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Autore: Manu75    22/09/2006    0 recensioni
Il Torneo Tre Maghi è terminato tragicamente, Lord Voldemort ha fatto ritorno e Severus deve affrontare la prova più difficile della sua vita. Dopo 'Il libro e il falò' e 'Una lunga risalita' l'ultima ff su Severus che chiude la mia trilogia su questo meraviglioso personaggio.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton, Voldemort
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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'Il rosso e l’azzurro di una prigionia'

 
PRIMA PARTE

 

I corridoi della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts erano deserti e non un solo rumore rompeva il silenzio innaturale di quella notte di giugno. Una cappa pesante sembrava avvolgere il vecchio ed imponente edificio, che si stagliava greve nel buio, illuminato solo dai raggi della luna.
L’ombra di un qualcosa di cupo sembrava aver zittito persino gli animali notturni.
Non fosse stato per la leggera brezza che accarezzava a tratti le fronde degli alberi e increspava leggermente la superficie del Lago Nero, si sarebbe detto che un Incantesimo Congelante fosse stato gettato sulla scuola e su tutto ciò che la circondava. 
In quell’atmosfera desolata, nell’infermeria della scuola, un gruppetto di persone stava riunita intorno ad un letto, isolato dagli altri da una tenda paravento.
Delle candele illuminavano tremolanti la stanza.
Sul letto giaceva, semisdraiato, un ragazzo sui quindici anni, i capelli neri arruffati, gli occhi verdi che brillavano dietro un paio di occhiali dalle lenti rotonde. Il viso e il corpo magri del ragazzo portavano i segni di una lotta recente, l’espressione sul suo volto era di esausta, incredula, disperazione.
Il ragazzo e le persone che gli erano attorno, una mezza dozzina, avevano gli occhi puntati su due figure leggermente discoste dalle altre, in piedi, l’una di fronte all’altra quasi al centro della stanza.
Il Preside di Hogwarts Albus Silente, un uomo molto anziano, alto e dall’aria energica, stava ritto coi lunghi capelli d’argento che catturavano la luce delle candele di fronte ad un uomo più giovane, un uomo dai lunghi capelli neri che gli incorniciavano un volto aguzzo, dominato da un lungo naso aquilino.
- Severus - stava dicendo Silente, - sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto….se sei in grado…..-
- Lo sono -, rispose prontamente, con voce bassa ma decisa, l’uomo dai capelli corvini.
Gli occhi azzurri di Silente, così chiari e limpidi che facevano apparire torbida ogni cosa sui quali si posavano, si incatenarono per un secondo a quelli neri e stranamente bui di Severus Snape.
- Allora, buona fortuna.- mormorò Silente.
Severus girò sui tacchi e, senza degnare nessuno di uno sguardo né tanto meno rivolgere un saluto ad alcuno, varcò l’uscita dell’Infermeria e sparì, sentendosi addosso lo sguardo del vecchio Preside, che sembrava quasi bruciargli la nuca.


Dunque, lui era tornato.
Severus sentiva le tempie pulsare veloci, allo stesso ritmo del suo cuore, mentre percorreva i corridoi bui e deserti della scuola.
Respirando a fondo, fece ordine nei propri pensieri, controllando l’emozione che saliva ad ondate. Cercando di dominare la paura e la sottile angoscia che gli si annidavano dentro. Nonostante non nutrisse dubbi sul fatto che l’Oscuro Signore fosse infine tornato, provava una strana sensazione di irrealtà.
Eppure si era preparato a questo per quasi quattordici anni.
Continuò a camminare con passo svelto e deciso. Giunto quasi nell’atrio della scuola, deviò e si immise nel sotterraneo che portava al suo Studio. La stanza cupa che era sua da quando era divenuto insegnante di Pozioni.
Una volta giuntovi, si guardò attorno. La stanza era illuminata da un’unica candela, la cui luce era resa quasi perenne da un semplice incantesimo. Danzando, le fiamme illuminavano le pareti umide ricoperte da scaffali di libri e da una moltitudine di contenitori trasparenti, colmi di liquidi verdastri nei quali galleggiavano sinistramentestrani ed inquietanti esseri. Gettò un ultimo sguardo a quell'ambiente così familiare, recuperò il proprio mantello nero e quindi, dopo esserselo avvolto addosso, si chiuse la porta alle spalle.
Ripercorse il lungo sotterraneo e, giunto nell’atrio della scuola, aprì il pesante portone di legno e uscì nella notte.
Una volta all’aperto, Severus s’incamminò lungo la strada che portava al grande cancello d’ingresso che delimitava il perimetro della scuola. Ai lati del pesante cancello in ferro si ergevano due alte colonne sormontate da altrettante statue in pietra, raffiguranti dei cinghiali alati.
I guardiani silenziosi di Hogwarts.
Giuntovi davanti, Severus estrasse la propria bacchetta e con un solo, leggero, movimento del polso sciolse l’Incantesimo che permeava il cancello stesso. Una volta aperto lo attraversò, richiudendolo e sigillandolo nuovamente in un istante.
In quel momento chiunque si trovava al di là di quelle austere sbarre di ferro, chiunque si trovava ad Hogwarts, vicino ad Albus Silente, era al sicuro.
E lui era la fuori.
Respirò a fondo l’aria fresca della notte e, nuovamente, riordinò i propri pensieri ponendoli in invisibili cassetti, serrati e celati nella sua mente.
Al momento opportuno solo alcuni di quei cassetti si sarebbero lasciati aprire, gli altri sarebbero rimasti inaccessibili.
Chiuse gli occhi, con la brezza notturna che gli accarezzava il volto e gli agitava la nera veste intorno al corpo e, in un istante, si smaterializzò.


Quando riaprì gli occhi si trovava dinnanzi ad un altro cancello, in un luogo lontanissimo. Questo cancello era arrugginito e dietro ad esso si estendeva un giardino incolto e, infine, illuminata dai raggi della luna, si ergeva una casa, anch’esse vecchia e trascurata. Se non fosse stato per un luce fioca che baluginava a tratti dietro una finestra, si sarebbe detta disabitata.
Severus l’osservo per un istante, estrasse la bacchetta e mormorando qualcosa la avvicinò cautamente alla serratura del vecchio cancello arrugginito, non accadde nulla. Senza più esitare lo spinse ed entrò.
Camminava a passi decisi, il mantello nero che svolazzava alle sue spalle gli conferiva un’aria sinistra e misteriosa che ben si accordava a quel luogo, il volto pallido sembrava riflettere la luna. Giunto davanti alla vecchia porta d’ingresso la studiò un istante. Non sembravano esserci Incantesimi protettivi nemmeno lì. Lentamente afferrò la maniglia e la spinse. La porta cigolò stancamente, aprendosi su un ingresso semibuio che odorava di legno marcio. Severus mosse un passo e le assi del pavimento scricchiolarono sotto i suoi piedi.
Scrutò nell’oscurità, cercando di abituare gli occhi a quel buio, che era quasi totale, nonostante la luna filtrasse a tratti delle assi che saldavano le imposte. Dopo aver riflettuto un secondo, mormorò “Lumus” e la punta della sua bacchetta si accese di luce all’istante, illuminando l’entrata quasi a giorno. Gettò uno sguardo intorno, poi qualcosa ai suoi piedi si mosse e, mentre il suo cuore mancava di una battito, vide un lungo, enorme serpente strisciare quietamente verso di lui. Severus rimase immobile mentre l’orrendo rettile si fermava ai suoi piedi, facendo saettare la lingua biforcuta. Sembrava studiarlo con gli occhi luccicanti, in una raggelante espressione di curiosità. .
Dopo quell'esame, durato qualche secondo, il serpente si voltò pigramente e, strisciando attraverso l’ingresso, raggiunse le scale malandate, cominciando a risalirle.
Severus colto da un presentimento mormorò “Nox” e il buio ridiscese intorno a lui. Allora ripose la bacchetta nella tasca interna del mantello, in modo che fosse facilmente raggiungibile e seguì il sinistro rettile lungo la scalinata.
Ogni passo che muoveva sembrava potesse essere quello decisivo a far sprofondare i gradini, che sembravano reggerlo a stento, mentre non un solo rumore si levava dalle vecchie assi marce al passaggio del serpente.
Giunto in cima alle scale, Severus gettò uno sguardo a destra e poi a sinistra e colse nuovamente il movimento strisciante della sua, inconsueta, guida. Si incamminò dietro quell'impressionante essere, attraversando il lungo corridoio. Man mano che procedeva il chiarore sembrava accrescere, il riverbero di una debole luce giungeva dalla stanza che si stagliava proprio alla fine del lungo percorso.
Severus si irrigidì leggermente e accarezzò la sagoma della sua bacchetta, attraverso il tessuto del mantello. Ma non la estrasse e non rallentò di un passo.
L’enorme rettile che lo precedeva strisciò, con un guizzo elegante, oltre la porta semiaperta, sparendo dalla sua vista.
Dunque egli si trovava oltre quella barriera sottile.
Severus dominò i propri pensieri, il volto deciso, lo sguardo fermo, le mani fredde, giunse infine davanti alla porta di legno scuro da dietro la quale non proveniva alcun rumore.
Si fermò un solo istante, avvertendo prepotentemente la presenza di colui che lo attendeva aldilà, in quella stanza dove stava per decidersi la sua sorte, stava per compiersi il suo destino.
Un destino che non era più nelle sue mani. Come non lo era ormai da molto tempo.
Spinse la porta con delicatezza ed entrò.


 
FINE PRIMA PARTE
 

 
  
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