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Autore: Astrid 5E    18/02/2012    1 recensioni
Questa è una storia di sentimenti.
Sentimenti che possono cambiare e che fanno cambiare.
Sentimenti che crescono e aiutano a crescere.
Sentimenti di una ragazza troppo timida per lasciarsi andare.
E sentimenti di un ragazzo, tanto stupido da non poterlo capire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Act Three_ Chapter 3:
 
“Do not dwell in the past, do not dream of the future; concentrate the mind on the present moment. (Buddha)”
“Non sostare nel passato, non sognare nel futuro; concentra la mente sul momento presente.”
 
L’autobus si stava allontanando pian piano, lungo la strada sbagliata.
<< Fantastico. Quest’autobus ci porta dalla parte opposta a quella in cui dovremmo andare; e adesso che facciamo? >> .
 Nora si stava guardando intorno, leggermente irritata.
Volse lo sguardo all’amica – in piedi, poggiata ad una vetrata, con la testa rivolta verso il basso- e sospirò.
<< Lo so, lo so: tutto questo è l’ultimo dei tuoi problemi, ora, vero? E va bene, non importa. Scendiamo alla prossima fermata;  dovremo farci un pezzo di strada a piedi in più, ma, alla fine, riusciremo comunque a tornare a casa >> .
Premette un pulsante rosso - accanto alle porte dell’autobus - e nello stesso istante, l’insegna con su scritto “fermata prenotata” si illuminò.
Dopo aver atteso al semaforo per una decina di minuti, l’autobus ripartì per fermarsi nuovamente, poco dopo, davanti ad un palo alto e giallo, sul quale era scritto il nome della fermata.
La mora aspettò che si aprissero le porte, fece scendere alcune signore anziane tutte avvolte nei loro cappotti di pelliccia e i loro cappelli di lana, e scese con un piede sull’asfalto della strada.
Nora le fu subito dietro, dopo aver atteso che un’altra signora avesse fatto scendere dall’autobus il carrello della spesa in tinta scozzese.
Improvvisamente si alzò un venticello leggero che mosse le fronde degli alberi.
E Dalia si riprese.
Strizzò gli occhi, se ne stropicciò uno e si stiracchiò felice, sentendo il soffio di vento sulle sue guance.
Si girò intorno, per cercare l’amica castana.
La vide venire verso di lei, con espressione dubbia.
<< Mm … ehi, ma quello, non è … ? >> .
L’occhialuta indicò un punto preciso, lontano da loro, e Dalia si girò verso quella direzione.
Nell’ accorgersi di quella figura alta e magra, gli occhi le si allargarono e le guance le si tinsero di un acceso rosso.
Possibile che …
Qualcuno lo chiamò da lontano.
<< Alessio! >> .
E lui si girò.
Oh mio Dio.
Non riusciva a distogliere lo sguardo. E come al solito, accadde.
Si sentì osservato e mosse i neri occhi profondi.
Le notò, le osservò; le salutò sorridendo leggermente.
Era lui.
Sentiva il sangue ribollirle sotto la pelle, in prossimità delle guance.
Lo stomaco le si chiuse, nonostante stesse mormorando di avere fame fino ad un attimo prima.
Serrò la mano in un pugno e rivolse lo sguardo verso Nora, sentendosi frustrata.
Avrebbe voluto correre via, urlargli contro chissà cosa, sbattere i piedi a terra, gridare.
Avrebbe voluto, e lo avrebbe anche fatto, se non ci fosse stata Nora.
Nora la guardava, la osservava; la rassicurava.
Il semplice fatto che posasse il suo sguardo indagatore su di lei, la faceva calmare.
Con un breve cenno del capo, l’occhialuta ricambiò il saluto del moro; mise poi una mano sulla spalla a Dalia e tranquillamente si incamminò lungo la strada che aveva attraversato l’autobus, nel senso opposto.
A passo svelto, Nora si allontanò in breve tempo dalla fermata, portando Dalia con sé.
Quando giunsero nuovamente al bivio, girò la testa verso la moretta, sorridendole.
L’altra le sorrise a sua volta.
<< Grazie … >> .
 
Nel frattempo, Alessio fu distratto dai suoi pensieri.
<< Ehi, amico! >>
<< E … ehi >> .
Il ragazzo accanto al moro notò in lontananza due ragazze allontanarsi velocemente.
<< Non dirmi che quella è … >> .
 
 
Il giorno dopo camminava lentamente, passo dopo passo.
Non aveva chiuso occhio per tutta la notte e si sentiva talmente stanca da addormentarsi in piedi.
Eppure, non riusciva in nessun modo a prendere sonno.
Teneva gli occhi bassi, per non incrociarne di altri, e continuava a procedere.
Nonostante non avesse alcuna voglia di andare a scuola, le sue gambe si muovevano autonomamente e i suoi piedi avanzavano, uno dopo l’altro.
Passato il cancello nero, Dalia si rifiutò di alzare la testa e spingendosi fra ragazzi di tutte le età, riuscì ad aprire il portone d’entrata.
Lo spinse con uno sforzo immane ed entrò, sentendo poi l’anta di ferro alle sue spalle richiudersi pesantemente.
 
 
La campanella della ricreazione era già suonata da un po’ e più o meno tutti i ragazzi stavano fuori dalla classe a scherzare tra di loro.
Dalia era rimasta seduta al suo posto, come se il professore dell’ora prima non se ne fosse andato già da dieci minuti.
Il volto era appoggiato sulle braccia conserte distese sul tavolo e aveva un’espressione quasi indecifrabile dipinta sopra.
Nora si trovava dietro di lei, poco più a destra, davanti ad un termosifone, con la testa poggiata sulla finestra dietro di lei.
Guardava fisso il soffitto bianco illuminato da sei lampade al neon, disposte in due ordinate file; una delle lampade si stava fulminando e lampeggiava ad intermittenza, accompagnata da un lieve sfrigolio metallico.
La moretta mosse le gambe, svogliata.
Non aveva voglia di scendere: per non incontrare lui; per non incontrare lei.
Per non incontrare loro.
Alzò leggermente la testa e fece un lungo sospiro.
 
Intanto, fuori dalla porta giungeva un chiacchiericcio sommesso che pian piano si faceva sempre più rumoroso; ai ragazzi del “3°D”, si erano aggiunti, infatti, altri coetanei che in quel momento, tra risate e schiamazzi, giocavano insieme, come tanti scalmanati ragazzini.
D’un tratto, qualcosa sbatté contro il bordo della porta e il botto improvviso spaventò quelli che erano rimasti all’interno dell’aula.
Nora abbassò lo sguardo verso la porta, Dalia fece lo stesso, alzando la testa di scatto.
Da fuori, dopo attimi di silenzio, cominciava a sentirsi di nuovo il frastuono delle risate, più forte di prima.
<< Tutto a posto, Francè? >>
<< Checco, che dici? >>
<< Tranquilli, tranquilli; questi muscoli non li ferisce nessuno! >> . Il magro ragazzo si stava staccando dal bordo laminato e se la rideva con gli altri, divertito.
Tra tutti, un altro ragazzo, leggermente più basso di Francesco – Riccardo - gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
Sembrò dire qualcosa, poi si accorse di qualcuno alle sue spalle e si girò.
Altri tre ragazzi erano arrivati ed il gruppo si aprì, per farli avvicinare all’entrata.
Dalia, che aveva osservato tutta la scena, sbiancò repentinamente.
Nora, invece, si posò stancamente una mano sulla fronte.
Ossignore. Ma possibile che … ?!
 
Alto, moro, c’era altro da dire?
Alessio si era avvicinato alla porta dell’aula per parlare con Francesco appresso ad altri due dei suoi compagni di classe.
Sorrideva lievemente, come suo solito, con le sottili labbra, dalle quali sbucavano i denti, bianchi e lisci; gli occhi neri, nascosti leggermente dalle ciglia, si muovevano lentamente e a scatti posandosi sui compagni che gli stavano accanto.
Non si era accorta del fatto che lo stesse fissando; non si era accorta di aver delineato con gli occhi ogni suo singolo lineamento, di averli sgranati, come per osservarlo più da vicino.
E non si accorse subito nemmeno che quegli occhi neri si fossero mossi verso di lei, per qualche secondo.
Ebbe modo di rendersene conto qualche minuto dopo, quando si riposarono di nuovo su di lei.
Se ne accorse in quel momento, e sprofondò nella vergogna.
Si sentì incredibilmente spoglia di ogni cosa ed ebbe una gran voglia di nascondersi da qualche parte o di sparire all’istante.
Avrebbe voluto reagire, eppure, per quei pochi secondi in cui lui posò di nuovo il suo sguardo su di lei, lei lo sostenne.
L’improvviso suono della campanella interruppe quella guerra di sguardi e risvegliò Dalia come da un sogno.
I ragazzi si stavano salutando fra loro, organizzandosi per vedersi dopo la quinta ora, giù in cortile.
Alessio salutò Edoardo, Francesco, Riccardo e altri tre ragazzi; poi, mentre si allontanava, lanciò un’ultima occhiata alla mora, che sostenne nuovamente lo sguardo.
Infine, si allontanò, con un’espressione quasi ironica stampata sul volto.
 
Dalia lo vide guardare nella sua direzione un’ultima volta prima di andar via e continuò a fissarlo, rigida.
Quando poi fu certa che si fosse allontanato, tutte le sensazioni represse in precedenza traboccarono dentro di lei e la moretta affondò la testa tra le braccia, esanime.
Il volto bollente riscaldava le maniche della felpa blu che indossava e i muscoli facciali che prima le sembravano tanto tesi, si rilassarono di colpo, doloranti.
<< Che stanchezza >> . Era stata Nora a parlare.
La risposta le uscì tutta in un singhiozzo.
<< Non è giusto! >> .
 
 
Aspettò che nessuno fosse rimasto in classe, per essere  l’ultima ad uscire.
Non aveva la ben che minima intenzione di tornare a casa con loro, nonostante fosse stata proprio lei ad averli costretti ad aspettarla, il giorno prima.
No. Dalia scosse la testa.
Qualunque cosa avesse fatto i giorni scorsi, in quel momento non importava; lei non aveva intenzione di andare con loro, per non fare brutti incontri. Di nuovo.
Strinse le mani lungo le bretelle dello zaino e sbuffò, decisa.
Mosse un piede e avanzò oltre la porta.
 
Giù, Nora l’aspettava.
Stava leggendo il libro del giorno prima appoggiata al muro, accanto all’entrata.
Quando vide sbucare fuori dal portone la corta chioma mora, prese tra le mani il sottile segnalibro rosso attaccato al volume e lo posò delicatamente tra le pagine.
Aspettò poi che Dalia girasse l’angolo – in direzione del cancello – per seguirla, silenziosamente.
Uscirono dal cortile e si incamminarono lungo la via del ritorno.
Avanzavano lentamente e senza fretta, per lasciar loro il tempo di allontanarsi.
Si soffermarono davanti alla vetrina del bar di fronte la scuola, sperando che si fossero dileguati.
Si persero in discussioni insensate sulla forma delle nuvole, pregando che l’autobus fosse passato e che loro lo avessero preso.
Decisero addirittura di fermarsi più volte, eppure, nonostante tutto, girato a destra in procinto del solito bivio, si ritrovarono i ragazzi davanti, che scherzavano e ridevano tra loro.
Uno di loro si volse dietro e le salutò, riconoscendole.
Le due contraccambiarono, leggermente stupite e al tempo stesso irritate.
Dalia si guardò velocemente attorno e sospirò di sollievo.
Non c’era. Nessuno dei due.
Stava tranquillamente per rimettersi in cammino con gli altri, quando qualcuno la abbracciò da dietro.
Si spaventò e pensò istintivamente  a Diego.
Poi qualcuno parlò e Dalia si ricredette.
<< Ciao, Nora! >> .
Una bionda chioma raccolta in una lunga treccia scendeva su di uno smanicato color arcobaleno che arrivava alle ginocchia; la giacca arancione di pelle piena di tasche e i lunghi stivali marrone scuro completavano l’abbigliamento di quella ragazza.
Claudette si strinse a Dalia sorridendole allegra.
<< Ehi, Nora, da quanto tempo non ci si vede! Ti ricordi di me? >> .
La moretta era allibita e non aveva idea di che cosa stesse accadendo.
<< Scusa?! >> .
La biondina si staccò per guardarla negli occhi, facendo muovere i suoi lunghi orecchini decorati con paillettes dai mille colori. 
<< Nora, non mi riconosci? Sono quella che ti è venuta addosso la volta scorsa! >>
<< A me non è venuto contro proprio nessuno >> . L’alta occhialuta si era avvicinata, alquanto perplessa.
Claudette si girò verso la ragazza che aveva parlato e la squadrò dall’alto verso il basso, soffermandosi sulle sue scarpe da tennis nere decorate con strisce bianche, sui lunghi jeans neri e sulla maglietta a maniche lunghe nera nascosta da un’altra maglietta viola, lunga fino alle cosce.
Nora alzò un sopracciglio; quello sguardo indagatore proprio non le piaceva.
<< Beh? >>
<< Tu chi sei? >> chiese la bionda.
<< Bella domanda. Sarei quella a cui sei venuta addosso “la volta scorsa” >> le rispose sarcastica la castana.
Claudette la guardò interrogativa.
Spostò lo sguardo su Dalia, poi su Nora e poi ancora su Dalia.
<< Tu … non sei Nora? >> . Si rivolse alla moretta, indicandola con un indice.  
Quella scosse la testa.
<< Sei tu, che sei Nora, giusto? >> .
L’occhialuta annuì.
La bionda si allontanò con una mano la lunga treccia dalla spalla e si mise l’indice sinistro sul labbro inferiore.
<< Quindi tu devi essere Dalia! >> continuò subito dopo, rilanciando l’indice verso la bassa mora.
<< S … sì >> le rispose l’altra, poco convinta.
<< Ciao! Piacere di conoscerti! Io sono Claudette e sono del terzo anno! Ci siamo scontrate l’altro giorno, ti ricordi? >> . La bionda le porse la mano destra e Dalia gliela strinse, incredula.
Stretta la mano alla mora, la ragazza si volse verso l’altra con gli occhiali.
<< Piacere di conoscerti, sono Claudette! Tu sei Nora, quindi? Ciao! >> .
Nora le strinse la mano, annuendo.
<< Ma pensa un po’! Proprio ieri vi ho viste prendere l’autobus alla fermata prima del fioraio e non avrei mai pensato di vedervi tornare da questa parte!  Come mai oggi tornate di qui? >> .
La bionda le guardava sorridente, aspettando una risposta.
<< Volevamo cambiare >> le rispose Nora, seccata.
Dalia si sentiva terribilmente in imbarazzo.
Non sapeva cosa dire, né cosa fare; ad ogni passo che faceva si sentiva in un certo senso colpevole di qualcosa.
Quando Claudette le sorrideva ,si sforzava e le sorrideva a sua volta, ma appena la ragazza si girava, lei sentiva come il bisogno di tirarle quella stramaledettissima treccia bionda, poi il senso di colpa ed ecco ancora che si girava verso di lei e le sorrideva.
Proprio non sapeva cosa fare.
<< Bene, ragazze! Ci vediamo domani a scuola, mi siete già simpatiche! Io vado di qua, ciao! >> .
La bionda treccia si allontanava via via con i ragazzi, mentre il braccio di Claudette continuava a salutarle.
Nora e Dalia li salutarono con la mano fino a che furono sicure che non riuscissero più a vederle, poi sospirarono in coro.
<< Che ragazza espansiva! E allo stesso tempo irritante >> .
Dalia scoppiò a ridere; Nora aveva proprio ragione.
Le due continuarono a camminare insieme, fino alla fermata dell’autobus.
 
 
Il giorno dopo si stava svolgendo tranquillamente, fino a quei fatidici venti minuti di ricreazione.
Quella mattina Diego era sembrato più strano del solito: più dinamico, più attivo.
Aveva deciso di accompagnarla fino a scuola, perché non gli andava di prendere l’autobus troppo presto.
Dalia aveva acconsentito contenta, domandandosi comunque il motivo del suo comportamento.
D’altronde però, Diego era sempre stato un ragazzo vivace, espansivo e scherzoso, perciò decise di non pensarci e di non preoccuparsi più di tanto.
Giunti al cancello, l’amico l’aveva salutata scompigliandole i capelli, per poi darsela a gambe una volta accortosi che Nora stava arrivando; fin dal primo anno di liceo, Diego aveva sempre avuto timore della castana, probabilmente a causa della sua imperterrita serietà.
Le seguenti tre ore di scuola erano trascorse velocemente e la fatidica campanella era finalmente suonata.
Dalia si alzò di scatto dal suo posto e si voltò verso Nora e Lucia, fermatesi a parlare poco più in là, accanto ad un banco.
<< Ragazze, scendiamo? >> .
Le due annuirono.
Scesero in fretta i tre piani di scale, fino a ché non raggiunsero il portone metallico; ne aprirono un’anta ed una ad una, uscirono tutte e tre nel cortile.
Il sole le accecò per un attimo; nonostante fosse inverno, il suo calore donava una piacevole sensazione sulle guance.
Fatto qualche passo in cortile e guardatesi un po’ intorno per trovare un panchina libera, l’attenzione delle tre venne attratta da una ragazza dai lunghi capelli marrone scuro che si stava avvicinando a loro.
Lucia la riconobbe e la salutò: << Erika! Ciao! >> .
La ragazza la raggiunse e salutò sia Lucia che le altre due.
<< Lù, c’è un problema, devi venire subito: Flora e Serena hanno litigato di nuovo! >> .
La biondo castana alzò gli occhi al cielo.
<< Oddio, no! Non di nuovo! >> .
Poi si girò verso le amiche.
<< Dalia, Nora, scusatemi, ma devo andare a risolvere la questione; casomai ci ritroviamo in classe! A dopo! >> .
Le due,rimaste davanti alla porta, continuarono ad osservare l’amica allontanarsi fino a che qualcuno non le chiamò con la sua voce chiara e squillante.
<< Dalia! Nora! >> .
Si girarono entrambe a destra.
Una voce chiara, squillante e acuta.
Inconfondibile.
Era lei.
Claudette stava correndo verso di loro, con il solito sorriso smagliante.
<< Ragazze! Ciao! Che coincidenza! Mi stavo giusto chiedendo dove foste andate! >> .
Le raggiunse e le prese entrambe per mano, stringendole alle sue.
Nora le sorrise, Dalia annuì e alzò le spalle, cercando di imitare l’amica.
<< Come state? Tutto bene? >>
<< Sì, sì, non preoccuparti! >>
<< Tutto bene, grazie >> .
La bionda le guardò per un attimo con espressione interrogativa, poi chiese: << Scusate ragazze, ma voi di che classe siete? >>
<< “Terzo D”; stiamo al terzo piano >> le rispose Nora.
L’altra si illuminò.
<< Ah! Ma è la classe di cui mi ha parlato Alessio! È lì che va a ricreazione ogni tanto, da Francesco e Riccardo! >> .
Al sentire quel nome Dalia ebbe come un fremito.
Dovette ammettere che “Alessio” aveva una certa musicalità, se pronunciato da Claudette.
La biondina rimase per un attimo immobile a fissarle; poi ebbe un lampo di genio.
<< Ragazze! Ma voi conoscete Alessio? È il mio ragazzo e sta in terzo “A” con me; è uno degli amici di Francesco! Venite! Ve lo faccio conoscere! >> .
Quelle parole pietrificarono la bassa moretta.
No.
No.
No. Non poteva farlo, no.
No. Non stava accadendo davvero. No.
Bastò uno sguardo per far capire a Nora quanto Dalia fosse spaventata, quanto fosse preoccupata, in ansia, angosciata; turbata.
Scosse la testa. Cosa potevano fare, a quelle condizioni?
Claudette le stava portando verso la parte del cortile dove gli alberi facevano ombra ai raggi accecanti del sole; qui, assieme a qualche amico, un ragazzo alto e snello stava in piedi, accanto ad una panchina, poggiato ad un albero.
Stava chiacchierando con un suo compagno, quando questo gli indicò le tre ragazze che stavano arrivando: una bionda allegra e sbracciante, una seria castana occhialuta e una bassa moretta riluttante.
I due smisero di parlare e si voltarono verso di loro.
 
<< Alessio! >> .
Claudette lo stava chiamando e lui si era girato.
Il cuore di Dalia cominciò a battere freneticamente non appena lo vide là, sotto quell’albero, ad aspettarle.
Per un attimo, sperò che i loro occhi si incrociassero, come la mattina precedente, e che si fissassero per un po’.
Finchè non le risonò nell’orecchio la voce della bionda.
<< Alessio! >> .
Già. Lo stava chiamando lei.
Lei, la sua fidanzata.
Lei, lafidanzata.
Se prima aveva cercato di fare resistenza, in quel momento Dalia si lasciò trasportare come un peso morto, senza dimenarsi.
L’espressione sofferente cercò di trasformarsi in un sorriso sincero, ottenendo come risultato soltanto una strana smorfia.
Non ebbe il tempo di tranquillizarsi che Claudette lanciò sia la mora che la castana difronte all’alto ragazzo.
<< Alessio! Guarda! Ti presento Nora e Dalia! Sono due mie amiche del terzo “D”! >> .
La biondina gli presentò le due ragazze come fossero dei trofei vinti in qualche competizione di cui andare fieri.
Nora e Dalia lo guardarono negli occhi, costrette ad alzare leggermente la testa.
<< Ciao >> lo salutò Nora, poco convinta.
Lui sorrise: << Ciao. Piacere di conoscervi >> .
Dalia non riusciva a dire niente: le parole le si bloccavano in gola.
Si stava torturando le mani angosciata, maledicendo la sua timidezza.
Non voleva fare brutta figura! Non voleva apparirgli stupida!
Non doveva stare zitta! Doveva dire qualcosa!
Dì qualcosa, maledizione!
Alessio la guardò un attimo, inarcando le sopracciglia.
Dì qualcosa!
<< Ciao >> la salutò.
Dilla!
Aspettò qualche secondo.
<< C … ciao >> .
 
 
Chapter three: finished.
Fiu! Evvai! Ho concluso anche il terzo! Sì, devo essere sincera: per un attimo ero rimasta interdetta sul da farsi; non avevo proprio idea di come continuare il filo di questa narrazione senza cadere sul banale.
Non volevo che questi sentimenti avessero uno svolgimento repentino, né che non si evolvessero mai, così ho cercato di mitigare un po’ la cosa: spero di esserci riuscita! (i hope it!)
Bon, bon, e con questo la storia sta prendendo forma; provate ad indovinare come continuerà!
Mi raccomando! Mi farebbe molto piacere se mi faceste sapere cosa ne pensate sia in bene che in male, onegaishimasu! X)
Con questo vi saluto, un bacio a tutti: Astrid 5E!
P.s. Questo capitolo è venuto più lungpo di quanto mi aspettassi e mi ha fatto spendere un sacco di energie, ma ne è valsa la pena; spero piaccia anche a voi così come piace a me! Alla prossima, ciaooo! (next week, if i can!)
  
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