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Autore: Natalja_Aljona    17/02/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Centosessantatré


Centosessantatré

I martiri della Rivoluzione

L’affronto

 

Krasnojarsk, 7 Febbraio 1855

Quindicesimo compleanno di Nikolaj Leonida Gibson

 

Parte Prima

 

Ce l’ho avuto sempre addosso

Questo lungo addio

Questo lasciarla indietro

E non lasciarla mai

(Un lungo addio, Roberto Vecchioni)

 

Era l’alba del 7 Febbraio 1855 e Céline, a gambe incrociate sul pavimento, si pettinava i lunghissimi capelli color della luna, districandosi tra i nastri di seta bianca rubati al cassetto di sua madre.

-Le ragazze di Forradalom hanno il culto dei capelli, ma la figlia di Lys fa paura-

Alzò lo sguardo, Line, incontrando il disarmante sorriso del folletto ungherese e la lieve malinconia dei suoi occhi scintillanti.

-Sai quante volte l’ho aiutata a pettinarsi? C’era da starle dietro per ore, c’era da impazzire…

E intanto lei raccontava ogni prodigioso duello dei ragazzi di Omero. Che crampi alla mano e alle orecchie, Line, sapessi… La spazzola, i capelli e i discorsi di quella pazza filellenica. Immagina-

Erano straordinari anche in questo, per Céline, i ragazzi di Forradalom.
Era straordinario Jànos, tra di loro, con quella sua dolorosa capacità di parlare di Natal’ja e Feri come se una dannata Lachesi zarista non ne avesse chiuso gli occhi da anni.

-E papà?- domandò dunque la piccola Gibson, sorridendo.

-Gee lo odiavamo tutti a morte, stai tranquilla-

-Fantastico…-

Le tirò una gomitata, Jànos, e lei rise.

-Natalys, però, aveva occhi solo per lui. E anche tu-

-Già…-

-Eravate le sue ragazze. Vi adorava, e voi adoravate lui. Eravate una bella famiglia-

-E i due futuri eroi del mare…-

-Oh, certo, i piccoli guerrieri. Aiace e Nikolaj… Che oggi compie quindici anni, Khristos!-

Céline sbarrò gli occhi, scattando in piedi.

-Bella memoria, Desztor! E adesso?-

-Ma sì, Line, ci siamo passati tutti. Io li ho compiuti nel ’38, tu nel ’54. Sono quindici anni, non settecentoventi-

-Sono i quindici anni di mio fratello- sibilò la biondina siberiana, scuotendo la testa.

-Aiace li ha compiuti nel ’51- le ricordò Jànos, serafico.

-Ho due fratelli, Jàn!-

-Sì? Io quattro, sai com’è-

-Tu sei ungherese!- quasi strillò la ragazzina.

Szöcske annuì, perplesso.

-Questa ha l’aria di essere una costatazione profonda…-

-Quindici, pjitnátsat’, tizenöt, dekapénte, fünfzehn, fifteen… Quindici anni, il mio Nikolen’ka, il mio fratellino…-

-Diavolo, stai zitta, Natal’ja!-

Tacque, finalmente, Céline.

-Dio, ma almeno una figlia intelligente la poteva fare…-

-Nikolaj! Nikolaj è intelligente. E ha quindici anni, oggi-

Allargò le braccia, Jànos.

-Sopravviverà-

-Ma è già uscito… Ed è presto, troppo presto. Noi… Oh, nemmeno gli abbiam fatto gli auguri… Perché siamo così dannatamente cretini, Jàn?-

-Tu sei la figlia di Natal’ja, io il suo migliore amico. Riflettici su-

 

E lo so da quando

Sua madre l’ha tenuta in mano

Che pesava un niente

Un ninnolo sì e no di grano

(Un lungo addio, Roberto Vecchioni)

 

Parte Seconda

 

Il tramonto era pieno di soldati ubriachi di futuro
Fra i dadi, le bestemmie e il sogno di un letto più sicuro
Ma quando lui usciva dalla tenda non osavano nemmeno guardare
Sapevano che c'era la sua ombra sola davanti al mare

(Alessandro e il Mare, Roberto Vecchioni)

 

Era una lapide.

Nikolaj Leonida Gibson, Vienna, 7 Febbraio 1840 - Krasnojarsk, 7 Febbraio 1855.

Buon compleanno, epilettico.

Il ritratto di Natal’ja giaceva stracciato sull’erba bruciata.

Avevano dato fuoco al campo di rose.

Avevano dato fuoco alla tomba di sua madre.

Il giorno del suo quindicesimo compleanno.

Anche la tomba di Feri era stata profanata.

Incisa con un coltello sul marmo bianco, una parola.

Assassino.

Il dipinto del Capitano davanti al Palazzo d’Inverno, in fiamme.

Ne strinse i frammenti ormai arsi tra le dita, Nikolaj.

Un’altra crisi.

L’avevano costretto gli autori di quello scempio.

Il giorno del suo quindicesimo compleanno.

 

I gengszterek di Forradalom, i leggendari eroi del suo quartiere.

Il Capitano e sua madre, i martiri della Rivoluzione.

Affrontati, feriti.

Il campo di rose, la loro memoria...

I suoi quindici anni.

Doveva tornare a casa, da Jànos, da Céline.

Da Malin, doveva tornare.

Dagli angeli di Forradalom.

Era finita, finita.

Per chi aveva osato sputare sui loro sogni, era finita.

Per gli Zaristi era finita.

 

La vita, la Rivoluzione.

Sarebbero tornati ad incendiare le strade, i loro ideali.

Mai nessun armistizio, mai più.

Era lui, adesso, il Capitano.

Nikolaj di Schönbrunn e di Forradalom.

Il mancato principe di Vienna, il primo dei Rivoluzionari.

Era lui.

 

“Generale, parla, dicci solo dove”
E lui usciva dalla tenda bello come la mattina il sole
Come in una lontana leggenda
Perduta chissà dove

(Alessandro e il Mare, Roberto Vecchioni)

 

 

 

Note

 

Gengszterek (ungherese): Teppisti.
Pjitnátsat’ (russo), tizenöt (ungherese), dekapénte (greco), fünfzehn (tedesco), fifteen (inglese): Quindici.

Ecco, con il dekapénte non ho esattamente un buon rapporto, io.

Quest’estate, ad Atene, con la mia meravigliosa urgenza dentistica all’una di notte (l’ospedale greco, un esperienza da non dimenticare) e, come unica indicazione, appunto, questo benedetto “dekapénte”, studio quindici, lo studio del dentista, che nell’agitazione generale io e i miei siamo riusciti ad interpretare a fatica…

Dunque abbiamo trovato lo studio, rigorosamente deserto, con un fascio di luce fioca che illuminava una copia La Perstistencia de la Memoria di Salvador Dalí, di cui ho visto e adorato l’originale a Milano, appesa alla parete, e un’atmosfera da Victor Hugo.

Poi il ritorno in taxi nel cuore della notte, la luna piena e i vicoli ateniesi spiati dal finestrino…

E’ stato traumatico e suggestivo, ecco! ;) Era pur sempre la mia Grecia, anche se senza Gee -dalla prigione non son passata, quella notte ne avevo già viste abbastanza!- ;)

Gee se ne stava buono buono tra le pagine del mio taccuino, come per dirmi: “Una cosa del genere ti poteva capitare solo in Grecia, eh!”…
Insomma, sorvoliamo!

 

Allora…

Jànos e Céline, innanzitutto.

Che sono amici, prima di qualsiasi altra cosa.

Con sedici (quindici e undici mesi, dato che Jàn è Dicembrino) anni di differenza, ma lo sono davvero.

E Niko…

Niko ha quindici anni, adesso, e una Rivoluzione da vendicare.

Sono stati i suoi compagni d’accademia, gli aspiranti zaristi della Marina Russa, un po’ come le collegiali di Bergen per Lys, a mandargli quel “buon compleanno, epilettico” inciso su una lapide, a bruciare le tombe di Natal’ja e di Feri, i martiri della Rivoluzione.

Solo che non se lo potevano permettere, di sfidare Forradalom.

E vedremo, adesso, quello che sarà.

Domani parto, due giorni a Sanremo e uno in Francia, ma la Rivoluzione la scriverò anche da lì ;)

 

A presto!

Marty

  
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