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Autore: Bloodred Ridin Hood    17/02/2012    3 recensioni
Tutto quello che successe dall'arrivo di Xiaoyu in Giappone, sino al Terzo Torneo di Tekken.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heihachi Mishima, Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- Dove è l’altra ragazza? -
Yasu-san aveva appena posto la domanda più ovvia, ma allo stesso tempo più scomoda che potesse.
Hwoarang si schiarì la gola.
- Ha avuto dei problemi improvvisi. – fece sbrigativo – Spero non sia un problema. -
Sembrava tranquillissimo nel dirlo. Non riuscivo a capire se la cosa gli era scivolata addosso come se niente fosse, o se fosse soltanto un bravo attore.
Quella mattina non eravamo riusciti a scambiare molte parole. Mi aveva svegliato lui, con la faccia di uno che si sarebbe tagliato un piede piuttosto che alzarsi, solo un quarto d’ora prima dell’appuntamento con Yasu-san.
Non dovevamo entrambi avere delle belle cere, questo era certo.
Yasu-san camminava avanti e indietro lentamente, guardandoci un po’ diffidente.
- Non lo so… - disse poco convinto – Non lo so… sono in debito in effetti con il vecchio Baek Do San… però… non lo so, non lo so. -
Si fermò davanti a me e mi guardò con i suoi buffi occhietti scrutatori.
- Cosa sai fare tu? -
Sorrisi orgogliosa.
- Il mio stile è un misto di varie arti marziali cinesi, che comprende principal… - cominciai a spiegare.
- È la nipote di Wang Jinrei. – tagliò corto Hwoarang interrompendomi.
L’uomo sembrò colpito, mi guardò di nuovo a fondo.
Poi si lisciò i baffoni pensieroso, riprendendo a camminare.
Le travi di legno del pavimento della palestra scricchiolavano sotto i suoi passi.
- L’allievo prediletto di Baek Do San che va in giro in cerca di alloggio e lavoro assieme alla nipote di Wang Jinrei… - si fermò e ci fulminò con lo sguardo – Cosa c’è dietro? Che diavolo state facendo? -
Hwoarang sostenne lo sguardo.
- È una storia lunga e poco interessante. -
- Non voglio problemi. – arrivò al punto Yasu-san interrompendolo.
Perché questo avvertimento? Sapeva qualcosa?
O semplicemente conosceva Hwoarang?
- Non ci saranno problemi. – promise lui.
Yasu-san strinse gli occhi con fare minaccioso.
- Se ho anche solo un sospetto che ci sia qualcosa di strano, io vi caccio immediatamente. – spiegò – È chiaro?
- È chiaro. –
Io annuii un po’ timidamente.
- Perfetto. – fece lui – Pulite la palestra. Tra un’ora comincia la lezione. –


- E così hai deciso di restare. – esordì Hwoarang ad un certo punto mentre strizzava lo straccio.
Era strano vedere un ragazzaccio come lui alle prese con i lavori di casa.
Avevamo cominciato a pulire la palestra da almeno dieci minuti, e ancora nessuno dei due aveva aperto bocca. Era come se la cosa ci mettesse un po’ in imbarazzo.
Ne ero certa. Persino uno come lui poteva vergognarsi.
L’episodio della notte prima aveva lasciato il suo segno.
- Ho deciso di restare. – feci io togliendomi un ciuffo di capelli dalla fronte.
La palestra era enorme, doverla lucidare per bene in ogni angolo si stava trasformando in un incubo.
Lo osservai. Teneva lo sguardo basso, concentrato in quello che stava facendo.
Sì, forse era un po’ strano… un po’ triste?
Deglutii. Mi dispiaceva tormentarlo, ma era stato lui a riaprire l’argomento, non potevo perdere questa occasione.
- Sono rimasta, ma… -
Non sapevo bene come chiederglielo, dove era finita la determinazione della notte precedente?
- In effetti se potessi sapere qualcosa di più su di te, mi sentirei più tranquilla. – confessai cercando di essere il più delicata possibile.
Studiai un attimo la sua espressione per vedere se fosse il caso di continuare.
- Non ho capito bene cosa è successo ieri… - aggiunsi titubante - e di che parlavate con Julia.-
A questo punto non sapevo veramente che reazione mi avrebbe riservato, invece sorprendentemente non cambiò nemmeno espressione.
- Capisco… - disse semplicemente – Come darti torto? -
Annuii, e ripresi il mio lavoro.
- Quanti anni hai? – chiesi subito dopo.
Eravamo l’uno all’altro capo della palestra, lui si fermò e mi guardò stupito.
- Non ne abbiamo mai parlato, non so neanche queste cose di te. – spiegai – A volte fatico a vederti come un vero essere umano… - aggiunsi imbarazzatissima.
Era vero, Hwoarang per quanto ne sapevo era un ragazzo strano, quasi troppo strano per essere vero… senza nome, senza età, senza passato… non avevo mai conosciuto uno così.
Tempo fa mi avrebbe deriso, ne ero certa, ma quel giorno si limitò a guardarmi stupefatto alzando un sopracciglio.
- Un vero essere uman… ? Tu hai letto troppi manga… – disse scuotendo la testa – …comunque, perché la prima cosa che ti viene da chiedermi è proprio l’età? -
Lo guardai per un attimo imbarazzata, poi ripresi ad lucidare il pavimento.
- Così. Le cose banali sono le più importanti. – risposi.
- … diciannove. -
Rimasi colpita. Gliene avrei dato almeno cinque di più.
- Sei giovane… - espressi la mia perplessità – Com’è che a diciannove anni vivi già allo sbaraglio? -
Lo chiesi senza pensare, me ne pentii subito dopo, quando mi accorsi di quello che avevo detto.
Era una cosa troppo personale. Che diavolo mi era saltato in testa?
Stupida, stupida, stupida.
Ancora una volta Hwoarang mi stupì. Non mi derise, né si arrabbio come avevo pensato.
Mi guardò e sogghignò divertito dalla mia reazione.
- Sei piuttosto invadente… - notò con un pizzico di sarcasmo – Ma arrivati a questo punto… -
Strizzò il panno dentro al secchio e riprese a pulire un’altra zona.
- Non ho una vera casa. Non ho una famiglia. – spiegò vago – In qualche modo devo pur arrangiarmi e… vivo allo sbaraglio. -
- E… i combattimenti clandestini? – domandai timidamente.
- Anche io devo mangiare… - mugugnò – Ma non è la mia unica fonte di sostegno… -
Non sapevo se volevo realmente approfondire l’argomento.
- Anche i tuoi amici fanno queste cose? -
Lui annuì.
- Sì, siamo un gruppo piuttosto consistente. – continuò – Io sono il capo. -
Finì con un minuscolo sorriso orgoglioso.
Mi schiarii la voce.
- Chi sono le persone che ti stanno cercando? -
Esitò prima di rispondere e il suo viso mostrò per la prima volta un lieve turbamento a quel pensiero.
- Un’organizzazione criminale. – rispose poi – Non l’avevi capito? -
Rimasi in silenzio per qualche secondo. Mi schiarii di nuovo la gola.
- Beh … immaginavo qualcosa del genere. -
Lui annuì, studiando la mia espressione. Forse cercava di capire se fossi sincera o meno.
Un’altra pausa.
- Sei sicura di voler ancora restare? -
Alzai le spalle.
- Non possono essere più pericolosi di quello che ci aspetta, no? -
Non rispose, continuò a fare il suo lavoro.
- E poi… non avrei un posto dove andare. – continuai.
Il pavimento della palestra era così lucido che riuscivo a leggere lo sconforto sul mio viso.
Ci buttai altra acqua per cancellarlo momentaneamente dalla mia vista.
- Già… - disse Hwoarang poco dopo – Kazama è stato proprio un vigliacco ad averti lasciato sola. -
Sobbalzai.
- Che… che c’entra Jin? – il mio tono era stato un po’ troppo acuto.
La cosa sembrò divertire il mio interlocutore.
- Andiamo Xiaoyu… - alzò le spalle – Sai benissimo dove voglio arrivare. -
Cercai di stare calma e di concentrarmi per non mostrare il mio turbamento.
- Da quando se n’è andato, tu non sei stata più la stessa… - continuò - E il solo parlare di lui ti fa comportare in modo strano… -
- Non è vero! – sbottai.
- Sì, che è vero! -
- Non lo è! -
- Lo è. -
Si fermò di nuovo e mi guardò.
- La bambina che ho conosciuto tempo fa se ne sta lentamente andando, giorno dopo giorno. – mi disse.
Io rimasi impietrita, lo guardavo cercando di non lasciar trasparire emozioni.
- Dovresti essere contento allora… – gli rinfacciai offesa prima di rimettermi a lavoro.
Lui non si mosse.
- Non mi sembra di aver mai detto che sia una cosa positiva. -
Lo guardai imbronciata.
- Tu sei matto. – borbottai.
- Sarò pure matto, ma ciò non toglie che Kazama sia un vigliacco. – ripetè ancora una volta.
Poi si alzò e si avvicinò ad asciugare una zona vicina alla mia
– E sono certo che in fondo persino tu sei d’accordo. -
Lo fissai.
Perché stava parlando di questo? Cosa gli importava?
- Avanti… - mi disse piano fissandomi negli occhi – Ammettilo… -
Non volevo continuare a sentirlo.
- Non sono affari tuoi! – dissi acida.
Quell’argomento non mi faceva stare bene.
Era vero, Jin si era comportato male. Ed ero furiosa con lui.
Ma perché dovevo parlarne per forza?
- Voglio sentirtelo dire… -
- No! Piantala. -
- Avanti, dopo starai meglio… -
Inspirai a fondo.
- È vero. – ammisi con un sorriso forzato – Non si è comportato bene. -
Hwoarang rimase qualche secondo in silenzio a guardarmi.
Io scrutavo il suo volto cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa.
Lui continuava a guardarmi con una specie di espressione ironica sulle labbra.
Mi dava ai nervi. Mi sentivo terribilmente in imbarazzo.
- Contento adesso? – dissi alzando gli occhi al cielo, prima di spostare lo sguardo da un’altra parte.
Ripresi a lavorare cercando di accelerare il ritmo. Non ne potevo più di quella situazione.
Lui ridacchiò.
- Molto bene. Davvero molto bene. -
Mi voltai di nuovo un attimo a guardarlo.
Lui era sempre lì, con quel suo sguardo divertito.
Io allora lo fulminai con il mio.
- Smettila di fare quel sorriso ebete! – strillai.
Lui rise di nuovo.
- Non c’è nient’altro che vuoi chiedermi? -
- Quella pistola! – sbottai irritata.
Hwoarang strabuzzò gli occhi.
- Sei pazza a parlarne qui?! – mi rimproverò a mezza voce.
- Hwoarang, cerca di capire! Mi sono spaventata quando l’ho vista! – continuai abbassando il tono di voce – Non riesco a smettere di pensarci. -
Lui si avvicinò ancora per poter parlare ancora più piano.
- Non ci pensare! – mi disse quasi senza voce – Se le cose vanno come ho pianificato, non ne dovrai vedere più per almeno un bel po’. -
- Ma perché ieri… - cominciai.
Hwoarang sospirò alzando lo sguardo al soffitto.
- Ieri Ned insisteva per lasciarmi la sua… pensando che potessi essere in pericolo. Io gli ho risposto che non mi serviva e che se la poteva mettere… - sorrise lasciando la frase inconclusa.
- Ma perché? – ero sempre più confusa.
- Odio quell’affare, è disonorevole. Il mio corpo è la mia unica arma. – spiegò.
Poi scosse la testa infastidito pensando a chissà cosa.
– Tante volte gli ho salvato il culo cavandomela solo con le mie forze, anche contro uomini armati. È un affronto imperdonabile questo che hanno fatto. -
Io non ero certa di aver capito bene.
- Quindi tu avresti cacciato i tuoi compagni perché… - mi fermai per scegliere bene le parole – Ti hanno ferito nell’orgoglio? -
Lui stavolta non rise, né sorrise.
- È una cosa grave. – tagliò corto – Ma non mi aspetto che una ragazzina possa capire. -
Avevo capito bene dunque.
- Sei pazzo. -
Lui accettò la critica e ridacchiò tra sé e sé.
- Almeno non sono un vigliacco. – disse rivolgendomi un sorriso ironico.

Il torneo era alle porte. Mancavano pochissimi giorni e lo si poteva già percepire.
Avevamo già fatto le preiscrizioni circa un mese prima, entro quel giorno saremmo dovuti andare a confermare la nostra partecipazione. Dopo di che avrebbero organizzato il calendario, e si sarebbe passati subito alla pratica.
Andammo a confermare la nostra iscrizione dopo le lezioni al dojo, compito che si rivelò abbastanza facile.
Usammo quasi tutti i nostri ultimi soldi per le quote d’iscrizione.
Il quartiere generale della Mishima Zaibatsu era piuttosto lontano rispetto alla nostra postazione, così pensammo di fermarci a mangiare qualcosa di veloce in un chiosco per strada.
Ero ancora infastidita dal discorso che avevo preso con Hwoarang quella mattina. Cercavo di evitare il suo sguardo per quanto potevo.
Ogni tanto gli lanciavo un’occhiataccia.
Dopo la nostra conversazione quella mattina, aveva continuato a stuzzicarmi tutto il tempo. Facendo battutine o continui riferimenti a Jin.
Forse era una specie di tornaconto per avermi dovuto dire due quelle due cosette su di lui. Non lo sapevo.
Sapevo solo che era noioso e irritante.
Per quello avevo smesso di parlargli, se non per le cose strettamente necessarie.
Cercavo di mostrarmi indispettita, volevo che recepisse il messaggio.
Eravamo seduti in un locale fast-food economico.
Io mangiavo in silenzio, quando dal nulla lui cominciò a guardarmi di nuovo con un sorriso beffardo.
- Mi correggo. – cominciò – La bambina Xiaoyu si è svegliata tutto in una volta. -
Gli lanciai lo sguardo più cattivo possibile.
- Scusa? – chiesi gelida.
- Hai sentito bene. Aver criticato Kazama ha risvegliato la tua parte più infantile. -
Non risposi, feci finta di non aver sentito.
- L’ho fatto solo per aiutarti. – divenne serio – Non sei una ragazzina che si può lasciar buttare giù da semplici cazzate sentimentali. Tu sei una combattente! -
- Devi smetterla di parlare di cose che non ti riguardano. – lo avvertii.
Lui continuava a non prendermi sul serio.
- Ma è vero quello che dico. – controbatté.
Gli lanciai un’occhiata gelida.
- È così che fai tu vero? -
- Che intendi dire? – mi chiese.
- Non sembri molto abbattuto per aver rotto con Julia. -
Lui sembrò rifletterci.
- Può darsi. -
Roteai gli occhi all’indietro. Era incredibile. Come poteva essere così insensibile? E perchè pretendere che lo fossero pure gli altri? La stessa persona che però si imbestialiva se qualcuno metteva in dubbio le sue doti da combattente.
- Perché mi tormenti così? – chiesi poi spazientita – Perché adesso? -
Lui sorrise.
- Sei tu che hai insistito perché ci conoscessimo meglio… -
Quasi feci cadere le bacchette.
- Ma non mi hai detto praticamente niente! – gli rinfacciai – Hai sempre sviato il discorso sugli affari miei! -
Hwoarang alzò le spalle.
- Ogni cosa ha il suo prezzo. – spiegò – Non potevi pretendere che si sarebbe parlato solo di me. -
Ripresi a mangiare, contrariata, e ogni tanto facevo in modo di guardarlo male.
- Sul serio come fai? – esordii dopo una lunga pausa.
- Come faccio a fare cosa? – alzò gli occhi sui miei.
- Dico… Julia se n’è andata, ma per te non sembra fare alcuna differenza. -
Lui emise un lungo sospiro.
- Non è la prima volta, forse non sarà neanche l’ultima. – cominciò – Ci conosciamo da una vita, il legame che ho con lei non verrà compromesso da questi episodi.  Anche se non ci vedremo per un po’ o se non staremo mai più insieme… in ogni caso so che ci saremo sempre l’uno per l’altra nel momento del vero bisogno. -
Posò le bacchette sul tavolo.
- Ho imparato a prendere la vita così come viene. Niente è per sempre. Oggi sono qui seduto a parlare con te, un anno fa ero a combattere a sangue nei peggiori quartieri di Seoul. – poi si fermò – Non so dove sarò l’anno prossimo, né tanto meno tra due. -
Io ascoltavo senza commentare.
- La vita comincerà a starti stretta proprio quando la prenderai troppo sul serio. – continuava – Così come fanno tutte queste marionette in giacca e cravatta. -
Fece un cenno col capo indicando un gruppo di uomini appena usciti dalla stazione della metropolitana.
- Julia è forte, ed è più in gamba di me. Ho imparato a non dovermi preoccupare per lei. Si sarà già ripresa e sistemata da qualche parte. Quindi perché dovrei dispiacermi troppo? La vita va avanti, questo è quello che conta. -
Io ascoltavo attentamente. Era interessante capire finalmente come funzionava il cervello di Hwoarang.
- Julia aveva paura… - dissi io ricordandomi della notte prima.
Hwoarang annuì.
- Lo so. – fece lui – Ma è forte abbastanza per sopportare anche questo. È lei che è voluta andar via, non sono io che l’ho cacciata. Saprà affrontare anche questo, ne sono certo. -
Lo scrutai in silenzio per un po’.
- Quando è che sei diventato così? -
Lui sogghignò.
- Non si diventa ragazzacci in un giorno… sono cose che si imparano pian piano. -
Risi con sarcasmo.
- Stronzate… - dissi poi – Secondo me sei solo un bravo attore. -
Lui alzò un sopracciglio.
- Adesso conosci pure la parolacce? –
Hwoarang continuò a parlarmi, ma non lo ascoltavo più.
Qualcosa al di là del vetro della finestra del locale aveva catturato la mia attenzione, ed era il motivo per cui avevo smesso di respirare.
Per un momento sentii la testa girare ed ebbi la sensazione che il pavimento sotto i miei piedi non esistesse più.
Hwoarang notò la mia strana reazione, e si voltò a vedere cosa stavo guardando.
- Oh cavolo. Parli del diavolo… -
Questo lo sentii, ma ero già in piedi che camminavo verso l’uscita.
Jin era fuori che ci guardava, mi guardava, seduto a bordo di una moto, appena parcheggiata a bordo strada.
Uscii dal locale, mi avvicinai a lui. Era lì, a pochi passi da me.
Non riuscivo a pensare bene. Non riuscivo nemmeno a muovermi, a dire la verità.
Lo guardai in volto. I suoi occhi profondi puntati sui miei.
Quanto mi erano mancati?
- Dobbiamo parlare. – disse col suo tono basso e quieto – Vieni. -
Fece un cenno con la testa indicando il posto dietro al suo sulla moto.
Rimasi per un attimo imbambolata, concentrandomi sul significato delle sue parole.
Quando il concetto mi fu chiaro, mi voltai in direzione di Hwoarang, all’interno del locale. Lui osservava la scena senza lasciar trasparire una minima espressione.
Sollevò una mano come in segno di saluto.
Tornai a guardare Jin, salii sulla moto e gli cinsi la vita con le braccia.
La accese e partimmo.
  
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