. »
In un lampo ho estratto la mia bacchetta e gliel’ho puntata alla gola.
« Non… chiamarmi… codardo! »esclamo lentamente, totalmente fuori controllo.
Lui fa un mezzo sorriso, sbeffeggiandomi.
« Vuoi uccidere te stesso, Severus? »mi chiede carezzevole « È questo ciò che vorresti fare? »
Aumento al pressione sulla sua giugulare, digrignando i denti.
« Certo che no! »esclama da dietro il bambino, con voce indignata « Severus non vuole uccidere nessuno. Severus non è un assassino, non è così? »
Le sue parole hanno il potere di scuotermi.
Abbasso la bacchetta, distogliendo lo sguardo da entrambi.
« Non ne sarei così sicuro. »dico in un fil di voce, ripensando agli occhi di Albus poco prima che pronunciassi l’Avada Kedavra « Io sono un assassino. »
È come se, dopo questa mia dichiarazione, il tempo si fosse fermato.
Nessuno dei presenti emette un suono, nessuno vuole farlo.
Posso quasi sentire i loro respiri trattenuti insieme al mio.
Poi l’incantesimo svanisce, ed il vecchio si mette a ridere.
Ride a lungo, con una risata fredda, senza vita, che per un secondo mi ricorda terribilmente quella dell’Oscuro Signore.
Alla fine mi fissa negli occhi, e il mio corpo viene percorso da brividi, per quanto essi siano vuoti e allo stesso tempo abbiano uno sguardo allucinato.
« Esatto, Severus. Esatto. »comincia a dire « Un assassino, ecco quello che sei. Sei nato per questo, non puoi combattere la tua stessa natura. Guardati. »
Comincia a girarmi intorno, come un serpente che studia la sua preda, e io ne sono mortalmente affascinato, non riesco a respingerlo.
« Tutti ti hanno sempre visto come un figlio ingrato e maledetto; o come Mocciosus, il ragazzino sfigato e legato allo studio; o come un semplice amico, che fa scelte sbagliate; oppure come un servo fedele; o ancora come una pedina grigia su una scacchiera bianca e nera. Ma nessuno è mai riuscito a vedere dentro di te. Perché la Magia Nera scorre nelle tue vene, così come il Male, e quelle mortali pozioni che tanto amiamo. Lo so che anche tu puoi sentire tutto questo. » si ferma davanti a me, tornando a fissarmi negli occhi. « Tu sei un assassino. »
Sento un rumore alle mie spalle, e con fatica mi risveglio da quello stato di incoscienza che mi ha tenuto legato alle sue parole.
Lo scanso con una manata, raggiungendo di corsa il bambino.
È a terra, in posizione fetale, si stringe le ginocchia con le braccia e ha l’aria di stare soffrendo terribilmente.
Le lacrime scendono oramai come un fiume, andando a depositarsi a terra, in piccoli laghi rossi.
Non so cosa fare, cosa sta succedendo?
Intanto il vecchio continua a camminare e a parlare.
« Eri un assassino già quando è scomparsa tua madre. Quel nostro primo incontro con la Morte, ci ha messo il suo dolce odore fin dentro l’anima. Abbiamo conosciuto il dolore, abbiamo capito che era la nostra vita. »
Cerco di capire cosa ci sia che non va nel bambino, cerco di tranquillizzarlo, ma tutte le mie parole sono vane.
Sono sotto pressione, non so cosa dovrei fare.
Questo bambino non esiste, eppure è corporeo, è qui davanti a me, così come il vecchio che continua con il suo triste discorso.
« E poi hai fatto l’unica cosa che andasse fatta: ti sei unito ai Mangiamorte, hai seguito la tua natura. Ah, che bella vita è stata quella. Morti ed assassini, un connubio perfetto. Purtroppo però la morte di quella stupida Potter ci ha fatto perdere la via. Hai rinnegato il Signore Oscuro, ti sei rifugiato da Silente. Mi hai molto deluso in quel momento. »
Il bambino si lamenta in modo straziante, e io faccio l’unica cosa che mi venga in mente: lo abbraccio, cercando di lenire con il mio corpo qualunque tipo di dolore lui stia provando.
« Ti prego… »mi supplica alzando la testa.
Mi perdo nei suoi occhi, mi sembra di affondare in due tunnel oscuri.
« Ti prego »ripete « Fallo smettere. »
Mi giro verso il vecchio, che sta continuando a parlare imperterrito.
« Ma ora sei tornato sulla vecchia strada. Io lo so che l’assassinio di Silente è stato come un balsamo per te. Perché per me è stato come poter respirare di nuovo dopo lungo tempo passato in apnea. Qualcosa in te si è risvegliato, lo so, lo sento. L’assassino che è in te è di nuovo qui. »
Il bambino urla e io sobbalzo, sgomento.
« Fallo smettere, fallo smettere! »mi chiede implorandomi con gli occhi.
Mi giro verso il vecchio, degnandolo nuovamente della mia attenzione.
« Stai zitto. »gli ordino.
Ma non mi ascolta, lanciato nella sua arringa.
« Tu sei un assassino, Severus, lo sei sempre stato e continuerai ad esserlo. Non puoi negarlo, lo diventerai sempre di più. » afferma sogghignando.
Il bambino si tappa le orecchie, scuotendo la testa, e ripetendo “basta”, quasi fosse un mantra.
Mi alzo velocemente, raggiungendolo in pochi passi.
« Stai zitto! »gli dico di nuovo, stavolta con più forza.
Ma il vecchio sorride: « Ti piacerà, vedrai. Omicidio dopo omicidio diventerai sempre più forte, quell’odore ti entrerà sotto la pelle, sentirai dentro di te sempre di più la Morte richiamarti come suo discepolo. Sarà bello vedrai, io lo so, ci sono già passato. »
Queste parole mi paralizzano.
È questo il mio futuro?
No, no…
Il bambino urla.
Il vecchio ride.
« Basta! »urlo « Basta, vattene! »
Ed il mio urlo lo fa tremare per qualche secondo, fino a quando non si spacca in mille pezzi, come fosse uno specchio rotto, e sparisce.
Non sto a pensare a cosa o come sia successo, mi giro velocemente affrettandomi a raggiungere il bambino.
Si tiene il petto, respirando a fatica, quasi come se ci fosse un masso sopra di lui.
Cosa significa il suo dolore?
Il bambino mi afferra un braccio, fissandomi:
« Tu mi devi salvare. »mormora « Devi farcela. O lui mi ucciderà. Non farmi morire, o perderai te stesso. Tu hai rinchiuso il tuo cuore in quella nebbia, così che nessun dolore possa entrare. Ma io devo continuare ad esistere, perché soffrire è giusto. Il dolore fa parte della vita… »
Come esalando l’ultimo respiro, chiude gli occhi ed anche lui sparisce in mille frammenti argentati.
A fatica, mi trascino fin davanti allo specchio, sicuro che stavolta funzionerà.
La nebbia si dirada, ma questa volta non appare un ricordo, bensì il mio corpo riflesso.
E a poco a poco mille altri volti si aggiungono al mio: una famiglia che non ho mai avuto, amici che ho sempre desiderato, mia madre, Albus ed infine lei, Lily, con i suoi splendidi occhi verdi.
Tutti mi sorridono felici.
E io finalmente piango il mio dolore con tutta la forza che ho, perché questa volta nulla mi impedirà di farlo, nemmeno me stesso.
 


FINE

  
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