Calpestava
l’erba verde a testa bassa. Si guardava intorno con un’espressione distrutta.
Lui era distrutto. Niall Horan non faceva altro che andare ogni giorno dal
fioraio, comprare un’orchidea e meccanicamente attraversare un’enorme distesa
di erba verde puntellata da enormi sassi grigi con fiori colorati ai piedi di
questi. Con il dorso della mano destra, pallida e tremolante, si pulì velocemente
la guancia spazzando via quella lacrima che vagava solitaria. Si fermò. Una
lastra di marmo bianco con un nome, una frase e una foto che la rendevano meno
sgradevole: ecco la sua destinazione. Si chinò a sfiorare con le dita la
fotografia che mostrava una bellissima ragazza dai capelli rossi, la carnagione
bianchissima e un sorriso perfetto. Inevitabilmente chiuse gli occhi lasciando
che il nodo che sentiva all’altezza della gola si sciogliesse liberandosi in un
dannato pianto.
Broadstairs,
agosto 2009
La ruota panoramica girava
illuminando, con le sue luci colorate, tutto il resto del parco. Era uno
spettacolo delizioso per gli occhi. Coppie di giovani, adulti e anziani
camminavano felici tra la moltitudine di bancarelle disseminate sul lungomare.
Un giovane ragazzo dai capelli biondi guardava insistentemente l’orologio
chiedendosi perché i suoi amici stessero tardando in quel modo. Avrebbero dovuto
esibirsi davanti all’intera cittadina tra meno di trenta minuti, e di loro
nemmeno l’ombra. Stretto nel suo smoking nero decise di farsi un giro tra le
bancarelle, almeno in qualche modo avrebbe passato il tempo. Con le mani nelle
tasche dei pantaloni il sedicenne si inoltrava tra la folla, sorridendo a
qualche persona che conosceva. Si avvicinò alla bancarella dello zucchero filato
chiedendone uno. Mentre pagava, una risata cristallina attirò la sua
attenzione. Si girò incrociando con i suoi occhi azzurri due occhi verdi. La
ragazza gli sorrise e subito dopo continuò a ridere con i suoi amici. Niall
rimase imbambolato con il suo zucchero filato rosa in mano a guardare dei
capelli rossi muoversi ritmicamente e allontanarsi sempre di più. In quel
momento, mentre lentamente si riprendeva dallo shock subìto, vide in lontananza
i suoi amici, tutti agghindati con il loro smoking e papillon abbinato. Li
raggiunse correndo e sgridandoli per il ritardo. Intanto li stavano chiamando
per l’esibizione. Ed eccoli lì, sul palco tutti e cinque. Amavano esibirsi, anche
se era una semplice festa di paese. Amavano sentirsi al centro dell’attenzione
e successivamente ricevere complimenti, anche se da signore anziane che
tiravano loro le guance, sorridendo e parlando logorroicamente di quanto
fossero cresciuti in quegli anni. Con le loro voci facevano rivivere le canzoni
di Elvis Presley e i Beatles. Li rendeva alquanto fieri vedere come tutti
ballavano e si fermavano a guardarli muovendo ritmicamente i piedi o la testa. Gli
occhi azzurri di Niall riuscirono a scovare tra la numerosa folla i capelli
ramati che aveva visto poco tempo prima, rimanendo poi costantemente a fissarla.
Sceso dal palco con un grande salto, evitò accuratamente le adorabili
vecchiette che si stavano avvicinando, camminando a passo spedito, quasi
correndo, verso una delle bancarelle. Ci si appoggiò con nonchalance rischiando
quasi di rompere la fragile struttura di legno per l’impetuosità del gesto. Fingendo
di cercare qualcuno notò con piacere che il posto che aveva scelto era perfetto
per farsi notare da..
“Ehi!” disse il biondo allargando
le braccia quando la ragazza gli fu abbastanza vicina.
Poteva vedere le guance de lei arrossarsi
leggermente anche con le luci colorate che provenivano dalle giostre.
“Ciao” gli rispose imbarazzata guardandosi
le ballerine rosse che aveva ai piedi.
Bene,
Niall. Aggancio: fatto. E ora?
Cercò un modo per non farsela
sfuggire. L’aveva adocchiata e, anche se per una sera, voleva stare con lei. Fortunatamente
la voce di uno dei suoi amici, accompagnata dalla chitarra, gli diede l’illuminazione:
Beatles – And I Love Her.
“Mi concedi l’onore di questo
ballo?” le porse la mano mantenendo un contatto costante con gli occhi di lei,
che scoprì di essere di un magnetico verde più chiaro all’interno. Poggiò la
sua mano bianca su quella del ragazzo che la strinse portandola poi tra la
folla facendole fare una giravolta. E mentre la musica andava, teneva una mano
sul suo fianco e con un’altra stringeva ancora la sua. Sentiva il suo profumo
fresco nelle narici, e il respiro all’altezza del suo collo. Non poteva
vederla, ma lei aveva gli occhi chiusi e si lasciava guidare in quella danza. Entrambi
sperarono con tutto il cuore che Louis non finisse mai di cantare in modo tale
da non poter mai sciogliere quel contatto. Ma la musica si fermò e dopo qualche
secondo i due realizzarono che avrebbero dovuto staccarsi. Mentre si
sorridevano a vicenda, lui si rese conto che non conosceva il nome della
ragazza con cui aveva appena ballato e molto più importante: la ragazza di cui
si stava follemente innamorando nonostante l’avesse incontrata meno di due ore
prima.
Imbarazzante.
“Io sono Niall” disse mentre al
microfono si avvicinò Harry. Cinque ragazzine lì vicino urlarono in preda ad
una crisi isterica appena visto il ragazzo.
“Io sono Audrey” sorrise.
“Non sei di Broadstairs? Non ti ho
mai vista..” continuò il biondo incamminandosi con la ragazza al suo fianco verso
un posto più tranquillo.
“No, sono di Londra, ma rimarrò qui
per un po’ di tempo”. Niall cercò di trattenere la sua gioia mordendosi il
labbro inferiore.
“Bene. Ti va un giro sulla ruota
panoramica?” alla domanda la ragazza annuì accettando ben volentieri il braccio
che il ragazzo gli aveva offerto, stringendosi a lui.
Parigi, agosto 2010
Era
sera. A Parigi. La tour Eiffel splendeva agli occhi verdi di Audrey che la guardavano
con fare incantato dal Champ de Mars.
Prese la sua macchina fotografica dalla borsa di cuoio che le arrivava al ginocchio.
Si posizionò in modo tale da avere una prospettiva abbastanza centrale e
premette il pulsante. Mentre guardava il risultato abbastanza compiaciuta
sospirò abbastanza pesantemente. Le mancava Niall. Avevano parlato così tanto
di quel viaggio ed ora lui era a Broadstairs ad occuparsi dei preparativi per
il matrimonio di suo fratello, e lei era lì. A Parigi, da sola. Prese il cellulare
dalla tasca degli shorts che indossava soffermandosi sullo sfondo che ritraeva
i due mentre facevano delle facce buffe. Compose velocemente il numero che
conosceva a memoria e aspettò con il cellulare all’orecchio e la machina
fotografica in mano che il suo ragazzo
rispondesse. Prima che la ragazza riattaccasse la voce di Niall la sorprese.
“Ehi, bellissima!” le disse facendola arrossire all’istante.
“Ehi!” rispose semplicemente lei, tristemente. “Mi
manchi” continuò sedendosi sul prato.
“Anche
tu.. quand’è che torni?” chiese sforzandosi di imitare il suo stesso tono di
voce.
“Fortunatamente
domani pomeriggio” guardava le persone camminare felici abbracciati, provocandole
ancora di più nostalgia.
“Mmh
bene” disse. “Anche se..” smise di parlare e Audrey si chiese che cosa stesse
succedendo. All’improvviso sentì due braccia circondarle la vita, e due labbra
poggiarsi sulla sua guancia destra. Le si fermò il cuore dallo spavento, ma
quando si girò vide Niall guardarla negli occhi con un sorriso che gli andava
da un orecchio all’altro.
“Che
ci fai tu qui?” chiese senza smettere di sorridere con le mani nelle sue.
“Oh,
beh.. niente passavo di qui!” disse lui avvicinandosi alla ragazza poggiando
delicatamente le labbra sulle sue. Le prese il volto tra le mani, carezzandole
le guance con i pollici mentre le loro lingue ancora si inseguivano. Gli diede
un morso al labbro inferiore prima di staccarsi e lasciarsi coccolare tra le braccia
del ragazzo.
Broadstairs, ottobre
2010
Niall
cominciò a correre mentre ancora cercava di infilarsi il cappotto. Fortunatamente
l’ospedale era a 15 minuti di corsa da casa sua, ma in quella situazione
sarebbe riuscito ad arrivarci in soli 7 di minuti. Entrò dalla porta
trasparente aprendola violentemente. Pallido in viso guardò la donna seduta in
accettazione.
“Ho
bisogno di sapere dove si trova Audrey Murray” disse tutto d’un fiato,
riprendendo poi ad ansimare.
“Niall..”
prima che la grassa infermiera gli rispondesse, una donna anziana dai capelli
bianchi cotonati lo chiamò.
“Signora
Murray” disse disperato il ragazzo. “Dov’è? Come sta? Cosa è successo?” la voce
gli si spezzò mentre la donna –la nonna di Audrey- si sedeva su una sedia
bianca.
“Si
è sentita male tutt’ad un tratto” soffiò la donna con le mani alle tempie. “Mi
è svenuta davanti agli occhi”
Niall
non riusciva a confortarla. Quelle parole lo facevano sprofondare sempre più,
in un assurdo vortice di rabbia e frustrazione. Senza rendersene conto stava
piangendo. Contro un muro dell’ospedale. La sua ragazza era stata ricoverata d’urgenza.
E lui non sapeva cosa fare.
Pregare?
Gridare?
Fuggire?
Si
passò una mano tra i capelli, esausto dopo aver passato tre ore seduto per
terra vicino alla porta dalla quale prima o poi sarebbe dovuto uscire un medico
che sapesse delle condizioni di Audrey, la sua Audrey. Finalmente un medico dai
capelli brizzolati uscì da quella porta. Si avvicinò alla signora Murray,
parlandole in disparte. Niall si limitò a seguire la conversazione in piedi a
qualche passo dai due. Vide la donna annuire flebilmente e il dottore andare
via. Le si avvicinò mettendole poi una mano sulla spalla. La sentiva
singhiozzare in silenzio e in quel momento si rese conto che quello non era uno
scherzo. Non era una finzione. Era tutto reale. Era tutto fottutamente reale. Sentì qualcosa esplodergli al livello del
petto. Sentiva il suo cuore volerlo abbandonare da un momento all’altro. L’unica
cosa che voleva fare era andare dalla sua
Audrey e dirle che andava tutto bene. Ma niente in quel momento andava bene. La
signora Murray non gli voleva dire cosa le fosse successo, non gli permettevano
di andare da lei. Era impotente. Non poteva fare niente che non fosse chiedere
a Dio di far finire tutta quella assurda situazione.
Quando
per l’ennesima volta chiese all’infermiera di turno di poter entrare nella sua
camera, quella disse di si. Attraversò con il fiato corto il lungo corridoio. Girò
a destra, ed entrò nella camera 124. Era lì. Indifesa. Pallida. Addormentata. Gli
si avvicinò silenziosamente, accarezzandole la guancia con un dito. Gli cadde
una lacrima vedendola stesa lì.
Sei forte. Sei forte. Sei
forte.
Ripeteva
queste parole in silenzio, nonostante ancora non sapesse cosa fosse successo.
“Ha
avuto il cancro..” una voce interruppe i suoi pensieri. “Cinque anni fa” era la
nonna di Audrey.
A
Niall si formò un nodo alla gola guardando la ragazza e stringendole la mano.
“Avevano
detto che la possibilità che potesse tornare era minima” la donna si portò una
mano sul petto, mentre Niall si sentiva sprofondare sempre più.
“E
invece..” la sentiva piangere e a quel punto non riuscì a trattenersi: si piegò
in avanti poggiando la testa sul petto della ragazza. “Dicono che non ci sia
più speranza”.
Niall
strinse gli occhi più forte che poté sforzandosi di non capire quello che gli
era stato appena detto.
Broadstairs, aprile
2011
La finestra
era spalancata. Una leggera brezza entrava all'interno della stanza dipinta di
rosso. Le fotografie attaccate al muro si muovevano scosse dalla voglia di
diventare realtà. Gli occhi di quel magnetico verde avevano perso la loro
brillantezza, e adesso sembravano semplicemente due pozzi infiniti colmi di stanchezza.
La porta bianca, una semplice macchia bianca su una distesa rossa come il sangue,
si aprì lasciando scorgere due occhi blu carichi di speranza. Entrò nella
stanza, con in mano la sua chitarra, compagna di mille avventure. Con un gesto
quasi meccanico e involontario le labbra di entrambi si stesero in un sorriso
caldo. Poggiò la chitarra ai piedi del letto, con cura, come fosse nuova, nonostante
avesse più della metà dei suoi anni. Allungò la mano a spostare i capelli rossi
per poi sfiorare la fronte bianca con le labbra.
Le mani
intrecciate. Le labbra piegate in un sorriso. Gli occhi incastrati tra di loro.
Ogni giorno Niall andava a casa di Audrey per poter vivere con lei gli ultimi
momenti che rimanevano loro. Cercò di non pensare al tempo, alla malattia, a tutto
ciò che poteva dividerli e si stese accanto lei. Prese a carezzarle i capelli,
lentamente, cantandole a bassissima voce la canzone del loro primo ballo insieme.
Gli occhi della ragazza si chiusero, il suo respiro si fece sempre più
rilassato, e il cuore di Niall subì un duro colpo quando si rese conto che la
sensazione che aveva con sé era la dura realtà. Adesso Audrey non c’era più. L’aveva
lasciato lì a cantare. La sua Audrey
non c’era più e le aveva detto tutto con la loro canzone. La sua Audrey era
andata via, e con lei si era portato via anche un pezzo di Niall, un pezzo che
non sarebbe mai più tornato indietro.
Le posò un
ultimo bacio sui capelli ramati e le disse il suo ultimo ‘ti amo’.
Audrey era
andata via.