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Autore: giambo    18/02/2012    8 recensioni
Un guerriero tormentato dai sensi di colpa.
Una cyborg incapace di lasciarsi alle spalle un passato di morte, dolore e follia.
Un mondo che cerca, dopo il Cell-Game, di ripartire.
Rabbia, dolore, sensi di colpa, amore, eros, follia.
Sono questi sentimenti che stanno provando gli eroi di questo mondo.
Sta a loro cercare un motivo per andare avanti e ricostruire questo mondo, oppure lasciarsi andare nell'oblio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Crilin | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

 

Appena Crilin arrivò a destinazione, una valanga di ricordi recenti lo sommerse. Quella era la loro isola. Era là che si erano rivisti dopo sette mesi. Era là che si erano allenati per tanto tempo. Era là che lui aveva pronunciato il suo giuramento. Quello stesso giuramento che, adesso, sembrava non essere riuscito a mantenere. Era là che era iniziato tutto.

Il piccolo guerriero cominciò a cercare la sua adorata C18. Dopo circa cinque minuti scoprì di non essersi sbagliato. La cyborg era seduta sulla spiaggia. Teneva le ginocchia strette al petto e fissava il mare con sguardo vuoto.

Quando Crilin atterrò, l'androide si girò a guardarlo. Nel vedere i suoi occhi il terrestre si sentì morire. Gli occhi di lei erano spenti, freddi, privi di qualunque sentimento. La sua faccia non esprimeva assolutamente nulla. Era come se, per la cyborg, quell'anno di vita non fosse mai trascorso, come se si fosse svegliata solo in quel momento dal suo lungo sonno artificiale all'interno della capsula criogena del Dottor Gero.

In quel momento, Crilin si trovava a circa tre metri di distanza da lei. Quando il terrestre provò a fare un solo passo nella sua direzione, l'androide strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure. Il piccolo guerriero capì subito. Se avesse provato ad avvicinarsi ancora, C18 non ci avrebbe pensato due volte ad ucciderlo violentemente.

Appena lo vide fermo, C18 smise subito di guardarlo. L'androide tornò a fissare il mare con sguardo atono come se niente fosse.

Per Crilin tutto ciò era una vera e propria tortura. In quel momento, l'unica cosa che desiderava era poter stringere fra le sue braccia la sua adorata C18. Ma avrebbe aspettato. Per lei, avrebbe fatto ogni cosa.

Il terrestre si inginocchiò, chiuse gli occhi e si portò le mani al petto. Avrebbe aspettato là fino a quando la cyborg non avesse deciso di parlargli.

Passarono dieci minuti. Poi venti. Mezz'ora. Poi un'ora. Le mani del piccolo guerriero si intorpidirono, le sue ginocchia cominciavano a protestare per il lungo sforzo a cui le stava sottoponendo, i muscoli della schiena gli bruciavano. Ma a Crilin tutto questo non gli interessava. Avrebbe aspettato. Anche se ciò comportava diventare pietra e poi polvere. Mai come in quel momento, la sua vita gli pareva futile rispetto a quella della sua adorata C18.

Alla fine, dopo più di un'ora di attesa, l'androide decise di parlare.

“Vattene.”

Crilin aprì gli occhi, sorpreso ed addolorato nel sentire il tono freddo e distaccato di lei. Il terrestre vide che, adesso, la cyborg lo stava fissando.

Scosse la testa. Non se ne sarebbe andato. Non l'avrebbe abbandonata. Aveva fatto un giuramento e l'avrebbe mantenuto.

Vedendo la risposta di lui, C18 tornò a fissare il mare. Non sembrava né arrabbiata né irritata dal rifiuto del terrestre. Sembrava essere tornata il cinico e freddo cyborg di una volta.

“Perché?”

Il piccolo guerriero ci mise un istante a comprendere che C18 aveva ripreso a parlare. Era stato, più che una domanda, un sussurro. Un leggero e flebile sospiro.

“Che cosa?” domandò con voce roca, causata dal lungo silenzio che si era imposto.

L'androide non rispose subito. Continuava ad osservare il continuo ed infinito scontro tra le onde del mare e la terra.

“Perché? Perché non mi lasci in pace? Perché continui a rovinarti la vita per me? Perché sei così testardo? Cosa ti spinge ad avere così poca considerazione della tua vita?”

Crilin sorrise. Si era posto quelle stesse domande molte volte. E ogni volta aveva trovato le proprie risposte in una sola, semplice frase.

“Perché ti amo.” mormorò con voce dolce.

Sentendo quella risposta C18 non reagì. Continuò a rimanere immobile ad osservare l'oceano.

“L'amore...” mormorò con tono neutro. “Il sentimento più stupido che voi umani possiate provare!”

“Perché dici così?” domandò dolcemente il terrestre. “Innamorarmi di te è stata la cosa più bella che mi potesse capitare.”

“Basta!” dichiarò ad un tratto l'androide con violenza. Il freddo autocontrollo che si era imposto si stava sbriciolando velocemente. “Smettila di dire stronzate!”

Crilin sorrise. Ma il suo era un sorriso triste.

“Perché fai così? Non ti è forse piaciuta la vita che facevamo amore mio? Veramente questi mesi ti sono sembrati una stronzata?”

“Sei...sei un idiota!” urlò con voce irata la bionda. I suoi occhi fissavano il mare con infinita tristezza. Del suo comportamento freddo non era rimasta traccia. “E la sai una cosa? Se tu sei un idiota, io sono una cretina! Mi sono illusa! Ho dato retta...ho dato retta alle tue stupide, inutili e folli parole! Ho commesso l'errore più grande che potevo fare!”

Crilin osservava in silenzio lo sfogo della cyborg. Dentro di se il piccolo guerriero si sentiva stanco. Stanco e triste. Stanco di tutto. Ma voleva stare insieme a C18. Lo voleva con tutto se stesso. E se, per esaudire il suo desiderio, doveva stare inginocchiato a martoriarsi le ginocchia, allora lo avrebbe fatto.

“Di quale errore stai parlando?”

C18 girò la testa e lo fissò. Crilin rimase, come al solito, semplicemente incantato dalla bellezza e dalla profondità dei suoi occhi. L'unica nota che stonava in quei due gioielli della natura era la tristezza che ci albergava dentro. Li rendeva come opachi. Al terrestre piangeva il cuore nel vedere quella luce triste brillare in quei due bellissimi zaffiri.

“Io...io mi sono affezionata a qualcuno...” mormorò in un sussurro appena percettibile l'androide. “Mi sono dimenticata quello che non avrei mai dovuto dimenticarmi.”

“E cioè?”

“Io sono un cyborg.” dichiarò C18. “Un cyborg! Sono una macchina. Non avrei mai dovuto darti retta. Mi sono illusa. Mi hai illusa.” il tono della voce dell'androide era carico di amarezza.

“Io non ti ho illusa.” mormorò con dolcezza il terrestre. “Tutto quello che ti ho detto...tutto quello che ho fatto...sono stati tutti gesti spontanei, venuti dal cuore. Devi credermi amore mio. Io ti amo. Non mi interessa cosa dicono gli altri. Per me, la gioia più grande del mondo, è stata vivere questi mesi con te. Essere picchiato ed offeso da te non mi ha pesato minimamente. I tuoi baci, le tue carezze, i tuoi abbracci...sono stati...bellissimi. Dimentica ciò che hai sentito stasera C18. Dimenticalo. Ti fidi di me? Ti ho mai mentito?”

“Sei uno stupido.” mormorò con tristezza l'androide. “Tu non capisci. Ti rifiuti di capire.”

“Che cosa?”

Stizzita, la cyborg pestò un pugno per terra. Il suo colpo fece tremare l'intera isola.

“Dannazione Crilin! Guardami! Vedi cosa posso fare? Vedi cosa sono realmente? Io non sono e non posso essere una ragazza normale. Io sono un androide. UN ANDROIDE CAPISCI?! Io sono un essere votato alla guerra. Un essere che, dalla vita, può ricevere solo morte e odio.” il suo sguardo, da irritato, si fece triste. “Io sono un mostro.”

Quelle ultime parole colpirono Crilin con la violenza di un calcio di Cell. Mai C18 aveva pensato a se stessa come ad un mostro. Mai la cyborg si era vista come un essere ripugnante. Il suo disprezzo era sempre stato diretto contro gli esseri umani. Quegli stessi umani di cui, una volta, lei aveva fatto parte. Ma ora, per la prima volta nella sua vita, C18 era disgustata della propria condizione di androide.

Il terrestre non poteva più sopportare tutto quello. Con un gesto deciso, il piccolo guerriero si alzò. Rimase un attimo immobile, mentre le sue ginocchia protestavano per quell'immobilismo forzato a cui le aveva sottoposte. Poi, a passi incerti, si diresse verso la cyborg.

C18 lo vide avvicinarsi con irritazione. Tuttavia, non fece niente per bloccarlo.

Una volta arrivato al fianco dell'androide, Crilin prese un profondo respiro, assaporando l'aria piena di salsedine, prima di parlare.

“Se sei un mostro come dici, allora perché mi hai risparmiato la prima volta che ci siamo visti? Perché sei venuta da me dopo sette mesi che non ci vedevamo? Perché mi hai salvato la vita quando stavo agonizzando su questa stessa isola? Perché mi hai baciato ed abbracciato per mesi? Perché?”

Sentendo quelle domande, C18 si mise le mani nei capelli. Non lo sapeva. Non sapeva più niente ormai. Da quando era tornata in vita come androide, tutte le sue certezze erano crollate come un castello di carte sotto un soffio di vento.

“Non lo so dannazione! Non lo so! Io...io non lo so...non so più niente ormai! NIENTE!”

Ad un tratto, Crilin l'abbracciò. Sentendosi stringere da quelle braccia calde e forti, la cyborg si sentì al sicuro. All'improvviso, tutti i suoi dubbi, tutto il suo dolore sparirono. In quel momento a C18 non le importava niente di essere un cyborg. Non le importava niente di essere un mostro. In quell'istante, tutto quello che le importava, era che, quelle braccia, quelle calde braccia, non l'abbandonassero.

Affondò con forza la testa nel petto caldo e muscoloso di lui. Cercando, in quel calore, la risposta a tutti i suoi problemi.

Crilin la coccolò con dolcezza. Il terrestre si sentiva felice. Felice in una maniera quasi dolorosa. Nonostante tutto quello che era successo, il suo legame con C18 non si era rotto. Ormai il piccolo guerriero ne era convinto: quella donna, quella splendida, affascinante, insopportabile donna, non l'avrebbe abbandonata. Mai.

Le diede un leggero bacio sulla testa, godendo della morbidezza dei suoi capelli profumati. Non era un profumo come quelli che usavano di solito le donne. Era un odore forte e dolce allo stesso tempo. Esattamente come la donna che stringeva tra le sue braccia.

“Torniamo a casa.” mormorò dolcemente. “Sarai stanca.”

Anche se non la poteva vedere in faccia, Crilin sentì le sue morbide labbra distendersi in quel flebile sorriso che tanto amava.

“Io non sono mai stanca nanerottolo. Mettitelo bene in testa.”

Crilin sorride. Finalmente C18 era tornata ad essere la sua adorata ragazza. Quella donna scorbutica ed autoritaria che gli aveva rapito il cuore.

La prese dolcemente in braccio. Era la prima volta che compieva quel gesto nei suoi confronti. Si sorprese nel constatare quanto leggera fosse quella donna dal carattere d'acciaio.

C18 lo lasciò fare. L'androide continuò a tenere premuto il viso contro il petto di lui. In quel momento, tutto ciò che le importava, era che Crilin non la lasciasse.

Il piccolo guerriero si alzò in volo. Una volta raggiunta la quota d'altezza necessaria per volare senza troppi problemi, il terrestre si diresse verso la Kame House.

 

Una volta arrivato, Crilin scoprì che Muten non era ancora rientrato. Il piccolo guerriero aggrottò le sopracciglia ma non approfondì ulteriormente quella scoperta. Era già successo in passato che l'anziano maestro passasse una notte alla Capsule Corporation. Probabilmente era andata così anche questa volta.

Dopo essersi tolto le scarpe, ed averle tolte con dolcezza anche all'androide, Crilin salì le scale le Kame House. C18 non aveva detto una sola parola da quando erano andati via dall'isola. Il terrestre sperava che si fosse addormentata. Era stata una giornata pesante per entrambi. In quel momento, il sonno sarebbe stato la loro medicina migliore.

Una volta entrato nella camera dell'androide, Crilin la mise con immensa delicatezza sul letto. Fu sorpreso di constatare che era ancora sveglia. La cyborg lo fissava con uno sguardo a metà tra il triste ed il pacifico.

Il piccolo guerriero sorrise con dolcezza. Si avvicinò all'androide e le diede un soffice bacio sulla fronte.

“Buonanotte, amore mio.” mormorò.

E, detto questo, fece per andarsene.

 

C18 osservò Crilin girarle le spalle. Nello stesso istante una grande paura, una paura che non aveva mai provato in vita sua, le attanagliò con violenza il petto. Dopo un istante, l'androide capì che aveva paura di stare da sola.

Cosa avrebbe dovuto fare? Permettere a Crilin di andarsene? Rimanere da sola con la sua sofferenza ed i suoi incubi?

No! Non l'avrebbe accettato! Non voleva più stare da sola! Non voleva più essere perseguitata dai suoi incubi! Non voleva più sentire la solitudine opprimerle il petto come un guanto d'acciaio!

In un istante, C18 decise. Non sarebbe più stata da sola. Mai più.

Con un gesto improvviso, l'androide afferrò Crilin per il colletto della maglietta e lo buttò con forza sul letto. Subito dopo, la bionda salì sopra di lui.

Crilin rimase totalmente sbigottito. Non capiva. Non riusciva a comprendere cosa voleva fare la cyborg.

“C18? Cosa...”

“Shhhh...” C18 gli poggiò un dito sulle labbra, zittendolo all'istante. “Quante volte devo dirtelo che tu parli troppo per i miei gusti?”

E, dette queste parole, l'androide lo baciò. Non fu un bacio dolce. Era un bacio violento e passionale. Un bacio in cui, la cyborg, sfogò tutto il suo dolore e la sua tristezza. Ma, in quel bacio, riuscì anche a metterci tutta la gioia che provava nel stare con quell'uomo.

Crilin non rispose subito al bacio. Il terrestre pareva ancora sorpreso dal comportamento della bionda. Poi, ad un tratto, con un colpo di reni, il piccolo guerriero capovolse le posizioni. C18 inarcò un sopracciglio davanti all'intraprendenza del suo compagno. Tuttavia, l'androide preferì, per una volta, lasciare a Crilin l'iniziativa.

Il guerriero cominciò a baciarle con dolcezza il collo. Sotto il tocco dolce e morbido della sue labbra, C18 cominciò a provare un forte calore nella zona del basso ventre. Era una sensazione nuova e sconosciuta, che la confondeva. Ma era piacevole e, per questo, la cyborg decise di abbandonarsi ad essa. La bionda si sentiva viva come non mai.

Con un gesto violento, strappò totalmente la maglia al terrestre, cominciando ad accarezzargli i muscoli caldi e compatti della schiena.

Sentì le mani callose, come quelle di un vero guerriero, di lui toglierle delicatamente la maglietta e il reggiseno, lasciando così libero il suo seno bianco e perfetto. Sentì la bocca di lui scendere lentamente verso il basso. Le labbra di Crilin assaporarono con delicatezza la spalla destra di lei per poi scendere, con lentezza, verso il suo morbido seno. Sotto il continuo tocco della bocca di lui, l'androide cominciò a mordersi le labbra, in un disperato tentativo di trattenere i sospiri di piacere che premevano di uscire.

Dopo aver dedicato parecchio tempo al seno, Crilin continuò a scendere. Baciò ed assaporò la morbida pancia piatta di lei. Sentì gli addominali della cyborg contrarsi involontariamente sotto il tocco delle sue labbra. Poi, ad un tratto, il guerriero le sbottonò i jeans e la liberò definitivamente dell'impaccio dei vestiti, lasciandola totalmente nuda.

Il terrestre assaporò, con le mani e con la bocca, la morbidezza delle sue gambe. Gambe perfette. Gambe morbide. Bianche. Lisce. Prive di qualunque difetto. Gambe di una dea.

Ad un tratto, però, Crilin risalì con la bocca le gambe di lei, continuando ad assaporarne la morbidezza e la dolcezza della pelle, fino ad arrivare al punto più intimo dell'androide. C18 all'inizio non capì le intenzioni del compagno. Ma, quando il terrestre cominciò ciò che si era prefissato di fare, non poté fare a meno di spalancare gli occhi dalla sorpresa.

Perché le sensazioni che stava provando, quelle sensazioni che Crilin le stava regalando, erano belle. Troppo belle. Spaventosamente belle. C18 non si sentiva più se stessa. Le pareva di essere stata catapultata nel corpo di un'altra.

Alla fine di tutto, la cyborg inarcò la schiena e, nonostante tutti i suoi tentativi, non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sospiro. Per la prima volta nella sua vita, l'androide conosceva le gioie dell'amore carnale.

Crilin risalì il corpo di lei dolcemente, continuando con a sua opera di baci e carezze. Quando arrivò all'altezza dello sguardo di lei rimase piacevolmente sorpreso. Gli occhi della bionda erano vivi. Risplendevano di un'immensa gioia mista a piacere. In quel istante, il terrestre rimase ammaliato dai suoi occhi. Erano più belli che mai.

L'androide lo baciò. Crilin stavolta ricambiò il bacio. Mentre le loro lingue si incrociavano, in una danza amorosa senza fine, le mani della cyborg continuavano ad accarezzargli la schiena muscolosa. Scendendo, l'androide lo privò dei pantaloni e dei boxer sentendo, sotto le proprie mani, i glutei compatti del terrestre contrarsi. C18 continuò ad accarezzare quel corpo caldo e muscoloso. Era un corpo piccolo, ma perfetto. Ogni singolo muscolo era stato allenato e sviluppato al massimo da anni di allenamenti massacranti ed inumani. Era una macchina biologica perfetta.

Risalendo con le mani, l'androide cominciò ad accarezzargli il volto. Sentiva sul proprio viso il respiro caldo di lui. Nonostante la situazione si stesse facendo decisamente bollente, il respiro del piccolo guerriero era calmo e rilassato. C18 lo guardò con uno sguardo duro e deciso.

“Tu sei mio.” dichiarò con voce dura. “Mio capito? Mio soltanto! Tu mi appartieni! Nessuno ti porterà via da me. Non mi lascerai mai.”

Sentendo quelle parole, Crilin l'abbracciò. Godendo del profumo della sua chioma dorata.

“No amore mio.” mormorò. “Non ti lascerò.”

Quella notte umano ed androide divennero una cosa sola. Quella notte non esisteva Crilin né esisteva C18. Quella notte, esisteva solamente un'unica volontà.

 

Correva. Correva disperatamente. Correva anche se aveva i polmoni in fiamme. Correva anche se si sentiva le gambe tremare dallo sforzo. Ma tutto ciò non aveva importanza. Non poteva fermarsi. Doveva trovarlo, ad ogni costo.

Il corridoio che stava percorrendo era buio ma la ragazza lo aveva già percorso altre volte. Ormai conosceva quel maledetto posto come le sue tasche. Ci viveva da quando era una bambina. Sempre se si poteva definire vita quella a cui era sottoposta.

Ad un certo punto, la ragazza si sentì le guance bagnate. Si portò una mano al viso. Erano lacrime. Era stanca di tutto quello. Era stanca di quell'inferno che la gente osava chiamare vita. Quanto ancora sarebbe continuato? Quanto ancora avrebbe dovuto arrancare in quella merda prima di potersi liberare di quell'incubo?

Alla fine, dopo un tempo che le parve interminabile, arrivò davanti ad una porta. Un brivido le percorse la schiena. Lo sentiva. Sapeva. Sapeva che, entrando in quella stanza, avrebbe dovuto affrontare l'orrore peggiore di tutti. Eppure, nonostante la sua mente le urlasse di scappare, la ragazza aprì la porta di scatto.

La stanza in cui si trovava era priva di finestre. L'unica luce proveniva da una lampada al neon. L'aria era pregna dell'odore di muffa misto a quello di sangue.

In mezzo alla sala si trovava un tavolo operatorio. Sdraiato sopra c'era lui.

Fratello!”

C18 corse disperata verso il fratello. Cercò disperatamente di svegliarlo, di riportarlo alla vita.

Fratello ti prego! Parlami! Sono io! Sono 18! Non lasciarmi fratello! Non lasciarmi! Ti scongiuro svegliati!” La ragazza aveva paura. Era terrorizzata. Non voleva perdere il fratello. Non voleva e non poteva. C17 era tutto ciò che la legava alla vita. Senza di lui, la ragazza non era nulla.

Ad un tratto, sentì un violento schiaffo colpirla sul volto. Cadendo a terra C18 vide, con la coda dell'occhio, il suo mostro. Il suo aguzzino. L'uomo che odiava con tutta se stessa.

Adesso basta piagnucolare 18! lasciami lavorare in pace! Ma ti prego, non rattristarti. Presto tu e tuo fratello diventerete due esseri molto speciali!”

Eccole di nuovo quelle parole. Quelle fottutissime, maledette parole. Ma chi voleva diventare un essere speciale? Un cyborg? Lei voleva fare una vita come tutti gli altri, era forse chiedere troppo?

Piena di rabbia ed odio verso il suo carceriere, la ragazza scattò verso suo fratello. Non le interessavano le parole di lui. Non le interessava un cazzo in quel momento. L'unica cosa che voleva era prendere suo fratello ed andarsene via da quel posto.

Ma il mostro era troppo forte per lei. Le si parò davanti. La bloccò. Le impedì di raggiungere l'unica cosa al mondo a cui teneva davvero.

Smettila subito di frignare! Mi fai schifo! Tornatene nella tua cella e fammi finire il mio lavoro!”

No!” urlò con tutta la forza che aveva. “Voglio mio fratello! Lascialo! Lascialo! Sei un mostro!”

Ma la sua rabbia, la sua ribellione erano inutili. L'uomo era troppo forte per lei. La picchiò, la buttò a terra. Cercò di spezzare la sua volontà. Quando vide che, i suoi tentativi, fallivano miseramente, la sua ira esplose con violenza.

Ora basta! Mi hai proprio stancato puttanella! È giunto il momento che qualcuno ti faccia abbassare la cresta!”

Dopo aver pronunciato quelle terribili parole, l'uomo la prese di forza. C18 scalciò per liberarsi. Lottò disperatamente per impedire che quell'uomo schifoso potesse esaudire il suo nuovo, crudele desiderio.

Perché la ragazza sapeva. Aveva già visto questa scena. Aveva già vissuto questi orrori. Sapeva cosa le sarebbe capitato e non poteva sopportarlo.

Poi, ad un tratto, sparì tutto. Il mostro. La stanza. Suo fratello. La fioca luce del neon. L'odore disgustoso del sangue misto a quello della muffa. Sparì tutto. La ragazza rimase sola in un buio caldo e confortevole.

Ad un certo punto, due braccia calde e forti la strinsero in un abbraccio rassicurante. C18 affondò la faccia sul petto dello sconosciuto. Per qualche oscura ragione, si fidava di lui. Sapeva che non le avrebbe fatto alcun male.

Ma la disperazione era troppo grande. Aveva perso suo fratello. E poi la ragazza sentiva, nel profondo del suo cuore, che quello era solo un sogno. Che nella realtà nessuno l'aveva salvata dal mostro. Nessuno aveva impedito a quell'uomo di distruggerla. Di farle del male. Disperata, C18 scoppiò a piangere.

Non piangere.” una voce sconosciuta, eppure stranamente familiare, rimbombò nel buio. La ragazza sentì una mano calda accarezzarle dolcemente la testa.

S-sono s-stanca!” singhiozzò con disperazione. “P-perché tutto questo? Co-cosa ho fatto di male? Sono stata per caso una bambina cattiva? I-i-i miei genitori erano arrabbiati con me per qual-qual-qualc...” un violento singhiozzo le impedì di continuare.

No C18. No.” mormorò con dolcezza il suo salvatore. “Tu sei stata una bambina buonissima. Non è stata colpa tua tutto questo.”

E allora perché? PERCHE A ME TUTTO QUESTO?! PERCHE??!!” la ragazza urlò con rabbia quella domanda. Quella terribile domanda.

Lo sconosciuto tacque. Anche se continuò a tenerla stretta al suo petto. Poi, ad un tratto, cominciò a parlare.

Non ho risposte da darti C18.” mormorò con il suo tono dolce e calmo. “Io non so leggere le vie del destino e del fato. Ma ricordati sempre di una cosa: c'è sempre speranza. C'è sempre la possibilità di poter raggiungere la felicità e la pace. Anche nei momenti peggiori. Per trovarle, basta solamente non arrendersi mai.”

Stranamente, quelle parole riuscirono a tranquillizzarla. Una grande pace le scese nell'animo. Era una sensazione bellissima. Una sensazione che da anni non riusciva più a provare. All'improvviso la ragazza si domandò chi fosse quello strano individuo che riusciva a farla stare così bene.

Chi sei?” anche se non poteva vederlo in volto, C18 lo sentì sorridere dinanzi a questa domanda.

Sono colui che ti ha salvata.” il suo tono si era fatto, all'improvviso, più flebile. Quasi si stesse allontanando da lei. “Sono il tuo salvatore. Colui che ti ha donato la pace senza chiederti nulla in cambio.”

Voglio vederti.” dichiarò con voce allarmata la ragazza. Sentiva che si stava allontanando da lei. Aveva paura. Non voleva essere lasciata di nuovo sola.

Davvero lo desideri C18?” mormorò il tizio con voce flebile.

Sì! Non lasciarmi da sola! Non lasciarmi!” la voce di C18 si era fatta disperata. La sua era diventata, ad un tratto, una vera e propria supplica.

L'uomo sorrise. Ad un tratto la sua voce si fece incorporea, non proveniva più da una fonte ben precisa. Sembrava che fosse entrata dentro di lei.

Se vuoi vedermi. Se vuoi vedere veramente chi ti ha salvato...allora dovrai svegliarti.”

Svegliati Juu-chan. È tempo che tu torni alla vita.”

 

Svegliati Juu-chan...svegliati.

 

Gli occhi di C18 si aprirono all'improvviso. Accecata dalla luce del sole, l'androide si riparò il volto con il dorso di una mano.

La cyborg si sentiva confusa. Aveva fatto un sogno veramente strano. Era cominciato tutto con il suo solito incubo. Ma poi, ad un tratto, tutto era sparito. C18 si era ritrovata al buio con uno sconosciuto che le aveva rivolto delle strane parole. In più, quel tizio l'aveva chiamata con un nome curioso. Juu...Juu qualcosa.

Che sogno stupido!” borbottò assonnata. “Solo io potevo sognare un idiota che non conosce neanche il mio nome.”

La bionda si alzò dalla posizione in cui si trovava quando, ad un tratto, l'androide si accorse di un braccio sconosciuto appoggiato sulle sue spalle. Nello stesso istante, la cyborg notò che, il punto dove appoggiava la testa, non era il cuscino.

Sconvolta, l'androide si alzò di scatto, girandosi per vedere chi era lo sconosciuto con cui aveva dormito abbracciata. Quando notò chi era, i ricordi di quella notte, quella pazza, assurda, folle notte, le tornarono con chiarezza disarmante.

Crilin dormiva sul letto. La cyborg lo osservò con attenzione. Aveva il volto tranquillo, il respiro regolare, i lineamenti distesi. Il terrestre sembrava veramente in pace.

C18 continuò ad osservarlo. Era cambiato veramente tanto in quell'ultimo anno. La prima volta che l'aveva visto le era parso un ragazzino imbranato ed incapace. A distanza di un anno, non poteva certo dare lo stesso giudizio. Crilin era cambiato. Non solo nell'aspetto ma anche nel carattere. Era diventato più maturo, più consapevole della vita. Era come se, la morte del suo migliore amico, avesse spento definitivamente la parte immatura che c'era in lui.

Gli occhi azzurri di C18 si soffermarono sul volto del guerriero. La mascella decisa, gli zigomi marcati, le guance scavate. Tutto ciò gli dava un aria strana, aliena. Quasi che, quel volto, non fosse suo.

Presa da un impulso strano, l'androide appoggiò un dito sulla fronte del ragazzo, ma che ormai era giusto chiamare uomo. Distrattamente, ma stando bene attenta a non svegliarlo, la bionda cominciò a passare col dito per tutto il volto del guerriero, scendendo successivamente verso il collo. Ascoltò con attenzione la giugulare del terrestre battere sotto il suo polpastrello, nel suo incessante lavoro di trasporto. Successivamente, la cyborg arrivò al petto. Lì il suo dito sentì i muscoli compatti di lui distendersi e contrarsi a causa del respiro calmo del terrestre. Continuando a zigzagare, senza un meta precisa, sul corpo di Crilin, C18 si accorse, con un attimo di ritardo, di essere andata ad esplorare là dove non avrebbe dovuto.

Allontanò la mano di scatto mentre, nello stesso istante, diventava rossa in volto.

Ma cosa diavolo sto combinando?” pensò con stupore. Non era da lei tutta quella passione morbosa e un pochino perversa. Ma l'androide dovette ammettere che, non era da lei, neanche portare di forza un nanerottolo a letto e passarci tutta la notte assieme ad amoreggiare.

Il pensiero di quella notte la fece sorridere. Tutto quello che aveva fatto le pareva ancora troppo irreale. Le sembrava impossibile aver commesso quei gesti.

Cosa diavolo ho combinato con te stanotte.” mormorò, guardando con affetto il terrestre. Aveva passato tutta la notte a fare l'amore con un piccoletto dall'aspetto innocuo, ma che, in realtà, era piuttosto famelico, oltre che molto prestante.

In quel momento, il sonno di Crilin ebbe fine. Il terrestre aprì lentamente gli occhi. Quando vide l'androide al suo fianco, totalmente nuda, che lo fissava, il piccolo guerriero prese un colpo.

C18?! Cosa diavolo...” Crilin fece per alzarsi, ma una manata della bionda lo spedì dritto disteso sul letto.

Stai calmo!” fece lei con voce glaciale. Nonostante apparisse seria, l'androide si divertì un mondo nel vedere il guerriero ricordarsi della notte appena trascorsa. Stupore e sorpresa regnavano sovrani sulla faccia di Crilin.

Alla fine, dopo circa un paio di minuti, il terrestre si calmò. Da agitato che era, divenne leggermente divertito.

Scusami.” fece ridacchiando leggermente. “Ma il fatto è, che non avrei mai immaginato, un giorno, di vivere una simile scena.”

C18 non rispose. L'androide continuò a fissarlo in silenzio.

Cadde un silenzio imbarazzante. Il terrestre cominciava a sentirsi a disagio sotto lo sguardo di lei. Alla fine, decise di porle una domanda che da tempo voleva fare alla cyborg.

C18...” prima che potesse continuare, l'androide interruppe il terrestre con un gesto deciso.

Prima che tu me lo domandi, perché so che me lo domanderai, te lo dico subito: non sei stato patetico, ma anzi...sei stato...ehm...bravo.”

Ah sì? Beh...ecco...d'accordo...grazie...”borbottò, rosso in volto per l'imbarazzo, il terrestre.

Nella stanza ritornò il silenzio. Tuttavia, dopo circa un minuto, Crilin lo ruppe di nuovo.

Comunque non volevo domandarti questo.” dichiarò imbarazzato. “Ti ricordi il giorno in cui ci siamo baciati per la prima volta?”

C18 inarcò un sopracciglio davanti a quella domanda.

Sì, perché?”

Beh...all'epoca tu mi dicesti che provavi qualcosa per me ma non sapevi se era amore.” continuò lentamente il guerriero. “Adesso...dopo...beh dopo tutto quello che è successo...pensi di sapere cosa provi per me?”

La cyborg non rispose subito. La domanda che Crilin le aveva posto non era affato semplice. Tuttavia, l'androide era sicura di una cosa: con Crilin stava bene. Nonostante fosse goffo e un po' imbranato, il guerriero la trattava come nessuno aveva mai fatto. C18 non sapeva se quello che provava per lui fosse amore. Non avendo mai provato quel sentimento, l'androide non poteva sapere cosa fosse di preciso l'amore. Ma voleva bene a Crilin, ci teneva a lui. E il pensiero di perderlo la rendeva cupa e di cattivo umore. Improvvisamente, C18 seppe cosa rispondere.

Sei uno stupido.” esordì con voce glaciale. “Pensi che, se io non ti amassi, quello che è successo stanotte sarebbe accaduto?”

Davanti a quella risposta, Crilin guardò la cyborg con speranza.

Quindi è un...sì?”

Sei proprio stupido.” fece divertita l'androide. “Ce ne metti di tempo per capire le cose.”

Crilin, al settimo cielo per la gioia, sorrise. All'improvviso, il terrestre abbracciò la cyborg con forza.

Non sai quanto mi rende felice la tua risposta!” dichiarò con la testa appoggiata sulla spalla destra di lei. “Anche io ti amo...mia adorata Juu-chan!”

Sentendo quel nome, l'androide scostò Crilin con forza. La cyborg era sorpresa. Quello era il nome con cui l'aveva chiamata il tizio del suo sogno.

Come mi hai chiamato?” domandò con stupore. Non riusciva a crederci che Crilin l'avesse veramente pronunciato.

Il guerriero si grattò la nuca imbarazzato. All'improvviso, tutta la gioia di Crilin sembrò sparire. Sostituita da timore e preoccupazione.

Beh...ecco...era da un po' di tempo che ci pensavo...insomma...non è un offesa! Ci mancherebbe! Però a me il nome C18 mi è sempre parso un po' freddo. Così...così ho pensato...sì insomma ho pensato...”

A Juu-chan.” concluse l'androide con voce atona al suo posto.

Esattamente.”borbottò imbarazzato il terrestre. Successivamente, l'uomo guardò con speranza la cyborg.

Ti va bene...sì insomma...non ti offendi se ti chiamo così?”

C18 ci pensò su un attimo. In quel momento capì l'identità dell'uomo del suo sogno. In quell'istante, la bionda scoprì chi era il suo salvatore.

Va bene. Se ci tieni così tanto.” dichiarò con apparente indifferenza. Nonostante quel nome in realtà le piacesse, aveva pur sempre una reputazione da difendere.

Sentendo quelle parole, Crilin ritornò ad abbracciarla con gioia. Spinta da un impulso irrefrenabile, C18 cominciò ad accarezzare la schiena del guerriero, assaporando così i muscoli compatti di quel corpo.

Tuttavia, il suo gesto, scatenò in qualche modo la sorpresa di Crilin. Quest'ultimo infatti si staccò dall'androide subito dopo che lei aveva incominciato ad accarezzarlo. Davanti a quell'azione inusuale, C18 inarcò un sopracciglio in segno di disappunto.

E adesso cosa c'è?”

Juu-chan...le tue mani...”

Cosa hanno le mie mani?!” sbottò offesa la cyborg.

Sono...calde.” dichiarò con stupore il terrestre.

C18 spalancò gli occhi dalla sorpresa. Non del tutto convinta che ciò che diceva il guerriero fosse vero, l'androide si portò le mani al viso. Ciò che sentì la lasciò basita.

Aveva sempre avuto le mani gelide. Da quando si era risvegliata sotto forma di cyborg, il suo corpo era sempre stato freddo, gelido. Nonostante avesse provato molte volte a riscaldarsi, la sua pelle era sempre rimasta, apparentemente, morta.

Eppure, adesso, ciò che sentiva non lasciava spazio a dubbi. Le sue mani erano tiepide. Stupita di tale cambiamento, la cyborg prese a palparsi il corpo. Ciò che sentì la lasciò senza fiato. Il suo corpo, quello splendido ma gelido corpo, era tiepido, caldo, vivo.

Nel frattempo, mentre C18 era presa ad assaporare quella nuova vita che le scorreva nelle membra, Crilin si alzò dal letto. Una volta in piedi, il terrestre si stiracchiò, flettendo tutti i muscoli del corpo.

Davanti a quella statua greca vivente in miniatura, C18 sentì un leggero rossore imporporarle le guance. Stupita, la cyborg si accorse di desiderare ancora quel corpo.

Questa scoperta la lasciò irritata. Tutto ciò era sbagliato. Era lei che doveva suscitare il desiderio del compagno. Era lei che doveva comandare il loro rapporto. Non l'incontrario. Furiosa per quella scoperta, la bionda decise di riportare subito le cose alla loro normalità.

L'androide si alzò e abbracciò da dietro il terrestre, cominciando a baciargli il collo. Le sue mani presero ad accarezzargli il petto. Le sue intenzioni non erano difficili da intuire. Crilin, tuttavia, non sembrava entusiasta di ripetere subito l'esperienza di quella notte.

Juu-chan no, non mi va.” protestò con una nota di divertimento nella voce. “Ho fame e vorrei fare colazione. Lasciami dai.”

Sentendo quelle parole, C18 smise subito di baciarlo. Tuttavia, la cyborg non lo lasciò.

A quanto pare non mi sono spiegata bene.” dichiarò con voce carica di rabbia. “Hai la memoria corta nanerottolo.”

Dopo aver detto quelle parole, l'androide lo buttò di forza sul letto. Subito dopo, C18 salì sopra di lui, tenendolo inchiodato al materasso con una mano stretta sul suo collo.

Crilin riuscì solamente a deglutire. Gli occhi di C18 erano carichi di rabbia. Il viso dell'androide era trasfigurato dalla collera. La situazione sarebbe stata buffa se non fosse stato che era lui che rischiava la vita. Erano entrambi nudi, una sopra l'altro. Ed entrambi avevano l'odore dell'altro addosso. Eppure, nonostante ciò, la cyborg stava per ucciderlo.

C18 portò il suo viso a pochi centimetri da quello di Crilin. Il suo volto esprimeva una violenta rabbia.

Tu sei mio!” gli ringhiò contro. “Mio capito? Mio soltanto! Tu mi appartieni!” gli occhi della bionda si strinsero fino a diventare due fessure di ghiaccio. “Non osare mai più.”

Dopo aver dichiarato quelle parole, C18 lo baciò con rabbia. Forzò le labbra del terrestre con cattiveria, incrociando di prepotenza la sua lingua con quella di lui. L'androide lasciò libero il collo del guerriero solamente per poter cominciare ad accarezzargli il petto.

Crilin all'inizio rimase semplicemente sconcertato dall'atteggiamento dell'androide. Ma poi, non avendo altra scelta, rispose ai baci e alle carezze della bionda. L'eccitazione gli stava ritornando prepotentemente addosso, e lui non poteva far altro che cercare di soddisfarla.

Quella mattina, umano e androide tornarono ad essere una cosa sola.

 

CONTINUA

 

Salve a tutti! Sì, lo so che questo capitolo è mostruosamente lungo. Spero tuttavia che vi piaccia lo stesso! Ora, avrei un paio di cose da dire. Sì, so anche che voi, in questo momento, vorreste solamente che il capitolo finisse per poter finalmente, andare su altre storie. Eppure, miei adorati lettori, sono costretto a scrivere queste note post-capitolo lo stesso. Quindi, orecchie (ma sarebbe più giusto dire occhi) aperte!

La prima cosa che voglio dire è questa: il nome di Juu-chan non è assolutamente una mia invenzione. Il nome di Juu-chan lo scoprì, per caso, leggendo un fanmanga dedicato a C18. Successivamente, lo stesso nome lo scoprì anche in altri manga dedicati alla cyborg così come lo notai in alcune fiction di Dragon ball.

All'inizio non capì perché, questi scrittori, facevano chiamare così C18 da parte di Crilin (è sempre e solo Crilin che la chiama in questo modo). Incuriosito, decisi di fare una specie di piccola ricerca. Fu così che scopri che, il nome di Juu-chan, sarebbe un'abbreviazione di Juuhachigou che, in giapponese, significa letteralmente, diciotto.

L'idea mi piacque. Così tanto che ho deciso di inserire questo nome nella mia storia. Ora, ciò non significa che, d'ora in avanti, C18 verrà chiamata Juu-chan da tutti. Sarà solamente un nomignolo scherzoso con cui, ogni tanto, Crilin la chiamerà (Anche perché vorrei vedere chi riuscirebbe a chiamarla Juu-chan e a rimanere vivo! xD)

Spero che la mia idea vi piaccia. Per commenti e giudizi io ci sono sempre!

Forse lo avrete notato che in questa storia ho dedicato un paio di righe sull'abilità a letto di Crilin. Beh...vi chiedo perdono ma non c'è l'ho fatta a resistere! In quasi tutte le storie che ho letto, Crilin fa sempre la parte dello sfigato. Basso ,senza naso, brutto (che secondo me non lo è per niente. Cazzo! È due anni che vado in palestra e cinque anni che pratico arti marziali e dei muscoli come quelli del nanerottolo io me li sogno! Avercelo quel fisico!), incapace. Mi ha fatto un po' pena il nanerottolo, così ho deciso di rendergli giustizia. In fondo, cosa ne sappiamo noi? Potrebbe benissimo darsi che Crilin ha un talento nato sotto le coperte! Io ho deciso di pensarla così. Spero che voi ragazze decidiate di rivalutarlo. In fondo, Vegeta e Goku non sono molto meglio di lui (solo se si fa crescere i capelli perché rasato Crilin fa veramente cagare i polli!).

Ok...anche questo capitolo è finito Era ora! By tutti aspetto con ansia i vostri giudizi ed i vostri commenti!

Un saluto!

  
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