Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    15/02/2012    5 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ore tre e trentaquattro

< Figlia mia, sei bellissima > disse Bianca entrando in quella che per anni era stata camera mia.
< Grazie, mamma > risposi aiutandola a sedere sul letto < te la senti davvero di restare da sola questa sera? >
< Per una sera? Cosa vuoi che sia? Esci e divertiti con le tue amiche. Ma stai attenta, mi raccomando. Io resterò sul divano a guardare la televisione e poi andrò a dormire. Sono abbastanza stanca >
Le sorrisi e mi sedetti accanto a lei, poi posai una mano sulla sua. Da quando avevo saputo della malattia di mia madre avevo lasciato da parte Yale, studiavo da casa senza frequentare le lezioni, grazie soprattutto agli appunti di Jeremy e Liam, e mi ero trasferita di nuovo nella mia vecchia casa.
< Ti voglio bene >
< Oh, anche io, amore > disse abbracciandomi < forza, ora aiuta la tua mamma pigrona a scendere le scale >
Le misi un braccio intorno alla vita e piano piano scendemmo le scale incamminandoci verso il salotto e infine la feci sedere sul divano.
< Mamma, chiamami per qualunque cosa, va bene? >
< Sì, tesoro, non preoccuparti. Ora esci, so che è da tanto che non incontri le tue vecchie amiche >
< Infatti > risposi sorridendo.
Quella sera mi sarei incontrata con tutte le mie vecchie compagne di squadra e con noi sarebbe venuta anche Jenny, che era tornata a Los Angeles con Walter e John per fare visita ai rispettivi genitori, quindi avevamo deciso di incontrarci per bere qualcosa assieme. Trovarci a Los Angeles tutte nello stesso periodo era un evento più unico e raro e per questo ne volevamo approfittare, avevo addirittura rinunciato ad accompagnare Robert alla premiere di Water for Elephants a San Diego per uscire con loro.
< Michelle, sbrigati se non vuoi fare tardi >
< Certo, mamma. Allora ci vediamo più tardi >
Le baciai la guancia e uscii di casa correndo, per quanto fosse possibile con i tacchi, verso l'automobile: erano le nove e mi sarei dovuta incontrare tra dieci minuti con le mie amiche in un posto che per raggiungerlo ce ne volevano come minimo venti. Nonostante il college e il mio essere maturata, sotto altri aspetti non ero cambiata di una virgola e uno di questi era la puntualità.
Misi in moto la macchina e schizzai via verso il locale. Accesi la radio e mi sintonizzai sulla frequenza di Radio Wild, dove stavano presentando in diretta la premiere di San Diego.
< Allora, Robert, raccontaci un po' di questa tua esperienza. Come è stato interpretare il tuo personaggio? > domandò l'intervistatrice.
< Jacob è un personaggio complesso, si è trovato dall'avere una famiglia amorevole al perdere tutto e doversi arrangiare per conto proprio. Devo ammettere di aver faticato parecchio nell'immedesimarmi nel suo ruolo, ma io ho fatto del mio meglio e spero che venga apprezzato > rispose Robert e inevitabilmente sorrisi: il giorno prima di cominciare le riprese lui aveva preso un volo per New York ed era venuto a Yale solo per dirmi quella novità e che se la stava facendo sotto e mi raccontò del suo personaggio finché Kelly, disperata, non lo pregò di “tapparsi la bocca”, perché lei il mattino dopo avrebbe avuto un esame e voleva dormire.
< E come è stato lavorare con Reese? >
< Attento a quello che dici, sono accanto a te > ribatté una voce femminile, quella di Reese Witherspoon.
< Beh, lavorare con Reese è fantastico. È sempre stata molto professionale, sin da quando ho interpretato suo figlio in Vanity Fair >
< In Vanity Fair hai interpretato suo figlio, in questo il suo amore. Non è un po' strano? >
< Non molto > replicò Robert.
< Parecchio > intervenne Reese ridendo e risi anche io: Reese era davvero una splendida persona, Robert me l'aveva presentata alla premiere di New York. Senza che io ne fossi al corrente, loro due mi erano venuti a prendere in facoltà, mi avevano portato un vestito e mi avevano detto di indossarlo perché era tardi. Era stata una serata a dir poco fantastica, ma il giorno dopo ero talmente stanca che fallii l'esame scritto di anatomia. Eppure rifarei tutto dall'inizio se potessi.
Non appena l'intervista terminò frugai dentro la borsa per cercare il telefonino, ma mi accorsi di aver dimenticato il portafoglio. Accostai e scrissi a Jenny che avrei tardato ancora un po', feci inversione di marcia e guidai fino a casa, sperando di non venir fermata dalla pattuglia di polizia proprio la sera in cui avevo dimenticato il portafoglio con dentro la patente.
Una volta arrivata davanti al vialetto di casa parcheggiai, presi la borsa ed estrassi le chiavi di casa.
< Mamma, sono io! Ho dimenticato il portafoglio! > esclamai, ma non ricevetti alcuna risposta < Si è già addormentata? > dissi a me stessa ridendo, ma nel momento in cui toccai la maniglia della porta sentii un rumore sordo dal piano superiore, poi il silenzio totale < Mamma? Sei tu? > domandai salendo le scale < Mamma? > la chiamai ancora una volta e quando entrai in camera sua la vidi distesa per terra e accanto a lei una pozza di vomito e sangue < Mamma! > urlai correndole accanto.
< Tesoro > sussurrò flebile mentre tentava di alzarsi.
< Chiamo un'ambulanza, torno subito > le dissi e scesi di corsa le scale, afferrai il telefono e con le mani tremanti digitai il 911.
< 911, buonasera >
< Ho bisogno di un'ambulanza, mia madre sta male! > esclamai con voce tremante.
< Signorina, si calmi > disse la donna all'altro capo del telefono < dove si trova? >
< 525 Lonsdale Road >
< Le manderemo subito un'ambulanza. Cos'ha sua madre? >
< Sta vomitando sangue >
< Signorina, non si agiti, resti accanto a sua madre e la tenga sveglia, arriverà al più presto l'ambulanza >
Posai il telefono sul mobiletto, aprii la porta lasciandola socchiusa e ritornai di sopra.
< Mamma, ora l'ambulanza arriva >
< Sono stanca, Michelle, accompagnami a letto a riposare >
< No! > esclamai con gli occhi lucidi < No, non devi dormire. Ora arriverà l'ambulanza e quando sarai in ospedale, potrai riposare. Ma non prima >
L'aiutai a mettersi in ginocchio, ma non appena lo fece ricominciò a vomitare sangue.
< Signorina, lasci fare a noi > disse un paramedico entrando in camera e mi allontanai subito.
Due paramedici spostarono mia madre su una lettiga e la portarono fino all'ambulanza.
< Signorina, viene anche lei? > domandò un terzo paramedico posando una mano sulla mia spalla e annuii, sconvolta.
Presi il telefonino, scrissi a Jenny che non le avrei più raggiunte e dopo aver preso sia la borsa che le chiavi di casa uscii, lasciando volontariamente il cellulare sul mobiletto.
Il viaggio verso l'ospedale durò quindici minuti, tempo che a me parve un'eternità.
Non appena mettemmo piede a terra tre infermieri si occuparono di mia madre, mentre il quarto, che dall'età non poteva essere che un tirocinante, si occupò di me.
< Signorina, venga con me > mi disse circondandomi la vita con un braccio e mi accompagnò fino alla sedia della sala d'aspetto < vuole qualcosa? >
< No >
< Vuole venire a stendersi su un letto? È molto pallida >
< No, sto bene > replicai posando le spalle sullo schienale < dov'è mia madre? >
< Se ne stanno occupando ora i medici, non appena si saprà qualcosa verranno ad informarla >
Annuii e restai su quella sedia per quaranta minuti, finché un dottore anziano e stempiato non venne a sedersi accanto a me.
< Signorina Waldorf, sono il dottor Forester. Mi dispiace darle questa notizia, ma sua madre non sta bene >
< Grazie, questo l'avevo già capito > ribattei acida e lui sospirò < dottore, mi dispiace > continuai guardandolo e lui mi sorrise < quanto male? >
< Non credo che riuscirà a superare la notte > rispose guardandomi e il naso iniziò a pizzicarmi e gli occhi a inumidirsi < ma ora è cosciente, credo sia meglio che vada da lei >
Annuii e mi feci accompagnare dal dottor Forester fino alla sua stanza. Prima di entrare restai a fissarla per qualche secondo sul ciglio della porta: aveva una smorfia di dolore sul viso ed era pallida come non mai.
< Pigrona, cosa mi combini? > domandai fingendomi il più allegra possibile e quando mia madre mi vide accennò ad un sorriso.
< Mi dispiace averti rovinato la serata >
< Lascia stare > replicai toccandole la mano < come ti senti? >
< Ho un gran mal di testa. Michelle, qualunque cosa succeda questa notte, voglio che tu sappia che mi dispiace per tutto il male che ti ho causato e ti voglio bene. Tu non immagini quanto bene io ti voglia. Mi dispiace averti fatto soffrire dopo l'abbandono di tuo padre, mi dispiace non averti prestato abbastanza attenzioni, mi dispiace aver cercato di trasformarti in un'altra persona e mi dispiace averti sbattuta fuori casa. Ti voglio bene. Oh, Dio solo sa quanto te ne voglio >
< Mamma, non affaticarti >
< No, voglio dirtele queste cose. Sei la figlia migliore di questo mondo, non avrei mai potuto desiderare una figlia migliore di te >
Trattenni un singhiozzo, ma le lacrime avevano già iniziato a scorrere sulle mie guance.
< Mamma, non lasciarmi > le dissi iniziando a piangere e posai la testa sul suo grembo, sfogandomi.
< No, non piangere. Voglio che tu sorrida, voglio che tu sia felice. Voglio che i nostri ultimi momenti insieme siano felici. Quindi le lacrime sono vietate > mi disse afferrandomi il mento e mi asciugò le lacrime con il pallido palmo della sua mano.
Tirai su col naso e la guardai sorridendole.
< Sai, mamma, il college mi piace veramente tanto >
< Sì? > domandò sorridendo e per ore non feci altro che raccontarle della mia vita in facoltà, di tutte le nottate che Kelly ed io avevamo passato in bianco per studiare, delle serate della pizza tra me, Liam Kelly e Jeremy e di un avvicinamento da parte di questi ultimi.
Ad un certo punto, però, gemette dal dolore.
< Mamma, stai male? Devo chiamare il dottore? >
< No, tesoro, era una fitta. Ho una gran fame. Ho voglia di cioccolata, potresti andare a prendermela alle macchinette? >
< Puoi mangiarla? >
< Non ho male allo stomaco. Ti prego > mi implorò.
< Okay > acconsentii baciandole la fronte < torno presto >
< Tesoro > disse afferrandomi il polso < ti voglio bene >
Sorrisi e le strinsi la mano.
< Anche io, mamma >
< Sei bellissima quando sorridi, angelo mio. Non smettere mai di farlo, mi raccomando >
Le sorrisi una seconda volta e uscii dalla stanza, percorsi tutto il corridoio e solo dopo cinque minuti riuscii a trovare quelle benedette macchinette. Presi sia la cioccolata al latte che quella fondente e ritornai nella sua stanza.
< Mamma, ho preso la cioccolata al latte per te e quella fondente per me. Ma se ti va possiamo fare a cambio, non ho… > le parole mi morirono in gola non appena vidi che il monitor che segnava le pulsazioni di mia madre ora mostrava solo un'unica linea retta e che mia madre aveva gli occhi chiusi < mamma? > la chiamai spaventata, ma non ricevetti alcuna risposta < Hey, mamma! > la chiamai una seconda volta, questa volta urlando, e dei medici, probabilmente richiamati dal mio urlo, accerchiarono mia madre e un'infermiera mi portò a sedere su una sedia.
< Signorina > mi richiamò l'infermiera < faccia dei respiri profondi >
Io, però, non le rispondevo e strinsi talmente tanto la cioccolata che entrambe le tavolette si spezzarono.
Dei passi si fecero sempre più vicini e mi bastò vedere lo sguardo del dottor Forester per capire tutto: l'orologio sulla parete segnava le tre e trentaquattro, orario in cui il glioblastoma aveva vinto.
< Signorina Waldorf…purtroppo non c'è stato niente che potessimo fare. Le faccio le mie più sentite condoglianze >
Annuii senza battere ciglio, non riuscivo nemmeno a piangere da quanto ero sconvolta.
< Posso fare qualcosa per lei? > domandò il dottore, ma abbassai il capo e feci di no con la testa < Signorina Waldorf, per qualunque cosa non esiti a chiamarmi. Helena…tienila d'occhio >
Restai lì, impalata a fissare il pavimento per un tempo indefinito e non riuscivo a provare alcuna emozione. Niente, mi sentivo come svuotata dentro.
< Signorina Waldorf? > mi chiamò gentilmente l'infermiera < C'è qualcuno che vuole chiamare? > continuò e quando alzai lo sguardo verso di lei, vidi che l'orologio dietro le sue spalle segnava le quattro e quaranta: possibile che fossi rimasta lì per un'ora senza fare niente? < Ssignorina? > mi chiamò una seconda volta e tornai a guardarla senza battere ciglio finché, sospirando, mi disse che infondo al corridoio sulla destra c'era un telefono ed ero libera di usarlo.
Impiegai dieci minuti prima di decidermi ad alzarmi e a raggiungere il telefono. Ma ora il problema era un altro: chi potevo chiamare? Mio padre era fuori città e non volevo né vederlo né parlargli, esattamente come per Jenny e le Clovers. L'unico nome che mi frullava in mente era Robert, ma chissà perché non riuscivo a ricordare il suo numero di cellulare. Impiegai altri dieci minuti prima riuscire a chiamarlo.
< Pronto? > rispose Robert al terzo squillo.
< Robert? >
< Mitchie! Sei ancora sveglia? >
< Dove sei? >
< Sto tornando a casa, tra mezz'ora dovrei essere lì. Kellan ti saluta >
< Non sei tu alla guida, vero? >
< No, tranquilla > rispose e lo sentii ridacchiare < sei già a casa? Riesci ad aspettarmi sveglia? Così ti faccio un saluto >
< Non sono a casa >
< Oh, e dove sei? Ti prego, non dirmi che sei ancora con le tue amiche in qualche bar di spogliarellisti > ribatté ridendo e sentii Kellan ridere con lui.
< Sono in ospedale >
< È per tua madre? Ora sta bene? > domandò e non dissi niente < Michelle? >
< È morta >
Dopo la mia risposta ci fu silenzio dall'altra parte del telefono, sentivo solamente la voce in lontananza di Kellan chiedere a Robert che cosa fosse successo.
< Arrivo il prima possibile >
Rimisi al suo posto la cornetta e tornai a sedermi nella medesima sedia ancora incapace di provare emozioni, finché dopo un tempo che mi parve interminabile sentii dei passi correre avvicinarsi sempre di più a gran velocità: alzai lo sguardo e vidi Kellan, Kristen e Robert venirmi incontro e quest'ultimo, non appena mi fu vicino, mi strinse tra le sue braccia.
E in quel momento piansi.
< R-R-Rob-Robert > cercai di chiamarlo mentre singhiozzavo.
< Shh, shh. Mitchie, sono qui, non ti lascio. Sono qui >
Ricambiai la stretta, senza smettere di piangere, ma le mie ginocchia cedettero, così si sedette sulla sedia e mi fece sedere sulle sue ginocchia.
< V-v-vog-glio v-v-ed-veder-vederla >
< Non credo sia il caso ora >
< No! > esclamai stringendo le mani sulla sua giacca < K-Kellan v-vai a chiamare il dottor For-Forester >
Kellan alternò lo sguardo tra me e Robert, ma quando gli dissi di sbrigarsi sospirò, posò una mano sulla mia spalla e girò l'angolo, tornando da noi dopo qualche minuto con il dottore.
< Signorina Waldorf, vorrebbe venire a stendersi un attimo? > domandò gentilmente, ma feci di no con la testa.
< Voglio vederla > risposi facendo dei respiri profondi per non singhiozzare ancora.
< La stanno portando in obitorio, per ora è impossibile. Se vuole può venire più tardi, verso le undici >
< Che differenza fa ora o più tardi? > sbraitai guardandolo in cagnesco.
< Sono le regole dell'ospedale. Le suggerisco di andare a casa, di dormire e di tornare più tardi >
Volevo rispondergli che non me ne fregava un accidente di quelle stupide regole, che volevo vederla e che non sarei andata da nessuna parte finché non avessi ottenuto ciò che volevo, ma ero stanca, perciò annuii.
< Le faccio ancora un volta le mie più sentite condoglianze >
Seguii con lo sguardo la figura del dottor Forester allontanarsi e più la sua figura si faceva meno nitida, perché i miei occhi erano sempre più offuscati dalle lacrime, più Robert mi stringeva a sé.
< Michelle? > mi chiamò Kristen avvicinandosi a me e la guardai apatica < Mi dispiace per tua madre >
Per la prima volta vidi la sua sincerità negli occhi.
< Grazie > risposi con voce rotta.
< Torniamo a casa? > propose Robert mentre mi accarezzava la testa, ma rifiutai < Devi riposarti >
< Non ce la faccio >
< Vuoi venire a casa mia? > domandò premuroso, ma rifiutai una seconda volta.
Robert sospirò e mi prese in braccio, seguito da Kristen e Kellan. All'uscita dall'ospedale c'erano un sacco di paparazzi ad attenderli ed io mi coprii la faccia con le mani.
< Levatevi dai piedi! > esclamò Kellan mentre si faceva largo e dopo essere entrati tutti nella sua macchina partì con una sgommata.
Per tutto il viaggio non parlai e mi ritrovai a fissare il vuoto, addirittura non ascoltavo ciò che si dicevano Kellan, Kristen e Robert. Percepii solo il “Fermati qui” di Robert. Kellan scese dalla macchina, aprì lo sportello posteriore e cercò di prendermi in braccio, ma mi ancorai ancora di più al collo del mio ragazzo.
< Non preoccuparti, tesoro > mi disse Robert mentre mi baciava la fronte < scendo dalla macchina e ti riprendo tra le mie braccia >
Allentai la presa e mi lasciai prendere in braccio da Kellan, che mi riconsegnò a Robert non appena scese dalla macchina. Entrammo dentro quello che riconobbi essere un hotel, nonostante il mio momentaneo stato catatonico, e Kristen domandò al receptionist una stanza.
< Mitchie, questa sera resteremo qui > mi disse Robert una volta entrati in ascensore.
Annuii e mi strinsi ancora di più a lui, mentre il fattorino ci guardava curioso e, una volta usciti dall'ascensore, ci accompagnò fino a quella che sarebbe stata la nostra camera per la notte.
Robert mi adagiò sul letto, si allontanò per dare la mancia al fattorino e mi tornò accanto.
< Robert, perché non ci riesco? > domandai mentre le lacrime tornavano a scendere dai miei occhi.
< A fare cosa? >
< A svegliarmi da questo orribile incubo. Non funzionano nemmeno i pizzicotti >
Gli mostrai il braccio ormai pieno di lividi e lo guardò, sospirò e me lo accarezzò.
< Mitchie, mi dispiace tanto > disse stendendosi accanto a me e mi cinse la vita con le braccia < vorrei poter dire o fare qualcosa per farti stare meglio >
< Puoi riportare indietro mia madre? > domandai guardandolo negli occhi e un'ombra scura gli segnò gli occhi.
< No >
< E allora risparmiati la fatica di parlare > risposi indossando la maschera di freddezza che ultimamente mi accompagnava, ma ero talmente sconvolta che ricominciai a piangere < la odio >
< Chi? >
< Bianca. La odio >
< Perché dici questo? >
< Perché sapevo che c'era qualcosa che non andava quando mi ha chiesto di andarle a prendere quella dannata cioccolata, lei sapeva che stava per morire e mi ha allontanato con quella scusa patetica! > urlai a pieni polmoni e Robert mi strinse a sé < Perché mi ha fatto questo? Perché mi ha impedito di restarle accanto in quegli ultimi attimi? >
< Lo ha fatto per te >
< Non è vero! > urlai di nuovo < Lo ha fatto per se stessa. Solo ed esclusivamente per lei. È una lurida egoista, non ha voluto me, sua figlia, accanto in quel fottuto momento! >
Mi rannicchiai sul letto e piansi tutte le lacrime che avevo contenuto da quando Bianca era morta fino a che non mi era venuto incontro Robert, mentre lui sussurrò il mio nome e mi strinse a sé, finché stanca per le troppe lacrime versate, non mi addormentai.

 

< Pronto? > sussurrò Robert piano per non svegliarmi, ma ottenne l'esatto opposto < salve, signor Waldorf. Aspetti solo un attimo > disse e cercando di muoversi senza sballottarmi troppo si alzò dal letto e si chiuse in quello che doveva essere il bagno < sì, sono con sua figlia. Ci siamo addormentati che era quasi mattina > gli sentii dire e guardai l'orologio da polso di Robert, che era appoggiato sul comodino, segnare le undici e mezza < mi dispiace, signore, ma non credo sia il caso. Purtroppo Bianca questa notte è morta…no, Michelle è sconvolta…ma certo, glielo dico io…a lei, a presto >
Uscì dal bagno si stese di nuovo accanto a me.
< Cosa ha detto mio padre? >
< Che prenderà il primo volo per Los Angeles > rispose e annuii.
< Puoi farmi un favore? >
< Tutto quello che vuoi? >
Tirai su col naso e mi voltai a guardarlo.
< Potresti telefonare a Jenny e dirglielo? >
< Ma certamente > rispose baciandomi la punta del naso e si alzò per tornare in bagno.
< No! > esclamai afferrandolo per la camicia < Non lasciarmi sola >
Mi fece sistemare meglio tra le sue braccia e cercò il numero di Jenny in rubrica.
< Jenny, sono Robert. È un brutto momento? >
< Robert! > sentii esclamare Jenny < Figurati, sono in giro con le altre. Ma dove è finita la tua fidanzata? Ieri sera ci ha piantate in asso senza darci una spiegazione e non ha nemmeno risposto alle mie telefonate. Dille che sono profondamente offesa! >
Sospirai e presi dalle mani il telefonino prima che Robert potesse dire altro.
< Jenny, Bianca è morta > le dissi con voce rotta e serrai gli occhi per non piangere ancora.
< Cosa? >
< Questa notte > risposi e due lacrime silenziose mi bagnarono le tempie.
< Ora dove sei? >
< In un albergo, ma non so dirti quale. Stiamo per andare in ospedale >
< Io…vuoi che venga? >
< Sì, ti prego >
< Farò il prima possibile >
< Grazie > risposi e spinsi il tasto rosso < Robert, andiamo? >
< Vuoi passare da casa a cambiarti? >
< Non ce la faccio a mettere piede in quella casa > dissi guardandolo supplichevole < ti prego, voglio solo vederla >
Lui annuì e scendemmo fino alla hall, pagò la stanza e dopo aver chiamato un taxi raggiungemmo l'ospedale. Una volta dentro cercammo il dottor Forester e quando lo trovammo, Robert mi disse di andare avanti da sola col dottore e che lui avrebbe aspettato Jenny.
Annuii e seguii Forester scendendo al piano inferiore, dove si trovava l'obitorio dell'ospedale.
< Signorina, è sicura di quello che vuole fare? >
< Sì >
< Sua madre si trova in questa stanza > disse aprendo la porta.
< Grazie >
< La prego, se non dovesse farcela mi chiami >
Annuii una seconda volta ed entrai nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Lei era lì, vestita con una classica vestaglia bianca da ospedale, con le braccia posizionate lungo il suo corpo, con gli occhi chiusi e i capelli neri e cortissimi che sembravano essere appena stati pettinati. Mi morsi la lingua per non piangere mentre mi avvicinavo a lei: da viva o da morta, mia madre era sempre bellissima.
< Ciao, mamma > sussurrai accarezzandole il palmo della mano e aspettai una risposta, la quale non arrivò < perché mi hai allontanata quando ti sei resa conto che stavi per morire? Perché non mi hai voluta accanto a te? > domandai mentre le lacrime avevano ricominciato a bagnarmi le guance < Perché mi hai fatto questo? >
Le ginocchia mi cedettero e mi aggrappai al tavolo per non cadere e il dottore, con dietro Robert e Jenny, venne a soccorrermi.
< Signorina Waldorf, ora è meglio andare >
< Solo un altro minuto > lo pregai < lasciatemi sola un altro minuto con lei >
< Uno solo, noi l'aspetteremo dietro la porta >
Annuii e quando fui sola mi concentrai di nuovo su mia madre. Le presi una mano fredda tra le mie calde e la strinsi, poi chiusi gli occhi e respirai profondamente.
< Dovunque tu sia…io ti voglio bene >
Mi abbassai e posai un bacio sulla sua fronte.
< Ciao, mamma > dissi col magone e dopo averla guardata un'ultima volta uscii per sempre da quella stanza.

 

*****

Lo ammetto, è stato davvero difficile scrivere questo capitolo. Estremamente difficile. E come avevo detto all'inizio, non era in programma.
Ci ho messo tutta me stessa, ho pianto anche io come Michelle, e spero lo abbiate apprezzato, anche se è triste.
Vi ringrazio per i bei commenti, per chi aggiunge la storia tra i preferiti/seguite/da ricordare e per chi mi ha messo tra gli autori preferiti. Mi si riempie il cuore di gioia, grazie. <3

Giulls

   
 
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