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Autore: Linn_CullenBass    17/02/2012    3 recensioni
- "Tu as un beau chien -. Era una vocina squillante, come un leggero scampanellio.
Tenera e piccolissima, una bambina di circa 5 anni, mi fissava con i suoi occhioni verdi scuro.
I capelli erano soffici, scuri, color cioccolato. Le ricadevano dolcemente come un’onda delicata sulla schiena. Con la pelle rosea e le labbra rosse, la bambina si era voltata verso di me, mostrandomi un delizioso baschetto rossiccio, il cappottino firmato, la sciarpa e gli stivaletti di vernice rossa. “Alta società”, pensai.
-merci- le risposi, accennando un debole sorriso. E lei mi rispose altrettanto.
E in un attimo tutto ciò che avevo intorno di fece nitido.
Il cuore, freddo, ghiacciato, di pietra, di “Charles Bass” tornò quello di “Chuck”, preso da un piacevolissimo torpore, non fastidioso. E io mi sentii bene. "
5 anni dopo
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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                    Capitolo15:


                                        Some tears help the brave.


 

 

«Le lacrime, anche se spesso si tende a nasconderle, spesso aiutano a prendere coraggio, e a tener conto dei proprio sentimenti».





 

 

 

Mentre il tempo passava, veloce, ed io guardavo le lancette dell’orologio come un ossessionato, il cellulare squillava a oltranza. Uno dopo l’altro, investigatori e altri come loro, chiamavano continuamente.

Serena, intanto, aveva informato anche decine e decine di inutili guardie del corpo, affinchè non rimanessimo scoperti. A suo parere, se fossimo rimasti senza protezione, qualcuno si sarebbe fatto male.

Ed io, controvoglia, ero stato costretto ad accettare. Anche perché, sotto il mio stesso tetto, c’era anche una micidiale Blair, cardine di questa storia. E questo, faceva di me, un bersaglio piuttosto ambito. Come l’ultimo ostacolo prima di arrivare alla principessa, in uno di quei squallidi videogiochi.

Non rispondevo alle chiamate, proprio perché non volevo destare sospetti, e rimanere per lo più nell’ombra. Faceva bene, era necessario. Mi sentivo, però, uno di quegli sciagurati dei film. E questo mi procurava un certo fastidio.

Poi, preso dall’improvvisa voglia di staccare quel maledetto aggeggio, lo buttai per terra.

Al diavolo, me la sarei cavata da solo. Insomma, ero Chuck Bass. Un modo per proteggere me, la donna che amavo e quel maledetto che purtroppo stava con noi ( Serena aveva tentato di portarlo con lei, ma lui aveva gentilmente rifiutato con strane scuse che non reggevano, a parer mio e di Serena.)l’avrei trovato. Già, perché, se c’era un’atroce verità, qualcosa che uccideva da dentro ma non lo lasciavo uscire, era la consapevolezza che lui l’amava. E che desiderava proteggerla, così come volevo io. Perciò, a malincuore, accettai, quando mi chiese di stare con noi. Una persona in più dalla nostra parte serviva, senza dubbio.

- Dorme?-

Monkey era uscito con lui a fare una passeggiata. Sarà, ma provavo fastidio. Era il MIO cane. L’aveva portato lui qui, vero, ma per quale motivo doveva insistere per portarlo lui fuori?

In preda a questi pensieri strani, scossi la testa.

- No?- chiese.La sua voce mi irritava, dio quanto mi irritava.- No, non lo so.-

Risposi, acido

- Ah beh. Allora.. vado a vedere se ha bisogno di qualcosa.- lo vidi avvicendarsi verso la mia camera, dove Blair se ne stava rinchiusa.

Non ci feci molto caso. Avevo imparato a controllare le mie idee, i miei pensieri e non dare peso a queste cose. Sapevo che Blair non era innamorata di Dan, e questo bastava a darmi conferma che tra loro non c’era nulla. E che soprattutto lei non aveva nulla con lui.

Questo mi aiutava di certo.

Non sentii parlare, da dove mi trovavo. Il tutto mi fece pensare che Blair stesse dormendo e lui fosse lì soltanto per stare lì. Così, mi alzai. E anche io andai nella mia stanza, convinto fino in fondo di cacciare Dan da lì e lasciarla dormire.

- Sai, Dan, la gente, quando dorme, vorrebbe essere lasciata in pace.-

Si voltò, mi guardò stranito.- Che cosa vuoi dire?-

Chiese, scuotendo la testa.

- Che potresti anche andare via e tornare a farti il tuo giretto quotidiano. Dammi retta, qui ci sono io.-

Lo incoraggiai.

- Avanti, Chuck. Ho il diritto di stare qui quanto te.- la indicava come una cosa giusta, come un ovvietà.

- No, Humphrey, è proprio qui che ti sbagli. Questo è il MIO hotel. E questa la MIA stanza. Non voglio essere sgarbato, ma potrei cacciarti ora, in questo momento. Perciò, forse, è meglio che tu faccia ciò che ti dico. Solo perché ti lascio vivere qui, non vuol dire che tu mi stia per forza simpatico.-

Gli dissi, in tutta sincerità.

Poi, lo presi per un braccio, e lo spostai. Quando lo vidi fuori dalla stanza, oltre che provare un piacevole sollievo, lo incitai ad uscire ancora.

- Chuck, sei ridicolo. Ti rendi conto, vero, che sono appena tornato da una passeggiata con il tuo cane?- quell’aria da saputello, mi faceva saltare i nervi. Ma Blair, se solo gli avessi sfiorato un capello, mi avrebbe detestato più di prima.
E questo, lo rendeva intoccabile.

- Bene, allora Monkey vuole uscire di nuovo.-  diedi una carezza sul muso al cagnolino, e lo invogliai ad uscire di nuovo. Ovviamente, anche a lui non Dan non andava a genio.

Soffocai una risata.

- Ok… ho capito. Mi vuoi fuori da qui. Bene, me ne vado. Ma torno subito, eh.-

e gesticolando di fronte al mio sguardo duro e indispettito, uscì di corsa.

Una sensazione di libertà mi avvolse e mi diede anche calma e tranquillità.

Senza quell’idiota tra i piedi, quello che, un tempo, era stato anche quasi “amico”, mi sentivo meglio.

Poi, nella sua vita era entrata Blair.

Era entrata lei, così come lo aveva fatto nella mia. Senza preavviso, infastidendomi anche un po’.

Ma dopo, aveva iniziato a prendermi. prendermi nel verso giusto, come solo lei sapeva fare. Sapeva cosa mi piaceva e cosa detestavo. E con il tempo, aveva iniziato ad amarmi. Avevo iniziato ad amarla.

Poi, è bastato l’arrivo di mio zio, quello di un principe fantomatico, e di Humphrey.

Diceva di essere innamorato, di lei.

Io potevo anche crederci, ma non avrebbe mai potuto diventare per lui quello che era per me.

Blair era l’aria che respiravo. Era il sole che volevo vedere tutte le mattine.

Blair era l’ossigeno.

Era colei che era riuscita a salvarmi dalla caduta, che mi aveva abbracciato, sul serio, per la prima volta.

Perché cos’è un abbraccio, un bacio, senza amore?

Tirai indetro la testa, in preda a ricordi belli, meravigliosi, ma talmente dolorosi da scavarmi all’interno.

Poi, mi alzai. Quasi istintivamente, senza nemmeno pensarci troppo. Era una cosa quasi meccanica.

La mia stanza era buia, non c’era un filo di luce. L’unica cosa che splendeva, riuscivo ad intravederla sul mio letto.

Mi sedetti, molto lentamente, per evitare di svegliarla.

- Io…- incominciai a mormorare qualcosa, senza nemmeno saperlo. –sai, forse ti devo delle scuse. Delle scuse, in realtà, sono anche troppo poco, per quello che è successo in tutti questi anni in cui ci siamo amati.

Tutto è cominciato con l’hotel. Te ne sei andata, ed io ho fatto una delle cose più sbagliate del mondo. Un errore che pago tutti i giorni, un errore al quale non posso che fare riferimento quando parlo di noi, di com’è finita. Poi Parigi.

È stata decisiva per noi, quella meta. Io ho incontrato Eva, e tu Louis.

Eva…

Beh, sarei un bugiardo se ti dicessi che non provavo nulla per lei. Ma sempre, pensavo a te. Quando ti ho visto, a Parigi, era come se quello che legava Eva a me, fosse solo il fatto che mi avesse salvato. Il fatto che mi avesse salvato a Praga, quando mi spararono per quell’anello. Il tuo anello.

Sai, ce l’ho ancora. Ce l’ho e non so cosa farmente. Ma mi ricorda te in un modo che forse nemmeno puoi capire, e non posso pensare di darlo via.

Poi, siamo tornati. Il tempo passava, e tu e Humphrey continuavate ad essere sempre più amici, più legati. Ed io non riuscivo a capirlo bene. Poi Louis… la ciliegina sulla torta. Lo sbaglio. Il tuo matrimonio, la partenza per Monaco. E la gravidanza.

Tutta questa serie di eventi non fa che tormentarmi ogni giorno.

Te ne sei andata, e questa cosa brucia come il fuoco che mi doveva divorare già troppe volte. È fa più male ancora.-

Dissi tutto di getto, quasi con le lacrime che ricadevano spesse sul mio viso.

 

 

POV BLAIR.

Lo sentii avvicinarsi, sedersi di fianco a me. La voglia disperata di voltarmi ed abbracciarlo.

Era sbagliato.

Sbagliato per tutto, perché tra noi lo sarebbe stato, perché era inevitabile che non sarebbe durata.

Ed io, avevo già il cuore ridotto a brandelli, appiccicato con lo scotch, per provare a metterlo di nuovo alla prova.

- Io…- la sua voce. La sua voce era tremendamente troppo per me. Più di quanto fossi disposta a sopportare.- sai, forse ti devo delle scuse. Delle scuse, in realtà, sono anche troppo poco, per quello che è successo in tutti questi anni in cui ci siamo amati.-

No, non sei tu a doverlo fare, Chuck. Sono io che ho sbagliato, ad andarmente tutte le volte. Tu hai fatto l’unico errore di non trattenermi mai con la forza.

Gli errori, le scuse, dovrei farle io.

- Tutto è cominciato con l’hotel. Te ne sei andata, ed io ho fatto una delle cose più sbagliate del mondo. Un errore che pago tutti i giorni, un errore al quale non posso che fare riferimento quando parlo di noi, di com’è finita.-

Questo maledetto hotel, ha rovinato tutto. È stato atroce, lasciarti andare, ma lo è stato ancora di più sentire che avevi scelto questo anziché l’amore. Anziché me.

È stato sofferente sentire il rumore del cuore andare in pezzi.

È stato tremendo voler salvare ciò che era tuo e nel frattempo andare a fondo. È stato molto più che atroce. È stato tremendo. Senza perdono.

- Poi Parigi.

È stata decisiva per noi, quella meta. Io ho incontrato Eva, e tu Louis. –

Parigi.

Ricordo benissimo di averti visto, in macchina. E ricordo che quello che ho provato, in quel momento è stato il senso di colpa. Ti volevo disperatamente, ma non avevo il coraggio di abbandonare un Grimaldi per te, che mi avevi fatto troppo male.

Quel maledetto orgoglio è stato il motivo che mi ha condotto di autoditruzione. L’avevo già detto, no? La colpa, era solo mia.

- Eva…-

No, fermati. Vederti con lei è stato orrendo.

Sentivo che tu provavi qualcosa, per quella sconosciuta. Ed io DOVEVO cercare un qualcosa che l’allontanasse da te. Tu eri MIO. E non accettavo l’idea che tu stessi con lei, perché ti vedevo come qualcosa di mia proprietà. Col senno di poi, sono sicura che se ti avessi lasciato stare ora non staresti così male, e voi due sareste felici, sebbene io mi sentirei morire. Ancora una volta, sono la causa del tuo dolore.

- Beh, sarei un bugiardo se ti dicessi che non provavo nulla per lei. Ma sempre, pensavo a te. Quando ti ho visto, a Parigi, era come se quello che legava Eva a me, fosse solo il fatto che mi avesse salvato. Il fatto che mi avesse salvato a Praga, quando mi spararono per quell’anello. Il tuo anello.

Sai, ce l’ho ancora. Ce l’ho e non so cosa farmente. Ma mi ricorda te in un modo che forse nemmeno puoi capire, e non posso pensare di darlo via. –

Tu hai ancora quell’anello?

Ti prego smettila, non dovevi dirmelo.

Le lacrime iniziarono a scendere, mentre gli occhi sbattevano veloci quanto le ali delle farfalle che mi invadevano lo stomaco.

Quell’anello, significa tutto per me. Tutte quelle certezze…

Vuol dire che io sono stata con te per 5 anni ancora?

È terribile, sono un mostro. Tu dovevi essere  felice,  dovevi lasciarmi andare. Mi accorsi ben presto che nello stesso tempo, volevo che tu non mi facessi andare via.

- Poi, siamo tornati. Il tempo passava, e tu e Humphrey continuavate ad essere sempre più amici, più legati. Ed io non riuscivo a capirlo bene. Poi Louis… la ciliegina sulla torta. Lo sbaglio. Il tuo matrimonio, la partenza per Monaco. E la gravidanza. –

La mia amicizia per Dan, il suo amore per me. Io, però l’avevo sempre visto come un amico, forse solo ogni tanto ho pensato a qualcosa di più. Era un po’ come il mio migliore amico, quello di cui avevo bisogno costantemente.

Louis, l’errore più grande della mia vita. Un matrimonio che ho dovuto fare, nonostante avessi visto i tuoi occhi grandi fissarmi innamorati poco tempo prima.

Ancora una volta, mi sentii sprofondare. Non sapevo nemmeno se avessi ancora avuto il coraggio di guardarlo negli occhi.

La gravidanza, mia figlia, Evelyn. Altre lacrime caddero inconsapevolmente.

No, lei era stata la mia scialuppa di salvataggio.

E se c’era un errore che mi stava divorando da dentro, era quello di non aver mai detto la verità a nessuno. Sull’identità, della mia piccolina.

Un altro colpo al cuore quasi non mi uccise.

- Tutta questa serie di eventi non fa che tormentarmi ogni giorno.

Te ne sei andata, e questa cosa brucia come il fuoco che mi doveva divorare già troppe volte. E fa più male ancora.-

Cercai di non muovermi, mentre il dolore che le sue parole mi stavano procurando era talmente vivo e forte che scalciava per venir fuori in una valle di lacrime.

-E’ sempre stato orribile, vederti con lui o con quel Louis. È sempre stato duro ma ho sempre resistito perché entrambi sapevano che non sarebbe mai durata sul serio, tra di noi.

Siamo tremendamente uguali, eppure così incompatibili.

Anzi, io non credo nel destino, ma forse è sempre stato così che doveva andare. E il nostro errore è stato quello di volerci provare in continuazione, facendoci male a vicenda. –

Non potevo rispondere, la voce sarebbe stata spezzata. Eppure volevo farlo. Volevo con tutto il mio cuore.

Ma dovevo ritrovare il controllo di me stessa.

- La colpa non è solo tua, Chuck.-

Mormorai, quasi inconsapevolmente.

- No? Beh, sono io che ho iniziato.- mi fece notare. Non lo guardavo in faccia, ma potevo sentire ed avvertire il tremolio nella sua voce. Ed era un tremolio che scuoteva addirittura il mio cuore.

- Si, ma purtroppo… vedi, sono stata io a decidere di andare via. Ho sbagliato, e non posso più rimediare a questo.-

Mi alzai con la schiena.

E probabilmente vide il luccichio sulle guancie, e ciò fece scintillare anche le sue. Faceva così male che quasi mancava il respiro.

- chi te lo dice che non puoi rimediare? Blair, non importa cosa hai fatto in passato. È passato, dovresti saperlo,  no? Sono errori che abbiamo fatto entrambe, per quale motivo dici di no?-

La sua mano era in cerca della mia , nel buio. La prese, la strinse forte.

E quel contatto, ( eravamo così vicini che potevo sentire il suo profumo) fu un fulmine a cel sereno. Io VOLEVO questo, ma sapevo che era un errore.

- Chuck.. io... ti devo anche io delle scuse.-

Mormorai, colpevole e in preda alla vergogna.- scusa se ho sbagliato tutto. Scusa se non sono stata esattamente la persona  adatta a te, quella perfetta. Scusa se ti ho fatto male, e scusa se sono stata la causa della fine di ciò che eravamo noi.-

Abbassai gli occhi, il buio mostrava più di quello che avrei voluto.

 

 

POV CHUCK.

- No, non capisci? Adesso possiamo ricominciare,ripartire da zero! Blair è la nostra occasione!-

La  voce, era un miscuglio di emozioni ed euforia.

Poi si spense quando ascoltai i suoi orribili silenzi.

- Aspetta, tu non… provi più nulla per me?- dissi quella frase senza emozioni, restando il più distaccato possibile. Per essere preparato ad un possibile rifiuto.

- No, non ho detto questo, Chuck. Ma l’hai detto tu. Il destino, non ci vuole insieme, è così. Tutto, sempre, si mette in mezzo. Può essere un principe, un’idiota dei bassifondi, o dio stesso. Ti prego, Chuck. Non costringermi ad allontanarti, è l’ultima cosa che voglio.-

La sua voce, di nuovo, stava crollando.

- No, Blair. Ti prego… ascoltami. Siamo scappati troppe volte, è ora di dar voce a tutto quello che ci siamo tenuti dentro per tutto questo tempo. È il NOSTRO momento. Ti chiedo solo di darmi retta. Il nostro errore è sempre stato quello di dare retta e ascolto a chi stava al di fuori di noi. Di farci condizionare delle scene in cui la vita ci metteva. Se solo, per l’amor del cielo, non ascoltassimo nessuno, e non ci facessimo fregare dalle zone “esterne” al nostro amore… allora potrebbe funzionare, e sono sicuro che andrebbe a buon fine. Fidati di me, Blair, l’unica cosa che dobbiamo fare è preoccuparci di noi soltanto.-

Dovevo dirlo, era necessario darle forza e spingerla a riprovarci. Perché averla con me e non poterla sfiorare, toccare, accarezzare,  baciare… era un destino orribile.

Non volevo costringerla, solamente aprirle gli occhi.

- ti prego, prova ad ascoltarmi.-

Ormai, la mia voce di stava affievolendo, e il dolore  ardeva nel petto, come quando mi confessò di essere incinta di Louis.

Poi, qualcosa di inaspettato mi buttò le braccia al collo.

Riuscii ad avvertire il suo dolce profumo, e a sentire i suoi singhiozzi. I suoi capelli morbidi, mi accarezzavano addirittura il viso, ed io desiderai che quel momento durasse in eterno.

Poi, le sue labbra premettero improvvisamente sulle mie, e, mentre eravamo talmente vicini che avvertivo le sue lacrime, il cuore cominciò a sussultare.





-----------------------------------------------------------------------------------------Angolo autrice:


Buon giorno Chair shipper <3


come andiamo?
volevo ringraziare tutti coloro che hanno visualizzato la storia, inserita tra le preferite e da ricordare...
poi

 A l b a_ :   Grazie!!!!!! hai visto? Una scena in gran parte CHAIR! :) <3  
 
 Selene_v: Grazie anche a te tesoro!!!!! Sono contenta che ti piaccia la storia e come scrivo!


vi dedico il capitolo :)

Un bacio,
C.

:)
   
 
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