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Autore: Something Rotten    18/02/2012    3 recensioni
« All-in » aveva ghignato l'ubriacone, avvicinando le poche fiches che gli erano rimaste accanto a quelle che già giacevano sul piatto.
Il croupier si era voltato nella sua direzione, come a volergli dare il permesso di parlare.
« Vedo. » aveva commentato impenetrabile avvicinando quei mille dollari in fiches accanto alle altre.
L'ubriacone aveva scoperto le sue carte, rivelando quel poker di Re che tanto aveva bramato fin dall'inizio della partita. Il ghigno felice sul suo volto si era sgretolato in mille pezzi non appena aveva visto il poker d'assi che lui teneva fra le dita affusolate e bianche.
« La vittoria è sua, signorino. » aveva pigolato il Croupier, guadagnandosi mille dollari di mancia « In quanto a lei può decidere i termini del pagamento nella cassa lì in fondo. Spero che lei abbia tutti i soldi in contanti e a portata di mano, signore. »
Giocando a poker da ormai un anno, conosceva bene le mimiche facciali che l'essere umano era capace di fare, ed erano bastati due battiti di ciglia ed una deglutizione troppo forzata per fargli capire che l'altro non aveva neanche un centesimo dei dollari che aveva appena perso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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kol Ho cambiato nuovamente nickname, ma sono sempre la stessa, purtroppo per voi ù-ù
Si nota che ormai io ed i Korn siamo migliori amici? *_* Non amo particolarmente l'ultima canzone, forse perché skrillex non è proprio un'artista che reputo geniale, ma le parole *-* #COSECHENONinteressanoanessunomachedevodireper forza! xD
Ringrazio chi ha commentato, aggiunto o letto il capitolo precendete <3
Buona lettura <3

We don't give a damn about the love we lost.
La custodia continuava a sbattergli contro la schiena, aveva provato a rallentare il passo ma quella dannata non ce la faceva proprio a stare ferma. Ogni volta che si scontrava con le sue ossa chiudeva gli occhi d'istinto, non tanto per il dolore ma per l'idea di trovarla graffiata, scheggiata o qualsiasi altra cosa che avesse fatto capire all'altro che l'aveva sottratta dall'appartamento. In fin dei conti gli aveva dato il permesso di usarla e non aveva specificato né il luogo nel quale poterla suonare, né il limite temporale, quindi non era da considerarsi un furto, bensì un prestito. Eppure, nonostante se lo ripetesse ormai da una mezzora buona, quel senso di pesantezza al petto non si dissolveva e ad ogni passo che faceva aveva la voglia di farne altri venti indietro, per tornare in quella stanza, rimettere la chitarra al suo posto ed inventarsi una scusa con i suoi amici, certamente avrebbero capito.
" Mio padre mi ha perso a poker, ho dovuto fare le valige in meno di un'ora perché un tizio più grande di un anno mi ha vinto e sono diventato sua proprietà perché cazzo, non ce la faceva proprio a perdere di fronte ad un vecchio alcolizzato come mio padre. Magari la sua autostima avrebbe raggiunto livelli imbarazzanti, avrebbe perso la faccia. Così ora divido l'appartamento con lui ed il suo migliore amico, un tizio dalle tendenze ambigue... ma non è ancora finita dato che il tizio, dopo avermi vinto, ha deciso che sono di peso, così non manca un'opportunità per farmi sentire di peso e di troppo. Nel bel mezzo di questo trambusto ho dimenticato la chitarra a casa e non posso tornarci perché un contratto che io non ho firmato mi vieta di metterci piede."
Si, chiaramente gli altri l'avrebbero bevuta, perché si, perché era una cosa che succedeva spesso. Tutti i giorni in quella città dimenticata da Dio i genitori smerciavano i loro figli in cambio di qualche fiches colorata. Ovvio...
Aveva sbuffato sonoramente, accellerando il passo e ignorando la fodera che continuava a sbattere contro le sue ossa. Pensandoci bene se lo meritava. Lui gli aveva rubato la libertà, l'unica cosa che lo rendeva ancora vivo. Lui gli avrebbe rubato la musica, lasciando quell'ammasso d'organi e sangue con un pugno di mosche, sapeva che la musica sembrava essere l'unica cosa che lo ancorava ad un barlume di speranza, sapeva che se gli avesse tolto anche quella sarebbe caduto in un'esistenza agita ma non vissuta. Gli ricordava vagamente quella frase che svettava in ogni angolo della città, scritta accanto a dei teschi : "Trova un impiego. Vai al lavoro. Sposati. Fai dei figli. Rimani con i piedi a terra. Risparmia per la vecchiaia. Ora ripeti dopo di me - Sono libero!-". Solo che Brian, forse per via della tenera età, era rimasto incollato ai primi due comandamenti, mescolandoli con il quinto comandamento. La sua vita sembrava roteare intorno a quel lavoro, trovando un piccolo appiglio nella figura di Jimmy, anch'esso ancorato al lavoro, ma con quella spensieratezza consona alla loro età. Sembrava essere la parte bambina di Brian. Tutto questo non l'aveva capito da solo, ventiquattro ore di convivenza non erano sufficienti a capire una persona, forse non bastavano neanche per ricordarsene il nome. Tutto questo l'aveva capito ascoltando i discorsi di Jimmy, ascoltando i suoi ricordi e la sua visione del mondo, di quel particolare mondo che per il momento aveva solo un nome: "Brian".
Aveva preso qualche pezzo dal racconto di Jimmy, cercando di incastrarlo con qualche pezzo preso dal racconto di Sanders, perché si, Sanders non l'aveva sfiorato neanche con un dito. Gli aveva offerto una cioccolata dal distributore e si era messo a parlare di Brian, sembrava una cosa abbastanza comune in quel casinò. Persino i muri sembravano parlare di Brian, sembrava che quel nome dovesse essere pronunciato almeno una volta all'ora, sennò il mondo sarebbe andato a puttane. Eppure lui continuava a chiedersi cosa avesse fatto di speciale quel ragazzo per essere sulla bocca di tutti, nei corridoi del casinò, per esempio, si era lasciato sfuggire quella domanda a voce alta, rendendola non più un pensiero, ma una frase di senso compiuto, una frase tangibile.
« è stato nella bocca di Sanders. » gli aveva riposto un inserviente, camminando dritto per la sua strada, come se non gli avesse veramente risposto. Ed era stato in quel momento che aveva deciso di tornare a casa, che era scappato per i corridoi del casinò, ignorando la voce di Jimmy che lo richiamava. Era stato allora che, pur non conoscendo bene le strade, era salito sul primo autobus che aveva trovato lì fuori, scendendo per chissà quale volontà divina alla fermata giusta. Ma, davvero, quel piccolo particolare non l'avrebbe raccontato mai a nessuno, neanche a sé stesso. La versione dei fatti che si era rifilato aveva come protagonista la noia, la noia era il motivo fondamentale che l'aveva condotto nuovamente in quell'appartamento, noia che nessun comune mortale abituato alle topaie può provare di fronte ad un'intera sala giochi placcata in oro, completamente gratuita.
Neanche si era chiesto cosa volesse Sanders in cambio, forse non l'aveva fatto perché conosceva già la risposta.
Sanders voleva la sua anima.

...


Jimmy addentava il suo panino come se fosse la prima cosa commestibile che aveva trovato dopo mesi di carestia. La maionese gli colava dai lati della bocca, mescolandosi con il ketchup e formando una strana sostanza rosa. Gli aveva lasciato un fazzoletto tra le mani con la speranza che avesse afferrato il consiglio, invece l'amico continuava a mangiare, sbrodolandosi il giacchetto nero con quella sostanza rosa.
« Sei da voltastomaco. » aveva grugnito sorseggiando la sua acqua, l'unica sostanza che avrebbe ingerito quella notte.
« Non sono io, Bri, sono tutti i caffè che hai bevuto questa mattina, a meno che qualcuna non ti abbia messo incinto, ma lo escludo a priori! » aveva cinguettato l'altro, leccandosi i lati della bocca per catturare tutta la maionese che poteva.
« Eh, già, mi manca la materia principale.. » aveva risposto ironico
« La donna per farti ingravidare? »
« No, l'utero ed una vagina, Sullivan. »
Jimmy gli aveva sorriso sornione, esibendo una dentatura perfetta se non fosse stato per quei pezzi di lattuga impigliati fra i denti. Si era messo a ridere di gusto, tenendosi la pancia con le mani e facendo un chiasso immane in quel parcheggio desolato, guadagnandosi persino un'occhiataccia da parte del paninaro, impegnato ad ascoltare per radio una partita di calcio. Forse le sue risa avevano coperto la voce dello speaker, che poi in quale parte del mondo giocavano alle quattro del mattino?
« Sei sicuro di non volere nulla? »
Aveva scosso la testa con un gesto sicuro. La nausea era passata, eppure c'era ancora un piccolo rimasuglio di nodo allo stomaco, quella sensazione funesta di un'imminente tragedia che lo rendeva ansioso e pensieroso. Non riusciva a collegare niente a quel nodo, forse era davvero colpa del caffè o forse una tragedia stava per abbattersi su di lui. Che, poi, pensandoci bene una tragedia, o forse un uragano, si era già abbattuto nella sua vita "apparentemente tranquilla", quell'uragano dagli occhi chiari che minacciava di portargli via non solo la libertà che bramava da qualche anno, ma anche l'unica persona che aveva amato nella sua vita. Non aveva le prove, solo una serie di sensazioni, di premonizioni funeste che lo portavano a concepire quel pensiero che, sinuoso, prendeva possesso della sua mente, manovrandola a suo piacimento.
E se usasse quei soldi per riscattare la libertà del ragazzino? Così da poter godere, quasi per sempre, della presenza di Sanders?
Aveva sbattuto un pugno sul tavolo di legno, così, per scacciare quel pensiero impertinente. Jimmy l'aveva osservato di sottecchi, senza aprire bocca e senza chiedere nulla, forse perché non c'era davvero nulla da chiedere. L'altro sapeva quello che lui stava pensando ancora prima che, lo stesso pensiero, prendesse forma concreta e logica.
« Forse dovresti bere qualcosa. » le mani affusolate del ragazzo gli avevano avvicinato la bottiglia di birra chiara. Le goccioline scendevano sulla bottiglia verde, doveva essere davvero fresca quella birra.
« Sono a stomaco vuoto. »
Jim si era portato le mani al petto, schioccando le labbra.
« Ci sono due soluzioni, amico mio. » aveva esclamato formando un due con le dita e avvicinandole pericolosamente al suo volto « La prima è lasciare che i pensieri si insinuino nella tua testa prendendone possesso. »
Brian aveva scosso la testa.
« La seconda è lasciare che il tuo stomaco si ribelli il mattino seguente, ma avrai tre ore libere, tre ore d'aria, tre ore dove non potrai fare altro che sparare cazzate. »
Brian si era alzato, avvicinandosi al signore del camioncino, ordinando un panino e quattro bottiglie di birra, come inizio potevano bastare.

...


Due ore più tardi si trovavano sulla via di casa, incuranti dell'orario tenevano la radio della macchina di Jim così alta da far rimbombare gli sportelli a ritmo con i bassi. Cantavano a squarciagola quella vecchia canzone dei Pantera che li aveva pedinati nel corso dell'adolescenza. Brian urlava, sentiva la testa girargli vorticosamente, ma le era grato. Per una volta nella sua mente passavano solo le parole di quel cantante, lasciandolo libero di "vivere". Come un vecchio vinile inceppato le stesse parole risuonavano nella sua testa e, lungi dall'essere un qualcosa di spiacevole, lo divertivano.
« Reverend, reverend... » aveva urlato voltandosi verso di Jimmy che se la rideva di gusto.
« D'ora in poi chiamami così. » gli aveva detto sorridendo annebbiato dalla birra.
« Reverend! He took my youth* »
Jimmy aveva annuito, mettendo la freccia e parcheggiando nel piccolo parcheggio adiacente al loro palazzo. Brian era saltato giù dalla macchina, continuando a cantare, ignorando le tapparelle tirate giù ed il silenzio che lo circondava. Aveva preso l'amico per un braccio, simulando un valzer mentre le note di un'altra canzone dei Pantera usciva dalle casse malmesse di quella macchina. Jimmy si era lasciato trascinare in quel ballo per niente adatto alla musica che li circondava, poi l'aveva lasciato per spegnere la radio ed entrare nell'edificio prima di beccarsi qualche denuncia per "disturbo della quiete pubblica", aveva bevuto tanto, ma non abbastanza per perdere definitivamente la testa come Brian.
« Ora ti metti a dormire, mio caro bambino. »
L'aveva trascinato fino alla sua camera, gettandolo malamente sul letto. Gli aveva tolto le scarpe, nonostante l'altro avesse ancora le facoltà mentali per farlo autonomamente, solo che continuava a ridere chissà per cosa! Lo aveva coperto alla meglio con le lenzuola.
« Reverend? »
« Mh? »
« Niente bacino della buonanotte? »
Aveva scosso la testa, lasciandogli un flebile pugno sulla spalla.
« I veri duri, i veri cowboy come noi  non si danno i baci, Haner, si danno i pugni! »
Brian aveva continuato a ridere, non aveva smesso di farlo neanche quando aveva chiuso gli occhi. C'erano voluti dieci minuti per farlo smettere e per farlo addormentare. Purtroppo per lui, però, la sua serata non era ancora finita. Nell'appartamento mancavano ancora due cose : la chitarra di Brian e il ragazzino "affidato" a Brian...







* Tratto dalla canzone dei Pantera Cemetery Gates, che poteta ascoltare, se volete, premendo il sottotitolo del capitolo ù-ù


 


 
   
 
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