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Autore: Rosebud_secret    18/02/2012    14 recensioni
Vide Sherlock riverso a terra ai piedi del letto.
Non si fece prendere dal panico, anche perché quella scena si ripeteva da settimane, ormai.
Si chinò su di lui, afferrandolo sotto le ascelle e lo sollevò sul letto.
Gli scostò i capelli dalla fronte sudata e vi posò sopra la mano.
Era gelida.

Primo tentativo di una storia su Sherlock, una serie che riesce a trascinarmi fuori dai problemi di questo periodo, spero vi piaccia e che mi lascerete un commentino.
Nota: è ambientata dopo gli eventi del "Grande Gioco".
Nota 2: so che nelle note avevo messo l'indicazione "slash" ma, proseguendo con la storia, mi sono resa conto che si tratterà per lo più di una bromance, quindi ho deciso di togliere l'avvertimento "slash".
Ros.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The blog of Dr. John H. Watson'
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***

 

-Taxi!- l'autista lo ignorò, accelerando e sparendo dietro l'angolo.

 

John imprecò, scalciando via un cumulo di neve.

Stava camminando da mezz'ora in direzione del cimitero con quel dannato sacco sulla spalla e non c'era stato nemmeno uno stronzo tassista che avesse deciso di farlo salire, tra i pochi che erano passati in strada.

C'era da biasimarli perché volevano tornarsene a casa?

Assolutamente no!

Erano le undici passate e si stava scatenando una vera e propria bufera, quella notte.

Solo un coglione come lui poteva andarsene in giro a quella maniera!

Ma quel vento gelido che gli frustrava la faccia e gli abiti, ancora zuppi dal tardo pomeriggio di ricerca, ormai congelati, erano sempre una prospettiva ben più allettante che rientrare in casa con Sherlock.

Già, Sherlock...

Era passato sopra a tutte le sue dannate bizze, da quando lo aveva conosciuto, ma questa... no QUESTA, proprio non era disposto a sopportarla!

Si maledisse, perché, nonostante la sua presa di posizione piuttosto decisa, era fuori al freddo ad obbedire ai suoi ordini, proprio come un bravo cagnolino che prendeva il biscottino quando faceva il bravo e accettava il bastone senza troppo protestare, quando al padrone girava male.

Moriarty lo aveva definito un cucciolo zelante.

Moriarty... era morto, per Dio! Morto e stramorto da mesi!

Ricordava perfettamente il 2 Aprile,quando lui stesso aveva fatto il suo riconoscimento all'obitorio: un proiettile gli aveva sfondato il torace, perforato un polmone e quel gran pezzo di merda era affogato nella piscina, basta, fine della storia!

E invece no!

Lui, John Watson, il re degli idioti, stava facendo marcia verso un cimitero dall'altra parte della città, rischiando di morire assiderato per dar retta ai folli deliri di un drogato!

Una macchina passò radente al marciapiede, sollevando un'onda di neve che lo investì in pieno.

 

-MA VAFFANCULO, OK?! VAFFANCULO!- gli urlò dietro, gesticolando.

 

Quello inchiodò.

 

Bravo, John, un tocco da maestro! Ci manca solo di farti menare da un automobilista per concludere in gloria la serata!” si complimentò con se stesso, il dottore, continuando, comunque a camminare con fermo stoicismo.

 

Vide la portiera aprirsi, ma proseguì senza curarsene più di tanto, in fin dei conti in quel sacco aveva una pala e un'accetta e non era per nulla certo che il suo autocontrollo avrebbe retto, di fronte a un'aggressione.

 

-John! Che ci fai in giro con questo tempo?!-

 

Sì fermò immediatamente, riconoscendo la voce del detective Lestrade.

Grugnì qualcosa di incomprensibile, sbatté il sacco sui sedili posteriori e poi montò sulla sua macchina senza colpo ferire.

Sentire il riscaldamento della vettura gli provocò un violento bruciore diffuso sia alle mani che al volto, ma era pur sempre meglio che restar fuori a crepare di freddo.

L'altro richiuse la portiera e lo guardò stranito.

 

-Vuoi che ti porti a casa?- gli chiese.

 

-Secondo te, visto che stavo camminando nella direzione opposta, stavo andando a casa?!- gli abbaiò contro John, allungando le mani verso la bocchetta dell'aria calda.

 

Lestrade sollevò le sopracciglia, perplesso. -Quindi... dove devo portarti?-

 

-Al cimitero.-

 

-Beh, se decidi di star fuori altri dieci minuti con questo tempo, ci finisci di sicuro. Dai, dove ti devo portare?-

 

-Non stavo scherzando, sto andando al cimitero di Highgate.- rispose John, criptico, muovendo le mani per recuperare un minimo di sensibilità.

 

-E a fare cosa?!-

 

-Giardinaggio. Lavoro extra, sai? Per sbarcare il lunario...- borbottò il dottore, sarcastico. -Tu perché sei fuori a quest'ora? Lavoro?-

 

Lestrade mise in moto e sospirò. -No, mia moglie mi ha cacciato di casa. Di nuovo. Stavo andando a cercare un albergo per non passare la notte in macchina. È già un miracolo che sia stata così magnanima da lanciarmi le chiavi dalla finestra...-

 

John non rispose nulla, troppo concentrato a ripensare a Sherlock.

Sì, probabilmente anche lui si sarebbe cercato una stanza in albergo, quella notte.

Ammesso e non concesso che non lo ritrovassero morto assiderato sulla tomba di Jim Moriarty, la mattina dopo.

 

-John non hai una bella cera.- gli disse l'altro con tono un po' preoccupato. -Sherlock come sta? Non leggo il tuo blog da un paio di giorni, ho avuto da fare.-

 

-Non voglio parlare di Sherlock.- sentenziò John con tono inamovibile. -Non adesso, non questa volta.-

 

-Uh, deve averla fatta grossa parecchio... a priori mi sento di dar ragione a te, se la cosa può tirarti un po' su.-

 

John gli lanciò un'occhiata e sospirò. -No, non può tirarmi su, ma grazie.-

 

Trascorsero il resto del viaggio in silenzio, fino a che Lestrade non parcheggiò di fronte all'imponente entrata monumentale del cimitero.

John chiuse del tutto la zip del giubbotto e tirò su il cappuccio, prima di aprire la portiera senza aggiungere nemmeno una parola.

Recuperò il sacco dai sedili di dietro.

 

-Grazie per il passaggio.- bofonchiò a Lestrade che aveva abbassato il finestrino in attesa di una qualche spiegazione.

 

-Ma, John!- cercò di obbiettare il detective, restando pietrificato ad osservarlo scavalcare il cancello.

 

Stava facendo una cosa illegale e lui era lì fermo a guardarlo senza fare niente.

Beh, non che fosse realmente intenzionato a fare qualcosa, ma quanto meno a capire cosa stesse succedendo, sì.

Ormai si era abituato a chiudere, uno, o per meglio dire entrabi gli occhi, quando Sherlock o John commettevano atti non proprio legali, ma questa volta la situazione era davvero singolare e la faccia di John non prometteva nulla di buono.

Maledì la propria curiosità anche se, in fin dei conti, non poteva mica lasciarlo da solo a morire assiderato in un cimitero, recuperò una torcia dal cruscotto e si decise a scendere a sua volta.

 

***

 

Sherlock era ancora in piedi di fronte alla finestra, immobile come una statua, incurante di Mrs. Hudson che ancora metteva a posto la stanza.

 

-E questa siringa che ci fa qui?- domandò la donna, senza alcuna intenzione accusatoria.

 

Gliela tolse dalle mani e la posò sul tavolinetto. -Nulla di importante. Coraggio, vada a dormire, la vedo stanca.-

 

-Dovresti riposare anche tu, caro, sei così pallido...-

 

Sherlock sorrise appena, poi le diede un bacio su una guancia. -Buonanotte, signora Hudson.-

 

Lei sospirò. -Buonanotte, Sherlock.- si arrese, scendendo al piano inferiore.

 

Quel ragazzo la stava facendo preoccupare e non era affatto carino da parte sua.

Gliele avrebbe cantate, quando si fosse ripreso, questo senz'altro!

 

***

 

-Eri uno stronzo da vivo...- digrignò John tra i denti, mentre affondava la pala nel terriccio ghiacciato. -E continui a rompermi i coglioni anche da morto, questo però non vuol dire che mi faccia piacere profanare la tua tomba, chiaro?-

 

-Si può sapere cosa stai facendo?- la voce di Lestrade gli fece venire un mezzo infarto, nonostante questo continuò a scavare.

 

-Pianto crisantemi, si intonavano con la sua cravatta.- ribatté acido.

 

Il detective sospirò, passandosi una mano tra i capelli. -Secondo te, io, adesso, cosa dovrei fare?- gli domandò, battendo i denti per il freddo e frizionandosi il petto.

 

John si fermò un istante a riflettere. -Lì c'è la rimessa, magari cerca un'altra pala.- rispose schietto.

 

Lestrade sgranò gli occhi. -M-ma...- balbettò.

 

-Senti...- cominciò il dottore, scaraventando via della terra mista a neve. -Non faccio i salti di gioia nemmeno io e, visto che non mi arresterai per vilipendio di cadavere, o quale sia il reato che sto commettendo, quanto meno renditi utile. Prima finiamo, prima ce ne andiamo.-

 

-Lo faccio solo se poi mi dai una spiegazione razionale. Torno subito.-

 

John sentì uno sparo e si voltò allarmato.

Corse in direzione della rimessa e trovò Lestrade chino a raccogliere il proiettile.

 

-Ti ho detto di cercare una pala! A chi diavolo hai sparato, alla tua ombra? Ci sono solo morti, qui!-

 

-Alla serratura e dentro ho trovato queste. Sono le chiavi della ruspa, qui dietro. Non sarò un genio, ma quanto meno ho senso pratico.- sorrise.

 

John mollò a terra la pala, e, nonostante tutto, rise.

Lui non ci aveva affatto pensato.

 

-Sai guidarne una?- chiese, poi.

 

-Non sarà mica così difficile...- borbottò Lestrade.

 

Salirono entrambi a bordo della piccola ruspa.

No, non era affatto difficile, riuscirono solo a travolgere e ad abbattere una decina di lapidi, prima di riuscire a raggiungere la tomba di Moriarty.

 

-E così doveva essere semplice, vero?- continuava a ridacchiare John.

 

-Era tutto per creare un depistaggio, così penseranno a dei ragazzini.- tentò di giustificarsi il detective, cercando di non pensare al fatto che, se qualcuno avesse mai solo ipotizzato la sua presenza lì, il suo distintivo non lo avrebbe visto mai più.

In fondo era proprio questo il bello di lavorare con Sherlock Holmes e John Watson: non ci si annoiava mai.

Controllò e sospirò di sollievo, visto che anche John indossava dei guanti.

 

-Raccontala a qualcun altro. Ora, come si usa il braccio?- chiese quest'ultimo.

 

-Prova con quella leva.-

 

John ubbidì.

 

«SBRANG!»

 

-E un'altra lapide è andata! Alla quindicesima c'è una bambolina in premio come al luna park!- esclamò Lestrade, ormai sull'orlo dell'isteria.

 

Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata, poi il dottore, più o meno, riuscì ad indirizzare il braccio della ruspa nella giusta direzione, cominciando a scavare.

Ci impiegarono una mezz'ora, poi scesero e John finì di togliere la terra con la pala.

 

-Mi spieghi cosa pensi di trovarci?- domandò il detective, tornando serio.

 

L'altro recuperò l'accetta. -Le miei spiegazioni.- rispose, abbattendo il primo colpo.

 

La rabbia era tornata tutta insieme e sfogarla su quella cassa era sempre meglio che sulla testa di Sherlock.

Nonostante questo si fece delle aspettative.

Insomma, se Sherlock lo aveva mandato lì un motivo doveva pur esserci, no?

Continuò a infierire, sfondando il legno ed evitando di incrociare gli occhi di Lestrade che continuava ad osservarlo in silenzio.

 

-Non è possibile...- gemette, facendosi scivolare l'accetta dalle mani.

 

L'altro si allarmò e, presa la torcia, la direzionò verso la bara sfondata.

 

-Oddio che puzza!- gemette, tamponandosi il naso con la manica della giacca.

 

John restò pietrificato.

Il corpo di Moriarty era lì, ad un primo stadio di decomposizione, perfettamente in linea con il tempo passato dalla sua morte.

La sua pelle era bluastra, ma il volto era perfettamente riconoscibile.

Non diede il minimo peso al penetrante odore di metano, misto ad altri gas che fuoriusciva dal foro che aveva aperto nella cassa.

I deliri di un drogato... aveva dato retta ai DELIRI DI UN DROGATO.

La verità era che aveva voluto sperarci sino all'ultimo.

Si issò sul bordo.

 

-Andiamo.- sibilò.

 

Lestrade passò lo sguardo dal fondo della fossa all'amico.

 

-Ma come? Tutto qui?-

 

Non ottenne risposta e dovette inseguirlo.

 

-Portami a casa.- gli disse John, una volta alla macchina.

 

***

 

Durante il viaggio di ritorno non ci fu modo di fargli dire neanche una parola.

Il dottore riaprì bocca solo di fronte al 221B di Baker Street

 

-Salgo a prendere un paio di cose. Aspettami qui, vengo in albergo anche io.-

 

-Sì, ma muoviti, sono quasi le tre!- obbiettò il povero Lestrade.

 

John non lo considerò e scese, sbattendo forte la portiera.

Una volta dentro casa non si premurò nemmeno di chiudersi la porta alle spalle, prima di salire al piano di sopra.

Non si sarebbe nemmeno voltato verso lo studio, se non avesse sentito un tonfo sordo e pesante.

Si affacciò.

 

-SHERLOCK!- gridò, spaventato.

 

L'altro era a terra, in preda alle convulsioni, aveva la schiuma alla bocca e il suo corpo si dibatteva con violenza.

 

 

 

N.d.A.: Ciao :3, capitolo un po' più lungo, ma tanto mi maledirete lo stesso XD!

Spero vi sia piaciuto!

Un bacione,

Ros (che tornerà nel suo angolino a studiare, dopo aver risposto alle recensioni o.O).

   
 
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