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Autore: TooLateForU    16/02/2012    10 recensioni
“Sto scivolando giù e non c’è nessuno a salvarmi. E io non voglio salvarmi, è questo il punto. Ho bisogno di te, Harry, mi senti? Ho bisogno di te, perché sto toccando il fondo.”
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Scritta in mezz’ora tra le lacrime (?) e in sottofondo Safe and Sound di quella figa di Taylor Swift. That’s all :3
 
 
 
Quando le porte scorrevoli si aprirono l’odore pungente di disinfettante mi arrivò dritto alle narici, ma non storsi neanche il naso.
Ero abituata a quell’odore. Quasi mi piaceva.
Superai a passo deciso ed esperto l’accettazione dell’ospedale, un’infermiera alzò lo sguardo su di me, mi riconobbe e tornò ai suoi affari con un sospiro leggero.
Venni superata da un gruppo di medici che, affannati, trasportava su una barella un corpo insanguinato che decisi di non guardare.
Sangue, disinfettante, morte, disinfettante, mascherine, disinfettante, lacrime, disinfettante.
Questo era l’ospedale St. Peter di Londra in un giorno qualunque. Lo conoscevo come le mie tasche, come se fosse casa mia.
Arrivai all’ascensore, lo chiamai ed aspettai che le porte si aprissero davanti a me. Lanciai uno sguardo ai garofani che stringevo nella mano destra, ed annusai il loro profumo delicato ad occhi chiusi.
Le porte dell’ascensore si aprirono con un ‘bip’ metallico, entrai e non ebbi bisogno di guardare per spingere il tasto del sesto piano.
Sesto piano, dritta per il corridoio, poi a sinistra, stanza 416 davanti allo sgabuzzino dell’inserviente Matt Davis.
Feci il percorso senza neanche rendermene conto, guardavo le persone intorno a me come se non le vedessi veramente, come se fossero solo dei vetri trasparenti ed io stessi guardando attraverso.
“Di nuovo qui, Helena?”
La voce bonaria di Matt mi riscosse leggermente, e mi fermai nel corridoio. Voltai lo sguardo, incrociando gli occhi azzurri dell’inserviente cinquantenne che si appoggiava al muro di fronte.
“Sempre, Matt.” Risposi in un soffio, prima di voltarmi e spingere sulla porta bianca davanti a me.
Sentii il mio cuore rivoltarsi e stringersi in una morsa dolorosa mentre osservavo il ragazzo steso sul letto. Mi avvicinai piano, presi una sedia e la posai accanto al suo letto.
Il viso era più magro e scavato, gli zigomi più evidenti. La pelle era più chiara, e notai che erano aumentate le flebo sul suo braccio dall’ultima volta che ero venuta, cioè ieri.
Gli occhi erano chiusi, come sempre d’altronde. Il bip familiare alla mia sinistra registrava i battiti regolari del suo cuore.
“Ciao Harry.” Mormorai piano, accarezzandogli i ricci ribelli sulla fronte.
Era sempre bellissimo, come se nulla fosse cambiato.
“Come ti senti oggi? I medici dicono che sei stabile..” cominciai “Dicono che la situazione è calma, ma non si avverte un miglioramento..Non sanno cosa fare.”
Deglutii, cercando di mandare giù il groppo che si era formato alla gola. Non gli toglievo gli occhi di dosso, come se solo guardandolo potessi aiutarlo.
“I miei ieri hanno parlato con tua madre, hanno parlato per più di due ore..Tua mamma è distrutta, Harry. Sembra invecchiata di trent’anni.” Continuai, mentre le lacrime cominciavano a gonfiarsi nei miei occhi.
“E i miei..I miei vogliono portarmi via. Dicono che non mi fa bene stare qui, che dopo due anni dovrei essermi rassegnata..Un giorno dovranno spiegarmi come si fa a rassegnarsi al fatto che il tuo ragazzo è in coma vegetativo.” Risi amaramente, asciugandomi una lacrima con la manica della felpa.
Lo guardai intensamente, sperando che da un momento all’altro aprisse gli occhi. Che aprisse gli occhi e urlasse ‘scherzetto, ci siete tutti cascati eh?’.
Che aprisse gli occhi, e mi salvasse.
“Però su una cosa hanno ragione, Harry..” ripresi, tirando su con il naso “Anche io sembro in coma, anche la mia situazione non migliora. E’ come se fossi con te su questo letto, capisci? E’ come se io avessi gli occhi chiusi da due anni. Sto scivolando giù, Harry.” Repressi un singhiozzo, stringendogli una mano fredda.
“Sto scivolando giù e non c’è nessuno a salvarmi. E io non voglio salvarmi, è questo il punto. Ho bisogno di te, Harry, mi senti? Ho bisogno di te, perché sto toccando il fondo.”
Mi avvicinai ancora di più a lui, e posai la sua mano sul mio cuore.
“Lo senti il mio cuore? Li senti i miei battiti? Prendili Harry, prendine quanti ne vuoi. Io non li voglio più, a te servono più che a me. Prendili, perché sono già tuoi.” Gli dissi, senza riuscire a fermare le lacrime. Colavano sulle mie guancie, scendendo fino al mento.
“Ti prego Harry, salvami..” lo implorai, a bassa voce “Salvami aprendo gli occhi e salvando te stesso, perché io non ce la faccio più..”
Lui rimase immobile, la stessa espressione quasi serafica dipinta sul volto angelico, e gli occhi irrimediabilmente chiusi.
Lasciai dolcemente la sua mano, e mi alzai.
“Quei fiori sono per te, tu non lo puoi sapere ma oggi è San Valentino..” gli dissi, accarezzando i petali dei garofani. Poi mi piegai sul suo viso, puntando le mani sul letto.
“Buon San Valentino, Harry. Ti amo tanto, come se fosse ieri, come se quel 25 ottobre 2012 non fosse mai esistito, come se quella macchina avesse frenato in tempo, come se non fosse cambiato nulla.” soffiai, prima di lasciarli un bacio leggero sulla fronte.
Lasciai la stanza 416 dell’ospedale St. Peter sapendo che il giorno dopo sarei tornata.
E anche quello dopo ancora.
E quello dopo ancora.
Sarei tornata sempre, e avrei sperato che lui mi salvasse, salvandosi.
Sempre.
 
                                                                                                                                                        Come morning light, you and I’ll
                                                                                                                                                       be Safe and Sound…

 
 
   
 
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