Libri > Il Gioco Proibito
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Autore: CyanideLovers    17/02/2012    2 recensioni
sentire di provare qualcosa per una ragazza che non fosse Jenny era....come una sbornia.
Lo aveva completamente sconvolto;
quella sensazione....quella sensazione era diventato amore;
un amore bruciante che avvolte lo lasciava senza fiato.
Anche un povero diavolo ha diritto ad un'altra chance.
Julian, l'affascinante demone innamorato di Jenny, è tornato. dopo anni dalla sua morte è riuscito, neanche lui sa come, a tornare sulla terra. Trasformato in un essere umano si innamore di una misteriosa ragazza da gli ipnotici occhi viola. intanto una nuova minaccia è pronta a distruggere la pace che si è creata. un nuovo uomo ombra vuole vendicarsi per il tradimento di Julian e un nuovo gioco sta per iniziare.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo umilmente perdono per il mio ritardo. il problema è che mi si è distrutto il computer e ho dovuto scrivere il capitolo da 5 pc diversi, che mi sono stati gentilmente offerti dai miei compagni xD
per chi segue la storia dalla pagina facebook ho appena creato quella ufficiale se la cercate si chiama ''Cyanide Lovers'' tanto poi metto il link in fondo alla pagina.
per le risposte hai commenti risponderò li o in fondo al capitolo :)
da questo capitolo in poi la storia sarà molto dark e horror (whahahahah cosa che adooooro :D) spero vi piaccia, lasciate un commentino se ne avete voglia :)






Nightmare.
 
Tutti rimasero in silenzio per un secondo, poi Elly si alzò in piedi, prese il suo giaccone e quello di suo fratello e uscì fuori anche lei. La neve stava scendendo morbida e silenziosa illuminata dal chiarore della luna piena. Non sapeva dove andare e dove fosse quello strano ragazzo. Per qualche strano motivo si era sentita subito legata a lui, non sapeva perché ma sentiva di avere in comune qualcosa con lui. Iniziò a camminare spedita seguendo la scia di orme che le sue scarpe avevano formato. Lo ritrovò poco più avanti tra i tre alberi che c’erano davanti alla sua casa, si era arrampicato su quello più basso e teneva la testa tra le mani. I capelli nivei erano sporchi di rosso e le sue braccia bianche spuntavano dalle maniche corte. Non sembrava sentire il freddo, ma forse fingeva di non sentirlo.
 -Non hai freddo?- gli domandò arrampicandosi a sua volta.
 -Ho vissuto per secoli e secoli in una terra fatta di ghiaccio.- disse con uno strano sguardo negli occhi di un colore indefinito. Ormai accanto a lui gli posò il secondo giaccone sulle spalle.
 –Non è una risposta alla mia domanda.- gli disse avvicinandosi ancora di più, gli posò il giaccone sulle spalle, lo vide muoversi con una strana espressione
 (imbarazzato, forse?)
 -voglio sapere perché sei così gentile con me.- rispose Julian con fermezza.
 - sai… io sono come te. Non sono mai stata accettata perché non sono nata qui.- disse abbassando gli occhi. Solo ora aveva notato il suo forte accento francese.
 -Non è una risposta alla mia domanda.-
 -Non lo so… mi ricordo quanto faceva male essere sempre rifiutata e…non voglio che qualcun altro si senta come mi sono sentita io.-
 - tanto anche se tu tratti bene una persona ci sarà sempre tutto il mondo che la tratta male.- disse fulminandola. Lei rimase sconcertata, fece una specie di smorfia
 (Era arrabbiata?)
 e poi iniziò a scendere dall’albero.
 -Sai una cosa? Hai ragione. Sono troppo stupida e non dovrei preoccuparmi della gente che non conosco. Ma hai due opzioni: o vieni con me, te ne stai a casa mia al caldo, e trovi un modo per tornare a casa tua, oppure stai qui a fare il fungo.- rispose mentre si allontanava nervosa. Julian guardò i suoi morbidi capelli ondeggiare via, scese velocemente e andò verso di lei. Stava per raggiungerla ma la testa gli girava così tanto che mancò poco che non cadesse a terra. Cercò di inspirare in fondo l’aria gelida ma non riusciva a respirare, si chinò su se stesso sentendo tremare le gambe.
 -Vieni… quella botta in testa ti deve aver fatto perdere un bel po’ di sangue.- disse Elly prendendolo per un braccio, si sentì trascinare mentre continuava a tenere gli occhi semi chiusi.
 La strada verso l’ospedale era interminabile anche se durava solo una ventina di minuti. Voleva dire qualcosa ma non sapeva bene cosa.
 Parlare con gli umani è così difficile. Basta una parola sbagliata e rovini tutto.Pensò in uno stato totalmente confusionale mentre premeva la testa contro il vetro gelato.
 -Grazie…- decise in fine di dire sperando che quelle fossero le parole giuste.
 -Non ti preoccupare. Comunque io ci lavoro in ospedale quindi non c’è problema per me.- rispose con un sorriso appena accennato.
 -Lavori??-
 -Sono una quasi-dottoressa. Mi sono laureata l’anno scorso. Tu… sai che cos’è un dottore, vero?-
 -Certo che si. Perché non dovrei saperlo?-
 -non lo so… era solo una domanda.- rispose ridacchiando rendendosi conto della brutta figura che aveva fatto, quando scesero dalla macchina per poco Julian non scivolò nel ghiaccio, si accorse di non avere più tutta quella fluidità nei movimenti che lo avevano caratterizzato quando era un uomo ombra e ora si sentiva privato delle sue sicurezze.
 Guardò per terra, riusciva a specchiarsi nel ghiaccio gelido eppure non riusciva a vedere realmente se stesso.
 Elly stava ancora parlando, ma lui continuava a guardare per terra cercando di capire bene chi fosse.
 

L’unico modo che esiste
per avere potere su se stessi è conoscere se stessi.
 
 
Non aveva paura del dolore, forse perché non aveva mai provato dolore, ma il fatto di doversi mettere i punti e di star perdendo un consistente quantitativo di sangue era l’ultimo dei suoi problemi. Si sdraiò nel lettino dell’ambulatorio come un automa e aspettò che la ragazza si cambiasse.
 Arrivò qualche secondo dopo con un camice blu chiaro e dei guanti, la sua voce era vellutata, tanto che stava per addormentarsi al suo suono, parlava e a lui parve che stesse cantando, non capiva cosa diceva ma per la prima volta la guardava negli occhi.
 Non come prima, no.
 Molto più intensamente, la scrutava in profondità annegando nei suoi occhi. Cosa vedeva in quei occhi?
 Serenità, generosità, allegria, eppure
(era come se ci fosse qualcosa dietro, qualcosa di antico, quasi dimenticato. Qualcosa che non poteva essere spiegato a parole. Una specie di sensazione, di pericolo primordiale.)
sembrava impaurita, terrorizzata da qualcosa. Leggeva anche un vecchio rimorso. Non sapeva quanto allungo aveva guardato i suoi occhi ma dopo quelli che gli sembrarono anni (secoli) anche se in realtà erano passati pochi secondi riuscì a capire una cosa.
Io la conosco!
 No, continuò a pensare. Non è possibile, non posso conoscerla. Non l’ho mai vista prima, pensò ragionevole eppure quella sensazione non lo abbandonò. Era impossibile ma era sicuro di conoscerla ma allo stesso tempo di non averla mai vista. Come era possibile?
-Fatto!- disse con allegria mettendogli un grosso cerotto in testa.
-Ecco, prendi queste. Ti faranno passare il mal di testa. Io vado a controllare un secondo i miei pazienti e poi andiamo a casa.- disse uscendo di corsa. Quando Elly arrivò all’ingresso si ritrovò faccia a faccia con il pallido riflesso del vecchio Julian. Aveva qualcosa nel suo viso che lo faceva assomigliare ad un rettile pronto ad attaccarti, anche se non aveva più poteri emanava un alone di mistero e pericolo. I suoi occhi erano come fari azzurri nella notte, così simili al centro della fiamma da sembrare infuocati. Era appoggiato al muro, con la testa leggermente piegata ad osservarla.
-Scusa il ritardo. Andiamo a casa? Hai fame? Sete? Mal di testa? Hai già preso le medicine?- iniziò a sommergerlo di domande, come se volesse distrarlo da qualche particolare che non voleva che notasse. O magari parla troppo, pensò Julian.
-Ehm… come vuoi tu…?- riuscì a rispondere perplesso emergendo da quel fiume di parole.
-Parlo troppo vero?- disse con una faccia buffa.
 Julian aveva una voglia pazzesca di ridere, le spalle già gli tremavano per l’ilarità ma cercava comunque di mantenere un certo contegno, quell’affermazione era troppo per lui. Iniziò a ridere di cuore inclinando la testa all’indietro.
-Oh, perfetto. Mi prendi anche in giro?-
 -Scusami. Ma avevi una faccia proprio buffa. Secondo me non parli troppo, anzi, mi piace quando parli.-
Elly rise con lui mentre nella macchina si avvicinavano a casa.


 Non appena aperta la porta Julian notò i bellissimi quadri appesi alle pareti. Si chiese come aveva fatto a non vederli visto che ricoprivano quasi tutte le pareti. Si avvicinò ad uno incredibilmente grande che raffigurava una ballerina mentre eseguiva un salto, talmente vivido che gli sembrava di vedere un film. Il palco illuminato da una fievole luce tratteneva l’ombra che era tremolante come se non riuscisse a seguire il corpo della ragazza.
 Era meraviglioso, ed era uno dei tanti, perché non appena girò il capo poté vederne un altro ancora più bello e poi un altro e uno ancora. La modella era sempre una ragazza e prima che potesse dire qualcosa si voltò e vide che Elly lo osservava in silenzio.
-Ti piacciono i quadri di mio fratello?- domandò avvicinandosi a lui
-Sono davvero belli.- rispose continuando ad osservare tutti i quadri.
- Sei tu la modella?-
 -Si. Quelli dove sono vestita da ballerina li ha fatti quando ancora danzavo.- disse con una certa malinconia nel viso. Poteva anche essere un umano ora ma riusciva ancora a leggere negli occhi delle persone. Nei suoi lesse ‘’Ti prego, niente più domande su questo argomento” così finse di essere stanco e si sedette sul divano. Mangiarono in silenzio e Julian andò a dormire con una calda sensazione di benessere. Avrebbe voluto sapere cosa fosse successo alla ragazza per soffrire tanto del suo passato, ma capiva che quello non era il momento.
C’è un tempo per tutto, quello semplicemente non era il momento adatto. Capirò tutto alla fine e se non accadrà significa che non sarà la fine.
Si sdraiò e chiuse gli occhi che nel frattempo erano diventati pesanti come macigni. Sognò allungo senza ricordare cosa.
 Era in una foresta, respirava velocemente e non riusciva a capire perché il cuore gli battesse così forte.
 ( paura)
 aveva paura di qualcosa ma non capiva cosa. Non c’erano ne ombra ne mostri terrificanti. Era solo, in una foresta e si specchiava in un lago nero.
-Chi sei?- domandò alla figura davanti a sé
-Chi sei?- ripeté muovendosi allo stesso modo.
-Perché sei qui?-
 -Perché sei qui?-
iniziò ad innervosirsi, rabbia e frustrazione iniziarono a crescere dentro di lui come un vulcano pronto ad eruttare.
-insomma, vuoi rispondermi?!-
 -Come desideri principino.- rispose il suo riflesso laconico.
 Lo afferrò per le spalle e lo tirò dentro l'acqua. Il suo volto si era trasfigurato in una tremendo ghigno, così ampio da sembrare il sorriso dello stregato.
 Fu trascinato sott'acqua per così tanto tempo che non riuscì ad identificare, i polmini bruciavano come se stessero andando a fuoco, e quando iniziò a credere che sarebbe morto...l'acqua sparì, come se fosse sbucato dal fondo di un bicchiere invisibile, e atterrò in una stanza. Si rese conto che era il soggiorno della ragazza solo con qualche differenza. C’erano gli stessi dipinti ma questi si muovevano, il divano e la televisione erano spariti proprio come la libreria. Tutte le ballerine avevano smesso di danzare e ora ridevano di cuore, maligne, indicando un altro quadro dove c’era Elly che piangeva disperata. Era vestita con un tutù completamente nero e una corona*, dai suoi occhi colavano delle lacrime nere. Urlava dal dolore cercando perdono. Julian corse verso di lei ma si interrompe a metà strada. Dietro di lui la chiamava Jenny bella come il sole. Ebbe un momento di indecisione e questo gli costò caro. Entrambe le ragazze sparirono, la stanza si sciolse, i quadri si fracassarono con un frastuono simile ad ossa rotte. Notò che aveva la pelle d’oca, corse lungo un corridoio stretto e con mura oblique che davano la sgradevole sensazione che si stessero chiudendo su di lui. Corse a perdifiato cercando una via d’uscita fin quando non sentì un rumore che gli gelò le ossa.
 Acqua.
 Non semplice acqua ma una valanga d’acqua che stava per sommergerlo. Corse più veloce che poté ma non riuscì a sfuggire….
Si svegliò di soprassalto sudato e con il fiatone,  anche quando era un uomo ombra non era raro per lui sognare ma non aveva mai avuto un incubo simile. Sentì nella sua testa il rumore dell’acqua che non gli lasciava scampo, sentiva ancora la minaccia dei muri opprimenti.
-Julian, sei sveglio?-
Elly, pensò nel panico, cosa gli era successo?! Uscì quasi correndo dalla stanza e corse di sotto, i quadri erano normali, le immagini immobili.
 Andò in cucina da dove proveniva un odore di cibo invitante, oltrepassò la porta e vide la ragazza in perfetta salute, con i capelli legati in uno chignon e una maglieta di cotone corta che lasciava scoperti i fianchi.
 Vederla sana e salva lo fece sospirare di sollievo come se si fosse tolto un peso.
-Hey principino, vanno bene le uova per colazione?- disse con allegria. A Julian in vece venne quasi un colpo,
principino, non mi aveva chiamato così anche il mio riflesso?
-Ehm, si vanno benissimo.- disse a disaggio. La osservò allungo. Era molto bella, questo lo doveva ammettere, ma non era sicuramente pericolosa.
-Hai un tatuaggio?.- domandò guardandogli un fianco.
-Cosa? Ah, si.- disse indicando una frase seminascosta dalla maglietta.
 
Dreaming Dreams no Mortal ever dared to Dream Before.*
 
-È una frase molto bella- disse dopo un po’. Aveva notato, e la cosa solleticava in modo perverso il suo senso dell’umorismo, che la frase rispecchiava perfettamente il suo sogno. Era ancora assorto nei suoi pensieri quando ad un tratto suonarono alla porta. Elly si voltò di scatto come in preda al panico, sembrava eccitatissima, il sorriso brillava.
-Oh no! Non può già essere arrivato!- disse con le mani sulla bocca e spegnendo tutti i fornelli.
-Arrivato, chi?- domandò Julian incuriosito. Lei non lo ascoltò neanche, corse di sopra urlandogli
-Ti prego Julian, vai ad aprire!-
sentì i suoi passi arrivare fino alla sua stanza, andò alla porta, l’aprì e si ritrovò faccia a faccia con un ragazzino.
 I suoi capelli neri e luminosi brillavano sotto il sole, i suoi occhi erano nascosti dagli occhiali del medesimo colore, dimostrava si e no sedici anni, ma sembrava incredibilmente maturo.
-ehm, scusa tu chi sei?- domandò il ragazzino guardandolo dal basso verso l’alto.
-Cosa??.. sono..Sono Julian, tu chi sei!?-disse guardandolo con un’aria stupita
-Jean!- urlò dietro di lui Elly, lui si spostò di lato per farla passare. Aveva una semplicissima maglietta bianca lunga e dei pantajeans neri, corse ad abbracciare il ragazzino, mentre lui la salutava silenziosamente.
 
-Ohhhhh vous avez enfin arrivé. frère ne pouvait pas attendre.**- urlò felicissima mentre lo stritolava.
-Per favore Elly, mi stai uccidendo!- disse con un fortissimo accento francese, cercò di liberarsi ma Elly lo teneva ben stretto. Finalmente lo lasciò guardandolo dritto negli occhi attraverso le lenti.
-Sono felicissima! Ma non dovevi venire pomeriggio?- domandò mentre entravano.
-Lo so, ma sono riuscito a prendere prima il treno- Disse mettendogli un braccio intorno al collo.
-Comunque chi è il tipo strano?- chiese sussurrando all’orecchio della sorella. Lei rise lievemente e poi indicò Julian
-Jean ti presento Julian. Julian questo è Jean, mio fratello.- disse con un sorriso a trentadue denti.
-Piacere, bene! Sai che sono un fratello magnifico vero Elly?-
 -Ho quasi paura di quello che stai per dirmi.-
 -Ho trovato i biglietti per la festa da ballo in maschera più famosa di tutta la città, biglietti out da settimane, sorella. E questo sai perché? perché sono un dio!- disse pieno di orgoglio sventolandogli i biglietti sotto il naso.
-OH. MIO. DIO!!! Non ci posso credere! Come hai fatto?!- urlò abbracciandolo.
- E sei anche fortunata cara, perché ho trovato anche i biglietti per i tuoi amicie e ce ne uno anche per il tuo principe azzurro! Ahahah- disse sghignazzando con una faccia che faceva intendere molte cose. Julian sentì come un calore tremendo alle guance, si voltò troppo tardi per nascondere che era arrossito
- Io sono solo un ospite. Non sono il suo fidanzato.- disse con aria seria.
 -è vero Jean, non dovresti saltare a conclusioni affettate.- confermò con un tono di rimprovero ma comunque allegramente.
-Mamma mia che persone permalose. Rilassatevi, io vado un po’ a dormire intanto e ricordati di conservare i biglietti.- disse sbadigliando
-Vai già a dormire?-
 -Non sono riuscito a dormire sul treno stanotte, c’era una ragazza che continuava a parlare in una lingua strana e mi stava facendo impazzire.- disse seriamente togliendosi gli occhiali e rivelando delle pesanti occhiaie sotto gli occhi viola intenso.
-Oh, mi dispiace. Dormi pure… a proposito quando è la festa?-
 -Tra un mese esatto.-
 
 
-Ma io non voglio andare fra i matti- osservò Alice
 -Bhé, non hai altra scelta- disse lo Stregato
–Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.-
-Come lo sai che sono matta?- disse alice
-Per forza- rispose il gatto – Altrimenti non saresti venuta qui.-
 
 

Le due settimane passate in quella casa non erano state così male dopotutto. Jean era un ragazzino interessante sotto ogni punto di vista, nonostante gli iniziali battibecchi con la sorella, Elly era semplicemente favolosa in tutto. Riusciva sempre a mettere fine a qualsiasi discussione, anche quando Tom e Julian si urlavano a dosso, Jenny aveva cercato di evitarlo in qualsiasi modo, senza successo però. Julian era ancora innamorato di lei eppure non riusciva a capire quello che gli stava succedendo.
Non riusciva più a vederla come la ragazza perfetta che aveva giocato con lui a sedici anni. Ai suoi occhi la sua pelle non era più luminosa e scintillante come una volta, gli occhi erano di un comunissimo colore verde, senza alcunché di speciale. Era addirittura arrivato a chiedersi cosa ci avesse visto in lei. Diceva che l’amava e tutte le volte gli rimaneva una strana sensazione in bocca.
 I suoi incubi continuavano. Ogni notte erano sempre più tremendi e orribili.
 Una notte aveva addirittura sognato che la sua stanza iniziava a riempirsi d’acqua gelida fin quando non moriva affogato, ogni volta si svegliava furente e spaventato.
 Aveva scoperto che poteva andare d’accordo con gli amici di Jenny se evitava di prenderli in giro su i loro incubi e che , cosa a cui avrebbe fatto particolarmente attenzione, senza i suoi poter Dee poteva metterlo ko con un calcio al plesso solare.
 Quella mattina si svegliò di colpo sudato, annaspando l’aria come se non riuscisse più a respirare. Ogni fibra del suo corpo gli urlava di scappare,
 (Paura, terrore, voglia di correre il più lontano possibile da li eppure era come se fosse inchiodato al letto. )
 la sua mente lavorava velocemente intimandogli di non rimanere un minuto di più in quel luogo. si alzò e andò in bagno, si spogliò completamente ed entrò nella doccia. L’acqua calda accarezzò il suo corpo delineando in maniera perfetta ogni suo muscolo, con una meravigliosa sensazione di calore abbandonò la testa all’indietro così che il vapore potesse scorrere anche lungo il collo. Sentì tutto il gelo che lo abbandonava, a occhi chiusi poteva sentire i capelli appiccicarsi sulla faccia. Appoggiò la schiena perfetta al muro, per sentire la differenza tra l’acqua calda e le mattonelle fresche. Le palpebre tornarono ad essere pesanti come se non avesse dormito veramente, come in trans, sotto il getto d’acqua vide Elly davanti a lui che urlava. Non sentiva nulla, ne il rumore dell’acqua ne le grida disperate della ragazza. Aveva gli occhi pieni di lacrime in una oscurità che sembrava divorare tutto. Si teneva il costato con le braccia, lo stringeva, ma il sangue continuava a scorrere inesorabile. Lo guardava come se cercasse di chiedergli qualcosa.
(Perché? Perché Julian, Perché mi hai fatto questo?)
 
la guardò spaventato, e con ancora più terrore si guardò le mani sporche anch’esse di sangue, fece cadere il coltello che teneva stretto e si avvicinò cautamente a lei. La vide muovere qualche passo in dietro, spaventa, ma era così debole che non riuscì a muovere più di due passi. Cadde a terra come un uccellino con un’ala spezzata. Julian la prese tra braccia cercando un aiuto, guardandola ansante, ma non c’era niente da fare. Con dei gemiti muti abbandonò il suo corpo con gli occhi spalancati. La osservò per qualche secondo, poi nel panico, iniziò ad urlare il suo nome. Ma non sentiva più neanche la sua voce. Tutto quello che poteva fare era…Svegliarsi.
   
 
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