Crossover
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Autore: Kagome    10/04/2004    8 recensioni
Inuyasha ascolta quello che non dovrebbe ascoltare, e ciò causa la furia di Kagome, che esprime un desiderio che neanche lei stessa avrebbe voluto esprimere. Risultato: Inuyasha si ritrova bloccato al tempo di Kagome, e umano per giunta! E per di più uno strano tipo lo sfida, e si ritrova iscritto a un club di baseball! Come affronterà il nostro eroe le normali difficoltà della vita di tutti i giorni? Crossover con Touch (prendi il mondo e vai)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Desiderio

Scritto da Giulia "Kagome-sama" kagome@tiscalinet.it

Pubblicata sul sito http://www.inuyasha.net

Rinunzia legale:
NON sono l'autrice di Inuyasha, né di Touch. Non pretendo nessun diritto sui personaggi originali che ho tratto da queste due serie, né per i ricordi e gli "spunti" ai quali mi sono riferita nelle due serie stesse.

Inuyasha © 1997/2000 Takahashi Rumiko, Shogakukan, YTV, Sunrise
Touch © 1986 Adachi Mitsuru, Shogakukan (in Italia "Prendi il mondo e vai")

Tuttavia i personaggi originali di questa fanfic (come Toshio, la mamma, Rika ecc ecc) sono frutto della mia mente malata, e se volete inserirli in qualche vostro scritto dovete prima chiedermi il permesso.

Se vuoi pubblicare questa fan fiction sul tuo sito web, o su una mailing list o news group, sei libero di farlo, a condizione (INDEROGABILE) che tu NON rimuova questa nota di copyright, e me lo faccia sapere via e-mail. Non mi pare di chiedere molto, in fondo ;)

Premessa:
Questa fan fiction è un cross over tra Inuyasha e Touch. Nel primo capitolo compare solo Inuyasha, in quelli successivi appaiono i personaggi di Touch. Questi ultimi sono descritti come adulti, in quanto la nostra storia si svolge circa 6 anni dopo la fine dell'avventura di Touch (in realtà il lasso temporale sarebbe ancora più ampio, se volessimo sottilizzare, ma ritengo che 6 anni siano sufficienti a dare un'idea della differenza temporale, e che non sia necessario essere troppo pignoli ;)

Nota dell’Autrice:

      Per i cenni storici presenti in questo capitolo desidero ringraziare il sito da cui sono tratti: http://digilander.iol.it/hogaku/storia/ un sito davvero molto ben fatto sulla storia del Giappone. Se siete interessati potete visitarlo! E’ in italiano.

      Dulcis in fundo un MEGA grazie al caro Megabyte e alla carissima Kyo-chan che da questo capitolo sono i miei beta-reader ufficiali :)

 

Capitolo 9: Rivale

      Seto-kun notò l’amico bloccarsi all’entrata della ragazza col professore. Lo guardò meravigliato nel sentirlo quasi riconoscere la nuova arrivata, e tentò di riscuoterlo passandogli una mano davanti agli occhi, ma senza riuscirvi.

       “Hey, Inuyasha-kun…” disse. Il compagno sussultò e lo guardò sorpreso; “Non pensi che potresti muoverti, o almeno mollarmi? Il professore è appena entrato in classe, e non vorrei prendermi una sgridata per colpa tua”

       Inuyasha lo guardò come se non avesse capito. Poi un lampo di comprensione gli passo negli occhi, e mollò l’amico. Tornò subito dopo a prestare attenzione alla nuova entrata.

       Era una ragazza piuttosto carina, il viso piccolo e ben delineato, a forma di cuore, incorniciato da morbidi riccioli neri che la ragazza teneva ora raccolti in una treccia. I ridenti occhi castani erano coperti da un paio di eleganti occhiali da vista, che stranamente non stonavano nell’insieme, e la facevano sembrare quasi più bella. Quando si girò verso il resto della classe accanto alla cattedra, notò subito il ragazzo che, ancora in piedi, la fissava. Un sorriso la illuminò, e fece segno di saluto con la mano. Evidentemente si ricordava ancora di lui…

       “Ehm… * coff coff *” il professor Satura tentò di richiamare l’attenzione di Inuyasha. Lui se ne rese conto e si accorse di essere in piedi con un’aria imbambolata… arrossì e si mise seduto. Non poté evitare di lanciare un’occhiata a Kagome, dietro di sé, e notò che la ragazza sembrava molto stupita dal suo comportamento. Lo guardava con occhi interrogativi e un po’ tristi.

       “Dovrò spiegarle quello che è successo…” pensò il ragazzo “Non voglio che fraintenda anche questa volta…”

       Gli spiaceva doverlo ammettere, ma da quando il professor Satura era riuscito a farlo parlare in classe la situazione tra loro due era notevolmente migliorata. Inuyasha aveva iniziato a seguire con più interesse le lezioni di storia… e aveva notato con sorpresa che… gli piacevano!

       “Non avrei mai pensato che mi sarebbe interessato leggere la storia della gente che non conosco…” pensava il ragazzo “ma in realtà è molto affascinante…”

      “Dunque ragazzi. Come tutti voi avrete già avuto modo di scoprire origliando dallo studio del preside…” l’uomo lanciò un’occhiata di ghiaccio a Seto-kun che arrossì e abbasso lo sguardo imbarazzato “da oggi in poi avrete una nuova compagna. Si chiama Kyoushuno Fuyumi.”

      La ragazza di inchinò di fronte agli altri, e sorrise, generando brevi sospiri tra i ragazzi. A quei sospiri il sorriso di Fuyumi divenne ancora più sgargiante.

       “Sono molto felice di essere una vostra compagna. Spero che andremo d’accordo…” disse guardando fisso negli occhi Inuyasha. Il ragazzo deglutì. Non sapeva perché, ma quella tipa lo infastidiva.

       Fuyumi prese posto poco distanteda lui, ma non al suo fianco. Inuyasha, che aveva trattenuto il respiro fino a quel momento, riuscì a calmarsi. Ma perché quella femmina doveva iscriversi proprio a alla sua scuola? Proprio a quella classe?

       Durante la lezione, però, il suo senso di disagio iniziò a rarefarsi. Si notò subito che a Fuyumi non piaceva molto la storia. La ragazza era in grossa difficoltà con i nomi e le date. Invece Inuyasha era piuttosto interessato, e anche Kagome. Il professore stava infatti parlando del Sengoku Jiidai, e della figura del più famoso guerriero e generale di quel periodo, Oda Nobunaga.

       “Oda Nobunaga è dipinto dalla tradizione come un uomo crudele e spietato, irascibile, deciso e tenace, molto abile come condottiero. Gli Oda erano i signori di un piccolo feudo nella regione di Owari e Nobunaga durante la giovinezza aveva temprato il proprio carattere in continui combattimenti per proteggere il territorio della famiglia dalle mire espansionistiche dei vicini e dalle congiure ordite dai propri stessi parenti, diventando in poco tempo il capo indiscusso del clan Oda. Tra i nemici esterni era particolarmente pericoloso il clan degli Imagawa, signori di Suruga e Tôtomi…” nell’udire quelle parole Inuyasha, che era girato a osservare la nuova arrivata, si voltò di scatto.

       “Imagawa?” Il ragazzo si fece serio, e ascoltò con grande attenzione la spiegazione del professor Satura. L’uomo notò con piacere l’interesse di Inuyasha: era ben felice che il ragazzo, dopo le prime discrepanze fra di loro, avesse iniziato a nutrire un così vivo interesse per la storia. Era contento di aver atteso a giudicarlo e di avergli lasciato il tempo di esprimersi. Sicuramente sarebbe diventato un valido elemento.

      L’insegnante iniziò a parlare della famiglia Imagawa, e della loro sete di potere. Parlò anche di Tokugawa Ieyasu, un subalterno della famiglia Imagawa, che poi sarebbe diventato uno dei personaggi più influenti dell’intero Giappone, tanto che gli fu addirittura dedicata un’era… ma che iniziò la sua ‘carriera’ proprio tradendo la famiglia Imagawa e consegnando i più valorosi guerrieri a Nobunaga Oda durante la battaglia di Okehazama.

       “Costoro erano riusciti ad attirare nella propria sfera di influenza il vicino clan dei Matsudaira e cercavano di occupare progressivamente anche il territorio degli Oda. Nel 1560 Imagawa Yoshimoto raccolse un esercito di 25,000 uomini e penetrò nel territorio di Owari assediando il castello degli Oda a Washizu, con l'intenzione di spingersi fino a Kyôto e di occuparla. Benché in forte inferiorità numerica, Nobunaga con uno stratagemma riuscì ad attaccare disorpresa le forze degli Imagawa che erano accampate nei pressi del castello, disperdendo l'esercito e uccidendo lo stesso Yoshimoto. Si tratta della famosa battaglia di Okehazama, avvenuta nel 1560. Questo fu l’inizio della fine per la famiglia Imagawa…”

       “Non è vero!” il professor Satura si girò, e vide che era stato Inuyasha a parlare. Sembrava piuttosto scioccato…

      “Come puoi dirlo, Hanyou-kun? I libri di storia riportano che…”

       “No, no e no! Nessun altro della famiglia morì tranne Ojii-sama e…” si fermò appena in tempo. La parola gli rimase in gola, non riuscì a finirla di pronunciare. Anche l’ultima parte della frase l’aveva pronunciata a bassa voce, come se lo stesse dicendo a se stesso. In realtà non si era accorto di aver parlato a voce alta fino al momento in cui non si era bloccato. Arrossì nervosamente, e abbassò gli occhi. Non gli piaceva parlare dei cavoli suoi in pubblico…

       “Che stai farneticando?” Il professore gli si avvicinò e lo guardò con aria stupita. Non capiva la ragione per la quale Inuyasha fosse così sconvolto. Certo non poteva immaginare che l’unico componente della famiglia Imagawa che morì durante quella battaglia era stato…

       “Chichi-ue… era chichi-ue, capisci? Quei bastardi volevano liberarsene… Non fu un ‘furbo stratagemma di Nobunaga’ ma un vero e proprio tradimento della famiglia... La famiglia di mia madre…” Inuyasha e Kagome si trovavano nella piccola infermeria della scuola. Kagome aveva chiesto al professor Satura di poter accompagnarlo laggiù… non le sembrava che stesse bene, e di sicuro queste fantasie erano dovute alla febbre… o a chissà che cos’altro.

       Il professore non aveva avuto problemi ad accettare la sua scusa. Non poteva immaginare CHI Inuyasha fosse in realtà.

       “Tu… sei un Imagawa?” Kagome guardava stupita il ragazzo seduto sul lettino dell’infermeria. Aveva capito che la madre di Inuyasha provenisse da una famiglia molto influente… gli abiti che Sesshoumaru aveva fatto indossare quella volta a Muonna erano piuttosto esplicativi, e anche l’atteggiamento di Muonna stessa. Inoltre il linguaggio raffinato con cui Inuyasha aveva parlato alla youkai rivelava un certo livello di educazione, che evidentemente il ragazzo aveva poi dimenticato… o rifiutato di ricordare.

       “Anche se lo fossi, che cazzo te ne fregherebbe?” L’apostrofò duramente Inuyasha, già pentito di quello che le aveva detto. “Chi diavolo fossero i familiari di mia madre non ti deve interessare. Loro erano… dei grandi pezzi di merda. Il professore ha detto che quella battaglia è stata l’inizio della loro fine?”

       “Si… a quanto ne so praticamente pochi anni dopo questo avvenimento la famiglia Imagawa ebbe un crollo. Prima era uno dei clan più influenti, volevano addirittura puntare alla conquista di Kyoto. Ma dopo quella battaglia iniziò a perdere sempre più potenza, finché non si estinse del tutto…”

       “Bene. Ne sono felice… La giusta fine per quei bastardi…” Inuyasha incrociò le braccia, e il suo sguardo si perse sul muro di fronte a lui

       “Haha-ue, perché Chichi-ue non torna?” Il piccolo hanyou guardava la madre con occhi incuriositi, ma anche preoccupati. Aveva visto il padre confabulare per giorni assieme agli altri adulti, e non degnarlo nemmeno di uno sguardo.

       Il padre se n’era andato per un lungo periodo, ed era tornato con un colorito che non gli piaceva per niente, e puzzando di sangue. L’odore del suo sangue gli era rimasto particolarmente impresso… sembrava ferito molto profondamente. Ma di certo Inu-chan era troppo piccolo per capire che cosa questo volesse dire.

      Inoltre quello strano signore che era arrivato da poco non gli piaceva. Lo aveva visto raramente arrivare a palazzo, e ogni volta non lo aveva mai avvicinato… ma al piccolo hanyou non era dispiaciuto. Puzzava di sporco… e questo non riusciva a farlo accettare al suo naso sensibile. Tuttavia, Inu-chan non si preoccupava troppo. Sapeva che suo padre era grande…

      Poi l’aveva visto partire di nuovo, assieme a una truppa di soldati, e a quell’uomo fetido. Il piccolo hanyou non sapeva perché il padre non si scostasse da quell’essere orribile. Perché gli prestasse ascolto e non stesse accanto a lui. Quando provò a parlarne con la mamma, lei gli disse che Ieyeasu-san era una brava persona e che lui non avrebbe dovuto chiamarlo essere immondo. Gli fece promettere che non l’avrebbe più nemmeno pensato, e il piccolo tentò di obbedire al suo ordine. Ma ogni volta che pensava a questa persona risentiva quell’odore…

      Poi un giorno udì la madre parlare con alcune ancelle prima di farsi vedere. Era preoccupata per suo padre, diceva che non sarebbe dovuto partire con quella brutta ferita. Era un taiyoukai… ma questo non gli avrebbe impedito di morire, indebolito com’era.

      Passarono i giorni… il piccolo vide la madre diventare sempre più triste, finché quel mattino la trovò in lacrime. Per questo le aveva fatto quella domanda.

      “Chichi-ue… il tuo chichi-ue è partito… per un viaggio lunghissimo…”

      “Si… ricordo che quel giorno ofukuro non riusciva a parlare molto bene. Io pensai che fosse malata, e le portai una ghirlanda di fiori per rasserenarla. Quando la vide mi abbracciò, e capii che stava piangendo. La sentivo singhiozzare… e non ne compresi il motivo. Solo molto più tardi capii che mio padre era morto. Quando sentii i commenti dei servi… e quando rividi quell’uomo. Quell’orribile individuo che era arrivato per dare la notizia, gettando lo sconforto soprattutto in ofukuro… quel disgustoso essere che puzzava di sporco…”

      “Mi vuoi raccontare che cosa successe? Potrebbe farti bene…” disse Kagome con voce dolce

      “Perché cazzo dovrei? Non c’è niente da dire!” incrociò nuovamente le braccia, infastidito. Si sentiva sempre più agitato, teso… inquieto e non ne capiva il motivo. Subito però si pentì del suo atteggiamento. Notò che Kagome aveva abbassato la testa in modo rassegnato, e guardava tristemente il terreno.

      “Kagome… ora che ti prende… cioè…” iniziò a farfugliare il ragazzo, non sapendo come rimediare alla situazione. Ma Kagome alzò lo sguardo, un po’ triste, e lo fissò, interrogativa.

      “Niente… dimmi solo una cosa: ma quella ragazza nuova, Fuyumi-san… sei rimasto a guardarla un sacco di tempo, e lei ti ha pure salutato… che…” cominciò la ragazza. Più la ascoltava più l’ira del giovane cresceva.

      “Che ti frega diquello che faccio? Che ti importa? E’ una che ho conosciuto al locale va bene? Devo per forza dirti sempre tutto?” Inuyasha si alzò, e guardò Kagome, irritato. Non sapeva da dove quel senso di irritazione crescente fosse venuto fuori… ma non poteva più stare alla sua presenza. Si incamminò a grandi passi verso l’uscita, e se ne andò sbattendo la porta. Una lacrima scese dagli occhi di Kagome.

      “Che ti succede Inuyasha? Non capisco…” pensò.

      Inuyasha stava tornando, piuttosto seccato, verso l’aula. Ancora una volta aveva capito di aver ferito Kagome… non sapeva per quale motivo ogni volta che doveva venire a un confronto con lei, o ogni volta che lei si interessava a lui… finiva per respingerla a quel modo. In realtà, forse, lei aveva ragione. Parlarle della sua infanzia lo avrebbe aiutato. Ma d’altro canto la sola idea di parlare di se stesso lo infastidiva.

      Era sempre stato un ragazzo molto solo e molto chiuso. Solo grazie a Kagome stava iniziando a capire che cosa volesse dire avere degli amici…

      “Già… gli amici…” pensò il nostro fermandosi a guardare fuori dalla finestra “Chissà che stanno facendo Miroku, Sango e Shippo in questo momento. Mi dà tanto fastidio stare qui senza far niente mentre loro devono badare a Naraku da soli… Naraku non ha più i suoi pezzi della sfera… ma è pur sempre un osso duro per dei semplici umani”.

      Il ragazzo sentì il suono della campana annunciare la fine dell’ora di lezione. Era incredibile come si fosse abituato in fretta a quel modo di scandire il tempo. Ormai i suoi occhi non correvano più, come fino a pochi giorni prima, verso il sole per rendersi conto dell’ora, ma verso l’orologio che la madre di Kagome gli aveva passato. Gli aveva detto che era appartenuto al padre di Kagome e Souta…

“Anche Kagome però mi tiene nascosta una parte della sua vita. Non mi ha mai parlato di suo padre…” pensò Inuyasha mentre si staccava dalla finestra per rientrare in classe.

      “Hanyou-kun? Posso parlarti un attimo?” Si girò, e vide che la nuova arrivata, Fuyumi, lo aveva chiamato. Fece cenno di sì con il capo e si allontanò con lei, tra gli sguardi invidiosi dei compagni. Fuyumi era stata seduta al suo banco a parlare con le ragazze fino ad allora. Solo quando aveva visto arrivare Inuyasha si era alzata ed era corsa subito da lui.

      I due si allontanarono dalla classe insieme. Quando furono arrivati abbastanza distanti da sguardi indiscreti, Fuyumi si fermò e si girò a guardarlo.

      “Che c’è? Per quale cazzo di motivo mi hai fatto venire qui? Che vuoi?” l’apostrofò lui.

      “Nulla…” la ragazza lo guardò male, un po’ scioccata per il suo tono, e per le dure parole che le aveva rivolto “volevo sapere se poi non avevi avuto nessun problema per quell’incidente l’altro giorno. Mi è dispiaciuto non poter fare altro… sono una tal sbadata.” guardò il pavimento, un po’ rossa un volto.

      “Ma che dici? Non sei tu la sbadata, sono io che ti sono venuto addosso. E mi ha anche dato fastidio che tu abbia insistito a ripagarmi… era colpa mia in fondo!” Inuyasha la guardava in modo deciso. La ragazza si girò a guardare verso la finestra, mentre i suoi occhi si perdevano in lontananza. Era come se in quel momento lei non fosse più lì.

      “Mi dispiace che tu ti senta in colpa, Hanyou-kun. Io volevo solo esserti utile… vedi il fatto è che tu…” la ragazza si fermò, e sussultò. Si girò a guardarlo, e Inuyasha parve scorgere qualcosa di simile a una lacrima in quei bellissimi occhi castani.

      “Io?” chiese. Non gli sembrava che lei avesse intenzione di bloccarsi e di non finire il discorso.

      “Nulla… lascia perdere, non è importante;” la ragazza gli sorrise, e il cuore di Inuyasha riprese a battere con violenza… com’era possibile? Ogni volta che vedeva quel sorriso non riusciva a calmarsi… che quella ragazza avesse un potere speciale? “però… una cosa la vorrei sapere da te.” lui alzò di nuovo gli occhi, al sentirla parlare.

      “Che cosa?” Era sulle spine. Aveva visto Kagome entrare in classe, ed era sicuro di aver notato il suo sguardo severo nel vederlo appartato con Fuyumi. La ragazza seguì con lo sguardo gli occhi del suo compagno, e prese coraggio.

      “Tra te e Higurashi-san c’è del tenero?” chiese. Inuyasha si girò di scatto, completamente paonazzo. Come aveva potuto seguire il suo ragionamento?

      “Ma… ma che dici???? Non è assolutamente vero! Io vivo solo da lei perché sono un amico di famiglia… ma non c’è niente tra di noi” borbottò diventando violaceo. Fuyumi lo guardò, molto seria. Poi tutto d’un tratto sorrise di nuovo.

      “Ho capito…” fece. Sospirò, attendendo un attimo prima di continuare “Quindi…”

      “Quindi?” chiese di nuovo. Vide con la coda dell’occhio che il professore stava entrando in classe per la lezione successiva, e cercò di affrettare i tempi.

      “Quindi… se davvero ti senti tanto in colpa puoi fare qualcosa per rimediare!” un'altra volta quel sorriso. Un’altra volta il cuore di Inuyasha aumentò i battiti. Un leggero rossore gli imporporò le guance, e gli fece assumere un’aria da perfetto idiota.

      “In che senso scusa?” chiese.

      “Nel senso che… per farti perdonare puoi invitarmi fuori! Cioè uscire con me…” la ragazza fece una giravolta di fronte all’imbambolato Inuyasha, e lo superò incamminandosi verso la porta dell’aula. “Che ne dici di questo sabato? Potremmo andare al cinema a vedere un film!” disse sorridendo, allegra.

      “Questo sabato?” disse lui, titubante.

      “Allora è deciso!” disse lei, e fece per allontanarsi, saltellando.

      * Allora facciamo questo sabato, Inuyasha? * il ricordo delle parole di Kagome riapparve nitido alla mente del ragazzo. Ma certo! Quel sabato doveva…

      “No, aspetta un attimo!” le urlò, mentre lei era quasi arrivata davanti alla porta dell’aula. “Questo sabato… non posso.”

      “Oh… Hai già un impegno?” Fuyumi aveva un’aria piuttosto afflitta. Ma subito il suo volto si illuminò di nuovo “Ok, allora facciamo sabato prossimo!” disse con voce dolce, mentre rientrava in classe. Inuyasha la seguì, un po’ frastornato.

&&&

      “Che cosa? Ti ha invitato a uscire?” Noda-kun lo guardava con occhi meravigliati mentre si infilava la parte inferiore della casacca da baseball.

      “Esattamente. Mi ha chiesto di andare a vedere qualcosa sabato… ma io non potevo…” Inuyasha si stava allacciando i bottoni della parte superiore della giacca. La loro casacca era bianca nella parte superiore e turchese in quella sottostante, con pantaloni bianchi, e calze bianche e turchesi. Il turchese era anche richiamato dal cappello, sempre di quel colore. Sulla casacca, in rosso, era scritto il nome della scuola, Juubei.

      “Come sarebbe a dire che non potevi? Ma come… una ragazza così carina ti chiede volontariamente di uscire… e tu… Io avrei accettato DI CORSA! Che devi fare sabato pomeriggio, scusa?” Noda-kun urlava quasi mentre apostrofava il suo compagno. Inuyasha arrossì, e distolse lo sguardo.

      “Veramente sabato… ehm…” cercò disperatamente in tutto lo spogliatoio un appiglio per poter cambiare discorso. Ma Noda-kun fu più rapido.

      “Sabato ehm… che? Che cosa può spingere un giovane appartenente al sesso maschile, sano e vigoroso, dal rifiutare la compagnia di una bella appartenente al sesso femminile per una piacevole seratina al cinema?” Noda-kun sembrò mettersi a ragionare molto intensamente, mentre Inuyasha tentava di aggrapparsi a qualcosa, a trovare un misero straccio di scusa per andarsene… “Uhm… potrebbe essere che l’appartenente al sesso maschile non sia sano come un pesce… che sia gay… oppure… uhm… che cosa… se non forse un'altra bella appartenente al sesso femminile… o SBAGLIO?” il compagno sorrise quasi diabolicamente nel vedere il sussulto che scosse Inuyasha nel sentire quella frase. Lo aveva visto respirare all’ipotesi della malattia e incavolarsi per l’ipotesi dell’omosessualità… “quel ragazzo non sa che cosa siano gli scherzi” pensò con falsa tristezza.

      “Dunque non ho sbagliato…” fece, notando che a quella deduzione Inuyasha arrossiva sempre più “di chi si tratta? E’ Higurashi-san? Eh… e bravo il nostro Hanyou-kun… un appuntamento! Hai messo a frutto i nostri consigli?” Noda era divertito nel vedere il compagno imbarazzato.

      “Si può sapere che ti frega? Si tratta di cazzi miei in fondo!” Inuyasha si alzò, piuttosto alterato, serrò il cappello in testa e uscì dallo spogliatoio, sbattendo la porta con violenza.

      “Si… li ha messi in atto…” pensò Noda con un sorriso, mentre si affrettava a raggiungere gli altri al campo.

      

&&&

      L’allenamento, quel giorno, era particolarmente sgradito a Inuyasha. Il signor Uesugi l’aveva costretto a tentare di perfezionare la mira… di nuovo… come se fosse semplice. Gli aveva tentato di spiegare milioni di volte che doveva riuscire a colpire il cerchio che aveva disegnato. Gliel’aveva fatto anche più grande del primo, e lo aveva spostato verso un muro, disegnandocelo sopra.

      “Vedi, Inuyasha… quel cerchio che sto tentando di farti colpire rappresenta l’area dello strike di un giocatore di baseball medio. Se tu non riesci a centrare almeno quella zona tutte le volte che tiri i tuoi lanci verranno considerati dei ball… e dopo quattro balls il battitore viene mandato in prima base.”

      “Beh? ‘cazzo me frega a me di dove va a mettersi quel cretino con la mazza!” Urlò Inuyasha nel tentare un lancio,

      “Dovrebbe fregarti invece… lo scopo del baseball è proprio fare in modo che i tuoi avversari non avanzino. Ricordati che tu, come lanciatore non giochi in attacco ma in difesa.”

      “Ma se io lancio com’è possibile che difenda?” Inuyasha si fermò, e lo guardò stupito. Aveva sempre pensato che tirare qualcosa addosso agli altri significasse attaccare, non difendersi.

      “Certo, tu lanci la palla, quindi a un occhio superficiale può sembrare che attacchi l’avversario. Ma in realtà il tuo compito è solo quello di ‘rendere viva’ la palla. E’ l’avversario che attacca la tua squadra. Tu devi solo cercare di evitare che il battitore prenda uno dei tuoi lanci e quindi che la squadra avversaria possa sfruttare tutto ciò per avanzare. Non devi lanciare per fare del male…”

      “Ma allora…” il ragazzo fece un altro lancio, scagliando la palla con tutta la sua forza, e prendendo per caso l’area cerchiata. “…per quale motivo devo lanciare con tanta forza, scusa?”

      “Devi farlo per non consentire all’avversario di vedere la palla e quindi impedirgli di ribatterla.” Tacchan osservò con disapprovazione Inuyasha. Non gli piaceva il modo in cui lanciava. Non coordinava i movimenti come avrebbe dovuto, e non dava la giusta spinta dei lombi. Certo… era molto migliorato dalla prima volta. Ma ciò non rendeva il suo modo di lanciare la palla degno di uno studente delle superiori.

      Si mise a guardarlo meglio, mentre lanciava. In silenzio. Inuyasha si copriva un po’ mentre tirava, ma c’era qualcosa…

      “Ci sono! Come diavolo credi che si tenga quella palla in mano?” Tacchan gli si avvicinò, scrollando la testa con disapprovazione. “Non ci ho mai fatto caso perché tutti i ragazzi che ho visto hanno sempre saputo almeno come si tenesse una pallina in mano… invece pare che tu non conosca nemmeno questa nozione così semplice!”

      “Ma che dici? Come cacchio devo tenere in mano ‘sta roba?” Inuyasha aveva un tono molto titubante, non capiva. Tacchan prese una delle palline che erano contenute in un secchio accanto al ragazzo. La tenne ferma in mano, istintivamente nel modo giusto, e gliela mise davanti al naso, per fargli vedere.

      “Guarda. La palla da baseball si tiene con tre dita. Pollice sotto e indice e medio sulle due cuciture laterali. Non devi impugnarla come se fosse una pallina da tennis!” Gli prese la mano destra, e gli mosse le dita nella gusta posizione. In quel modo la palla era tenuta un po’ lontana dal palmo, come se la appoggiasse soltanto in mano.

      “Benissimo, vedo che hai finalmente capito. Ora prova a lanciarla. Però fai attenzione alla sequenza dei movimenti, e cerca, per favore, di imprimere un po’ di spinta da quei reni… che ce li hai a fare?”

      Inuyasha annuì. Guardò molto seriamente il muro di fronte a sé. Pensare di dover lanciare in eterno contro il muro era contro ogni tipo di senso pratico egli avesse mai avuto… gli sembrava una perdita di tempo. Tuttavia decise di concentrarsi e di ricordare con precisione i movimenti che gli aveva fatto vedere l’allenatore il primo giorno.

      “Aspetta, ti faccio rivedere.” Tacchan prese una pallina in mano, e molto lentamente gli fece vedere il giusto movimento per il lancio. Inuyasha lo guardò affascinato… a vederlo sembrava così facile… l’allenatore dava a quel susseguirsi di mosse quasi un senso di grazia e di eleganza, e i suoi tirifinivano sempre in quello che, virtualmente poteva considerarsi il centro del cerchio.

      Inuyasha si concentrò. Possibile che lui, che era stato capace di utilizzare Tessaiga, la spada demoniaca costruita dal padre, e di utilizzare addirittura il suo più potente colpo non fosse ora in grado di una sequenza così stupida…

      Si concentrò: piede destro avanti, peso del corpo spostato piegando il busto in vanti, braccia spostate all’indietro, ginocchia un po’ flesse.

      “Quanto mi sento idiota…” pensava mentre lentamente scimmiottava le mosse di Tacchan.

      “No, fletti un po’ di più queste gambe…” lo apostrofava l’allenatore, puntandoci l’attenzione tramite una piccola botta con un bastone; “ora riporta le braccia in avanti… no, non troppo… ecco così, bene…” Inuyasha aveva ora le mani piazzate sopra la testa, il guanto che copriva la mano che teneva la palla.

      “Bene. Ora, ruota il piede destro verso destra e sposta il peso del corpo lì sopra. No, non così…” gli postò di forza i fianchi e il busto nella giusta torsione, e notò con piacere che, per tenersi in equilibrio, il ragazzo aveva automaticamente spostato le braccia indietro. “Ora sposta il peso del corpo sulla gamba destra, e tira su la sinistra. No, no… non girarti, dritto…” Tacchan attese che tutto il peso del corpo di Inuyasha si fosse spostato all’indietro, poi gli ordinò di cominciare a tornare con il piede sinistroverso terra, per spostare tutto il peso del corpo sulla gamba sinistra, ruotando fianchi e spalle…

      “Perfetto… ora tira… e scarica tutta la forza sulla gamba sinistra…” lapalla andò a sbattere proprio al centro, tirata con una violenza molto differente rispetto a quella dei tentativi precedenti.

      “Yatta!” Inuyasha sorrise di gioia di fronte a quella piccola conquista. Era una cosa da poco… ma gli diede la stessa sensazione di orgoglio che aveva provato la prima volta che aveva dominato il vento con Tessaiga.Tacchan gli si avvicinò

      “Vedi che se segui le istruzioni va tutto meglio?” lo guardò con aria soddisfatta, poi decise di fargli notare qualche altro errorino. Lo feceriprovare parecchie volte, e alla fine notò con gioia che il lancio era davvero molto migliorato. Non prendeva sempre il centro, ma almeno non sembrava uscire mai dall’area dello strike.

      “Bene, credo che per oggi possa bastare. Anche perché stasera abbiamo come minimo un paio d’ore molto importanti da passare assieme… non vorrei che tu fossi troppo stanco e non riuscissi a seguire tutta la partita.”

      “Stanco? IO? Keh!” Inuyasha sbuffò, saccente, occhi chiusi, braccia incrociate “potrei fare anche mille di questi lanci senza essere stanco allenatore…”

      “Ok, ok… non voglio toglierti quest’illusione. Fammi qualche altro lancio, comunque prima di andar via…” vide Inuyasha ricominciare diligentemente a lanciare, e sorrise. Poi notò un altro particolare. “Solo una cosa… vedi di finire il movimento, non interromperlo…”

      “Eh?” il ragazzo si fermò a mezz’aria. Tacchan lo affiancò, e gli fece vedere la differenza

      “Guarda, tu lanci così, fermando il movimento dopo aver lanciato. Invece devi proseguirlo fino in fondo… in questo modo la spinta che imprimi è superiore!” gli fece provare tre o quattro volte, e quando fu pienamente soddisfatto, lo fece andare a palleggiare assieme agli altri.

      Si, iniziava a capire… Tacchan ne era soddisfatto. Finalmente aveva prestato attenzione a quello che gli diceva. E chissà se dopo quella sera non sarebbe nato un interesse un po’ più marcato…

      “Lo amerai, di sicuro…” mormorò a se stesso mentre lo vedeva incavolarsi con un compagno che non raccoglieva la palla velocemente. Gli si avvicinò per sgridarlo: non aveva il diritto di dare ordini a nessuno… era uno come tanti, e avrebbe dovuto ficcarselo in quel cervello.

      

&&&

      “Ciao, Kagome-chan… come va?” Kagome si girò, e vide che Yumiko le si sedeva accanto “Ti vedo un po’ strana… si può sapere che cosa succede?”

      “Ecco, io…” Kagome iniziò a osservare con grande attenzione le sue mani “…non riesco più a capire Inuyasha.”

      “Che intendi dire?” Yumiko passò gli occhi dal volto della sua amica all’agile figura del ragazzo, intento a scambiarsi la palla con un compagno.

      “E’ che… non lo capisco…” Yumiko sentì la voce di Kagome incrinarsi, e si girò nuovamente verso l’amica.

      “Allora che è successo? Parla, non tenermi sulle spine…”

      “Vedi… l’altro giorno, mentre tornavamo a casa da scuola, siamo passati davanti a un cinema. Ho detto che il film che trasmettevano era bello… e mi ha proposto di andare a vederlo. Sono stata tanto felice…” si fermò, vedendo Inuyasha arrivare verso di lei. Evidentemente non voleva che lui notasse la sua agitazione… ma il ragazzo raccolse solo la pallina che era caduta lì vicino e si allontanò, senza notarla.

      “…però… però oggi è stato molto sgarbato con me… e poi… pare interessato a quella nuova ragazza… Fuyumi-san…” Yumiko notò che lo sguardo dell’amica di perdeva nel vuoto… cercò di sdrammatizzare

      “Che c’è, saresti gelosa?” le chiese con tono scherzoso. La vide rattristarsi ancora di più, e si pentì subito di quello che aveva detto.

      “Beh… si, sono gelosa. Fuyumi-san è una bella ragazza… e a differenza di Kikyou è viva. Non sa niente di lui… quindi lo può trattare esattamente come tratta tutti gli altri… e forse per lui è interessante proprio perché non la conosce…”

      “Intanto al cinema c’è andato con te no?” Yumiko cercava disperatamente una maniera per cambiare discorso

      “Veramente non ci siamo andati. Ho preferito aspettare sabato, perché… perché è un giorno speciale…” Kagome tirò su con il naso.

      “Un giorno speciale? In che senso scusa? Che c’è di tanto speciale sabato?” Kagome iniziò a spiegare le sue motivazioni. Mentre le stava parlando, però, notò qualcosa che la fece bloccare. Chiese scusa all’amica e si allontanò. Yumiko girò gli occhi, e notò che Fuyumi era in piedi, vicino alla rete del campo. Stava guardando gli allenamenti, e Kagome le si stava avvicinando.

      “Che ha intenzione di fare quella sciocca?” pensò Yumiko scuotendo il capo, preoccupata “non vorrà mettere in atto una scenata di gelosia…” stava quasi per alzarsi, ma vide che Kagome si era fermata a raccogliere una pallina caduta, e l’aveva rilanciata un po’ goffamente al ragazzo che l’aveva tirata. Poi si era fermata lì, a guardare l’allenamento, a metà strada tra la panchina e Fuyumi.

      Respirò… ma per poco.

      “Higurashi-san?” la voce squillante di Fuyumi echeggiò nel campo. Kagome si girò, come stupita di vederla, e le fece un cenno di saluto con la mano. “Puoi venire solo un momento con me? Vorrei parlarti…” nel vedere Kagome che si allontanava con Fuyumi, Inuyasha sbuffò.

      “Di che cosa volevi parlarmi, Kyoushuno-san?” Kagome guardava la sua nuova compagna con aria interrogativa. Erano uscite di poco dal campo di baseball, quanto bastava per poter avere un po’ di intimità.

      “Volevo chiederti una cosa…” Kagome la vide arrossire, e distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Non riusciva a sostenere il suo sguardo? Come mai? Che cosa poteva volere da lei?

      “Dimmi…” la voce di Kagome era un po’ titubante

      “Devi promettermi che sarai sincera… devi esserlo, ti prego!” Fuyumi la guardò: occhi imploranti e velati di apprensione la scrutavano, in attesa. Kagome annuì impercettibilmente con il capo, al che la ragazza di fronte a lei si calmò, e assunse nuovamente l’aria imbarazzata di poco prima.

      “Bene… volevo sapere… tra te e Hanyou-kun c’è qualcosa?” vide la compagna sussultare alla domanda, e il suo sguardo divenne ancora più preoccupato.

      “I… in che senso, scusa?” Kagome arrossì vistosamente, e sembrò accaldarsi. “Come temevo… e ora che diavolo faccio maledizione…” pensava mentre cercava di apparire indignata.

      “Nel senso… nel senso se state insieme… siete solo amici oppure è il tuo ragazzo?”

      “Come ti salta in mente che lui potrebbe essere il mio ragazzo? Uno così maleducato, rozzo, scortese e assolutamente menefreghista dei sentimenti degli altri…” Kagome si girò a guardare Inuyasha che si stava esercitando in difesa “… ma anche così dolce quando vuole, così premuroso, così protettivo così…” continuò nella sua testa, arrossendo un po’.

      “Bene…” la voce di Fuyumi fece girare nuovamente la ragazza che aveva di fronte. “…bene. Ti ringrazio, Higurashi-san. Ja ne!” si inchinò di fronte alla compagna, e fece per andarsene.

      “Aspetta!” la voce di Kagome la fece voltare di nuovo nella sua direzione. “Perché ti interessava? Perché me l’hai chiesto?” un velo di apprensione incupiva i suoi occhi.

      “Volevo sapere se dovevo considerarti un’amica…” Fuyumi sorrise nel pronunciare il resto della frase, con un tono molto basso, quasi impercettibile “…o una rivale” fece nuovamente per allontanarsi.

      “E… che cosa hai stabilito?” Kagome sentiva il cuore batterle in bocca per quanto temeva la risposta che sarebbe venuta…

      “Beh…” le sorrise “i ragazzi maleducati, rozzi, scortesi e assolutamente menefreghisti sono proprio il mio tipo! Ja ne, Kagome-san…” Fuyumi si allontanò saltellando.

      “Oh, no…” la ragazza sentiva i battiti del cuore rimbombare per tutto il suo essere mentre cadeva in ginocchio, gli occhi sbarrati. Aveva una rivale? Una vera rivale? Non poteva crederci…

      “Ma che volevi che succedesse?” pensò sconsolata “Inuyasha è un bel ragazzo… è normale che possa piacere alle altre. Sono solo una sciocca. L’ho costretto io a vivere nel presente per un po’ con il mio desiderio. E ora… Non posso pretendere che stia solo con me… deve avere la possibilità di fare amicizie e di svagarsi… però…” lo sguardo, che aveva seguito la figuretta smilza che l’aveva affrontata defilarsi all’orizzonte finché non era scomparsa del tutto, si abbassò sul terreno “…però… perché è così difficile da accettare?”

      Sconvolta com’era non fece caso a un fruscio che scosse un cespuglio lì vicino. In silenzio, qualcuno osservava Kagome. Ammirato? Commosso? Chissà… la osservò a lungo mentre contemplava l’aria di fronte a sé, troppo scioccata per muoversi, o per fare altro. Poi, senza una parola, se ne andò.

      Fuyumi si era allontanata con un falso sorriso stampato sul volto. Quando fu sicura che Kagome non l’avesse seguita e di essere finalmente lontana dalla sua vista, si fermò. Il viso assunse un’espressione malinconica mentre i suoi occhi si rivolgevano nella direzione da cui era venuta;

      “Lo sapevo… lo sapevo che c’era del tenero tra quei due. E ora cosa faccio? Non mi piace fare il terzo incomodo…” pensava mentre camminava piuttosto mogia, prendendo a calci i sassolini che incontrava sul percorso “ma è anche vero che non posso arrendermi così. Nessuno dei due ha detto che è innamorato dell’altro… io so che mi hanno mentito, lo sento. Ma se non hanno neanche il coraggio di esprimere i propri sentimenti agli altri vuol dire che non ne sono completamente sicuri.” La ragazza si fermò, e cercò, sotto la camicia della divisa, un ciondolo legato al suo collo da una catenina. Lo aprì, e sorrise tristemente al suo contenuto “Jingo-chan...” disse a voce molto bassa.

      “Kyoushuno-san!” rimise il ciondolo al suo posto e si voltò al suono del suo nome. Un suo compagno le correva incontro. Fuyumi sbuffò: era il capoclasse… che ci faceva lì a quell’ora… era piuttosto tardi.

      “Che cosa c’è, Oezakura-san? Ho terminato il mio turno di pulizia…” disse, sperando che il ragazzo l’avesse raggiunta per quella ragione.

      “Kyoushuno-san… non è per questo che ti volevo parlare… volevo sapere a che attività di club vorresti iscriverti. Devo consegnare la tua scheda entro due giorni.” Il giovane le mostrò dei fogli da compilare, e assunse un’aria affranta. Dunque era questo il motivo…

      “Tuffi.” Sentenziò lei con decisione, sorridendo di fronte all’aria sorpresa del suo compagno “Sono molto brava, lo sai? Ho quasi sfiorato le qualificazioni al campionato nazionale due anni fa!” gli sorrise, e notò con divertimento l’imbarazzo del giovane di fronte a lei.

      “Oh… d’accordo Kyoushuno-san… quindi ti iscrivo al club di nuoto con specializzazione tuffi…” lo vide incespicare sui fogli per segnare con una croce l’opzione scelta, mentre era vistosamente arrossito. Ridacchiò, e si allontanò, salutandolo. Ora voleva solo andare a casa…

      “Sono sicura che l’impegno di sabato è con lei… non mi arrenderò senza lottare…”

      

&&&

      “Inuyasha-kun! Il cliente aspetta…” tuonò il padre di Minami mostrandogli il vassoio. Inuyasha fece appena in tempo a finirsi di preparare che se lo ritrovò in mano.

      “Ok, ok, ho capito…” borbottò, e si incamminò un po’ seccato verso il tavolo dove il cliente aspettava, sorseggiando l’acqua. Gli schiaffò un po’ sgarbatamente il piatto di ramen davanti e il the freddo ordinato, e si allontanò per liberarsi del vassoio. Il padre di Minami alzò gli occhi al cielo… avrebbe mai quel benedetto ragazzo perso i suoi modi così sgarbati?

      “Inuyasha-kun, ti ho detto che devi essere cortese… non devi schiaffare le cose sui tavoli a quel modo… e poi devi sorridere ai clienti…” rialzò di nuovo gli occhi al cielo nel vedere l’occhiataccia che il ragazzo gli aveva lanciato. Era di sicuro cento volte peggio di Tacchan questo ragazzo…

      “Non me ne frega niente…” sbottò Inuyasha incrociando le braccia, seccato.

      “Ok… allora a me non fregherà niente del tuo stipendio…” anche il padre di Minami incrociò le braccia, e lo guardò con aria di sfida. Notò con piacere che alla parola stipendio il volto di Inuyasha perdeva tutta la sua sicurezza… proprio in quel momento si aprì la porta.

      “Buonasera! Desiderate?” Inuyasha tentò un sorriso e si inchinò, un po’ forzato. Dall’altra parte echeggiò una franca risata.

      “Inuyasha-kun! Certo che ci stai bene con quel grembiule…” conosceva quella voce… alzò gli occhi, e vide Seto che lo fissava con aria divertita. La sua faccia passò dal tentativo di sorriso alla furia nel giro di un millisecondo.

      “Seto-kun… temee…” gli si avvicinò e lo prese per il colletto “che cacchio ci fai qui eh?”

      “Hi… Higurashi-san mi ha detto dove lavoravi…” respirò quando il compagno lo mollò “e poi ero meravigliato di vederti sorridere… in classe non lo fai mai!” finì di dire. Si mise seduto e lo guardò con aria di attesa.

      “Beh? Che vuoi?” lo apostrofò il nostro. Non capiva perché, ma la sua aria di attesa lo irritava.

      “Signor gestore? Il cameriere non porta l’acqua ai clienti…” mormorò Seto-kun tra i denti. Inuyasha ebbe un lampo di comprensione e si affrettò a portargli un bicchiere colmo. Il sorriso sul volto dell’amico non gli piaceva per niente.

      “Che hai da guardare?” gli chiese, molto seccato. “Quella scema di Minami ancora non mi ha portato un cazzo di grembiule decente da mettermi addosso… e dire che me l’aveva promesso per l’altro pomeriggio… ano yarou…”

      “Minami?” chiese Seto con interesse. Inuyasha gli si mise a sedere di fronte, e posò il gomito sul tavolo, il volto appoggiato sul palmo della mano, l’aria seccata.

      “Si… la figlia del capo…” lo sguardo di Inuyasha assunse un’aria ancora più seccata.

      “Uhm… scema… addirittura bastarda… modera il linguaggio Inuyasha-kun o quello ti licenzia” gli disse a bassa voce, Seto, un po’ preoccupato.

      “Baaaaah…” il nostro girò lo sguardo verso il padre di Minami, e notò che era piuttosto alterato e sembrava aspettare qualcosa… ma che cosa? Possibile che se la fosse presa sul serio per come aveva chiamato la figlia? “Ma no, impossibile… non credo che mi abbia sentito… però che cazzo vuole?” pensava allibito. Poi all’improvviso capì. Si alzò, e guardò Seto.

      “Sei venuto per mangiare?” gli chiese guardandolo fisso. Seto scrollò il capo con disapprovazione. Non aveva mai visto un cameriere così…

      “Visto che ci sono portami un caffè americano. Ero venuto a tenerti un po’ compagnia, ma un caffè non lo disdegno!” gli sorrise. Inuyasha si sentì stupido. In effetti Seto era stato molto gentile a venirlo a trovare. Gli faceva piacere in fondo… anche se avrebbe avuto modo di prenderlo in giro per tutta la vita per via di quel grembiule.

      “Uh… ok allora, un americano…” disse cercando di moderare il tono. Si avvicinò al padre di Minami, ma non c’era bisogno che gli ripetesse l’ordine: l’uomo aveva già sentito.

      Si sentì nuovamente la porta aprirsi, e Inuyasha si rigirò, cercando di sfoggiare come minimo una faccia non furibonda. Ma assunse nuovamente la solita aria scorbutica quando vide che ad entrare era stata Rika.

      “Keh… ora anche questa doveva arrivare…” disse tra i denti. Ma rabbrividì nel notare lo sguardo gelido che la donna gli rivolse subito dopo. Evidentemente l’aveva sentito… La ragazza si avvicinò al bancone, e si mise a sedere su uno degli sgabelli alti che stavano lì accanto. Con una mano si stropicciò i capelli, mentre lo sguardo si rivolgeva al piccolo televisore, in alto.

      “C’è Minami-san, boss?” chiese rivolta al gestore. L’uomo si voltò, dopo aver spento la macchina del caffè, e le sorrise.

      “Minami-chan è andata a fare la spesa, tornerà tra un po’. Nel frattempo se vuoi puoi aspettarla, Rika-san. Prendi qualcosa?”

      “Mah! Tatsuya-kun ha detto che stasera mi lasciava da sola; a quanto pare deve portare uno dei suoi ragazzi a vedere una partita della sua squadra…” La donna fece una lunga pausa, e osservò Inuyasha nel notare che il ragazzo era sussultato alle sue parole, e si era girato a guardarla sorpreso. “…quindi credo proprio che cenerò qui, boss… sempre che non vi dispiaccia.” Finì di dire. Il sorriso del signor Asakura non lasciava dubbi. Rika gli sorrise di rimando… era davvero felice di aver trovato in Minami una buona amica. “Forse è la mia prima, vera, amica” pensò tristemente, osservando con malinconia il bicchiere davanti a lei.

      Inuyasha portò il caffè a Seto, poi, visto che Rika era già servita dal padre di Minami, decise di mettersi seduto con l’amico. Seto soffiava sulla tazzina, cercando di raffreddare il caffè prima di berlo. Stettero un po’ in silenzio, osservando ogni tanto le immagini riprodotte dalla piccola televisione sul bancone. Poi la porta si aprì di nuovo, e comparve Minami.

      “Buonasera papà, Rika-san…” la ragazza si avvicinò a Inuyasha, e tirò fuori dalla busta un involto “…ecco qui, questo è per te!” Gli disse sorridendo, e gli lanciò la bustina che il ragazzo prese al volo. Era il grembiule che gli aveva promesso.

      “Finalmente posso liberarmi di questo coso con gli sbuffi…” disse piuttosto scocciato, e si alzò per cambiarselo.

      “E’ un peccato, ti donava molto…” sbottò Seto sorridendo. Il sorriso si allargò nel notare l’aria stizzita di Inuyasha e lo sguardo in cagnesco che gli stava lanciando. “stavo scherzando, Inuyasha-kun… possibile che gli scherzi non li capisci mai? Cerca di rilassarti un po’…”

      “Il tuo amico ha ragione, Inu-chan… sembra quasi che tu sia pronto a balzare addosso a tutti ogni cinque minuti. Calmati, rilassati, nessuno vuole ucciderti o attaccarti…” Rika gli si avvicinò, e si accomodò sul tavolino.

      “E’ che… uhm… cioè…” il ragazzo arrossì di fronte allo sguardo severo della donna adulta. Non si era accorto di quello che voleva fare, e si era ritrovato con la faccia a pochi centimetri dalla sua gonna… la donna aveva un ottimo odore, e lui non poteva evitare di registrarlo. Anche se era un essere umano, era stranamente rimasto molto sensibile agli odori…

      “Pensi che nessuno possa capire quello che provi, vero?” il ragazzo sussultò “Pensi di essere solo e di dover affrontare tutto da solo. Per questo cerchi di apparire più forte di quello che sei in realtà…” Seto osservò la donna di fronte a lui. Non si era reso conto di quello che stava dicendo, ma ripensando al modo di fare di Inuyasha, in classe, quando aveva accettato quella sfida, e proprio mentre si accaniva contro il nuovo allenatore… in effetti la donna aveva proprio centrato il punto.

      “Che cazzo ne sai tu di me? Non sai niente…” Inuyasha sbatté una mano sul tavolino vicino a Rika e la guardò, senza timore.

      “Credi di essere l’unico ad aver avuto dei problemi, ragazzino?” Rika scese dal tavolo e si mise con i gomiti appoggiati su di esso, prese il ragazzo per il colletto della felpa, e gli parlò con il viso a pochi centimetri dalla sua faccia, fissandolo dritto negli occhi “Tutti hanno delle prove che devono affrontare nella vita. Non so perché, ma mi sembra che tu ne abbia già affrontate molte. Mi dai quest’impressione… sarà che anche io ne ho passate così tante che riesco a riconoscere chi si difende attaccando.”

      La donna fece una pausa e mollò il ragazzo, che restò a fissarla come un ebete per un po’ “Ma ricordati che non mostrare apertamente i tuoi sentimenti potrebbe arrivare a ferire le persone a cui vuoi bene…” lo sguardo di Rika si perse nel vuoto. Inuyasha sembrò notare un lampo di dolore passare per i begli occhi castani della donna di fronte a lui. Notò che stava tremando, impercettibilmente.

      “Rika? Che cosa pensi di fare combinata a quel modo?” il volto severo dell’uomo osservava quasi con ribrezzo la ragazzina dai lunghi capelli neri, e il suo abbigliamento. La giovanissima Rika sfoggiava un abito composto da un corpetto molto scollato e una minigonna piuttosto accentuata. Il volto, pesantemente truccato, non sembrava quello di una quindicenne, ma di una donna fatta.

      “Ottengo la mia libertà, vecchio…” lo sguardo dell’uomo non perdeva quell’aria sprezzante.

      “Vorresti ottenere la tua libertà trasformandoti in una puttana? Che ne è stato della ragazzina timida ed educata che abbiamo cresciuto? Come puoi fare una cosa del genere a tuo padre…”

      “Come posso farti una cosa del genere? Sei stato tu il primo a fare in modo che tutto questo accadesse! Mi hai rinchiusa in gabbia, impedendomi di avere la mia libertà. Mi hai costretta a moderarmi, ad essere una bambolina, la bambolina che tu potevi sfoggiare con i tuoi colleghi e amici… sai che ti dico? Quella bambola da sfoggiare non esiste più! Io voglio avere la mia vita… ora ho un modo per guadagnarmi dei soldi che non sono più costretta a chiederti, quasi mi facessi un’elemosina…” Rika si fermò, perché l’uomo di fronte a lei l’aveva schiaffeggiata con forza.

      “Ingrata! Figlia ingrata! Puoi immaginare quanti sacrifici abbiamo dovuto sopportare tua madre ed io per crescerti? Quante volte abbiamo dovuto ingoiare rospi amari facendo silenzio perché se avessimo osato contraddire i superiori avremmo perso il posto? E a quel punto chi avrebbe potuto provvedere ai tuoi capricci?”

      “I miei capricci? Non mi avete mai consentito di fare niente… le altre ragazze avevano vestiti eleganti quando uscivano di scuola, io invece non avevo mai niente. Ora ho la possibilità di avere quello che ho sempre sognato!” il volto della ragazza era diventato paonazzo. Il trucco pesante, con il quale aveva coperto il suo volto, si era completamente disfatto, e il mascara le colava sulle guance assieme alle lacrime. “Vi ODIO! Vi odio, vorrei che moriste!” Urlò, e si allontanò correndo.

      “Si… sono stata una ragazza molto cattiva;” pensò la Rika adulta che rivedeva la scena nei suoi ricordi, quasi con malinconia. “Quando sono tornata a casa, quel giorno, mio padre era sul letto, senza sensi. Aveva avuto un attacco di cuore, per quello che gli avevo detto. Mia madre mi accusò, e mi mandò via. Andai a vivere con il mio protettore… ma ogni tanto tornavo sotto casa per chiedere ai vicini come stavano i miei genitori.”

      “Mio padre morì subito dopo. Il mio odio era stato troppo forte per lui, lo shock lo aveva stroncato. Non potei partecipare al suo funerale… lo seguii da lontano, come una ladra. Non mi sentivo abbastanza forte da tornare… tornare a dare conforto a chi era rimasto. Mia madre era sempre stata una donna piuttosto debole. Si avvinghiava a mio padre come se fosse la sua ancora di salvezza… e la sua morte la fece sprofondare in un baratro.”

      Rika rivedeva di fronte a sé la madre… che aveva spiato per diverso tempo, di nascosto.

      “Lei lo seguì sei mesi dopo. L’ultima volta che la intravidi, da lontano, mi fece paura… era pallida, smunta, l’ombra di se stessa. Volevo avvicinarmi, ma il mio protettore mi fermò.

      “Non andare, Rika-san. Se tu ci andassi non potresti più tornare…”

      “Io avevo la morte nel cuore. Quella vita che, quando urlai addosso a mio padre tutto quel veleno, mi era sembrata stupenda, libera, felice… si stava rivelando un vero disastro. Certo, non mi sarei mai aspettata che poi sarebbe finita così. Ma se non fossi stata tanto stupida… se avessi ascoltato quello che diceva mio padre, se non mi fossi lasciata prendere dall’entusiasmo per qualcosa che non conoscevo…”

      “Se non avessi chiuso il mio cuore a chi mi voleva bene… se non avessi cercato di fare tutto da sola… testarda come un mulo… forse…”

      “Di che cosa parli?” Inuyasha notava la lotta interiore che stava scuotendo l’animo di Rika. Non capiva per quale ragione… ma non se la sentiva più di essere tanto offensivo con quella ragazza. Però non gli andava che lo si trattasse come un emerito imbecille… Rika lo guardò, riscuotendosi come da un sogno. Abbassò gli occhi e si incamminò con passo deciso verso il bagno.

      “Oi! Ti ho detto di che cosa parli?!?” gli urlò dietro Inuyasha. Ma si bloccò nel sentire la mano di Seto che gli si posava sulla spalla

      “Lasciala andare, amico… Devi aver riaperto qualche ferita che lei voleva dimenticare…”

      “Già… ne devi aver aperta una molto profonda…” commentò Minami da dietro il bancone. Lei era l’unica che sapesse qualche cosa di più del passato di Rika, visto che la sua nuova amica gliene aveva accennato. “Rika-san… che cosa ci nascondi? Chi ti ha fatto tanto soffrire?” pensò con tristezza.

      “Piuttosto, Inuyasha-kun…” il padre di Minami aveva notato lo sguardo malinconico con il quale la figlia aveva seguito Rika che si affrettava in bagno, probabilmente per piangere tutte le sue lacrime. “Che cosa fai stasera? Ci aiuti fino alla chiusura?” chiese cercando di assumere un tono allegro.

      “Veramente non posso, capo… ho un impegno.”

      “Capisco… è un peccato, potevamo vederci in TV la partita dei Rangers tutti assieme.” Commentò l’uomo “Pare che Tacchan sarà presente tra il pubblico, sai, Minami-chan? Me l’ha detto Rika-san. Ha detto che deve accompagnare un suo studente a vedere la partita.”

      “Un suo studente? Oh, allora forse lo vedremo in TV!” Minami sorrise all’idea. Era curiosa di vederlo. Rika le aveva detto che si era ripreso e che aveva ricominciato gli allenamenti per poter sostenere l’onere di allenare una squadra delle superiori. Le aveva anche detto che Tacchan era piuttosto entusiasta di qualcuno… “Deve essere quel lanciatore.” Inuyasha si girò a fissarla.

      “Già, Tatsuya-kun mi ha detto che lo porta alla partita per fargli capire che cosa sia il baseball. Pare non lo conosca molto bene…” Rika era uscita dal bagno. Nulla nel suo volto lasciava trasparire che vi fosse entrata per altri motivi che per rifarsi il trucco.

      “Che impegno hai, Inuyasha-kun?” chiese Seto un po’ a bassa voce. “Oggi mentre guardavo il vostro allenamento ho sentito il signor Uesugi dire che questa sera non dovevi essere stanco…”

      “Ecco, è che devo andare con lui…” iniziò Inuyasha. Ma Minami si era avvicinata a Seto, e lo osservava con stupore.

      “Uesugi?” Chiese al ragazzo. Il giovane arrossì notando l’interesse della donna nei suoi confronti. Minami era davvero molto affascinante…

      “S… Si… Uesugi-sama… l’allenatore della nostra squadra…” Seto inghiottì. Era raro che una bella donna si avvicinasse così tanto a lui…

      “Uesugi… Tatsuya?” Minami iniziò un po’ a sudare. Al cenno di assenso del ragazzo si voltò verso Inuyasha “Quindi il lanciatore…” commentò osservandolo.

      “Sarebbe lui?” terminò Rika, e sorrise. Inuyasha le guardò, e notò la loro sorpresa.

      “Beh? Che male c’è? Si, sono io quel lanciatore, credo… non pensavo che quello riponesse tanta fiducia in me, comunque…” disse arrossendo un po’ e distogliendo lo sguardo.

      “Non c’è niente di male!” Minami gli sorrise dolcemente “Sul serio… ma se devi andare a vedere la partita è meglio che torni a casa a cambiarti. Inizia ad essere tardi…” la donna notò con divertimento che Inuyasha fissava l’orologio e poi si alzava in tutta fretta. Seto decise di accompagnarlo, quindi pagò il caffè e uscì con lui.

      Percorsero i vicoli di Tokyo un po’ di fretta, mentre il tramonto lentamente cedeva il passo all’oscurità della notte.

      “Inuyasha-kun? Se ti faccio una domanda un po’ personale… mi risponderesti sinceramente?” Seto sembrava sulle spine. Inuyasha ci pensò un attimo prima di rispondere.

      “Dipende da che cosa devi chiedermi.” Disse un po’ scontroso.

      “Si tratta della nuova ragazza, Kyoushuno-san. Che te ne pare?” gli occhi di Seto scrutavano con interesse l’amico… quasi con troppo interesse.

      “Bah… è carina. Se vuoi chiedermi perché mi ha salutato il fatto è che l’ho incontrata qualche giorno fa.” Inuyasha arrossì e fece una pausa. “Veramente… più che incontrata mi ci sono scontrato…” gli raccontò in breve l’accaduto.

      “Capisco… e come la metti con Higurashi-san?” commentò distrattamente.

      “Kagome? Che problema c’è con Kagome, scusa?” Inuyasha sembrava non capire. Seto sospirò, e decise di parlare un po’ più chiaramente…

      “Non pensi che possa restarci male per il tuo comportamento? Anche a lei, credo, piacerebbe ricevere qualche attenzione.”

      “La porto al cinema sabato…” commentò Inuyasha stupito “Penso sia abbastanza per farmi perdonare di quello che è successo l’altra volta…”

      “Portarla al cinema… forse potrebbe bastare, o forse no. Ricordati che Higurashi-san è una bella ragazza.” Gli disse, parlando quasi tra sé e sé.

      “Kagome bella? Ma…” Inuyasha gelò per l’occhiata che gli lanciò Seto.

      “Piantala di dire stronzate amico, e cerca di essere sincero. A te Higurashi-san piace o no?” gli chiese, un po’ seccato.

      “Veramente… non ne ho idea…” sospirò Inuyasha. Non gli piaceva il tono che aveva preso la conversazione. Sentiva un’aria molto tesa… perché Seto si comportava così?

      “Vedi di prendere una decisione. Ricorda che alle ragazze non piacciono i doppiogiochisti…” lo squadrò per bene “e poi non dimenticarti che Kagome E’ molto carina. Non ti attenderà per sempre…”

      “Che intendi dire, Seto-kun?” il cuore di Inuyasha batteva a mille.

      “Nulla… pensa solo a quello che ti ho detto. Pensaci molto bene, Inuyasha-kun.” Poi si fermò all’inizio di una traversa della strada che percorrevano. “Io giro qui. A domani!”

      Inuyasha rimase fermo come un ebete a osservare l’amico allontanarsi. “Che diavolo vuol dire?” pensò stupito. Poi guardò l’orologio e corse verso casa… o non avrebbe fatto in tempo a cambiarsi.

      Puntuale e preciso, all’ora stabilita la macchina di Tatsuya si fermò nell’atrio del tempio, caricò il ragazzo e sfrecciò via con un rombo del motore.

      “Che facciamo, Jii-chan? Guardiamo la partita stasera?” Chiese Souta con sguardo supplichevole. Aveva tanto invidiato Inuyasha quando era venuto a sapere dell’invito…

      “Certo, possiamo guardarla, non c’è problema…” il nonno gli sorrise, felice dell’esuberanza del ragazzino di fronte a quella promessa “… però prima finisci di mangiare!”

      Come aveva detto il nonno, subito dopo cena i due si affrettarono nel salotto, per assistere alla partita. Kagome sorrise: sapeva bene quanto Souta amasse il baseball, e anche il nonno spesso si lasciava contagiare.

      Le era quasi venuta voglia di fargli compagnia… ma proprio mentre si accomodava sulla poltrona accanto a loro, si sentì suonare il campanello.

      “Kagome? E’ per te…” la ragazza sbuffò, e si alzò per andare a rispondere. Chi poteva essere a quell’ora?

      “Buonasera, Higurashi-san!”

      “Ciao, Hojo-kun”

      

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Nota dell’autrice:

Allora che ve n’è parso di questo capitolo? ^_^

Visto che mi hanno detto che non metto il dizionarietto jap in fondo ai capitoli e non si capiscono le parole, lo inserisco :)

Dunque…

1)Youkai = Demone

2)Hanyou = mezzo-demone

3)Chichi-ue = padre (la forma + rispettosa di chiamare il padre)

4)Haha-ue = madre (la forma più rispettosa di chiamare la madre)

5)Ofukuro = madre diletta (non è molto buona come traduzione però. Questo perché non è possibile tradurre quel termine in maniera corretta. E’ un termine onorevole di indicare la madre, ma meno “ufficioso” di haha-ue. Stava a significare che si considerava la madre + vicina a sé del padre. Recentemente è diventato quasi un insulto. All’epoca di Inuyasha però era considerato un termine molto “cortese”). Ho cercato di utilizzare in questo caso i termini che Inuyasha effettivamente utilizza per rivolgersi alla madre, sia nel manga che nell’anime. E Inuyasha pensando alla madre nello scontro con Sesshoumaru (episodio 7) chiama la madre ofukuro. Ma il piccolo Inuyasha quando chiede alla mamma che cosa fosse un hanyou, dice ‘haha-ue’.

6)Jii-chan/Ojii-san/Ojii-sama = nonnino, nonno o venerabile nonno

7)Gomen nasai = scusa

8)Sumimasen/Sumiasen = chiedo umilmente perdono (sumiasen è una forma dialettale che spesso Rumiko Takahashi utilizza. Infatti nel primo capitolo di Ranma ½ quando lui arriva vestito da ragazzo e dice “Sono Ranma Saotome, Scusate” in giapponese diceva proprio “Sumiasen”)

9)Nani = che cosa

10)Daijobu ka = Stai bene? (il ka in fondo viene usato al posto del punto interrogativo in giapponese)

11)Ja ne = ci vediamo

12)Ano yarou = quel/la maledetto/a, bastardo/a, stronzo/a (insomma, avete capito)

13)Kyoushuno Fuyumi = dunque… questa non è proprio una nota di dizionario. Fuyumi è un personaggio che è nato praticamente da solo e che prepotentemente ha cercato + spazio. Non so nemmeno io come sia venuta fuori… ma è venuta fuori e l’ho sviluppata. Penso che vi stia già molto sulle pa**e poverina… In ogni caso volevo spiegarvi il significato del suo nome. Kyoushu vuol dire nostalgia Fuyu dovrebbe voler dire inverno con il kanji che ho scelto. E mi nel kanji che ho scelto è seme o frutto. Quindi il nome di Fuyumi dovrebbe voler dire “frutto invernale della nostalgia”. So che non c’entra un piffero e che non ve ne fregherà di meno, ma ho voluto dirvelo uguale :P

14)Chiedo scusa ai lettori di questa ff che conoscono il baseball. Io, a dire la verità, non ne so assolutamente nulla… ^^; e penso che si noti al 100%. Sto leggendo dei libri che parlano del baseball per capirlo. Di sicuro adesso comincia a non essere più un qualche cosa di astruso e di incomprensibile… ma sono ben lontana da poter descrivere a parole mie un allenamento o un lancio. Ne sono consapevole, e me ne dispiace. Se scrivo qualcosa di sbagliato, vi PREGO di farmelo notare, in modo che possa correggere. Inoltre SO che avevo promesso la partita per questo capitolo… ma come avete visto ho preferito approfondire altri argomenti, e quello mi sembrava il punto migliore per bloccare il capitolo ^O^

Vorrei sottolineare che tutta la storia di Inuyasha come un Imagawa è MIA PURA INVENZIONE. Nel manga di Rumiko Takahashi, o nell’anime della Sunrise non viene MAI detta una cosa del genere.

L’idea mi è venuta parlando con un mio amico appassionato di storia giapponese. Gli domandai secondo lui in che battaglia poteva essere morto il padre di Inuyasha, facendo finta che fosse la realtà. Lui disse che poteva essere la battaglia di Okehazama. Si tratta di una battaglia realmente avvenuta nel 1560, e *ovviamente* nella realtà avvenne quanto io faccio dire al professor Satura (copiato pari pari dal sito che ringrazio nei crediti. Se vi interessa la storia giapponese andateci, è molto ben fatto!).

Nella mia mente bacata però ho creato tutta una mia congettura che pian piano comprenderete all’interno dei flashback di Inu-chan (* Spoiler*: ci saranno altri flashback). E’ una mia pura fantasia… però l’idea di una fanfic all’interno della fanfic mi è piaciuta davvero tanto… quindi verrete ancora tormentati dai flashback di Inu-chan. Per poi culminare in una scena clou… ma non vi dico altro, o vi farei uno spoiler sulla mia stessa storia!

Dato a Cesare quel che è di Cesare, passiamo a noi…

Che ve ne pare della storia fino a questo momento? Che ne dite? Vi interessa? O vi fa proprio tanto schifo?

Non so quando potrò postare il prossimo cap: mi vengono sempre + idee di fanfictions in questa mente bacata, e devo cercare di aggiornarne una alla volta. Quindi devo seguire una specie di scaletta. Prima di aggiornare questo dovrò aggiornare TUTTE le altre. A meno che non abbia una folgorante ispirazione… ma visto che SO bene come proseguire con il prossimo capitolo, non contateci troppo.

Ovviamente però… + feedback troverò nella pagina dei commenti prima potrebbe venirmi un lampo di genio che mi costringa a continuare… lettore avvisato!

Ommamma quant’è lunga ‘sta nota :D

   
 
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