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Autore: Melanto    16/02/2012    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 12: I Briganti di Ghoia (parte V)

Ghoia, Dogato di Tha Cerròs – Regno degli Ozora, Terre del Sud Centro-occidentali

“L’avevano sbattuto fuori in malo modo! Per poco la levatrice Flòria non lo prendeva a calci nel sedere! Ma Bashaar era testardo e ha cominciato a girare tutt’intorno alla casa per riuscire a sbirciare da una finestra qualsiasi. Per tutti i diavoli, Arya gridava forte!” Zedečka Hansen era seduto in maniera scomposta davanti all’ennesimo bicchiere di liquore. La mano appoggiata sulla testa del fido bastone e lo sguardo concentrato mentre raccontava. “Io e Alevhar eravamo sotto al portico, a guardarci con rassegnazione. A un tratto, all’ennesima finestra chiusa sul naso, Bash arrivò col passo d’un bisonte e l’espressione inviperita. Ci guardò in un modo che sembrava pronto a sfondare la porta con Dolore e Vendetta alla mano e invece incrociò le braccia al petto e disse: ‘Cazzo! Speriamo non sia femmina!’
Con la mano colpì sonoramente la superficie del tavolo facendo tintinnare pericolosamente i bicchieri e la bottiglia quasi vuota. La sua risata piena rimbombò per tutta la sala, mentre Haruko scuoteva il capo.
“Oddee, e chi se lo dimentica. Ero nella stanza con Arya, nostro padre e Flòria: poverina, andava avanti e indietro per tenere Bashaar alla larga” rideva l’ostessa.
Yuzo aveva le labbra piegate in un sorriso che però non riusciva a snudare i denti; era controllato, forse troppo distante.
Era una sensazione strana ascoltare storie sulla propria nascita, su suo padre e sua madre. Memorie. Ricordi. Ricordi che lui non aveva e che, per quanto glieli avessero raccontati, non avrebbero mai potuto appartenergli fino in fondo. Sarebbero rimasti episodi affidati a bocche estranee. Erano così amari.
Eppure sorrise ugualmente, perché nonostante tutto sembravano capaci di dare un corpo – per quanto amorfo – al passato che aveva sempre rifiutato di conoscere. E più Zed parlava, più la forma sembrava divenire, anche se solo apparentemente, nitida e chiara. Senza voltarsi, fece scivolare la mano al suo fianco, trovando la gamba di Mamoru. Adagio afferrò il lembo della sua maglia e lo strinse. Sapere di averlo vicino riusciva a tenere a bada l’ansia e la tensione.
Dal canto suo, la Fiamma mosse lo sguardo prima alla mano e poi al volante, il cui profilo era puntato su Zedečka. Percepiva il suo disagio.
Con discrezione disincrociò le braccia, allungandone uno sulla spalliera del compagno; gli pose la mano sulla schiena e questo sembrò che lo rilassasse.
Nel frattempo, il brigante si era poggiato contro lo schienale, sospirando. L’eco della risata ancora tra le labbra. “Eeeh, Bash non andava affatto d’accordo con le donne” disse, agitando l’indice in direzione del volante. “E magari dopo anni passati a Bàkaras, in cui il massimo dell’interazione era uccidersi a vicenda, era anche comprensibile. Insomma, peccavamo tutti di buone maniere, ma Bash non sapeva proprio trattarle. Ci litigava sempre.” Ridacchiò. “Il suo primo incontro con Arya non può di certo essere annoverato nei massimi esempi di cortesia ed educazione. Tua zia te l’avrà raccontato, immagino.”
Yuzo annuì: suo padre le aveva puntato un pugnale alla gola minacciando di ucciderla se avesse provato a urlare.
Zed sollevò le mani, con solennità e ironia. “Beh, quello era Bash! Un vero modello di cavalleria fatta e finita!” E giù un’altra risata. Poi scosse il capo; l’espressione si fece più nostalgica. “Ma Arya… eh, Arya non era come tutte le altre. Lei era speciale.” Inspirò, fece vagare l’unico occhio per l’ambiente senza fermarlo in nessun posto, come stesse raccogliendo le idee, ed espirò. I tratti induriti. “Era troppo buona. Troppo ottimista e troppo fiduciosa. Credeva che nessun uomo potesse essere crudele fino in fondo e che anche quel poco di bene che aveva potesse essere tirato fuori. Non ci ha mai giudicato per quello che eravamo: evasi, assassini, dimenticati dalla società e usati come carne da macello per il divertimento altrui. Ci guardava vedendo solo degli uomini che cercavano un posto dove stare per poter ricostruire una vita, o quanto di più simile a una vita potessimo tendere. Ci ha insegnato a coltivare la terra, a prenderci cura di noi stessi quasi fosse nostra madre o una sorella. Ha curato le nostre ferite in seguito all’evasione preoccupandosi anche di tutte le cicatrici che i combattimenti ci avevano lasciato. Ed erano tante, sai, ragazzo?” Zedečka si versò altre tre dita di liquore, sollevando il bicchiere per guardare il liquido attraverso la fiamma della candela che continuava a bruciare sul tavolo.
Yuzo lo ascoltava in silenzio e, sì, sapeva che erano tante, troppe. L’immagine del dipinto, del volto di suo padre, dei segni che era riuscito a vedere sulla pelle scoperta gli tornarono alla mente.
“Non c’era una parte del corpo di Bashaar che non fosse marchiata. E lui se li ricordava tutti.” Zed annuì adagio, il bicchiere che oscillava ancora nella mano. “Ricordava a memoria i nomi di tutte le persone che aveva ucciso e che gli avevano lasciato una traccia sulla pelle. Ma non domandarmi perché li tenesse a mente, non gliel’ho mai chiesto e sono sicuro che non mi avrebbe mai risposto.”
“Già…” Haruko vuotò il fondo della bottiglia nel proprio bicchierino.
Nella sala erano rimasti solo loro assieme ai quattro Elementi. Il resto degli abitanti era preso dal far allontanare le donne e i bambini per la loro sicurezza, mentre l’ostessa si era intestardita a voler restare: avrebbe affrontato Van Saal assieme a tutti gli altri, così come Arya prima di lei.
“Ricordo che un giorno, Bash si accorse che fissavo quella cicatrice che aveva sul collo, a forma di ‘V’. Le sue ferite mi incuriosivano e spaventavano al contempo. Pensavo che fosse forte per essere sopravvissuto, ma poi mi chiedevo quanto avessero fatto male. Non attese che gli ponessi alcuna domanda e senza guardarmi mi disse che gliel’aveva lasciata un tizio di nome Hamura, ma che non era stato così fortunato da fargliene una seconda. Lì per lì non compresi cosa volesse dire.”
“Ah! Hamura!” Hansen buttò il capo all’indietro. “Me lo ricordo. Bash gli bucò la gola con il pugnale. Quanto doveva avere avuto all’epoca? Quindici anni?” Si strinse nelle spalle. “Sì, qualcosa di simile. Già da tre l’avevano costretto a scendere nell’arena dei combattimenti.”
Doveva essere stata una vita orribile. Per quanto si sforzasse di immaginarla, Yuzo era convinto che fosse stata cento volte peggiore. Un’infanzia passata a vedere la propria dignità calpestata come fosse inesistente, come non fosse un uomo, ma solo un animale agli ordini altrui. Il pensiero gli fece male, ma non disse nulla.
Zed scosse il capo, tornando a sorridere e cambiando discorso.
“Arya era una donna rara, come ti dicevo, e Bashaar, per quanto si pavoneggiasse d’esser refrattario alle femmine, dovette alzare bandiera bianca con lei. Era l’incarnazione di tutto ciò che, entrando a Bàkaras, aveva perduto: la vita. Nel senso più ampio del termine.” Buttò giù il liquore con un solo sorso deciso. “Lei aveva sempre saputo che saresti stato un maschio. Fin dal primo momento. La vedevo spesso sotto al portico di casa, sul dondolo. Non aveva occhi che per te e passava le ore a cantarti una vecchia ninnananna di queste zone.” Fece schioccare le dita, non riuscendo a ricordare con chiarezza. “Come si chiamava? Sognando qualcosa…”
Sognando i miei sogni…” Yuzo lo sussurrò con una nota di sconcerto nella voce.
“Sì! Esatto! Quella! Te la cantava sempre per farti addormentare e tu crollavi come un ghiro in letargo” rise, mentre al volante veniva da piangere.
Quella canzone… quella che, da bambino, si canticchiava per farsi compagnia? Quella che aveva cantato anche a Yoshiko e che usava per far addormentare i suoi fratelli d’Aria più piccoli? Quella canzone… gliela cantava lei? Era da lei che l’aveva sentita e non all’orfanotrofio come aveva creduto?
Sentì le lacrime affollarsi agli occhi e le scacciò, facendo vagare le iridi per la stanza e poi fermandole al suolo.
Gliela cantava lei e lui l’aveva dimenticato. Come aveva potuto farle una cosa simile?
“La Natura era la sua casa, non per niente era un’Erborista eccezionale. La sua simbiosi col mondo era tale che fece scegliere alla natura il tuo nome.”
Teppei inclinò il capo di lato, grattandosi i ricci. “In che senso?”
“Nel senso che disse che era stato il vento a suggerirglielo, durante una passeggiata nella foresta. Ancora prima che Yuzo nascesse.” Zedečka tornò a guardare il volante. “Le Foreste Lulha sono molto fitte e l’aria che filtra riesce a produrre dei suoni particolari sfregando contro la vegetazione. A volte sembra quasi che parli.”
Yuzo lo guardò nuovamente con un certo stupore.
“Bash non ebbe nulla da ridire, anzi. Devi sapere che tuo padre non era un uomo di fede. Figurarsi, dopo una vita come la nostra, beh, qualche dubbio che le Dee esistano davvero viene eccome. Anche più di uno. Però lui diceva che, tra tutti, l’Elemento che sentiva più affine era l’Aria perché in esso rivedeva la libertà che gli era stata strappata e a cui tendeva. Per questo, quando Arya gli disse che il nome per te glielo aveva suggerito il vento non si oppose, ma ne fu entusiasta: per lui era un augurio, quello che tu potessi essere sempre libero come lui non era mai stato.” Zed accentuò il sorriso, velandolo di una divertita ironia. “Non penso si sarebbero mai aspettati che potessi divenire addirittura un Elemento d’Aria. Il destino è proprio incredibile.”
Yuzo sorrise a sua volta, abbassando lo sguardo. Il suo nome scelto dal vento, suo padre che non credeva né pregava, ma si sentiva affine all’aria. Sì, il destino era incredibile.
Con amarezza strinse ancora di più la stoffa della maglia indossata da Mamoru. Quest’ultimo se ne accorse e gli rivolse nuovamente la coda dell’occhio. Nel profilo dello sguardo, fisso in un punto, e nelle labbra piegate in un sorriso doloroso decise che per quella sera poteva bastare e che era meglio se il volante andava a riposarsi per riuscire a metabolizzare, nel sonno, tutte le informazioni che lo avevano quasi sommerso.
“Si è fatto tardi, penso sia il caso di andare a dormire.” Lo disse con tono solenne che era più un’affermazione che una proposta: qualsiasi cosa avessero deciso gli altri, lui e Yuzo avrebbero imboccato la strada per la loro camera. “Domani sarà una lunga giornata.” Guardò il giovane d’Aria e questi annuì con una certa decisione, quasi non avesse aspettato altro per tutto il tempo; doveva essere esausto e doveva avere la testa piena di troppe cose, troppe notizie, troppe storie e troppe emozioni.
Anche Zedečka fu concorde. “Hai ragione, non avevo notato che si fosse fatto così tardi.”
“Ho fatto preparare una stanza anche per te, Zed” spiegò Haruko, alzandosi. Afferrò la bottiglia vuota e i bicchieri abbandonati sul tavolo con praticità e si diresse alle cucine. “E’ quella accanto alla camera di Yuzo e Mamoru.”
“Oh, benissimo. Allora fatemi strada, gioventù.” Con un po’ di fatica fece forza sul bastone per riuscire ad alzarsi. La sua grande mole era difficile da spostare con una gamba fuori-uso, ma in vent’anni aveva cominciato a farci l’abitudine.
Hajime e Teppei li precedettero lungo le scale e furono anche i primi a raggiungere la stanza che si trovava proprio alla sommità della rampa.
Il Tritone appoggiò una mano sul braccio del volante. Gli sorrise. “Cerca di dormire, va bene? Se avessi bisogno di qualcosa, io e Teppei siamo qui, e Mamoru ce l’hai accanto. Non esitare a buttarlo giù dal letto.”
Il tyrano ridacchiò divertito e anche Yuzo accennò un sorriso, limitandosi ad annuire.
“Ah, ah. Che simpatica sardina” borbottò invece la Fiamma, avanzando verso la propria stanza. Subito seguita da quella di Zedečka.
Mamoru entrò per primo, accennando un saluto al vecchio brigante. Yuzo lo raggiunse in un attimo, ma Zed lo fermò prima che entrasse.
“Un momento solo, ragazzo. Concedimi l’ultimo minuto. Solo io e te.”
Si allontanarono dalla porta non prima che il volante avesse rivolto un’occhiata fugace al compagno di Fuoco, quasi a cercare la sua approvazione. Il giovane annuì impercettibilmente e socchiuse l’uscio, per lasciarli soli.
Yuzo e Zedečka si fermarono all’altro lato del corridoio; la mole del brigante sovrastava completamente quella dell’Elemento, facendolo apparire addirittura minuto. L’uomo gli poggiò una mano sulla spalla, accigliandosi.
“Lo so che senti il peso di come tutti ti guardano, qui in città. Si aspettano grandi cose perché sei il figlio di Bashaar, ma sappi che non devi preoccuparti: ignorali e pensa solo a quello che senti sia più giusto fare. Non sei Bash e anche se le Dee ti hanno appiccicato la sua faccia, di carattere sei uguale ad Arya. Non forzare la tua natura e non sentirti in dovere verso nessuno, questa non è la tua guerra e a noi basta solo che tu sia qui, fisicamente.” Inspirò a fondo, spostando lo sguardo al pavimento. Poi tornò a sollevarlo verso di lui. “Era la forza quella che ci mancava per poter reagire. Alla morte di Bashaar e degli altri l’avevamo persa del tutto, ma vedere te, pensare che in qualche modo loro siano tornati per combattere con noi di nuovo, ci basta e avanza per poter credere di riuscire a vincere, questa volta. Basta che ci sei; al resto possiamo pensare noi.”
Gli stava offrendo una scappatoia per lavarsene le mani e non prendersi responsabilità. Zed forse non se ne rendeva conto, ma era proprio questo che Yuzo leggeva nelle sue parole. L’ennesima scorciatoia, via di fuga. Sarebbe stato facile, eppure il solo pensiero di mettersi all’angolo come spettatore lo innervosiva.
Zed gli diede una leggera pacca sulla spalla. “Buonanotte, figliolo.”
Yuzo lo osservò arrancare con il bastone e quando fu davanti alla porta della stanza decise di fermarlo ancora una volta.
“Zedečka”, strinse i pugni lungo i fianchi, “hai perso qualcuno vent’anni fa? Oltre… oltre ai tuoi amici.”
Le labbra non si riuscivano a vedere da sotto i baffi, quindi non comprese bene l’espressione che fece, ma gli occhi e la voce restituirono il senso di dolore e rassegnazione che venivano soffocati strenuamente per impedirsi di cedere.
“Mia moglie e mia figlia.”
Lui abbassò lo sguardo, annuendo piano. “Capisco.”
“Non pensarci e riposati” disse infine, varcando la soglia della camera e richiudendo la porta sull’ultima frase: “Qualunque sia l’esito, domani a quest’ora sarà tutto finito.”
E Yuzo si rese conto che per lui non sarebbe finito nulla e che per quanto Zedečka dicesse che non fosse la sua guerra, la terra aveva sepolto tra i morti anche le persone a lui care.
Con lo sguardo basso entrò in stanza e prese a cambiarsi senza dire niente.

Hajime si accorse subito di come Teppei avesse cambiato espressione una volta che furono da soli in camera.
Subito dopo aver salutato Yuzo, l’aveva visto dirigersi alla finestra e lì restava ancora, a sbirciare il fermento di Ghoia oltre i vetri. Nonostante l’ora tarda, la città era sveglia e vigile, frenetica. Non c’era tempo da perdere e non importava che fosse notte, il buio non sarebbe stato un ostacolo.
Il Tritone l’osservò, muovendosi per la camera senza però prestare attenzione a ciò che faceva.
“Che cos’hai?” Si decise a chiedere, alla fine.
Teppei fece spallucce, senza distogliere lo sguardo. “Nulla. Cosa vuoi che abbia?”
Ma la sua espressione avvilita non poteva ingannarlo. Il tyrano non era mai stato bravo a raccontare bugie, quello che mentiva alla perfezione era sempre stato lui.
Piano gli si fece vicino, fermandosi al suo fianco. Non disse né chiese nulla. Sapeva di non averne bisogno, perché Teppei non era un tipo che andava pregato per tirargli fuori dubbi e incertezze; e poi, lui le capiva al volo anche quando non le diceva e a Rhanka glielo aveva dimostrato.
“Non è giusto” confessò il tyrano. Gli occhi fissi all’esterno. “Tutto questo non è giusto.”
“Non si tratta di giustizia, ma di destino.”
“E allora è un destino infame! Non bastava quello che era successo a Sendai?!” Teppei scosse il capo. Chiuse il pugno sul vetro e vi poggiò la fronte. “Ho sempre pensato che dietro eventi così grandi e dolorosi ci fossero per forza le Dee. Non li evitano perché deve esserci una ragione fondamentale se avvengono, ma… ma allo stesso tempo non posso non pensare che loro si stiano solo divertendo alle nostre spalle. E questo è orribile, per un Elemento.”
“Le Dee ci hanno lasciati liberi e il destino appartiene solo a noi. Siamo sempre noi uomini che facciamo del male. Non le Dee.”
“E quale consolazione dovrei trovare nell’idea di Divinità che restano a guardare dall’alto con indifferenza?”
Hajime sospirò, passandogli una mano nella folta chioma, riccia e morbida, ma non rispose. In quel momento Teppei non aveva bisogno di fare filosofia elementale, ma solo di sfogarsi un po’.
“Yuzo non se lo merita tutto questo.”
“Lo so.”
“E questa sensazione di impotenza perché non possiamo fare nulla mi snerva. E mi fa rabbia. Non vorrei mai vedere soffrire i miei amici.”
“Ma c’è qualcosa che possiamo fare. Non è molto, ma è tutto ciò che ci resta.”
Teppei si decise a rivolgergli lo sguardo. Il viso restituì un’espressione abbattuta. “E cosa?”
“Restargli vicino. Come abbiamo fatto a Sendai.”
“Forse non è sufficiente… come non lo è stato allora.” Il lungo sospiro del tyrano si infranse contro il vetro, appannandolo leggermente. “Credi che non me ne sia accorto? Solo perché cerco sempre di scherzare o di mantenere l’atmosfera leggera non significa che non veda le cose. Il peso di quello che è successo lo angoscia e in tutto questo tempo la situazione non è cambiata. Poi… poi non ne parla e continua a soffrire da solo.”
Dai capelli, Hajime fece scivolare la mano sulla spalla, stringendola per infondere fiducia all’amico di sempre. “Se non vuole parlarne, forse è perché non si sente pronto per condividerlo con noi. Dobbiamo rispettare i suoi tempi, per questo dico che non possiamo fare altro che stargli vicino. E poi io non credo che sia inutile.”
“Speriamo” sospirò di nuovo il tyrano, scansandosi definitivamente dal vetro per guardare il compagno. “E se dormissimo tutti insieme, stanotte? Così gli facciamo compagnia.”
Hajime inclinò il capo di lato, sul volto aleggiò un sorriso divertito. Teppei aveva davvero un cuore grande e anche se era un rozzo Elemento di Terra, certe volte, con la testa dura e che spaccava pietre a mani nude, sapeva mostrare un lato tenero insospettabile.
Con affetto, gli spettinò i ricci. “E’ un pensiero carino, ma non credo ce ne sia bisogno. Non dimenticare che c’è Mamoru con lui.”
“Ah, beh. Signor Cinico col Tatto da Elefante. Come dire ‘dalla padella alla brace’” borbottò il tyrano, incrociando le braccia e mettendo il broncio. “Finisce che lo demoralizza ancora di più.” Si impuntò, ma il ghigno di Hajime gli fece inarcare un sopracciglio. “Non mi piace l’espressione che stai facendo…”
“Ma allora non vedi proprio tutto come dici.” Il Tritone si sfregò le mani, nascondendo un piglio furbetto dietro il ciuffo ribelle.
“Che vorresti dire?!”
“Mah, niente… perché toglierti il gusto di scoprirlo da solo” rise ancora, allontanandosi verso il proprio letto, con Teppei che lo tampinava.
“Cosa dovrei scoprire?!”
“Ci arriverai.”
“Naaaa! E dimmelo!”
Ma Hajime aveva già deciso che non avrebbe aperto bocca, curioso di sapere come si sarebbe evoluta la situazione. Però di una cosa era certo: in quel momento, l’unica persona che poteva avvicinare Yuzo e provare a fargli aprire il suo cuore era la Fiamma. E nessun altro.

Una volta che il volante fu entrato in camera, Mamoru ne osservò i movimenti in silenzio e non gli piaceva vederlo così taciturno. Così come non gli piacevano quell’espressione e quello sguardo spenti. Sembrava che tutta la sua vitalità fosse scivolata via dagli occhi assieme alle lacrime.
Fin dal loro rientro alla locanda, poi, Yuzo si era lasciato attraversare dagli eventi; passivamente aveva ascoltato chi gli stava intorno, compreso Hansen, e aveva percepito nettamente il modo in cui aveva continuato a cercare la sua presenza accanto a sé. Presenza che non gli aveva fatto mancare per un solo istante. Per il resto, Yuzo sembrava un corpo vuoto alla ricerca di un’anima.
Uccellino.” Lo chiamò, attirandosi le sue iridi; stava richiudendo l’ultimo bottone del pigiama.
Lentamente, Mamoru gli fece spazio nel proprio letto e il volante lo osservò perplesso.
“Hai freddo?”
“No, non è per quello” scosse il capo la Fiamma, abbozzando un sorriso ironico.
Per un momento, Yuzo non riuscì a capire, poi le labbra si distesero con affetto e gratitudine sinceri. “Ti ringrazio del pensiero, ma non preoccuparti. Sto bene, davvero.” Anche se il suo sguardo sembrava dire tutt’altro.
“Sei sicuro?”
“Sì. E’ tutto a posto.”
Mamoru continuò a seguirne i movimenti, il modo in cui le labbra venivano abbandonate senza espressione, il modo in cui si muoveva per la camera così lentamente che sembrava avesse avuto macigni al posto delle gambe. Trascinava il proprio corpo come una zattera alla deriva: le onde la spingevano a riva e la risacca la riportava indietro per farla sbattere di nuovo, ma la zattera non si ribellava, continuando a essere contesa dallo sciabordio. Per Yuzo era la stessa cosa, gli eventi attorno a lui e le emozioni dentro di lui erano onde e risacca. Avanti e indietro lungo una stessa linea. Lo vide scivolare sotto le coperte e spegnere la candela con un soffio leggerissimo.
“Buonanotte” augurò il volante, voltandogli le spalle.
“Sì, buonanotte” rispose senza convinzione, troppo preso dall’osservare come si rannicchiasse sotto le coperte. Dava quasi l’idea di voler farsi più piccolo possibile per scomparire; le coltri erano arrivate a coprirlo fin sopra la testa.
Caricò lo sguardo di decisione e astio. Lo stava facendo di nuovo, quasi senza accorgersene; si stava isolando ancora, comprimeva la sofferenza dentro di sé per affrontarla da solo, ma non ce l’avrebbe fatta, non poteva, non ora che aveva perso tutta la sua forza d’animo. E lui non sarebbe rimasto a guardare mentre altre mura sarebbero tornate a ergersi per intrappolarlo per sempre in quella condizione di angoscia.
Con un gesto deciso si alzò. Non si era mai fatto problemi a usare le maniere forti, di certo non avrebbe cominciato adesso.
Senza alcuna delicatezza sollevò le sue coperte.
“Fammi spazio.”
Yuzo si girò a guardarlo senza capire, mentre lui si sedeva sul bordo e si sdraiava al suo fianco. “Ma che…? Ti ho detto che non ce n’è bisogno!”
Mamoru non sentì ragioni. Inquadrò il suo sguardo nell’oscurità, inarcando un sopracciglio.
“Voglio dormire con te, è un problema?”
Yuzo si rese conto d’essere arrossito, più per il modo diretto che per la proposta in sé, in fondo avevano già condiviso il letto, la cosa non lo sconvolgeva.
“No, certo che-”
“E allora spostati.”
Il volante non seppe che altro replicare, sulle prime, allora si limitò a sospirare, facendosi da parte. Purtroppo, però, quel letto era molto più stretto di quello in cui avevano dormito a Rhanka, e i suoi movimenti furono più calibrati e attenti per non cadere dall’altra parte.
“Come vuoi” capitolò. “Certo che sei incoerente forte, l’altra volta hai fatto tutte quelle storie e ora…” Scosse il capo, decidendo di abbandonare la diatriba. Era troppo stanco anche per discutere con Mamoru, aveva troppi pensieri per la testa e si sentiva svuotato di tutto, quasi gli avessero tolto anche le interiora assieme al cuore e alle emozioni. Tornò a mostrargli la schiena, restando stretto nella sua parte di letto, e non disse altro.
Ma restare in silenzio era l’unica cosa che Mamoru non voleva. Alla Fiamma bastò guardarlo meglio per capire quali fossero le sue necessità, erano evidenti, ma il volante continuava a ignorarle in tutti i modi.
“Guarda che lo so che ne hai bisogno e non devi aver paura di chiedermelo né di ammetterlo.”
“Non capisco di cosa tu stia parlando. Non ho bisogno di niente” rispose l’altro spiccio, lui non demorse e inarcò un sopracciglio.
“Sei proprio un dannato testardo, lo sai?”
Yuzo si mosse, girò il capo e si sollevò un po’, ma quel movimento lo mise in trappola. “Senti chi parla! Anche tu non scherzi e sappi che-”
Le braccia di Mamoru gli scivolarono attorno e lo colsero impreparato quando si chiusero intorno a lui. Lo strinsero con una presa dolce e protettiva. Non era forte, ma sentì che non sarebbe mai riuscito a liberarsene. Avvertì il respiro del compagno scivolare tra l’orecchio e il collo e infine poggiarsi sulla nuca, in un solletico piacevole che gli trasmise un brivido strano. Poi il calore si diramò in tutta la schiena, quando sentì il petto e l’addome dell’altro aderire perfettamente al suo corpo. Anche le mani di Mamoru, che si erano chiuse sulle sue, bloccandole in quella stretta, erano calde. Caldissime.
Yuzo aggrottò le sopracciglia e chiuse gli occhi.
Gli era grato.
Per aver capito anche se non aveva detto nulla, per essere così testardo da aver ignorato i suoi ‘no’ poiché mai come quella notte sentiva il bisogno fisico di rinchiudersi in un abbraccio. E quell’abbraccio lo avvolgeva come un nido, mentre una strana sensazione di déjà-vu gli carezzava la pelle sotto il tessuto leggero degli abiti.
Mamoru lo sentì rilassarsi, il corpo scioglieva la tensione che lo aveva tenuto rigido fino a quel momento. Si calmava, usciva dall’isolamento.
“Parlane con me” sospirò e gli sfiorò la nuca con le labbra. “Se continui a chiuderti in te stesso non ne verrai mai fuori né andrai avanti, ma tornerai costantemente indietro. Accumulerai, soffocherai e soffrirai come adesso. Ogni volta sarà peggiore di quella che l’ha preceduta. Per questo voglio che ne parli. Ogni pensiero che ti passa per la testa, ogni ricordo che senti ti farà piangere, ogni evento che potrà ferirti condividilo; sai benissimo che puoi farlo. E ti basterà chiederlo o anche solo accennarlo e ti abbraccerò tutte le volte che vorrai.”
“Tutte le volte?”
Fu solo un sussurro, ma riuscì a sentirlo chiaramente. Sorrise.
“Tutte le volte.”
Udì Yuzo inspirare a fondo. Respiri ampi che potessero riempire completamente i polmoni e frenare le lacrime. Poi, lo sentì muoversi tra le sue braccia, girarsi e tornare a mostrargli il viso. Diversamente da quanto avvenuto a Rhanka, questa volta si rannicchiò contro di lui consapevolmente e non più nascosto dietro l’incoscienza del sonno. Cercava il contatto, il suo corpo dentro il quale scomparire per un po’.
Mamoru lo lasciò fare. Lasciò che le sue gambe si intrecciassero alle proprie con quei movimenti sensuali e innocenti che aveva già conosciuto ma non dimenticato, lasciò che le sue mani gli scivolassero sul petto con delicatezza e che il viso sfregasse tra il collo e la spalla, alla ricerca del punto più nascosto e protetto. Lasciò che il respiro gli si poggiasse sulla pelle. Aspettò che si fermasse e poi fu lui a muoversi. Mosse le gambe per intrecciarle ancora di più, in modo che gli fosse impossibile fuggire. Gli poggiò il palmo aperto sulla schiena, stringendolo ancora un po’, e poi lo fece scivolare, adagio, in un movimento continuo e rassicurante. L’altra mano, invece, era già tuffata nei capelli corti.
Non parlarono per un tempo che sembrò lungo un’infinità, eppure erano consapevoli che nessuno dei due stesse dormendo.
“Quando hai detto che saresti rimasto al mio fianco… parlavi sul serio?”
Yuzo fu il primo a rompere il silenzio e la sua voce arrivò leggermente ovattata.
Quella domanda lo fece arrossire un po’ nel ricordare quanto fosse stato impulsivo e come non avesse minimamente pensato prima di parlare. Si era esposto così tanto che poteva anche dirgli la verità sui suoi sentimenti e farla finita. Però non lo fece.
“Sì.”
“E cosa succederà quando termineremo la missione? Abbiamo ancora due anni di studio, ognuno di noi tornerà alla propria scuola…” C’era una nota affranta nella voce del volante. Nota che non gli sfuggì e che gli fece perdere un battito lungo la via.
“Guardi già così lontano? Questa missione non mi dà l’idea di qualcosa che possa concludersi presto. È quasi un anno che viaggiamo e poi c’è la guerra…”
“Lo so…”
Mamoru sospirò per la sua rassegnazione. “Cos’è che ti spaventa?”
“I cambiamenti non previsti, le convinzioni disattese. Credere che resterai davvero e poi scoprire che te ne andrai. Resterei solo…”
“Ma tu non sei mai stato solo, Yuzo. Mai. Sei sempre stato circondato da persone che ti vogliono bene sul serio. I tuoi amici, tuo padre.”
“Mio padre non sa tutto…” La voce del volante si era fatta più bassa nel dire quella frase. Suo padre aveva capito che provava dell’astio verso i suoi genitori, ma lui credeva non avesse mai compreso quanto fosse forte; non era mai riuscito a superare la barriera che aveva eretto per difendersi e quindi ignorava anche l’entità del dolore che restava latente e si confondeva nel rancore.
“Perché tu non gli hai permesso di capirlo. È stato il tuo rinchiuderti a isolarti dal resto del mondo, a mantenere una patina che ti separasse dagli altri e ti impedisse di capire quante persone avevi realmente al tuo fianco.” Mamoru non smise di carezzargli i capelli e il suo tono si mantenne calmo, seppur lo stesse rimproverando. “E comunque, si tratterebbe solo per il tempo di finire la scuola. Non sarebbe mica un addio.” Yuzo non sembrava convinto e lui sorrise. “Ti ho mai mentito finora?”
“No.”
“E allora credimi. Mantengo sempre le mie promesse.”
Questo Yuzo non poteva proprio negarlo. Mamoru aveva trascorso gli ultimi quattordici anni della sua vita dietro una promessa e l’aveva portata a termine. Perché avrebbe dovuto disattendere quella?
Le labbra si distesero in un sorriso. Sfregò il volto contro di lui, celandolo un po’ di più.
“Sarebbe perfetto se potessimo rimanere così per sempre” esalò. “Isolati da tutto ciò che può far male, nascosti al mondo… Sarebbe bello.”
Mamoru lasciò un pesante respiro tra i suoi capelli. Le dita scivolavano lungo la schiena, tracciando il percorso della spina dorsale. Arrivavano alla base, oltre la quale nasceva la curva dei glutei e poi risalivano.
Avrebbe voluto andare oltre. Toccarlo ovunque. La linea oltre la quale non sarebbe più potuto tornare indietro era già stata oltrepassata e perduta alle spalle, ma non importava. L’aveva ormai dimenticata.
Avrebbe voluto baciare ogni parte del suo corpo e amarlo. Perché era questo ciò di cui Yuzo aveva bisogno. Amore. Non l’affetto di un amico o di un padre, ma l’amore, quello vero, che non avrebbe potuto spezzarsi nemmeno con tutti gli incantesimi e le armi del mondo. Quella fiducia totale e incondizionata, quella certezza che qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere, la persona amata non lo avrebbe mai abbandonato né tradito. Quella necessità di avere un punto fisso cui guardare per non perdersi nella nebbia e nel buio. Quel legame… che anche lui aveva sempre desiderato e rifuggito al contempo.
A Sendai ne aveva avuto il sentore, ma ora c’era la certezza: erano uguali, pur avendo percorso strade diverse. Talmente simili che non riusciva più a distinguere dove finiva Yuzo e cominciava egli stesso.
Ma questa somiglianza gli faceva male perché non poteva dargli ciò di cui aveva bisogno. Non adesso. Era troppo pericoloso confessare i propri legàmi in un momento così oscuro, era come mostrare il fianco in un combattimento: il rischio di vederli distrutti era alto e poteva uccidere. C’erano delle priorità e andavano alla missione di trovare il Principe e affrontare la Guerra. E non era una scusa per rifuggire i propri sentimenti per la paura di affrontarli, quanto di difenderli e difendere l’altro dall’ennesimo dolore.
Sospirò di nuovo, celando l’amarezza che Yuzo non sembrò cogliere.
“Non è possibile nascondersi in eterno.” Lo diceva a lui, ma anche a sé stesso.
“Sì, lo so. Ma lasciamelo fare questa notte, solo per stanotte. Fammi illudere un’ultima volta, poi domani… domani…”
Quella parola feriva, Mamoru poteva sentirlo, racchiudeva tanti significati che al volante facevano male.
“Domani è un giorno come un altro. Come oggi, come ieri e come quello che lo seguirà.”
“Si aspettano troppo da me. Nei loro occhi c’è la speranza di veder cancellati per sempre questi anni di sofferenza e io… io non so…” Strozzò il fiato nella gola e poi inspirò. “E’ me che hanno di fronte, ma vedono mio padre e so di non essere alla sua altezza.”
“Questo lo credi tu. Hai sempre peccato di fiducia nelle tue capacità.” Sbuffò. “Cosa ti ha detto Hansen?”
“Di non preoccuparmi e di non pensare a quello che gli altri si aspettano da me. E che, dopotutto, questa non è la mia guerra.”
“Ha ragione.” Mamoru lo sorprese tanto che Yuzo aprì gli occhi, tenuti chiusi fino a quel momento. “Anche se magari può sembrare cinico, non hai nessun obbligo verso questa città. Non sei Bashaar e non conta quello che devi, ma quello che vuoi fare. Soprattutto, non dimenticare che il Delegato agisce per conto del Doge, è un’autorità. Sarà pure un bastardo, ma noi non abbiamo il potere di destituirlo dal suo ruolo.”
“Ma… ma hai visto quello che fa agli abitanti?” Il volante si agitò tra le sue braccia, tentando di sollevare la testa per guardarlo negli occhi, però la Fiamma glielo impedì, tenendolo bloccato in quella posizione. “Li fa vivere nel terrore, li prosciuga di tutto ciò che hanno. Come posso fingere che non mi riguardi? Loro sono… sono…” - …la mia gente… -
Mamoru lo strinse un po’ di più, avvertendo nervosismo e indecisione nelle sue parole. Era combattuto perché nonostante fosse giunto a Ghoia solo da quella mattina stava già iniziando a riconoscerla come la città cui appartenere e non poteva ignorare ciò che il Delegato aveva fatto ai suoi genitori e ai briganti.
Eppure si sentiva frenato. Avvertiva il peso del confronto, delle aspettative che gli gravavano sulle spalle e lo lasciavano confuso e frustrato.
“Non lo so, io… io non lo so. Non lo so, non lo so!”
Shhh…” Il tocco della Fiamma lo calmò ancora quasi sapesse come controllare il suo spirito inquieto. “Lascia perdere questi pensieri. Dovresti cercare di dormire e di riposare.”
“Non ci riesco… non riesco a tenerli fuori dalla mia testa. Ci provo, ma tutto resta sempre lì.” Yuzo sbuffò. Era davvero stanco. “Tu conosci un modo per non pensare? Voglio solo questo. Non pensare… chiudere gli occhi e non pensare a niente.”
Ma Mamoru, per quanto anche a lui avrebbe fatto comodo, purtroppo non sapeva come trovare finalmente il silenzio. La Coscienza era un qualcosa che non si poteva zittire o ignorare perché parlava, parlava e parlava senza sosta. Però avrebbe potuto sopraffare la sua voce, coprirla con altre affinché non fosse più una presenza ronzante.
“Pensa alle cose belle” disse, lasciando perplesso l’amico.
“Le cose belle?”
“Sì, i ricordi felici, piacevoli. Se non si può smettere di pensare, almeno prova a considerare qualcosa che non faccia del male. È una soluzione, no?”
Non ne conosceva altre e a Yuzo sembrò bastare.
Mamoru lo sentì inspirare a fondo e ripetere le sue ultime parole come se in quel modo avesse potuto trovare una soluzione.
“Le cose belle…”
Quali erano le sue cose belle? I ricordi di Alastra? Il volo? Le phaluat e la voliera? Suo padre?
La mente tornò indietro, cercando di fare ordine in quella confusione insopportabile, e nel rincorrersi delle risate infantili che si accavallavano allo sbatter d’ali e alla voce del Console, riuscì a tirare fuori il suo primo e vero ricordo felice.
Sorrise, avvertendo per l’ennesima volta gli occhi inumidirsi, ma li ignorò. La voce scivolò dalle labbra appena schiuse e, mentre cantava, riuscì a rivedersi piccolissimo, in braccio a sua madre seduta sul dondolo.
It’s out there, it’s out there… it’s out there if you want me I’ll be here… It’s out there, it’s out there, it’s out there if you want me I’ll be here… I’ll be dreaming my dreams with you, I’ll be dreaming my dreams with you… and there’s no other place, that I lay down my face… I’ll be dreaming my dreams with you…

The CranberriesDreaming my dreams
(Cover version by Shabi Bar & Hadar Ozeri)(1)

 

Lo svegliò il cinguettio di un uccello passato più vicino alla finestra della loro camera. La sua abitudine a essere mattiniero, poi, fece il resto.
Yuzo aprì lentamente un occhio, inquadrando, poco alla volta, il collo scoperto di Mamoru che era ancora immerso nel sonno.
Non ricordò con precisione quando era riuscito ad addormentarsi, ma era quasi certo che le ultime parole sulle sue labbra erano state quelle della ninnananna.
Si mosse adagio, abbandonando il suo piccolo nascondiglio che, per davvero, era stato capace di celarlo al mondo durante quella notte che era stata fin troppo breve.
Doveva alzarsi, ma si trovava così bene tra quelle braccia, che non gli sarebbe dispiaciuto poltrire ancora un po’. Alla fine si sollevò, per nulla intenzionato a dare ancora fastidio al compagno di Fuoco. Già doveva aver dormito scomodamente con lui nel letto; almeno per quelle ultime ore voleva togliersi di torno. Forse, un po’ di aria fresca, col sole che faceva appena capolino sulla linea dell’orizzonte, gli avrebbe fatto bene.
Lentamente si massaggiò gli occhi. Li sentiva ancora pesanti a causa di quel continuo piangere che non era riuscito a controllare, ma da quel momento in poi sarebbe stato diverso. Aveva detto che quella sarebbe stata l’ultima notte in cui si sarebbe crogiolato nell’illusione che tutto fosse perfetto, che il mondo era fuori e lui al sicuro in una dimensione chiusa e intoccabile. Le mura erano già cadute e la perfezione esplosa in un temporale di tuoni e fulmini. Se era proprio quel mondo che avrebbe dovuto affrontare da ora in avanti, quello che faceva male e in cui l’ideale di una vita perfetta non esisteva, allora doveva smetterla di essere debole e prendere nuovamente quel controllo di sé che davanti ai fantasmi del passato si era dissolto.
Si passò una mano sul viso, quasi avesse potuto ancora sentire l’umido delle lacrime rimaste sulla pelle.
A conti fatti, prima degli eventi di Sendai, l’ultima volta che aveva pianto in maniera tanto disperata era stato quando suo padre gli aveva comunicato la notizia che sarebbe divenuto un Cavaliere dell’Onice. Abbozzò un mezzo sorriso ironico a quel ricordo, pensando che fossero passati solo pochi anni, ma già allora avrebbe dovuto capire che la sua vita era stata costruita in una sfera di vetro. E nonostante le lacrime versate allora e quelle versate a Sendai, ne aveva accumulate talmente tante che non riusciva a capacitarsi di come non fosse mai esploso prima, di come avesse fatto a resistere, a ignorare la loro presenza ed essere così cieco da non vedere quanto, davvero, stesse soffrendo. Non esisteva nemico più difficile di sé stessi: conosceva tutti i trucchi per metterti con le spalle al muro. Ma alla fine l’aveva spuntata e ora che s’era liberato, si sentiva come purificato e più leggero, ma debole. E lui non voleva essere debole. Lo doveva alla sua famiglia. A sua madre, suo padre e suo nonno.
Si volse per osservare la figura di Mamoru i cui capelli serpeggiavano indisciplinati sul cuscino e sul viso. Sorrise. Forse non sarebbe mai riuscito a dimostrargli davvero tutta la sua gratitudine perché aveva fatto per lui molto di più di quanto sarebbe mai riuscito a dire.
Aveva sempre cercato di aprirgli gli occhi, di mostrargli l’imperfezione della realtà, ma lui si era incaponito nel vedere solo la luce del sole in un cielo terso, senza notare le ombre che creava dietro gli ostacoli, e quando finalmente era caduto dal suo pilastro di intoccabilità, la Fiamma aveva attutito il colpo e si era fatto carico di accompagnarlo lungo il dolore.
Mamoru era il controllo perduto e la certezza che da tutto quello si poteva uscire.
Yuzo inclinò leggermente il capo e seguì con gli occhi il percorso di una ciocca corvina che scivolava lentamente sul viso dalle linee perfette e leggermente marcate.
Era molto, molto bello. Si corresse e accennò un sorriso: moltissimo. Considerando quanto lo era sua madre, non avrebbe dovuto stupirsene. Lo aveva sempre pensato, ma non gliel’aveva mai detto e poi il ricordo di come i complimenti lo imbarazzassero a morte lo fece sorridere ancora di più. Adagio allungò una mano e le dita spostarono delicatamente la sottile ciocca ribelle. Poi le ritrasse, deciso ad alzarsi, ma un’altra mano, non sua, lo bloccò prima che potesse mettere piede giù dal letto.
“Il sole non è ancora sorto. Torna a dormire.” La Fiamma aveva gli occhi chiusi e il viso affondato nel cuscino.
“Oh, scusami. Ti ho svegliato.”
Nh. Ero già sveglio.” Le dita strette attorno al polso di Yuzo.
“Colpa mia, questo letto non è largo come quello di Rhanka, devi aver dormito malissimo” spiegò il volante. “Mi stavo alzando proprio per quello, per permetterti di riposare come si deve un altro po’.”
“Non te l’ho chiesto. Torna giù.” Sembrò una polemica, ma il tono non era affatto pungente o sarcastico, quanto calmo e leggermente assonnato.
“Ma-”
“E obbedisci!” Mamoru sbuffò rassegnato e lo tirò versò di sé, tanto che al volante non rimase che eseguire. E il modo di rimproverarlo e di dare sempre ordini anche appena sveglio lo fece ridacchiare con un certo gusto, mentre tornava a prender posto tra le sue braccia accoglienti. In quel preciso istante, in cui aveva provato sia il calore della loro stretta che il disagio del distacco, capì perché si trovasse così bene tra di esse.
“Posso dirti una di quelle cose che a te non piace sentire?”
Mamoru gorgogliò una risata. “Se il buon giorno si vede dal mattino, avanti.”
“Il tuo abbraccio mi ricorda Alastra.”
La Fiamma aprì gli occhi di scatto; sveglio del tutto in un attimo.
“E’ la stessa sensazione di protezione e familiarità. Quando ti sono così vicino, mi sembra di essere… a casa.”
Le iridi rimasero spalancate e fisse sui suoi capelli, mentre realizzava che lo aveva associato, paragonato alla cosa più importante che avesse e, quasi per assurdo, lui non era in grado di dare un nome a ciò stava provando in quel preciso istante, sapeva solo che il cuore aveva improvvisamente accelerato i battiti.
“Però, sai cosa? Preferisco essere qui.”
Mamoru deglutì con uno sforzo e a mala pena riuscì a sfoggiare il solito tono pungente.
Tsk. Non l’avresti mai detto fino a poco tempo fa. Sei cambiato, volante.”
“Anche tu” rispose Yuzo prontamente. “Fino a poco tempo fa mi avresti urlato l’impossibile per simili parole.”
“Dovevi per forza farmelo notare, vero?” La risata del volante gli fece il solletico. “E questa? Cosa odono le mie orecchie? Stai ridendo! Udite udite, l’uccellino non ha dimenticato come si fa!” Si divertì a prenderlo in giro ma, dentro, il suono della sua voce venata da una punta di allegria gli sembrò la cosa più bella che avesse mai ascoltato. “Come ti senti?”
Yuzo sospirò.
“Leggero...”
“Ma?”
“...svuotato e indeciso.”
Mamoru avvertì che questa consapevolezza lo metteva in ansia, anche senza guardarlo negli occhi. Lo capiva dalla voce, lo percepiva dal modo di respirare e ogni volta che si rendeva conto di quanto il livello di comprensione verso l’Elemento d’Aria si fosse fatto profondo e forte, ne restava sgomento egli stesso, perché sapeva spiazzarlo.
“Sento che dovrei fare qualcosa, che dovrei… smetterla di essere così… così…” Yuzo sbuffò, cercando di stemperare la frustrazione. Soffiò un sorriso contro il suo collo. “Ma non ti starai mica preoccupando per me, vero?” ridacchiò, aspettandosi la solita risposta acida, tipica di Mamoru, ma la Fiamma non voleva affatto scherzare, non quella volta, e lo capì anche Yuzo.
“Certo che lo sono.”
Il sorriso si dissolse dalle labbra del volante, mentre socchiudeva gli occhi e aggrottava le sopracciglia.
“Non devi” replicò, la voce gli uscì leggerissima. “Ormai sono corazzato.”
“E’ proprio questo che mi preoccupa, Yuzo. Non voglio che tu ti nasconda dietro un nuovo muro. Le mura non proteggono, ma trattengono. I nemici restano sempre dall’altra parte ad aspettare. Aspettano il momento giusto per dare l’assalto, quando nel muro si crea una crepa.”
Quelle parole gli fecero pungere gli occhi, perché sapeva che la Fiamma aveva ragione, che ciò che gli stava dicendo era quello che, inevitabilmente, sarebbe accaduto. Ma un muro che andava in pezzi aveva effetti devastanti, e, ormai, sapeva anche quello.
“Anche io ci sono passato” riprese Mamoru, la voce decisa, seppur senza rimprovero o severità. “Tu lo sai. E sai anche come nascondersi sia inutile. Non scappare.”
Scappare.
Non era quello che aveva fatto per una vita intera?
Rifuggire la realtà, barricarsi nell’isolamento di Alastra e nella sua perfezione serena e tranquilla. Ogni volta che stava male volava via. Anche quello era scappare, scappare dal dolore perché sembrava così enorme da essere un avversario impossibile da affrontare. Lui, poi, non ci aveva mai nemmeno provato, preferiva allontanarsene pensando di poter essere più veloce e seminarlo, ma era impossibile distanziare ciò che viveva dentro di te.
Yuzo tacque e la Fiamma, per un  attimo, pensò d’aver complicato le cose.
Non era più capace di controllare la propria lingua: parlava senza pensare, agiva senza pensare. Tutto quello che gli passava per la testa e per il cuore si mutavano in verbo e le parole che uscivano erano lì a testimoniare come quel legame si facesse a ogni momento più indissolubile e intricato, forte come cento corde unite da altri cento nodi. Poi, il volante emise un sospiro lento che sembrò carezzarlo, provocandogli un leggero brivido lungo la schiena e il desiderio di toccare il suo corpo tornò prepotente a cavalcare l’onda di quel fremito. Desiderio. Era la prima volta che aveva una simile reazione al suo fiato sulla pelle e questo non andava bene. Per un attimo avrebbe tanto voluto saper usare anche lui il famoso Autocontrollo, perché c’era quel fottuto istinto che aveva bisogno di darsi una regolata. E doveva darsela subito.
Con uno sforzo, ignorò tutto il resto e si concentrò solo sulla voce di Yuzo.
“Mamoru.”
“Dimmi.”
“Aiutami.”
“Cosa vuoi fare?”
Sorrise della decisione che avvertì nella voce, una decisione che, piacevolmente, gli ricordò lo Yuzo che a Sundhara era stato disposto a morire pur di salvare un’intera città, lo Yuzo che a Sendai aveva fatto di tutto per allietare gli ultimi giorni della piccola Yoshiko, lo Yuzo che a Dhyla lo aveva messo spalle al muro per affrontare suo padre e il passato.
Lo Yuzo che gli aveva fatto scoprire di nuovo e con forza l’importanza di avere dei legàmi.
Sapeva che, anche quella volta, avrebbe preso l’unica decisione che si sarebbe mai potuto aspettare da lui.
“Vendicarmi. Vendicare loro. Vendicare la gente di Ghoia.”
Dalle labbra di Mamoru scivolò fuori uno sbuffo ironico, pervaso da una punta di perfidia. “Ti sei rivolto alla persona giusta.”
Il volante spalancò gli occhi. Con decisione si divincolò dal suo abbraccio e si mise a sedere. Il viso mostrò un’espressione tra il confuso e il sorpreso. “Vuoi dire… che avevi già un piano prima che io-”
“Per chi mi hai preso, mh? Per uno stupido volante?” replicò Mamoru, allungando un braccio e pungolandogli la fronte con l’indice. “Però dovrai fidarti del sottoscritto” aggiunse, inarcando pericolosamente un sopracciglio.
“Ma io mi sono sempre fidato di te.”
Il ghigno divertito tornò a farsi sorriso sulle labbra della Fiamma e gli occhi neri brillarono alle prime luci che riuscivano a filtrare tra le imposte chiuse.
“Allora lasciami fare.”
La mano si mosse sulle lenzuola per prendergli il polso ancora una volta e tornare a tirarlo giù, tra le sue braccia, e Yuzo si lasciò guidare, di nuovo, docile docile.
“Lasciami fare…”
Il volante gli solleticò il collo con un sorriso quando tornò ad appoggiargli il viso contro la pelle. La sua voce era un mormorio piacevole.
“Ma se ti lascio fare, finisce che ammazzi qualcuno. Come con il Naturalista Hans.”
Mamoru arrossì fino alla punta dei capelli. “E questo chi te l’ha detto?!”
“Oh, sai… un pesciolino ha nuotato fino alla mia porta.”
Seguì un attimo di silenzio e poi uno sbuffo ingrugnato.
“Hajime!”

 

“When it’s black /
Quando è buio
take a little time to hold yourself /
prendi un po’ di tempo per te stesso,
take a little time to feel around /
prendi un po’ di tempo per sentire cosa succede
before it’s gone /
prima che sia passato.

You won’t let go /
Non vuoi lasciarti andare
but you still keep on falling down
ma stai ancora continuando a cadere.
Remember how you saved me now /
Ricorda come mi hai salvato,
from all of my wrongs, yeah /
da tutti i miei sbagli, yeah.

And if there’s love just feel it /
E se c’è amore, sentilo
and if there’s life we’ll see it /
e se c’è vita, la vedremo.
This is no time to be alone, alone, yeah
Non è questo il tempo di essere solo, solo yeah.
I won’t let you go /
Non ti lascerò andare.

Say those words /
Dici quelle parole
say those words like there’s nothing left /
dici quelle parole come se non ci fosse più niente.
Close your eyes and you might begin that there is some way out /
Chiudi i tuoi occhi e potrai iniziare a vedere che c’è una via d’uscita.
Open up /
Aprimi,
open up your heart to me now /
 aprimi il tuo cuore, ora,
let it all come pouring out /
lascia che tutto venga fuori;
there’s nothing I can’t take /
non c’è nulla che non possa prendere.

And if there’s love just feel it /
E se c’è amore, sentilo
and if there’s life we’ll see it /
e se c’è vita, la vedremo.
This is no time to be alone, alone, yeah /
Non è questo il tempo di essere solo, solo yeah.
I won’t let you go /
Non ti lascerò andare.

And if your sky is falling /
E se il tuo cielo sta crollando,
just take my hand and hold it /
prendi la mia mano e stringila.
You don’t have to be alone, alone, yeah /
Non devi essere solo, solo yeah.
I won’t let you go /
Non ti lascerò andare
(Won’t let you go, won’t let you go) /
(non ti lascerò andare, non ti lascerò andare)
And if you feel the failing of the light /
E se senti la mancanza della luce,
and you’re too weak to carry on the fight /
e se sei troppo debole per continuare la lotta
and all your friends that you care for have disappeared /
e tutti gli amici a cui tieni sono scomparsi,
I’ll be here now darling, forever, holding on /
sarò qui, tesoro, per sempre, stringendoti.

James MorrisonI won’t let you go

 


[1]: X3 con questa si spiega pure perché io abbia scelto proprio la voce di Shabi Bar da affidare a Yu-chan. Questa è la mia canzone preferita dei The Cranberries. :3 E sembra davvero la ninna nanna che una madre canterebbe al proprio piccinino (lo hanno detto anche loro); ci vedevo benissimo Arya a cantarla a Yuzo.
Cercando su youtube qualche cover, l'unica eseguita da un uomo è stata questa. Ed era in coppia. E l'altra voce era femminile. E io mi son trovata a pensare: "Yuzo e sua madre", quasi come se la cantassero assieme. T^T mi ha fatto tenerezza e l'ho scelta. XD ecco svelato l'arcano!


\O/ Shame on me! Settimana scorsa mi ero dimenticata di mettere l'immagine di Hansen! °-° All'ultimo momento mi son scordata, così ho deciso di rimediare in questo capitolo: salutate il vecchio Zed, *clicca qui* (inoltre, mi sono accorta che riportando il file in html, mi aveva scritto male il nome di Zed -_-: è Zedečka con la 'č'. Questo cambia la pronuncia del nome: scritto "ck" è un rafforzativo, come "zoCColo", con la "č", questa si legge come 'Ciao' e la "k" come "peCora". Filo a correggere anche nel capitolo precedente :3)


…Il Giardino Elementale…



*-* tornano le scene da letto FTW!!!
XD non posso farne a meno, sono più forti di me, le adoro troppo per non metterle (e ci faranno compagnia almeno un'altra volta ancora nel corso di questa storia *ride*)
Per la cronaca: no, Yuzo non lo sapeva nello specifico come era stato ucciso Hans, per voluta omissione della Fiamma. XD Peccato che Hajime abbia la lingua più lunga del Elementia XDDDD
Dunque, un altro capitolo di preparazione, perché la questione era lunga e il rimuginare su sé stessi anche, e Yuzo non poteva passare dallo sconvolto andante al deciso e senza dubbi come se niente fosse, doveva comunque passare per tutto un percorso (oh, comunque non è deciso e senza dubbi, i dubbi ce li ha lo stesso, ma sa che non potrebbe mai restare a guardare). E poi avevo bisogno di altro tempo e altri momenti per far avvicinare quei due cretini un po' di più, o no?! X3333
Sì, il prossimo capitolo è quello delle mazzate XD So che in molti lo stanno aspettando, ma vi annuncio che è LUNGO, quindi, non vi spaventate quando ve lo troverete davanti, va bene? XD *ha sempre i sali a portata di mano*
Giusto per mantenervi aggiornati con ciò che sto scrivendo: sono già alla terza parte del Capitolo 14 e sto andando anche abbastanza spedita, ergo, non credo subirà ritardi di aggiornamento (sempre Santa Neve che mi ha tenuta a casa praticamente per TUTTO Febbraio XD Non ho fatto altro che scrivere come una macchinetta *-* E ho anche avuto il tempo di impelagarmi in TRE e dico TRE contest diversi XD Ma chi sono?!)

Ah, sì, oltre a consigliarvi tantissimo le canzoni perché son davvero belle, penso che il video della canzone di James Morrison sia stupendo oltre ogni dire. T^T

Ringrazio, come sempre, tutti i miei lettori fidati che non si arrendono e lottano strenuamente - più degli Elementi - per riuscire a vedere la fine di questa fic X3. Giuro, i sequel saranno BREVISSIMI! XDDD \O/ Noooo! Non scappate solo perché avete letto 'sequel'!!! *Mela rincorre i lettori*
:**** grazie a tutti!



Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega
  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki
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